martedì 5 maggio 2015

VICINANZA CON LA MORTE e I metodi d'insegnamento dello Zen


ESPERIENZE DI VICINANZA CON LA MORTE

SBLOCCANDO UN MALFUNZIONAMENTO DELLA COSCIENZA

UNBLOCKING A MALFUNCTION IN CONSCIOUSNESS

Libera traduzione - John Wren-Lewis

Negli ultimi anni alcuni ricercatori hanno iniziato a porre attenzione agli effetti significativi sulla vita delle NDE (Near-Death Experiences o Esperienze di vicinanza con la morte). Le esperienze NDE lasciano, quasi sempre, le persone che le sperimentano più libere e più felici di quanto prima potessero nemmeno sognare fosse possibile. Inoltre, mentre questa nuova capacità di gioia di vivere sembra spingere chi a provato le NDE ad usare un linguaggio religioso per fare loro giustizia, ciò non comporta necessariamente alcuna particolare convinzione sulla sopravvivenza dell'anima alla morte del corpo.

E' piuttosto un radicale spostamento della coscienza in cui la vita in ogni momento diventa così vivida che l'ansia sul futuro e sulla sopravvivenza, nel corpo o fuori di esso, semplicemente cessa d'essere importante. L'ipotesi cui sono giunto al riguardo è che il blocco che separa la cosiddetta coscienza umana normale dalle sue radici nell'altra coscienza impersonale, è un qualche tipo d'inflazione o iperattività del sistema psicologico di sopravvivenza. Esattamente non ho idea come e quando questo ebbe origine nella storia della nostra specie e al momento non propongo la speculazione. Ma, l'effetto di questa iperdifesa consiste nel focalizzare così rigidamente la coscienza individuale verso il compito di assicurare il proprio futuro, che la sottostante coscienza universale, la sua felicità nell'attimo sempre presente, momento per momento, viene chiusa fuori.

La sola soddisfazione permessa alla consapevolezza è quella che viene dal confronto con i bisogni (o i presupposti bisogni) del corpo-mente individuale, mentre il dolore diventa completamente sofferenza negativa, invece che un segnale di intensificazione vitale. E questo cattivo funzionamento di base riassume il fatto che il morire, che in natura è semplicemente parte del grande flusso della vita (o di quel gioco secondario chiamato manifestazione individuale) diventa invece l'oggetto dell'orrore e della paura finale, con tutte le catastrofiche conseguenze psicosociali a cui Ernest Becker ed altri hanno rivolto l'attenzione.

L'incontro ravvicinato con la morte è in grado di rompere l'incantesimo perché il meccanismo di sopravvivenza a questo punto lascia il campo, e sono sicuro che il Libro Tibetano dei Morti considera il momento della morte un momento di grazia particolare perché il Nirvana in quel momento può diventare evidente ad ognuno. Questo spiega il perché qualcuno che ritorna dal bordo della morte è stato privilegiato di ritornare, sapendo ora che cosa la coscienza realmente sia, - una conoscenza che una volta acquisita permette al meccanismo di sopravvivenza di riprendere a funzionare senza la precedente iperattività.

Ho osservato che i miei sentimenti verso la morte, inclusa la mia, sono che, benché io cerchi ancora di evitarla fino che è possibile nel giuoco secondario e che ancora lamento la perdita di amici, essa ha in sé una particolare bellezza, come le foglie d'autunno nel loro splendore, la cui bellezza possiamo vedere nella consapevolezza ordinaria, perché la nostra mente non l'associa con il supremo tabù. Un corollario a questo cambiamento della coscienza è stato la scoperta che l'invecchiamento, inclusi anche i suoi più ovvi aspetti di decadenza, era diventata interessante piuttosto che deprimente o disgustosa.

La grande domanda ora di certo è se ci sono metodi meno drastici (e meno fortuiti) attraverso i quali l'incantesimo della separazione dell'io possa essere dissolta prima del momento della morte e spero che la mia ricerca possa forse portare un po' di luce. Perché, mentre ci sono tradizioni mistiche in tutto il mondo che offrono "sentieri per la coscienza superiore", non mi sembra che nessuna di loro abbia un'incoraggiante percentuale di successo nel produrre il tipo di liberazione che le NDE possono indurre immediatamente a chiunque, alto o basso, buono o cattivo, credete o non credente, preparato o meno.

Infatti, i miei studi su queste tradizioni, moderne e antiche, suggeriscono che mentre ci sono quasi sempre valide intuizioni che si possono prendere da loro, sono tutte impantanate nell'idea di base di un "sentiero" che inevitabilmente suggerisce che una "coscienza più alta" è uno scopo da raggiungere, rinforzando quindi la stessa preoccupazione per il proprio futuro personale, che è la causa di tutti i problemi. La mai esperienza, e quella di coloro che sono stati in una NDE, generalmente suggerisce che la liberazione non è affatto una questione del tipo "fare il lungo viaggio verso casa". Significa semplicemente svegliarsi alla coscienza che è già la base della tua stessa esistenza, ma è, come soleva dire G. K. Chesterton, così ampia e così ovvia che ci sfugge.

Ciò di cui sospetto abbiamo bisogno non è alcun tipo di sentiero o disciplina, ma una serie di trucchi e di strumenti per cogliere l'oscurità all'angolo dell'occhio, imparando come osservare le presenze che aspettano di essere viste, combinato con strategie per interrompere i programmi iperattivi di sopravivenza, e per comprendere immediatamente la percezione. Gli esercizi di D. E. Harding (vedi "La Via Senza Testa" edizioni Ubaldini) per capire la propria essenziale "assenza della testa" sono le idee migliori che ho trovato per la prima fase del processo, ma secondo la sua stessa ammissione, la maggior parte della gente le comprendeva, tuttavia semplicemente non le credeva, e credo che questa sia precisamente la prova evidente del programma di sopravvivenza al lavoro, e dal mio punto di vista non c'è compito più importante da affrontare da parte della Psicologia Transpersonale che le ricerche su tecniche per aggirare questo cattivo funzionamento fondamentale del software dell'umanità.

Sembrerebbe assolutamente naturale che la coscienza personale debba essere consapevole del proprio "Fondamento", mentre i miei primi 59 bizzarri anni di cosiddetta coscienza "normale", nell'ignoranza di quel "Fondamento" mi sembrano ora una specie di sogno ad occhi aperti. E' come se fossi stato in trance sin dalla nascita in quell'incubo collettivo di individui separati che combatto in un universo alieno per la sopravvivenza, la soddisfazione e il significato. C

ertamente più investigo e più mi convinco che mistici iconoclasti come Blake o Krishnamurti avevano ragione nell'asserire che la stessa idea di sentiero spirituale è necessariamente autofrustante, perché spinge a fare la stessa cosa che uno dovrebbe disfare se deve svegliarsi all'eternità, concentrano cioè l'attenzione sul "futuribile". I Sentieri e le discipline rendono la gnosi un goal, mentre, di fatto, è già il fondamento di tutto il conoscere, compresa la "peccaminosa" conoscenza-legata-al tempo. So per esperienza diretta che "la gioia oltre la gioia" è più grande delle più selvagge fantasie di una coscienza imprigionata nel tempo. Ma, posso anche vedere che qualunque impulso volto ad afferrare la gioia dell'eternità è un inganno perché il cercarla implica in sé una preoccupazione nel tempo, che è precisamente ciò che allontana l'eternità dalla consapevolezza.

Tratto da: Suzuki, Saggi sul Buddismo Zen edizioni, Mediterranee



I METODI D'INSEGNAMENTO DELLO ZEN

... Concepire la verità come qualcosa d'esterno che il soggetto deve apprendere, è una veduta dualistica che riflette i condizionamenti propri al comune intelletto, ma che non corrisponde a ciò che afferma lo Zen; secondo lo Zen, noi viviamo direttamente nella verità e grazie alla verità, che dunque non ci può essere esterna. Hsuan-sha (Gensha) dice: "E come se, immersi fin sopra la testa nell'acqua del grande oceano, tendessimo le braccia ad implorare acqua!". Così quando un monaco gli chiese: " Che è il mio Sé? ", egli subito rispose: "Che te ne faresti, di un Sé?". In termini intellettuali, egli intendeva dire che, non appena cominciamo a parlare di un Sé, noi stabiliamo inevitabilmente il dualismo di Sé e non-Sé, cadendo così nell'errore del pensiero discorsivo. Noi ci troviamo nell'acqua, questo è il fatto; dunque rimaniamoci, direbbe lo Zen, perché se ci diamo a chiedere acqua creeremo un rapporto di esteriorità rispetto ad essa, e quel che fino ad allora era stato nostro ci sarà tolto.

Il seguente episodio va interpretato alla stessa stregua.
Un monaco si recò da Hsuan-sha e gli disse: "Mi è stato riferito che voi dite che l'intero universo è un unico cristallo trasparente; come devo intendere tali parole?". Il maestro rispose: "L'intero universo è un unico cristallo trasparente - e che bisogno c'è di capire?". L'indomani il maestro chiese lui stesso al monaco: "L'intero universo è un unico cristallo trasparente; come intendi queste parole?". Il monaco rispose: "L'intero universo è un unico cristallo trasparente - e che bisogno c'è di capire?". "Vedo" disse il maestro" che tu vivi nella caverna dei demoni". Questo sembra un altro caso del metodo delle "ripetizioni", però vi è già qualcosa di diverso, vi è, per così dire, un maggiore elemento intellettuale.

In ogni caso, lo Zen non fa mai appello alla nostra facoltà raziocinante, ma punta direttamente sul soggetto. In una certa occasione, Hsuan-sha offriva il tè ad un ufficiale di nome Wei, che gli chiese: "Che si vuol significare quando si dice che, pur avendolo ogni giorno, noi non lo conosciamo?". Invece di rispondere, Hsuan-sha prese un pezzo di dolce e glielo offrì. L'ufficiale mangiò il dolce, poi ripeté la domanda, al che il maestro disse: "non lo conosciamo perfino quando l'usiamo ogni giorno". Un'altra volta venne da lui un monaco che voleva sapere come si entra nel sentiero della verità. Hsuan-sha chiese: "Odi il mormorio del ruscello?". "Sì, lo odo "disse il monaco." Ecco un modo per entrare" fu l'insegnamento del maestro. Il metodo di Hsuan-sha consisteva dunque nel far si che il ricercatore della verità realizzasse direttamente in sé ciò che essa è, invece di trasmettergli una conoscenza di seconda mano. "Un Dio compreso non è più Dio", disse Terstegen.

<< >> Quando si usano delle parole ed esse sono comprensibili, possiamo illuderci che esse ci forniscano la chiave di ciò che si vuole sapere; ma quando ci troviamo dinanzi ad una semplice, inarticolata esclamazione, ben poco vi è da fare, a meno che non si possegga già quel genere di sapere, di cui mi sono sforzato di dare al lettore l'idea.
<>> Questo ci ricorda un antico mistico, il quale definì Dio come un sospiro ineffabile.

Suzuki


Dai maestri Zen cinesi

Così sappiamo che i Buddha, prima di essere illuminati, non sono altro che esseri normali; ma non appena c'è un solo pensiero d'illuminazione, gli esseri normali diventano subito dei Buddha. E sappiamo anche che tutti gli oggetti molteplici sono nella nostra mente. Perché allora non rivelare subito l'essenza originale della Quiddità dall'interno della propria mente?

Il Bodbivattvasila Sutra dice: "La natura originale del Sé è fondamentalmente pura; conoscendo la Mente e osservando la mia Natura raggiungo senza sforzo il sentiero della Buddhità".

Il Vimalakirti Sutra dice: "Quando i tuoi pensieri si aprono all'improvviso, ritorni alla tua Mente originale".

Il Grande Maestro morì il terzo giorno dell'ottavo mese del secondo anno di Hsien t'ien (il 713 dell'era cristiana). L'ottavo giorno del settimo mese di quell'anno, sentendo che il mese successivo li avrebbe lasciati, chiamò i suoi discepoli per l'addio, e disse loro di chiarire una volta per tutte in quell'occasione ogni dubbio che avevano sul suo insegnamento. Trovandoli in lacrime disse: "State piangendo, ma per chi vi addolorate? Se siete addolorati perché non so dove andrò, vi sbagliate: io so dove andrò. Se non lo sapessi, non mi separerei da voi. La ragione per cui siete in lacrime è probabilmente il non sapere dove andrò. Se lo sapeste, non piangereste così.

L'Essenza del Dharma non conosce nascita e morte, andare e venire. Sedete tutti, e fatemi recitare un gatha dal titolo: sull'Assoluto:
Non v'è nulla di vero in nessun luogo, perché il vero non può essere visto. Se dite di vedere il vero, Quel che vedete non è vero. Se il vero è lasciato a se stesso, non vi è nulla di falso: esso è la Mente. Se la Mente in se stessa non è libera dal falso, non esiste nulla di vero, e in nessun luogo si trova la verità. 
Solo un essere cosciente sa cosa vuol dire "movimento": Per chi non ha coscienza il movimento è incomprensibile; se cerchi di conservare la mente senza movimenti (cioè pratichi la meditazione della quiete), l'immobilità che ottieni è quella di chi non ha coscienza. Se desideri ciò che è veramente immobile, l'immobile è nel movimento stesso, e questo immobile è il vero immobile; non vi è seme della Buddhità là dove non c'è coscienza. Osserva bene come sono vari gli aspetti dell'immobilità, e sappi che la prima realtà è immobile; quando riuscirai ad intuire questo, capirai la vera opera della Quiddità.
Io vi consiglio, studiosi della Verità, di esercitarvi nella giusta direzione: non commettete l'errore di attaccarvi alla conoscenza relativa di nascita e morte. Dove vi è totale armonia d'idee potete parlare dell'insegnamento del Buddha; ma dove non v'è quest'armonia, tenete giunte le mani e lasciate la vostra gioia dentro voi stessi. In questo insegnamento non v'è nulla in realtà su cui discutere: tutte le discussioni vanno di certo contro il suo scopo. Le dottrine volte alla confusione e alla discussione conducono da sé alla nascita e morte.


IL CANTO DELL'ILLUMINAZIONE DI YOKA DAISHI

Conosci quel filosofo ozioso che è andato al di là della dottrina e non si esercita in nulla? Non tenta di evitare i pensieri inutili né va in cerca della verità perché sa che l'ignoranza è in realtà la natura di Buddha e che questo corpo vuoto e visionario non è altro che il corpo del Dharma.

Quando si conosce il corpo del Dharma, non ci sono più oggetti. La fonte di tutte le cose, fin dove giunge la sua natura, è il Buddha nel suo aspetto assoluto. I cinque aggregati (skandha) sono solo una nuvola che vaga qua e là senza scopo, e i tre veleni (klesa) sono solo schiuma che appare e scompare così come capita.

Quando si raggiunge la Realtà, la si vede priva della sostanza dell'io e di tutte le forme di oggettività. E tutto il karma che ci avrebbe portato fino al più basso inferno si cancella in un attimo. Chi risveglia in un attimo la mente a ciò che è il fine del Tathagata dhyana, ha le sei paramita e le altre virtù interamente mature; mentre nel mondo dei sogni i sei sentieri dell'esistenza sono profondamente solcati, dopo il risveglio c'è solo il vasto vuoto e neanche un grande chilocosmo esiste.

Qui non v'è peccato né beatitudine, né perdita, né guadagno. Nell'Eternamente Sereno non c'è posto per domande prive di senso; la polvere dell'ignoranza si è accumulata sin dai tempi antichi sullo specchio mai pulito: adesso è ora di vedere una pulizia ben fatta. Di chi si dice: "Non ha pensieri"? Di chi si dice: "Non ha nascita"? Se è veramente non nato allora non vi è neanche la non nascita. Finché si cerca la Buddhità facendo esercizi apposta per trovarla, non si ottiene nulla. Allontana i quattro elementi, e nell'Eternamente sereno mordi o bevi, come vuoi. Quando tutte le cose relative diventano passeggere e vuote nella loro essenza, si realizza la grande e perfetta illuminazione del Tathagata. Il vero esser monaci consiste nell'avere una ferma convinzione. Se non l'hai, ponimi le tue domande secondo le tue idee: questo è ciò che dice il Buddha: se continui a raccogliere le foglie e i rami, non c'è speranza per te. La zona del prezioso gioiello di solito è sconosciuta, poiché giace intimamente sepolto nelle profondità del Tathagatagarbha; le sei funzioni che compie miracolosamente sono un'illusione, ma non sono un'illusione, e i raggi di luce che emanano dal perfetto sole appartengono al regno della forma, ma non ad esso. Quando si capisce una cosa che va al di là della misura dell'intelletto. Si purificano le cinque viste dell'occhio e si guadagnano i cinque poteri. Non è difficile riconoscere le immagini di uno specchio, ma chi sa impossessarsi della luna riflessa nell'acqua?

Lo spirito ha in sé una rara e preziosissima gemma. La rara e preziosissima gemma non si consuma per quanto la si usi, ed aiuta gli esseri generosamente secondo i loro bisogni. Il superiore lo stabilisce una volta per tutte e per sempre, l'uomo medio impara molto e dubita di molto; il punto è mettere da parte le vesti sporche che ti sono così care: a cosa serve far vedere agli altri il proprio lavoro? Gli altri possono parlar male di me e possono disprezzarmi, ma chi cerca di bruciare il cielo con una torcia finisce per stancarsi. Io li ascolto e il loro parlar male mi sembra nettare: tutto si scioglie e mi trovo all'improvviso nell'Impensabile stesso. Sentendo gli altri parlar male di me, posso guadagnare delle ricompense, poiché loro sono in realtà miei buoni amici. Quando, essendo biasimato, non provo inimicizia né favoritismi, cresce in me il potere dell'amore e dell'umiltà che nasce dal Non-nato.

Dobbiamo essere completi non solo nell'esperienza interiore, ma anche nella sua interpretazione, e la nostra disciplina sarà perfetta sia nel Dhyana (contemplazione) che nella Prajna (saggezza), e non si limiterà al Sunyata (vuoto); non solo noi siamo giunti infine a questo, ma tutti i Buddha, numerosi come le sabbie del Gange, fanno parte della stessa essenza. Ascoltando il ruggito da leone della dottrina del coraggio, i cervelli degli animali timidi si fanno in pezzi, e anche l'elefante profumato corre spaventato dimenticando la sua innata dignità. Solo il drago celeste si sente inebriato di gioia, e ascolta calmo il ruggito del leone del Buddha. Per parlare con i maestri, per cercare la Verità, per scavare nei segreti dello Zen, ho attraversato vari fiumi, ho scalato montagne e ho guadato torrenti; da allora ho saputo riconoscere il sentiero di Sokei e ho saputo che non è della nascita e morte che devo preoccuparmi.


VIMALAKIRTI NIRDESA SUTRA Il Sentiero del Buddha
Suzuki (Astrolabio Ubaldini)

Questo brano è tratto da uno dei più importanti testi dello Zen e del Buddhismo Mahayana.
Manjiusri chiese a Vimalakirti: In che modo un Bodhisattva entra nel sentiero del Buddha?
Vimalakirti rispose: Se un Bodhisattva percorre le strade errate (senza discriminazione) entra nel sentiero del Buddha. 
Manjiusri chiese: Che cosa intendi dire con un Bodhisattva che percorra le strade errate?
Vimalakirti rispose: Se un Bodhisattva nella propria opera di salvezza è libero dall'irritazione e dalla collera quando appare nel quintuplice inferno ininterrotto; è libero dalla macchia dei peccati quando appare in altri inferni; è libero dall'ignoranza, dall'arroganza e dall'orgoglio quando appare nel mondo degli animali; è ornato di meriti abbondanti quando appare nel mondo dei fantasmi affamati; non ostenta la propria superiorità quando appare nei mondi celestiali della forma e dell'oltre-la-forma; è immune dalle contaminazioni quando appare nel mondo del desiderio; è libero dall'ira quando si mostra sdegnato; usa la saggezza per controllare la mente quando sembra stupido; sembra avido mentre distribuisce tutti i possessi esterni cioè, il denaro e i beni materiali e interni (cioè, del corpo) senza il minimo rimpianto per la sua vita; sembra che egli violi le proibizioni mentre prova piacere nel vivere puro ed è timoroso di commettere anche una colpa minore; sembra pieno d'odio mentre dimora sempre nella pazienza compassionevole; sembra trascurato mentre pratica diligentemente tutte le virtù meritorie; sembra agitato mentre rimane sempre nello stato della serenità; sembra ignorante mentre possiede entrambe le saggezze, la terrena e l'ultraterrena; sembra che provi piacere nell'adulare e nella falsità mentre eccelle nei metodi opportuni conformi alla rettitudine secondo l'insegnamento dei sutra; mostra arroganza e orgoglio mentre è umile come un ponte sembra tormentato dalle pene mentre la sua mente rimane pura e immacolata; appare nel regno dei demoni mentre sconfigge le dottrine eterodosse per conformarsi alla saggezza del Buddha; appare nel regno degli sravaka, dove spiega l'inaudito Dharma supremo; appare nel regno dei pratyeka-buddha, dove converte gli esseri viventi nell'adempi mento della grande compassione; appare tra i poveri, ma stende verso di loro le sue mani preziose dai meriti inesauribili; appare tra gli storpi e gli invalidi nel suo corpo ornato delle eccellenti caratteristiche fisiche del Buddha; appare tra le classi inferiori, ma coltiva il seme della natura di Buddha con tutti i meriti relativi; appare tra gli scarni e i brutti mostrando all'ammirazione di loro tutti il suo forte corpo; appare come un uomo vecchio e malato mentre in realtà è immune da tutte le malattie e non teme affatto la morte; sembra che abbia tutti i beni indispensabili alla vita mentre esamina sempre l'impermanenza ed è libero dall'avidità; sembra che abbia mogli, concubine e fanciulle, mentre si astiene sempre dalla palude dei cinque desideri; appare tra gli uomini dall'intelligenza ottusa e i balbuzienti, per aiutarli a conquistare il potere della parola proveniente dal perfetto controllo della mente; appare tra gli eretici per insegnare l'ortodossia e liberare tutti gli esseri viventi; entra in tutti i mondi dell'esistenza per aiutarli a sradicare le cause che conducono in questi; e sembra che entri nel nirvana mentre non stronca la nascita e la morte; Manjiusri, questo Bodhisattva può percorrere le strade eterodosse perché ha la facoltà di entrare nel sentiero del Buddha.



SAGGI SUL BUDDISMO ZEN

ed Astrolabio
Suzuki

Fu sotto la dinastia dei Sui, nel 592, che Seng-tsan trovò un discepolo degno di divenire il suo successore. Il nome di costui era Tao-hsin. Egli chiese al maestro:
"Vi prego, indicatemi la via della liberazione".
"Chi ti ha mai incatenato?".
"Nessuno".
"Se così è ", disse il maestro, "perché chiedi di essere liberato?".

Queste parole misero il giovane novizio sulla via della suprema illuminazione, che egli conseguì dopo molti anni di studio sotto la guida del maestro. Quando Seng-tsan ritenne che fosse venuto il momento di consacrarlo come suo successore, quale simbolo della trasmissione regolare della Legge gli rimise la veste che veniva dal Bodhidharma, primo patriarca dello Zen in Cina.

Egli morì nel 606. Mentre gran parte della sua vita è oscura, del suo pensiero si può avere un'idea attraverso una composizione metrica nota sotto il nome di Hsin-hsin-ming, o "Inscritto sullo spirito credente", che è uno dei più preziosi contributi dati dai maestri antichi all'interpretazione della dottrina dello Zen.


Ecco una traduzione alquanto libera del poema:


INSCRITTO SULLO SPIRITO CREDENTE

La Via Perfetta non conosce difficoltà,
Esclude solo ogni preferenza:
Allontanato odio e amore,
Essa si rivela a pieno, senza maschera.

Basta introdurre una differenza di un decimo di pollice,
E terra e cielo si separeranno:
Se vuoi che la Via ti sia manifesta
Non concepire pensiero né per essa né contro di essa.

Opporre ciò che tu ami a ciò che non ami
Ecco la malattia dello spirito:
Se non s'intende il senso profondo della Via
La pace dello spirito sarà turbata e nulla si otterrà.

Perfetta come il vasto spazio
Alla Via nulla manca, e nulla è in essa superfluo:
Invero, è perché si fanno delle scelte
Che la sua essenza profonda non la si scorge più.

Non star dietro alle complicazioni dell'esterno
E non dimorare nel vuoto interno,
Quando lo spirito resta sereno ed uno
Il dualismo delle cose svanisce da sé.

Quando l'unità non la si intende completamente
Si cerca di rimediare in due modi a tale perdita
- La negazione della realtà può condurre all'assoluta negazione di essa,
Mentre affermando il vuoto si può andare a contraddire se stessi.

Verbalismi e raziocinazioni
- Più ci diamo ad essi, più siamo fuori strada;
Perciò metti via parole e concetti
E non vi sarà posto per cui non potrai passare liberamente.

Rifacendoci alla radice coglieremo il significato,
Correndo dietro alle cose esterne perderemo invece la ragione.

Nel punto in cui saremo illuminati interiormente
Andremo di là dal vuoto del mondo che ci sta di contro.

Le trasformazioni svolgentesi nel mondo vuoto che abbiamo dinanzi
Sembrano tutte reali a causa dell'ignoranza:
Non tentare di cercare il vero,
Cessa solo di attaccarti alle opinioni.

Non appoggiarti al dualismo,
Evita con cura di fermartici,
Non appena concepisci un bene e un male
Ne seguirà la confusione e lo spirito sarà perduto.

I due esistono per l'Uno,
Non attaccarti però nemmeno a questo Uno
Quando lo spirito uno non è turbato,
Nessun danno ti verrà dalle diecimila cose.

Nessun danno venendo da esse, è come se non esistessero
Quando la mente non è turbata, è come se essa non esistesse
Il soggetto si fa calmo non appena l'oggetto viene meno
L'oggetto viene meno non appena il soggetto si fa calmo:
L'oggetto è tale per il soggetto,
Il soggetto è tale per un oggetto:
Sappi che la correlazione fra i due
Poggia in ultima analisi sull'unità del vuoto.

Nell'unità del vuoto i due sono uno
E ognuno dei due contiene in sé tutte le diecimila cose
Quando fra questo e quello non viene fatta distinzione alcuna
Come potrebbe sorgere una visione parziale e affetta da pregiudizi?

La Grande Via è calma e aperta, Nulla è facile, nulla è difficile:
Le piccole idee sono irrisolute,
Tardano tanto più ad andarsene per quanto più affrettatamente sono state assunte.

L'attaccamento non si tiene mai entro dei limiti
Esso conduce di certo sulla via sbagliata:
Lascia la presa, e che le cose siano quali sono,
La loro essenza né ritirandosi né sussistendo.

Obbedisci alla natura delle cose e sarai in armonia con la Via,
Calmo, naturale e libero d'ogni cura;
Ma se i tuoi pensieri sono vincolati ti allontanerai dalla verità,
Essi si faranno sempre più pesanti e ottusi, non saranno più affatto pensieri sani.

Non essendo più sani, la tua mente sarà turbata;
Che scopo ha dunque essere parziali e unilaterali?

Se vuoi andare sulla via dell'Unico Veicolo
Non devi nutrire pregiudizio contro i sei oggetti dei sensi.

Se non nutrirai pregiudizio contro i sei oggetti dei sensi,
Sarai a tua volta tutt'uno con l'illuminazione;
I saggi non agiscono
Mentre gli ignoranti vincolano se stessi
Mentre in sé il Dharma non ha un'individuazione,
Essi si attaccano, nella loro ignoranza, ad oggetti particolari.

Il loro stesso spirito che crea le illusioni.

Non è questa la maggiore delle contraddizioni?

E' l'ignoranza a generare il dualismo di riposo e non-riposo,
L'Illuminato non ha né simpatie né antipatie:
Tutte le forme di dualismo sono state inventate dallo stesso spirito, per ignoranza.

Esse sono come mere apparizioni, come fiori dell'aria:
Perché turbarci, col cercare di afferrarle?

Guadagno e perdita, bene e male
Via con tutto ciò, una volta per tutte!

Se l'occhio non si addormenta,
Ogni sogno cesserà da se:
Se la mente mantiene la sua unità
Le diecimila cose appariranno di un'unica essenza.

Penetrando il mistero di questa essenza unica
Dimenticheremo di colpo tutte le complicazioni esteriori:
Quando le diecimila cose sono viste nella loro unità
Si ritorna all'origine e si resta quel che si è.

Si dimentichi il perché delle cose
E si raggiungerà' uno stato senza simile:
Il movimento arrestato non è movimento
E l'immobilità messa in moto non è immobilità.

Quando il dualismo non trova più presa
La stessa unità non appare più come tale.

Il limite ultimo delle cose, oltre il quale esse non possono andare,
Non si definisce con regole e misure:
La mente in armonia con la Via è il principio dell'identità
Nella quale troviamo ogni agire sotto specie d'immobilità
Ogni incertezza è completamente scacciata
E la giusta fede è ripristinata nella sua dirittura originaria
Ora nulla più è trattenuto,
Non v'è nulla di cui ci si debba ricordare
Tutto è vuoto, terso e rischiarantesi da sé.

Non v'è macchia, non vi è sforzo, non vi è dissipazione della forza.

Questo è il regno ove il pensiero mai giunge
Questo è il regno ove l'immaginazione non trova più presa.

Nel regno superiore della vera Quiddità
Non c'è né l'" altro " né l'" Io ":
Se si chiede una caratterizzazione diretta
V'è solo da dire: " Non due "
Nel non essere due, tutto è lo stesso
Tutto ciò che esso abbraccia:
I saggi delle dieci regioni
Entrano tutti in questa fede assoluta.

Questa fede assoluta è al di là di tempo e spazio.
Allora un istante è diecimila anni
Non importa più come le cose sono condizionate,
Se con "essere" o col "non essere"
Si ha ogni cosa manifesta dinanzi a sé.

L'infinitamente piccolo è vasto quanto può esserlo la vastità,
Quando ci si dimentica delle condizioni esterne;
L'infinitamente grande è piccolo come può esserlo la piccolezza.

Se l'occhio si distoglie dai limiti oggettivi
Ciò che è, è lo stesso di ciò che non è,
Ciò che non è, è lo stesso di ciò che è:

Bada a non fermarti
Finché non hai raggiunto questo stato
Uno in tutto,
Tutto in uno - Basta che si realizzi ciò,
E che non ci si preoccupi più del non essere perfetti!
Lo spirito credente non è diviso,
Diviso è lo spirito non credente
Questo è il punto in cui le parole vengono meno,
Perché non c'è passato, né futuro, né presente.



Dott. Filippo Falzoni Gallerani

Da: http://www.rebirthing-italia.com/liberaz03.htm
http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zen/metodizen.htm

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