Foto: RIA NOVOSTI
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Pochi giorni or sono, a Roma, un politico italiano impegnato in un superficiale dibattito sulla politica mondiale affermava di essere preoccupato per la rinata “aggressività” internazionale della Russia. Naturalmente si riferiva alla presunta interferenza russa nei fatti di Kiev ed alla decisione, annunciata e poi smentita, di installare missili Iskander nell’exclave di Kaliningrad.
Dimenticava
quel politico, e come lui molti altri, che a Kiev la protesta contro un
legittimo governo aveva visto tra i protagonisti proprio dei politici
europei e che l’Unione Europea avrebbe voluto l’associazione
dell’Ucraina ma non era disposta a dare alcun contributo alla disastrata
economia del Paese. Dimenticava altresì che, molto prima che Mosca
minacciasse di installare i missili a Kaliningrad, gli USA avevano già
deciso la collocazione dei loro missili in Romania, Polonia e Turchia.
Se
lo scopo dichiarato di quelle installazioni era la difesa da possibili
attacchi iraniani, perché confermarli anche nel caso di una distensione
con quel Paese?
E’ da quando cadde l’Unione
Sovietica che una gran fetta di politici occidentali sembrano avere come
principale preoccupazione il “contenimento” della Russia. Ed e’ sotto
gli occhi di tutti che alcune delle “rivoluzioni arancioni” sono state
finanziate da americani e dai loro alleati e che l’obiettivo,
soprattutto dei repubblicani statunitensi, è ancora quello di
destabilizzare il più vasto Paese del mondo. Molte delle azioni
occidentali, diplomatiche e non solo, svolte nei Paesi centro-asiatici e
molte delle critiche al sistema politico russo, amplificate da tanti
giornali, avevano come ultimo scopo proprio quello di indebolire, sia
all’interno che all’esterno, il governo di Mosca e, magari, favorire la
disgregazione del Paese. C’è da stupirsi se Mosca infastidita da tutte
questi atti ostili risponde colpo su colpo?
Fortunatamente
l’Italia non ha mai partecipato a queste azioni di sabotaggio anche se è
sempre più di moda, pure tra i giornalisti nostrani, evidenziare le
“pagliuzze” negli azzurri occhi russi piuttosto che le “travi” in occhi
più familiari.
Queste contrapposizioni, purtroppo,
sembrano intensificarsi negli ultimi mesi ed a noi sembra che, da una
parte e dall’altra, si stia perdendo di vista quali siano i veri,
razionali, interessi reciproci.
Tutto l’occidente
industrializzato avrà sempre più bisogno di materie prime, in
particolar modo energetiche, e la Russia ne e’ estremamente ricca e
vuole continuare a vendercele. Nello stesso tempo, e’ altrettanto
evidente che essa avra’, ed ha, un profondo bisogno di tecnologie e di
know-how che noi possiamo offrire. E’ quindi naturale che coloro che un
tempo furono nemici debbano, oggi, stare dalla stessa parte e che
nessuno dei due abbia l’interesse a rendere impossibile una spontanea
sinergia. La Russia non vuole certo perdere un importante cliente e
l’Europa sarebbe pazza a precludersi una tale fonte ed un grande mercato
che deve ancora svilupparsi fino in fondo.
Il
pericolo vero, per entrambi, e’ ben altro e sta molto più ad est: la
Cina. E’ da li’, e non da Mosca, che potrebbero venire, in un futuro non
troppo lontano, le sfide che metteranno in crisi sia il nostro
benessere che il ruolo che ancora manteniamo nel mondo. Al di la’ di
alti e bassi storici, e’ ben viva laggiu’, in ogni abitante di ciò che
fu il Celeste Impero, la nozione di essere il “Regno di mezzo” e cioè
la consapevolezza storica che gli spetti di diritto un ruolo di
“centralità nell’intero mondo.
La dirigenza cinese
ha una lunga tradizione di pazienza e di saper giocare su tempi lunghi
ma, nello stesso tempo, è fortemente determinata a raggiungere i propri
obiettivi. Sa benissimo che la pretesa di una posizione da unico
protagonista non puo’ essere manifestata immediatamente e che, ancora
per qualche anno, deve giocare un profilo minore, dissimulando ciò a
cui veramente mira. Ma, nonostante lo minimizzino, la loro presenza al
di fuori del continente asiatico è sempre più invasiva. L’Africa e le
sue risorse sono sempre più frequentemente sotto controllo cinese e in
Sud America ed in Europa stanno investendo ed acquistando tutte le
aziende tecnologicamente avanzate a cui poter sottrarre know-how.
I
cinesi hanno tutto il diritto di desiderare uno sviluppo economico come
quello di cui, per ora, noi godiamo, ma è ovvio che uno sviluppo come il
nostro, esteso anche a solo la metà di un miliardo e mezzo di persone,
non potrà mai realizzarsi senza una dura concorrenza
sull’approvvigionamento di materie prime ed uno sfruttamento ambientale più intensivo. E tutto ciò non potrà avvenire, essendo il mondo
limitato, che a nostro discapito.
Invece di
continuare ad aver paura dell’ “orso russo” con cui condividiamo storia,
cultura e bisogni, forse sarebbe meglio aprire gli occhi su chi
costituisce il nostro reale competitor e non, invece, coltivare
atteggiamenti che potrebbero spinger anche i nostri naturali amici nelle
braccia di chi sta attentando realmente al nostro benessere futuro.
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