Negli
ultimi mesi, l’India del nuovo dinamico premier Narendra Modi e il
primo ministro del Pakistan Nawaz Sharif hanno fatto i primi passi verso
la soluzione di 70 anni di tensioni di confine. Le due grandi nazioni
eurasiatiche puntano all’armonia politica e infine economica, che
potrebbe cambiare notevolmente in meglio la geopolitica di guerre e caos
mondiale. Saranno i Paesi chiave del cuore eurasiatico dell’emergente
Shanghai Cooperation Organization, di cui entrambi sono gli ultimi
aderenti. Provocherà infarti a Londra, New York e Riyadh.
E’ utile studiare la metodologia storica effettiva della strategia dell’equilibrio dei poteri inglese, quando l’impero crebbe dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo nel 1815. In sostanza fu il dominio inglese sui mari del mondo, attraverso la Royal Navy, controllando il commercio mondiale pur mantenendo l’Europa continentale quale potenziale sfidante sottomessa, mantenendo sempre alleanze con gli Stati o le potenze avversari più deboli per condurre attriti o guerre contro l’avversario più forte, il che significava schierarsi una volta con la Prussia contro la Francia, e nell’altra con la Francia contro la Germania, e così via.
Era chiaro alla fine della seconda guerra mondiale
che gli Stati Uniti d’America, l’egemone emerso dalla guerra, non
avevano alcuna intenzione di aiutare l’alleata Gran Bretagna a mantenere
la zona commerciale favorita della sterlina imperiale inglese, per
ripristinare infine l’impero e sfidare la nuova egemonia degli USA. Gli
Stati Uniti decisero prima di smembrare quell’impero e infine dare alle
società statunitense ciò che rimase.
Dopo la guerra, crearono la
Comunità europea del carbone per fare dell’Europa continentale devastata
dalla guerra un loro vassallo economico, sempre con lo spauracchio
dell’Unione Sovietica per mantenere l’Europa docile. Era il sistema di
potere statunitense. Truman, nell’agosto 1945, su consiglio delle banche
di Wall Street, scioccò Londra interrompendo bruscamente il programma
affitti e prestiti di guerra con cui la fallita Gran Bretagna, di fatto,
poteva importare beni vitali come il cibo. Washington perseguì la
negoziazione di un prestito le cui condizioni chiesero che Il Regno
Unito rendesse la sterlina convertibile.
Il sole tramonta sull’impero
La combinazione di richieste finanziarie di Washington nel dopoguerra al governo laburista di Clement Attlee e rovina dell’economia di guerra della devastata Gran Bretagna, rese mantenere l’impero, soprattutto l’India, fiscalmente impossibile. Quando il governo inglese nel 1947 nominò Lord Mountbatten in Birmania, zio del principe Filippo, a supervisore del passaggio del Raj indiano degli inglesi, allora comprendente anche Pakistan e Bangla Desh, all’indipendenza, Mountbatten fece in modo di gettare i semi di più di sei decenni di conflitti. Il suo piano, realizzato in sei mesi, puntava a ciò che chiamò “Teoria delle due nazioni”, tutte le aree con popolazione a maggioranza musulmana sarebbero diventate parte del Pakistan, e quelle con maggioranza indù si sarebbero unite all’India. I conflitti religiosi furono programmati dal divide et impera giocato dagli inglesi.
La combinazione di richieste finanziarie di Washington nel dopoguerra al governo laburista di Clement Attlee e rovina dell’economia di guerra della devastata Gran Bretagna, rese mantenere l’impero, soprattutto l’India, fiscalmente impossibile. Quando il governo inglese nel 1947 nominò Lord Mountbatten in Birmania, zio del principe Filippo, a supervisore del passaggio del Raj indiano degli inglesi, allora comprendente anche Pakistan e Bangla Desh, all’indipendenza, Mountbatten fece in modo di gettare i semi di più di sei decenni di conflitti. Il suo piano, realizzato in sei mesi, puntava a ciò che chiamò “Teoria delle due nazioni”, tutte le aree con popolazione a maggioranza musulmana sarebbero diventate parte del Pakistan, e quelle con maggioranza indù si sarebbero unite all’India. I conflitti religiosi furono programmati dal divide et impera giocato dagli inglesi.
Le
placche tettoniche che Mountbatten pose in collisione furono l’India,
Stato prevalentemente indù, e il Pakistan, Stato dalla schiacciante
maggioranza musulmana sunnita. Sul Kashmir, territorio contestato oggi
da India, Pakistan e Repubblica popolare cinese, Mountbatten lasciò che
si decidesse in futuro se diventare parte dell’India o del Pakistan. Era
come se avesse deciso di porre una bomba pronta al confine delle nuove
nazioni. Incastrato nella valle dell’Himalaya tra le tre grandi nazioni
asiatiche, il Kashmir è stato ed è oggi il centro della crisi che può, e
troppo spesso è, esplodere nello scontro incontrollato tra India e
Pakistan, entrambi in possesso di armi nucleari. Inoltre, il Kashmir è
geopoliticamente strategico non solo per India e Pakistan, ma anche per
la Cina. Oggi l’India vi staziona 700000 forze di sicurezza per
mantenere sotto stretto controllo una popolazione di 7 milioni di
musulmani nella valle del Kashmir. Ben 80000 persone furono uccise nel
conflitto sul Kashmir negli ultimi due decenni ed 8000 civili sono i
dispersi in Kashmir. Poco nota è l’affermazione della Cina sull’impatto
del Kashmir nella sicurezza della provincia della Cina occidentale dello
Xinjiang, al confine col Kashmir conteso, e sede della minoranza uigura
musulmana Cina.
Nel 1962, dopo una breve guerra di confine con l’India,
la Cina prese il pieno controllo dell’Aksai Chin in Kashmir, al confine
con la strategica provincia cinese dello Xinjiang. Dopo la guerra di
confine del 1962 tra Cina e India, la Cina sviluppò la “solida amicizia”
con il Pakistan, sostenendolo nelle guerre contro l’India nel 1965 e
1971, e sostenendone le pretese sul Kashmir. Il cosiddetto Movimento
islamico del Turkestan Oriente (ETIM), così come SIIL e altri gruppi
terroristici radicali, sono sempre più attivi nello Xinjiang, il cuore
della produzione di petrolio e gas della Cina, e nodo dei gasdotti per
Kazakistan e Russia. L’irrisolta partizione del Kashmir è la chiave
geopolitica per risolvere le guerre infinite in Afghanistan, il
conflitto tra Pakistan e India, e aprire l’intera regione al notevole futuro sviluppo economico cooperando con la Cina sui progetti
infrastrutturali per strade, ferrovie e porti.
L’adesione alla SCO apre nuove porte
Negli ultimi mesi, aiutata dal governo poco filo-USA di Najendra Modi, l’India ha compiuto sottili passi per la distensione e infine porre fine al conflitto infinito tra India e Pakistan sul Kashmir. Dalla rielezione nel 2013 il regime pakistano del primo ministro Nawaz Sharif, capo della Lega musulmana pakistana e punjabi del Kashmir, ha allontanato da Washington il Pakistan che sotto il Generale Musharraf dipendeva dagli Stati Uniti dal 2001, nella guerra al terrorismo e nella disastrosa guerra in Afghanistan. Sharif, pur mantenendo relazioni amichevoli con Washington non è malleabile ed ha cercato migliori legami con la Cina, vecchia alleata del Pakistan, e con la Russia, forte alleata dell’India dalla guerra fredda.
Negli ultimi mesi, aiutata dal governo poco filo-USA di Najendra Modi, l’India ha compiuto sottili passi per la distensione e infine porre fine al conflitto infinito tra India e Pakistan sul Kashmir. Dalla rielezione nel 2013 il regime pakistano del primo ministro Nawaz Sharif, capo della Lega musulmana pakistana e punjabi del Kashmir, ha allontanato da Washington il Pakistan che sotto il Generale Musharraf dipendeva dagli Stati Uniti dal 2001, nella guerra al terrorismo e nella disastrosa guerra in Afghanistan. Sharif, pur mantenendo relazioni amichevoli con Washington non è malleabile ed ha cercato migliori legami con la Cina, vecchia alleata del Pakistan, e con la Russia, forte alleata dell’India dalla guerra fredda.
Modi, leader nazionalista indù
del Bharatiya Janata Party (BJP), da quando è primo ministro indiano,
nel maggio 2014, ha lanciato un’impressionante ripulita della burocrazia
statale della pianificazione indiana, agendo per rendere gli
investimenti esteri più attraenti. Il risultato è che nel 2015 l’India
era il Paese leader negli investimenti esteri diretti nel mondo,
superando anche la Cina. Modi ha compiuto grandi passi per migliorare le
infrastrutture dei trasporti in India, in particolare autostrade e reti
ferroviarie, riformando per prima le ferrovie.
L’India di Modi ha
lanciato la costruzione in joint venture francesi e statunitensi di 1000
nuove locomotive diesel col piano “Make in India”. A fine dicembre
2015, il suo governo ha firmato un accordo con il Giappone per costruire
un sistema di treni ad alta velocità che collega Mumbai e Ahmadabad, e
la massiccia espansione della rete autostradale in India, creando
moderni collegamenti per le aree più remote per la prima volta. Inoltre,
101 fiumi saranno convertiti in corsi d’acqua nazionali per il
trasporto di merci e passeggeri. Mentre l’agenda economica nazionale
finora è impressionante, Modi sa chiaramente che il futuro della robusta
trasformazione economica indiana è collegare la seconda nazione più
popolosa del mondo allo spazio economico eurasiatico emergente, dominato
da Cina e Russia.
Nel luglio 2015 l’eurasiatica Organizzazione per la
Cooperazione di Shanghai, gruppo sempre più strategico creato nel 2001 a
Shanghai per incrementare la cooperazione nello spazio eurasiatico tra
Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, ha
votato per estendere lo status di piena adesione nel 2016 di Pakistan e
India. E’ la prima espansione in 15 anni di storia della SCO, e
potenzialmente la più significativa, in quanto apre l’intera area
eurasiatica dalla Cina all’India attraverso Pakistan, Kazakistan, Russia
e gli altri Stati aderenti all’Unione economica eurasiatica, tra cui
oltre a Russia e Kazakistan, Bielorussia, Armenia e Kirghizistan.
Gli
aderenti alla SCO nel 2015 approvavano ufficialmente la partecipazione
al vasto programma per le infrastrutture stradali e marittime del Grande
Progetto Via e Cintura della Cina. Modi prevede chiaramente di
collegare la rete ferroviaria indiana aggiornata al progetto della Via
della Seta della Cina. La distensione con il Pakistan è la chiave
geografica di ciò. L’agenda economica eurasiatica è chiaramente il
motivo trainante della visita a sorpresa di Modi nella capitale del
Pakistan, Lahore, per incontrare il Primo ministro Sharif il 25
dicembre, di ritorno dai colloqui a sorpresa a Kabul, in Afghanistan e
prima ancora, con Putin in Russia, dove entrambi i Paesi hanno deciso i
principali programmi di Difesa ed energia nucleare. Il primo ministro
del Jammu e Kashmir, Mufti Muhamad Sayid, ha salutato i colloqui
Modi-Sharif affermando che rafforzeranno
“l’amicizia e inaugureranno un’era di pace e stabilità nella regione. È un processo evolutivo e un passo nella giusta direzione“.
Fu il primo viaggio in Pakistan di un primo ministro indiano dal 2004.
Sharif negli ultimi mesi ha impegnato il Pakistan in un cambio
geopolitico sottile ma significativo. Per decenni l’Arabia Saudita aveva
considerato il Pakistan uno Stato vassallo, economicamente arretrato e
dipendente dalla generosità finanziaria saudita. Negli anni ’80,
l’operazione Ciclone della CIA era il nome in codice per l’operazione
degli Stati Uniti per addestrare i fanatici terroristi nominalmente
musulmani, soprannominati Mujahidin, per la guerriglia contro i
sovietici dell’Armata Rossa in Afghanistan, con l’intelligence
pakistana, l’ISI dell’ultra-conservatore generale Muhammad Zia-ul-Haq,
il dittatore scelto dall’amministrazione Reagan-Bush per la loro guerra
empia, o come Zbigniew Brzezinski ha definito “Vietnam della Russia”.
I
mujahidin in Afghanistan furono reclutati dal giovane saudita Usama bin
Ladin, che allora lavorava per l’operazione Ciclone della CIA gestita da
Turqi al-Faysal, il capo dell’intelligence saudita fino a poco prima
dell’11 settembre 2001, una persona vicina alla famiglia Bush Al-Faysal
inviò il giovane ricco saudita Usama bin Ladin in Pakistan negli anni
’80 per reclutare terroristi fanatici sunniti nell’operazione Ciclone;
migliaia di reclute dall’ultra-rigida Arabia Saudita wahhabita. Tale
intimo corrotto legame saudita-pakistano chiaramente s’indebolisce col
regime di Sharif, nonostante le riunioni di vertice tra l’esercito
pakistano e il re saudita lo scorso novembre. Quando il ministro della
Difesa saudita e di fatto presente sovrano, principe Salman, annunciava
il 14 dicembre la formazione di una coalizione a guida saudita degli
Stati sunniti che hanno accettato di combattere lo SIIL in Siria. Il
Ministero degli Esteri del Pakistan annunciò che non gli fu formalmente
chiesto e che non avrebbe aiutato i sauditi a schierare truppe in Siria.
Potenzialmente molto più importante è lo sviluppo, tuttavia, dei
rapporti tra Pakistan e India. Modi e Sharif si sono incontrati
privatamente nel luglio 2015 ad Ufa, in Russia, al vertice della
Shanghai Cooperation Organization, dove entrambi decisero la
collaborazione diretta sulle misure antiterrorismo e Sharif invitò Modi
al vertice del 2016 dell’Associazione dell’Asia meridionale per la
cooperazione regionale (SAARC). Ora, con la chiara volontà di Sharif e
Modi di disinnescare il Kashmir e altri conflitti che hanno tenuto
Pakistan e India in stato di tensione continua dal 1947, la prospettiva è
più reale che mai, negli ultimi decenni, per la distensione e anche la
cooperazione economica.
Con Cina e Russia impegnate nel dialogo positivo con entrambi i Paesi, e le immense prospettive economiche dei grandi progetti infrastrutturali della Via e Cintura della Cina, insieme all’Unione economica eurasiatica della Russia, il peggior incubo di Zbigniew Brzezinski, l’unione economica delle nazioni dell’Eurasia India, Cina e Russia è a portata di mano. L’Iran, le cui sanzioni imposte dagli Stati Uniti sono in procinto di essere tolte, chiaramente aderirà allo spazio economico eurasiatico.
Si tratta dell’adesione di un osservatore della Shanghai
Cooperation Organization che attende la revoca delle sanzioni. Una vista
alla mappa eurasiatica mostra il vasto ed entusiasmante nuovo spazio
geopolitico emergente. Nel suo famigerato libro del 1997, La Grande
Scacchiera, Brzezinski, nel 1979 architetto della guerra dei Muhjaidin
della CIA contro i sovietici in Afghanistan, osserva che “è imperativo
che nessun sfidante eurasiatico emerga, capace di dominare l’Eurasia, e
quindi anche di sfidare l’America”. Brzezinski continuò ad elaborare la
minaccia di tale formazione eurasiatica:
“Una potenza che domina l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni più avanzate ed economicamente produttive del mondo. Un semplice sguardo alla mappa suggerisce anche che il controllo dell’Eurasia comporterebbe quasi automaticamente la subordinazione dell’Africa, rendendo emisfero occidentale e Oceania (Australia) geopoliticamente periferici rispetto al continente centrale del mondo. Circa il 75 per cento della popolazione mondiale vive in Eurasia, e la maggior parte della ricchezza fisica del mondo è lì, sia industriale che del sottosuolo. L’Eurasia rappresenta circa i tre quarti delle risorse energetiche conosciute al mondo”.
La sfida per le nazioni eurasiatiche della SCO, con
Pakistan e India ora, sarà impedire che “terrore” e altre interruzioni
sabotino la distensione emergente tra Pakistan e India. Possiamo essere
certi che il ministro della Difesa saudita, principe Salman, fa gli
straordinari per trovare un modo per far deragliare la collaborazione
assieme certe reti vicine ai falchi neoconservatori di Obama. I prossimi
mesi saranno cruciali per il futuro dell’Eurasia e, per estensione,
della pace e dello sviluppo politico-economico globali. Ancora una
volta, Russia e Cina giocano un ruolo di mediazione costruttiva e
l’occidente, in particolare Washington e gli alleati, fa di tutto per
ostacolarlo.
F. William Engdahl New Eastern Outlook 31/01/2016
F. William Engdahl
è consulente di rischio strategico e docente, laureato in Scienze
Politiche all’Università di Princeton, è autore di best-seller su
petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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