lunedì 15 dicembre 2014

Rublo, petrolio e ideologia

A-Paiements-à-Venir

 Il forte deprezzamento del rublo nelle ultime settimane è dovuto a due fattori principali: al picco dei rimborsi dei debiti delle società russe e anche al forte calo dei prezzi del petrolio. Il flusso dei rimborsi scenderà in modo significativo nel gennaio 2015. Ora esaminiamo le ragioni del calo dei prezzi del petrolio.

 A-PaiementsTrim-copieFonte: Banca Centrale della Russia

Declino politico?
Molteplici indizi indicano che tale calo ha cause politiche. Spesso pensiamo a un tentativo degli Stati Uniti per destabilizzare la Russia. Tale tentativo potrebbe esistere, ma la realtà è più complessa. Si deve sapere che il punto di pareggio per le nuove fonti di petrolio è di 70 dollari al barile per il petrolio bituminoso (principalmente in Canada) e i 65 dollari al barile per il petrolio di scisto. 

Con il prezzo che potrebbe scendere al di sotto dei 60 dollari al barile, i Paesi OPEC in realtà attaccano l’industria del petrolio del Nord America. E’ significativo che le principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil, siano silenziose sulla tendenza dei prezzi attuale. Ci si può chiedere se non vi sia il tacito accordo tra Arabia Saudita e Russia per scacciare, o almeno limitare, il nuovo attore dal mercato degli idrocarburi. Ma l’attacco potrebbe avere altre conseguenze. Il gas e il petrolio di scisto si basano su prestiti che coprono l’80%-90% dei costi d’investimento. Ciò rappresenterebbe oltre 300 miliardi di dollari in asset nelle banche statunitensi. Questi conti necessariamente diverranno “sofferenze” non appena saranno sotto una redditività significativa. 

Tuttavia, le banche hanno naturalmente cartolarizzato questi debiti, emettendo CDS in cui i debiti servono da collaterali. Se rimane troppo a lungo un prezzo troppo basso, non può essere esclusa una nuova crisi finanziaria nel sistema bancario degli Stati Uniti. Si rileva inoltre che il rischio potenziale sull’industria degli scisti è già stato anticipato in parte, perché le autorizzazioni operative sono diminuite del 50% nel terzo trimestre del 2014, negli Stati Uniti. Possiamo quindi concludere che, se i prezzi del petrolio rimangono bassi fino a giugno, è probabile che ci sarà una strage nell’industria degli scisti con ripercussioni molto serie per le banche. 

Osservo incidentalmente che la stima dei 65 USD di pareggio nell’industria petrolifera si basa sulle condizioni tecniche dell’estrazione, ma non comprende i costi finanziari. Ciò suggerisce che il governo degli Stati Uniti fischierà la fine della caduta a fine inverno, se non vuole avere a che fare con una grave crisi. Tuttavia, i volumi estratti sono ancor più bassi. La produzione negli Stati Uniti, dopo aver raggiunto un picco nei primi mesi del 2015, dovrebbe diminuire sensibilmente nel secondo semestre. Ciò significa che possiamo aspettarci un aumento dei prezzi del secondo semestre del 2015, probabilmente intorno a 70-75 dollari al barile.

Non si torna al 1998
Ciò non è un problema per la Russia, le cui riserve sono tali (450 miliardi di dollari solo per la Banca Centrale) che potrebbe affrontare un ribasso significativo, ma limitato. Si noti inoltre che i rimborsi del debito delle imprese russe per il 2015 non superano i 120 miliardi di dollari. Ben al di sotto delle riserve della BCR e del Ministero delle Finanze. Se necessario, queste aziende troveranno presso lo Stato il denaro necessario per rimborsare i prestiti. Ma ciò implica il proiettarsi dell’autorità dello Stato sull’economia. Tuttavia, in nessun caso dovrebbe portare al “default”, come nel 1998, né lo Stato (con pochissimo debito, essenzialmente da attori russi come Sberbank), né i privati hanno vere attività significative denominate in USD, e quindi solvibili a lungo termine. La questione della liquidità a breve termine può essere gestito con un intervento pubblico. L’immagine del default russo continua a tormentare le menti, sebbene la situazione sia molto diversa, come dimostra l’entità delle riserve valutarie. 

Ma è lecito chiedersi se tale default, che fa perdere molto denaro alle banche degli Stati Uniti e occidentali in genere, non venga ancora “attribuito” alla Russia. In realtà, il deafult permette alla Russia di sfuggire alla trappola depressiva, come nel 1998. Il default fu l’atto fondativo del rinnovamento economico, e naturalmente anche politico, del Paese. Ricordiamo la decisione del primo ministro dell’epoca, Primakov, d’inviare paracadutisti russi a proteggere i serbi durante l’intervento della NATO in Kosovo. Vi si può vedere una prima anticipazione del “ritorno della Russia” ora interpretato da Vladimir Putin, che non fu ammesso dai circoli dirigenti degli Stati Uniti e dai loro mercenari in Europa.

La Russia non è un petroemirato
La realtà è sistematicamente trascurata dagli autori che popolarizzano l’immagine del “petroemirato” russo, dimenticandosi che l’industria degli idrocarburi pesa solo l’11% del PIL. Naturalmente è più importante nelle esportazioni. Ma ciò si traduce in variazioni dei prezzi relativi ai prodotti petroliferi rispetto ad altre merci, e non in un fenomeno di volume. Un semplice esempio lo dimostra. Prendiamo il caso di una struttura d’esportazione semplificata, distinguendo i prezzi dei volumi e considerando nel primo periodo (T) il livello dei prezzi (calcolati in USD) uguale a 100.

Situazione T
                      Volume Prezzo
Materie prime  100        100
Beni agricoli      20        100
Manufatti           30         100
Armamenti        20         100

Se calcoliamo la quota di ciascuna categoria di merci d’esportazione, otteniamo il seguente quadro delle esportazioni:

                           Prezzi Base (T)
Materie prime         58,8%
Beni agricoli            11,8%
Manufatti                 17,6%
Armamenti               11,8%

Sulla struttura dei prezzi, le materie prime (qui rappresentate dal petrolio) giocano un ruolo fondamentale nelle esportazioni. Supponiamo ora che a T + 1 i prezzi delle materie prime aumentino del 30% rispetto al prezzo base, rimanendo invariati gli altri prezzi, e che a T + 2 i prezzi diminuiscono del 50% (sempre rispetto ai prezzi base) rimanendo invariati gli altri prezzi. La ripartizione per prodotto delle esportazioni potrebbe essere la seguente:

Prezzo base         T           T + 1         T + 2
Materie prime  58,8%    65,0%      41,7%
Beni agricoli     11,8%     10,0%       16,7%
Manufatti          17,6%     15,0%       25,0%
Armamenti       11,8%     10,0%       16,7%

E’ immediatamente evidente che la quota di materie prime fluttua ampiamente con il movimento dei prezzi. L’immagine dell’analisi della struttura delle esportazioni russe riflette effettivamente il movimento dei prezzi relativi, determinati nel breve termine dal movimento dei prezzi assoluti delle materie prime (cioè il petrolio). Un’analisi più accurata potrebbe considerare il numero di lavoratori russi che lavorano per tali esportazioni. Se si considera che la produttività di base di un lavoratore dell’industria degli idrocarburi è al tempo (T) (e quindi ai prezzi T) superiore di 2,5 volte quella di un lavoratore negli armamenti, 3 volte di un lavoratore nei manufatti e 5 volte superiore a quello di un lavoratore agricolo, la quota reale di questi settori nelle esportazioni è molto diversa:

Settori                    Valore (T)    Quota di lavoro     Valore quota
Materie prime        10000                   29,4%                58,8%
Beni agricoli             2000                   29,4%                11,8%
Manufatti                  3000                   26,5%                17,6%
Armamenti               2000                   14,7%                 11,8%

Vediamo che gli effetti dei prezzi relativi possono distorcere ampiamente la realtà della struttura di un’economia. E’ quindi particolarmente importante ricordarsene quando si ragiona di un Paese che, come la Russia, è produttore sia di materie prime che di beni industriali.


 Jacques Sapir Russeurope
Oil_and_Gas_pipelines.svg 

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2014/12/14/rublo-petrolio-e-ideologia/ 

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