Dunque,
vediamo sommariamente quel che potrebbe riservarci il 2014, che è ormai
alle porte, tanto per capire contro quale iceberg potremmo sbattere.
Le sofferenze bancarie
sono a livelli record. E secondo gli indicatori di qualità del credito
elaborati lo scorso giugno da Bankitalia, pubblicati nel Rapporto sulla Stabilità Finanziaria dello
scorso novembre, aumentano significativamente le probabilità di
ingresso -nei prossimi dodici mesi- di crediti in sofferenza, rispetto
ai dodici mesi precedenti, cioè da giugno 2012.
Quindi, ipotizzando che
le sofferenze crescano allo stesso ritmo con cui sono cresciute nei
dodici mesi appena trascorsi (ma non c'è ragione per ritenere che la
performance non possa essere addirittura peggiore), a fine 2014 le
sofferenze bancarie potrebbero superare i 180 miliardi di euro. Una
cifra astronomica che determinerebbe effetti negativi su molti istituti.
Effetti che difficilmente potrebbero essere gestiti in assenza di
cuscinetti aggiuntivi di capitale; ammesso che, nel frattempo,
l'esplosione delle sofferenze non faccia saltare qualche banca.
Quindi, il problema è anche il capitale. Chi metterà mano al
portafogli? Gli azionisti delle banche? Appare assai difficile. E
ammesso che abbiano i fondi per poterlo fare, non è affatto detto che
lo facciano in assenza di chiari e robusti segnali di ripresa, che
comunque non sono all'orizzonte.
Quindi è verosimile
attendersi che le banche, anche incentivate dalla recente
defiscalizzazione delle sopravvenienze derivanti dalla conversione in
equity di bond ibridi (NE ABBIAMO PARLATO QUI),
emettano questo tipo di obbligazioni con l'intento di migliorare la
qualità della patrimonio, senza con ciò diluire le posizioni degli
azionisti.
Nel frattempo, mentre
state leggendo queste pixel, giova ricordare che entro fine 2014 le
banche italiane dovranno restituire 230/240 miliardi di euro presi in
prestito dalla BCE con le 2 operazioni LTRO. Ce li hanno, questi soldi?
Certo che si.
E' chiaro che la maggior parte dei soldi ottenuti dalle aste LTRO sono
stati investi in titoli triennali: ossia, in titoli con scadenza
compatibile con i tre anni previsti dalle operazioni di rifinanziamento.
Quindi, giunti a scadenza, per disporre della provvista necessaria da
restituire alla BCE, è sufficiente non rinnovare i titoli di stato. E se
dovesse mancare qualcosa (!?), si possono sempre vendere BTP con
scadenze più lunghe. Ma questo, verosimilmente, comporterebbe tensioni
sullo spread facendo crescere il costo del servizio del debito per i
titoli di stato che lo stato dovrà nuovamente collocare.
Quindi, in buona
sostanza, lo stato dovrà collocare nuovi titoli in modo che le banche
possano restituire i soldi alla BCE. E chi comprerà i titoli di nuova
emissione? E' chiaro che, per non far saltare il banco, la BCE dovrà
inventarsi qualche altra forma di finanziamento a favore delle banche in
modo che queste possano acquistare i titoli di nuova emissione e, al
tempo stesso, avere il rimborso di quelli in scadenza.
Ma a questo punto
interviene un'altra questione. Se le banche si finanziano dalla BCE e,
anziché finanziare l'economia reale, continueranno a finanziare gli
acquisti di titoli di stato, è chiaro che proseguirà il credit crunch
aggravando il ciclo economico, già pessimo di suo, e facendo emergere
ulteriori sofferenze nei bilanci bancari, già alla prese con evidenti
difficoltà.
A questo proposito, sembrerebbe che alla BCE, sulla base dell'esperienza britannica maturata con il Funding for lending scheme (FLS),
stiano studiando proprio dei meccanismi di rifinanziamento del sistema
bancario tali da incentivare il reimpiego di queste risorse proprio a
favore del finanziamento delle imprese, anche attraverso l'utilizzo di
meccanismi incentivanti, o persuasivi. Ma, che Draghi possa mettersi a
lanciar banconote dall'elicottero in stile Bernanke, è del tutto irreale
stante i vincoli statutari della BCE e le note posizioni tedesche.
Nel mentre, proprio i
tedeschi, nell'ambito dell'operazione di Asset Quality Review che, nel
2014, vedrà impegnata la BCE nella valutazione dei bilanci di circa
130 banche europee, vorrebbero che i titoli si Stato presenti negli
attivi bancari, avessero una ponderazione di rischio diversa rispetto al
risk free attuale; cioè una ponderazione che incorporasse il rischio
emittente. Se dovesse prevalere la linea tedesca, le banche dovrebbero
procedere ad operare degli accantonamenti a copertura dei rischi
derivanti dai titoli di stato: esattamente come accade per i prestiti a
famiglie e imprese. Questo produrrebbe un'ulteriore contrazione del
credito da concedere alle imprese e alle famiglie, aggravando il ciclo
economico. In alternativa, potrebbero sempre scaricare titoli di stato,
con effetti potenzialmente esplosivi sul rating sovrano
e,conseguentemente, sui rendimenti dei titoli di stato.
E' altrettanto chiaro
che se dovesse passare la posizione tedesca, questo potrebbe anche
favorire il riesplodere delle tensioni sui titoli sovrani dell'area
mediterranea. Proprio perché si offrirebbe al mercato un'ulteriore
strumento di valutazione del rischio paese e, pertanto, anche un
maggiore percezione che l'area euro è un area monetaria del tutto non
omogenea. Circostanza, questa, che in un certo qual modo vanificherebbe
tutta la propaganda profusa da buona parte della nomenclatura europea in
questi anni di crisi.
Fonte: Vincitori&Vinti
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