lunedì 1 febbraio 2016

La NATO verso il collasso

Generale Philip Breedlov
Generale Philip Breedlove

Il 27 gennaio il comando europeo delle Forze Armate degli Stati Uniti (EUCOM) stilava l’aggiornamento della strategia in Europa per “Impedire l’aggressione russa sotto forma di crescente comportamento aggressivo e militarizzazione dell’Artico. La Russia è una sfida seria ai nostri alleati e partner in diverse regioni, è un problema globale che richiede una risposta globale”. 

Il rappresentante permanente della Russia presso la NATO, Aleksandr Grushko, ha detto
è impossibile commentare nelle forme corrette, perché tale tesi è completamente al di fuori della realtà. Tale formulazione prevede che gli Stati Uniti riuniscano gli alleati, i cui ranghi sono ultimamente dispersi. Dato che nuove minacce e sfide richiedono risposte collettive, devono riunirsi sotto l’ala degli Stati Uniti ed esser costretti ad investire nella difesa per rafforzare il fianco orientale con una nuova cortina di ferro. Le ragioni dell’adozione della nuova strategia sono più profonde del mero desiderio degli Stati Uniti di radunare gli alleati europei” dichiarava il Vicedirettore del Centro informazioni analitiche di Tauride Sergej Ermakov. “La grave esacerbazione delle relazioni con la Russia è il compito principale del comando europeo degli Stati Uniti, per “garantirsi un ambiente sicuro”. Intendendo esattamente l’allineamento degli alleati europei a ranghi serrati e il rafforzamento della NATO come strumento per normalizzare la presenza militare degli Stati Uniti nella regione. Gli USA vogliono rafforzare la NATO, ma non tutti i Paesi membri dell’Alleanza hanno fretta di aumentare la spesa per la difesa”.

Alcuni Paesi come Polonia ed Estonia hanno aumentato la spesa militare ben al 2% del PIL, un contributo insignificante. Inoltre il comando europeo degli Stati Uniti negli ultimi 10 anni ha seriamente ridotto il dispiegamento militare. 
“La copertura dei territori controllati dall’EUCOM è addirittura aumentata verso la regione artica. Formalmente la zona di responsabilità del Comando Europeo ha lasciato l’Africa perché è stato creato il Comando Africa degli Stati Uniti, ma in realtà AFRICOM si basa sulle risorse di EUCOM. Obiettivi vaghi, risorse limitate e assenza di serie minacce militari all’Europa, fino a poco prima, permisero ad EUCOM una vita rilassata… Ma dopo i fatti di Crimea si è scatenato l’inferno”. 
Il fatto che l’esercito russo potesse operare con successo in condizioni di combattimento quasi reale fu una sorpresa sgradevole, in particolare effettuando quelle operazioni che la NATO classifica come “intervento umanitario”. 
Ciò ha comportato cambiamenti nella cosiddetta concezione dello schieramento avanzato volto a rafforzare la presenza statunitense in Europa. L’obiettivo di EUCOM è creare una fitta rete di piccole basi in Europa, permettendo agli USA di rischierarvi le proprie forze contro la Russia. Ma se durante la Guerra Fredda gli USA avevano 400000 soldati in Europa, dopo il “rafforzamento della presenza statunitense in Europa” saranno circa 80000”.
Ciò impone alla Federazione russa d'”Investire nella Difesa e a costruire una linea difensiva. 
Questo è necessario, anche se tali azioni possono scatenare una nuova corsa agli armamenti… Oggi c’è un graduale cambio di leadership nello spazio geopolitico globale“, 
dichiarava l’accademico dell’Accademia dei problemi geopolitici, l’ex-direttore del Primo Dipartimento per la Cooperazione Militare Internazionale del Ministero della Difesa della Federazione Russa, Colonnello-Generale Leonid Ivashov. 
L’occidente si è esaurito ed ora molla, mentre l’età dell’Oriente si afferma. In questo processo assistiamo ad una rivolta contro il diktat statunitense. Come sempre, gli alleati di ieri iniziano ad agire contro Washington. Arabia Saudita e Turchia vedono che l’Iran ha raggiunto il suo obiettivo liberandosi dalle sanzioni. Il processo globale di liberazione dalla dittatura statunitense appare ovvio anche all’Europa. Perciò gli Stati Uniti cercano di sopprimere l’aspirazione russa all’indipendenza, per mantenere anche l’Europa sotto controllo. In caso contrario, c’è il rischio che la liberazione dalla dittatura statunitense diventi un massiccio movimento coordinato. Per riunire l’Europa, è necessario esibire una minaccia estera comune, pratica comune degli Stati Uniti. Quando la minaccia diventa lo SIIL e i profughi da Medio Oriente e Nord Africa, la Russia passa in secondo piano e la solidarietà della NATO comincia ad andare a pezzi. Così gli statunitensi fanno tutto il possibile per presentare i russi nel familiare ruolo di principale nemico. Nel 2015, ricordo, gli Stati Uniti adottarono la nuova strategia di sicurezza nazionale. Nel documento la Russia veniva indicata 13 volte sempre in un contesto negativo. La Russia è il principale nemico nella dottrina militare aggiornata degli Stati Uniti, che ora cercano di riscrivere i punti chiave della strategia della NATO. E’ impossibile aspettarsi altro dagli Stati Uniti date le attuali condizioni“.
Merkel+Erdogan+Mark+50+Years+Turkish+Immigration+o9d5qvOzmvPxE a proposito di ‘flussi di rifugiati’, l’agenzia stampa turca Dogan riferiva che a Diyarbakir si svolgevano gravi scontri tra le forze armate e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che avevano spinto migliaia di persone a fuggire dalla città, nel sud-est della Turchia, dopo che 23 persone, tra cui 3 soldati turchi, erano state uccise. Il 27 gennaio l’esercito turco uccise 11 curdi a Cizre, al confine siriano, e altri 9 a Diyarbakir. Già dal 14 dicembre 2015 134 curdi furono uccisi dall’esercito turco a Diyarbakir. Oltre 2000 civili abbandonavano la città. Dopo il collasso del processo di pace tra le autorità turche e il PKK, nell’estate 2015, Erdogan impose il coprifuoco in varie città curde. 

Da allora, gli scontri tra le forze turche e PKK sono in corso, dove almeno 198 civili, tra cui 39 bambini, sono stati uccisi dalle operazioni militari iniziate nell’agosto 2015. E il 24 gennaio, Joe Biden, vicepresidente degli USA, incontrava ad Ankara il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il primo ministro Davutoglu, per esprimere sostegno alla pulizia etnica della popolazione curda mascherata da guerra contro il PKK. Inoltre, Biden, annunciava che se i colloqui di Ginevra sulla Siria fallivano 
Siamo preparati, pronti a una soluzione militare nell’operazione contro lo Stato islamico“, 
dichiarando che Washington non avrebbe impedito alla Turchia di posizionare truppe in Iraq nei pressi dei giacimenti petroliferi di Mosul, attualmente occupati dallo SIIL, approvando di fatto l’invasione turca dell’Iraq. Inoltre, il vicepresidente degli Stati Uniti non ha detto nulla sul contrabbando di petrolio iracheno e siriano in Turchia, con cui il SIIL finanzia il terrorismo contro la Siria. Biden sa bene che Erdogan e il capo dei servizi segreti turchi, Hakan Fidan, sostengono apertamente lo SIIL, addestrandolo e armandolo nella guerra contro la Siria. Il 18 ottobre 2015 Fidan dichiarò l’aperto sostegno turco allo SIIL: 
L’Emirato islamico è una realtà e dobbiamo accettare di non poter debellare una ben organizzata e popolare istituzione come lo Stato islamico. Pertanto, esorto i miei colleghi occidentali a rivedere il proprio modo di pensare sulle correnti politiche islamiche, a mettere da parte la loro mentalità cinica e a contrastare Putin che vuole schiacciare i rivoluzionari islamisti siriani“. 
Lo Stato islamico è un alleato della NATO, creato dalla struttura clandestina terroristica atlantista StayBehind/Gladio turco-anglo-franco-italiana, o Gladio-B in Medio Oriente, per distruggere il governo baathista siriano, col coinvolgimento diretto della Turchia di Erdogan e della monarchia wahhabita guidata da re Salman e dal figlio militarmente incompetente, ma ministro della Difesa, principe Muhamad bin Salman. 
C’è oggi un’alleanza militare ed economica tra l’osceno megalomane Erdogan e la monarchia wahabita saudita. Da parte loro, il monarca saudita Salman e il principe Muhamad bin Salman vogliono strappare altri giacimenti per aumentare la propria ricchezza. Questo non perché la monarchia sia indigente, ma perché ha l’illusione che possedendo altro petrolio potrà finalmente “sedersi al tavolo del padrone”, e non essere trattata dagli arroganti oligarchi occidentali come beduini primitivi in Rolls Royce”, 
 afferma F. William Engdahl. Nel frattempo l’Arabia Saudita organizzava i colloqui Turchia-Egitto nell’ambito dell’accordo per il passaggio della presidenza dell’OIC (Organizzazione degli Stati islamici), dall’Egitto alla Turchia.

Nel 2013 Erdogan condannò il rovesciamento del regime dei Fratelli musulmani rifiutando di riconoscere la legittimità del presidente egiziano al-Sisi. Ora, secondo l’accordo saudita, al-Sisi cederà la presidenza dell’OIC e consegnerà centinaia di Fratelli musulmani egiziani detenuti al regime islamista di Erdogan che, secondo Engdahl, diverrebbe il “protettore” di Fratelli musulmani e Stato islamico, spianando la strada alla riesumazione del califfato islamico del nuovo Gran Sultano Recep Tayyip Erdogan. E in tale quadro va inserita l’alleanza slavofoba tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente turco Erdogan. Dove difatti la Germania ignora la strage dei curdi nel sud-est della Turchia, il contrabbando di petrolio e la collaborazione di Ankara con i terroristi dello SIIL. Secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt la cancelliera tedesca Merkel 
ha bisogno di Erdogan per la propria sopravvivenza politica… Erdogan ha creato la carta vincente per evitare l’intervento dell’Europa: i rifugiati“, 
dice l’articolo. Il presidente turco sfrutta la fiducia dei Paesi europei e “senza intoppi conduce una guerra sporca” nel proprio Paese, che si traduce ancora una volta in nuovi flussi di migranti in fuga dal sud-est del Paese con l’aumento delle violenze.

Intanto si amplia il ‘fronte orientale’ nell’Unione europea, il serio scontro sulla sovranità tra la Polonia e l’ingerenza dell’UE guidata dalla Germania. Nella frattura intra-europa tentano d’infiltrarsi gli interessi statunitensi, guidati dal solito George Soros, che fa il diavolo in quattro per cercare di salvare la creatura mostruosa su cui ha speso il proprio capitale finanziario-mediatico, il governo golpista neo-banderista di Kiev, oramai sull’orlo della bancarotta economica e della disintegrazione territoriale, e che attrae l’attenzione di Varsavia e Berlino. Si tratta del vero oggetto occulto del contenzioso tedesco-polacco: come affrontare il fallimento ucraino. 

Nel frattempo, sebbene i polacchi continuino a parlare di una vaga “minaccia russa” invocando l’insediamento permanente della NATO nel Paese, la Polonia compie discreti tentativi di riavvicinamento alla Russia. Su iniziativa del nuovo governo polacco, si svolgeva un incontro russo-polacco il 22 gennaio a Mosca, tra i viceministri degli Esteri dei relativi Paesi. I russi chiedevano un forte intervento delle autorità polacche contro i vandalismi sui monumenti che commemorano i caduti dell’Armata rossa durante la Seconda guerra mondiale, 
La retorica ostile va respinta se si vuole un rapporto russo-polacco normalizzato, affermava il Ministero degli Esteri russo dopo le consultazioni bilaterali tra i viceministri degli Esteri. La Russia è pronta a costruire in modo pragmatico contatti con il nuovo governo polacco, avanzando laddove è possibile, dichiarava dopo le consultazioni del Primo Viceministro degli Esteri russo Vladimir Titov con il Viceministro degli Esteri polacco Marek Ziolkowski. “Non è dovuto alla Russia il blocco del dialogo”, dichiarava il Ministero. “Fu sottolineato che se c’è un tentativo di normalizzare le relazioni, un’atmosfera adeguata va creata, e retorica ed azioni ostili vanno evitati”, continuava la dichiarazione. “L’accento era posto sul mantenimento delle debite misure per la protezione di monumenti e sepolture militari russi in Polonia, dato che gli atti di vandalismo sono sempre più frequenti. Le parti hanno deciso a breve l’organizzazione della riunione di un gruppo di lavoro secondo l’attuazione dell’accordo intergovernativo del 22 febbraio 1994 sui monumenti alle vittime di guerre e repressioni. Inoltre, l’articolo indicava che la parti hanno deciso consultazioni per risolvere pragmaticamente le liti sulle proprietà diplomatiche in entrambi i Paesi. “Le parti hanno deciso di spianare la strada ai negoziati con la prospettiva per un accordo intergovernativo”.” Osserva Philppe Grasset, “i polacchi dovranno agire con estrema cautela per evitare di dare altri argomenti a coloro che gli fanno pressione, UE e Germania, NATO e Stati Uniti. Tuttavia, con la solita deriva massimalista degli Stati Uniti che accompagna il “totalitarismo democratico” di Unione europea e Germania, e dato che UE e Germania sono in grave crisi, ci sarà ancora più pressione rigorosa sulla Polonia e altre pressioni si avrebbero se la Polonia stringesse un’alleanza con la Russia. A nostro avviso, le relazioni in tale direzione potranno solo peggiorare, con molto probabili soliti tentativi di cambio di regime per destabilizzare la Polonia. L’incognita riguarda i russi. Putin avrà una “parte” in Polonia o andrà avanti senza altro scopo che iniziare a migliorare le relazioni, a condizione che i polacchi rispettino i monumenti commemorativi, vale a dire intervenendo pesantemente in questo senso? Troviamo qui l’incertezza russa con l’ambiguità di Putin nei rapporti diretti con il blocco BAO (UE, Germania, Stati Uniti d’America). E’ il caso del “piede” nella Russia di Putin (“dentro e fuori il sistema”) assai più percepito, in questo caso, nelle strutture finanziarie e monetarie e in certi oligarchi, ancora visti come “filo-occidentali”, vicini al sistema e alla globalizzazione nonostante le promesse di cambiamento al culmine della crisi in Ucraina; aspetto criticato a Putin anche dai “filo-putiniani” più conseguenti… L'”attacco alla Polonia” s’inscrive in tale contesto, per la Russia, da cui la sua massima cautela se non riluttanza. D’altra parte, i russi possono ritenere di non avere a che fare con un nuovo scenario “greco” (Tsipras che chiede aiuto a Mosca contro l’Unione europea, per capitolare completamente verso UE e Germania). D’altra parte, ancora, la Polonia non è la Grecia e vi sono molti elementi nella crisi da renderla molto più grave della crisi greca, con aspetti geopolitici cruciali. I russi avrebbero grande difficoltà a non prestarvi maggiore attenzione”. I polacchi si troverebbero, spinti dall’arroganza di UE, Germania, USA e NATO, bloccati nel dilemma di dover scegliere tra una posizione intransigente, da rafforzare con ulteriori legami con la Russia, o arrendersi completamente avviandosi verso una rinnovata russofobia. 
“E’ quindi possibile che a un certo punto i russi ritengano che sia più dannoso non rispondere con maggior entusiasmo alle richieste polacche“. 
E difatti, il Ministero della Difesa (MON) della Polonia annunciava la creazione di forze di difesa territoriali, che potrebbero includere 46000 effettivi e modellati sulla Guardia nazionale degli USA. L’idea fu avviata dall’eurofila Piattaforma civica (PO) ed ora viene accelerata dall’euroscettico Partito Legge e Giustizia (PiS) al potere. Nel novembre 2015, il neo-ministro della Difesa Antoni Macierewicz dichiarava che l’organizzazione della difesa territoriale è uno dei compiti più importanti del suo ministero. I piani iniziali prevedono la creazione di 3 brigate nel nord-est della Polonia, ai confini con Russia e Bielorussia. 

In definitiva il MON vuole creare una dozzina di tali brigate, suddivise in due componenti: quella della difesa territoriale, dotate di armi leggere, e la componente mobile dotata di missili anticarro e antiaerei, carri armati e blindati, da usare per rinforzare l’esercito, mentre la difesa territoriale garantirebbe l’ordine nelle retrovie. La Guardia nazionale diverrebbe la quinta forza armata della Polonia, posta sotto il diretto controllo del governo centrale, soprattutto pronta ad affrontare rivolgimenti interni, piuttosto che combattere minacce estere. Chiaramente l’obiettivo è prepararsi contro un ‘nemico interno’, percepibile nella componente filo-europeista della società polacca, e nelle temute rivoluzioni colorate, sempre incombenti anche per chi non si allinea perfettamente alle direttive della NATO.
 
Germany_Tornado_recce-e1437554848656Secondo il giornale Rzeczpospolita, gli USA dopo aver promesso la creazione di basi permanenti in Polonia, cambiavano idea dopo l’intervento della Russia in Siria, per evitare d’irritare Mosca con la costruzione di basi in Polonia. La richiesta del presidente polacco Andrzej Duda di creare basi permanenti della NATO fu discussa col segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e col Comandante supremo della NATO in Europa (SACEUR), l’instabile russofobo Generale Philip Breedlove. 

Inoltre, il ministro degli Esteri Witold Waszczykowski aveva offerto a Londra un accordo di scambio tra la posizione della Polonia sui diritti sociali dei cittadini polacchi residenti in Gran Bretagna e il sostegno inglese all’installazione di basi permanenti atlantiste in Polonia, senza ricevere una risposta conclusiva, però. Il ministro della Difesa Macierewicz parlando all’omologo inglese Michael Fallon, ebbe la promessa della presenza, su rotazione periodica ma non permanente, di 1000 soldati inglesi. 

Con il mutare della situazione geopolitica, la NATO non vuole peggiorare i rapporti con Mosca, tanto più che la capacità operativa delle forze armate atlantiste è gravemente compromessa, di cui l’intervento della NATO in Siria, la cui inoperatività dimostrava aver oramai assunto aspetti grotteschi: i 6 cacciabombardieri Tornado tedeschi, schierati in Siria per le missioni di ricognizione, non possono volare di notte, tutti i giorni Bild ha riportato Martedì in un nuovo imbarazzo per il Ministero della Difesa, poiché i piloti venivano accecati dalle luci del cockpit, la cabina di pilotaggio, ritenute eccessivamente luminose. Il ministero della Difesa tedesco ammetteva che c’è 
un piccolo problema tecnico riguardo l’illuminazione della cabina di pilotaggio. E’ possibile che gli occhiali notturni indossati da piloti provochino riflessi”. 
Perfino l’arma di ordinanza dell’esercito federale, il fucile d’assalto G36 creava problemi nel ritmo di tiro, mentre Der Spiegel rivelava che solo 4 dei 39 elicotteri NH90 in servizio delle forze armate federali tedesche erano operativi. Ciò da la misura dello stato dell’esercito e dell’aeronautica tedeschi, la punta di lancia della NATO. E questo nonostante le deliranti velleità russofobe dei vertici burocratici della NATO.

Alessandro Lattanzio, 29/01/2016

Antoni Macierewicz
Antoni Macierewicz



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