Tutto
aroma e niente arrosto
Nel
1998 negli USA sono stati uccisi nello svolgimento del loro lavoro più
dipendenti della ristorazione che agenti di polizia.
Sorprendente, vero? Meno sorprendente, visti i bassi salari praticati dalle
catene di fast food, che i due terzi delle rapine ai danni di ristoranti siano
compiuti da dipendenti o ex dipendenti. Da un'indagine del '99 risultava che per
rifarsi in parte delle paghe da fame e delle angherie subite la metà dei
dipendenti dei fast food statunitensi rubava oggetti o danaro sul posto di
lavoro, per un valore medio di 218 dollari l'anno.
Per arginare questa particolare forma di lotta di classe le big della
ristorazione veloce hanno speso miliardi di dollari in sofisticate tecnologie
per il controllo a distanza del personale. Li avessero usati per pagare salari
più decenti, i risultati sarebbero stati di certo migliori.
Di informazioni paradossali come queste è pieno "Fast Food Nation. Il lato
oscuro del cheeseburger", di Eric Schlosser, uno degli ultimi titoli della
vasta letteratura su McDonald's e simili. Uno dei capitoli più affascinanti del
libro è dedicato all'industria degli aromi, anello fondamentale e nascosto
della fabbricazione del cibo.
Il 90% di quel che gli americani spendono per
nutrirsi serve a comprare cibo confezionato, inscatolato, surgelato, precotto,
disidratato. Poiché queste tecniche tolgono sapore ai cibi, è necessario
rimettercelo con gli aromi naturali o artificiali (la differenza tra i primi e i
secondi spesso è arbitraria, perché deriva dal modo in cui vengono preparati,
non dalle sostanze chimiche che contengono).
L'industria statunitense degli
aromi rende un miliardo e mezzo di dollari all'anno ed è concentrata nel New
Jersey, dove di producono i due terzi degli additivi aromatici venduti negli
USA.
L'International Flavors & Fragances (IFF) è l'agenzia di aromi più grande
del mondo. Il suo nome è noto solo agli addetti ai lavori ma senza il suo
ausilio gli hamburger non saprebbero di affumicato, il milk shake di fragola, il
dentifricio di mela.
Il processo di base è identico sia per gli aromi aggiunti ai cibi che per
quelli usati nei prodotti cosmetici: si manipolano sostanze chimiche volatili
per creare un odore particolare. Poiché gran parte del sapore di un cibo deriva
dal suo odore, dai gas che si sprigionano da quel che mastichiamo, lo scopo
degli "aromatisti" è di azzeccare e fabbricare l'odore giusto. Con le
biotecnologie riescono a creare odori sempre più "realistici" e
"particolari" (ad esempio: burro fresco, burro al formaggio, burro al
latte, credi di burro saporita, superconcentrato, in forma liquida o
secca).
Le formule degli aromi, e le aziende che li utilizzano, sono top secret. La
lista degli ingredienti per creare l'aroma artificiale di fragola è lungo mezza
pagina di libro. Gli odori - a cui la memoria è legata a filo doppio (Proust
docet) - sono forse l'arma più potente delle industrie del cibo per fidelizzare
i consumatori. poiché i sapori dell'infanzia lasciano un marchio indelebile, il
target più ambito delle catene di fast food sono i bambini.
Creato l'aroma, va verificata la "sensazione" che produce in bocca.
Per questo si ricorre alla "reologia", una branca della fisica che
studia il flusso e la deformazione dei materiali. Delle "bocche
meccaniche", in grado di elaborare dati provenienti da svariate sonde,
misurano le proprietà reologiche di un cibo: scorrimento, punto di rottura,
densità, croccantezza, masticabilità, viscosità, grumosità, gommosità,
duttilità, scivolosità, levigatezza, sofficità, umidità, succosità,
spalmabilità, elasticità e adesività.
E poi le chiamano patatine.
Manuela
Cartosio da "Il Manifesto" del 17 agosto 2003
fonte: http://www.disinformazione.it/arominaturali.htm
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