mercoledì 17 febbraio 2016

Regeni, spionaggio e trotskismo social-imperialista

David Young, ex-datore di lavoro di Giulio Regeni e spia di Richard Nixon.

Il ‘compagno’ Giulio Regeni (il martire tanto necessario alla sinistraglia socialcolonialista, che in Italia è rimasta ancora a Carlo Giuliani, ucciso mentre innocentemente assaltava un automezzo dei carabinieri), collaborava in sostanza con il ramo ‘trotzkista’ dei servizi segreti. Difatti le due docenti che l’avevano inviato a fare ricerche prima a Kiev (Regeni aveva la fidanzatina ucraina) e poi a Cairo, Anne Alexander e Maha Abdelrahman, aderiscono al programma ‘universitario’ di Cambridge evocativamente denominato CENTRE FOR RESEARCH IN THE ARTS, SOCIAL SCIENCES AND HUMANITIES (CRASSH), presieduto da Martti Ahtisaari, il burocrate finlandese che gli USA misero a capo di una delle tante missioni per distruggere la Jugoslavia, al culmine dell’operato del trotzkismo europeo, che nella distruzione della Federazione socialista era in prima linea fiancheggiando e sostenendo le operazioni della NATO e di Gladio, (Ustashija, al-Qaida nei Balcani, UCK, forze che il trotskismo occidentale oggi torna a sostenere in Medio Oriente, Nord Africa e Ucraina).

Il CRASSH, come nella migliore tradizione dell’accademismo anglosassone, pubblica infiniti papers, text, working papers che, benché numerosi, hanno alla fine lo stesso tema o litania: impedire l’affermarsi dell’Alleanza Eurasiatica, definendo Russia e Cina ‘Paesi imperialisti’, l’Iran Paese ‘settario teocratico’, e Siria e Libia ‘non-Stati dai regimi burocratici’. E il tutto da abbattere con ‘rivoluzioni’ democratiche e socialiste dei ‘popoli’ o ‘classi’ oppressi che, magicamente, coincidono con quelle ‘rivoluzioni colorate’ o ‘primavere arabe’ alla cui preparazione parteciparono quegli stessi enti ‘di ricerca’ o ‘accademici’ in cui appaiono sia i suddetti teorici del trotskimo social-coloniasta, che i teorici del soft power degli USA e degli altri imperialismi occidentali (George Soros, USAID, NED, Freedom House, Amnesty International, HRW del geopolitico russofobo Brzezinski, ecc.). 

Una casualità apparente che nasconde invece pianificazioni accurate, attente e precise, magari vecchie di decenni. E non è un caso che Giulio Regeni sia stato subito elevato a martire del ‘marxismo’ dalle fazioni italiane più vicine al social-colonialismo anglosassone, gli stessi che celebrarono le gesta ‘rivoluzionarie’ dell’UCK in Kosmet nel 1999; assaltarono l’ambasciata libica nel febbraio 2011 per sostenere la rivoluzione ‘proletaria’ di Sarkozy, Qatar e NATO; predicano la distruzione della Siria per suddividerne le spoglie con Turchia, Israele e regni wahhabiti con cui tali organizzazioni settarie social-colonialiste ed integrate nell’apparato mediatico-disinformativo occidentali, quali sono appunto i trotzkisti europei, hanno stretti legami.

Anne Alexander ha scritto un verboso articolone esprimendo sostegno al taqfirismo in Medio oriente contro l’Iraq di al-Maliqi, l’Iran sciita rivoluzionario, la Siria panaraba e la Libia panafricana, definendoli tutti dittature anti-proletarie, reazionarie e fasciste. Non casualmente proprio questi Paesi, e solo questi Paesi, sono avversari della NATO e dei relativi alleati regionali (Fratelli mussulmani, al-Qaida, Stato islamico, il taqfirismo in generale). Difatti Anne Alexander mischia militanza politica e lavoro ‘accademico’. 

Alexander milita nel SWP, il Socialisr Workers’ Party, ovvero l’ala estremista del Labur Party, il partito della sinistra imperialista per eccellenza. Il giornale del SWP, Socialism International, pubblica articoli a sostegno del golpe di Gladio in Ucraina; quindi della repressione dell’opposizione al golpe, dell’operazione di invasione e distruzione della Novorossija, mentre occulta il ruolo dei neonazisti, dei mercenari occidentali e dei servizi segreti atlantisti (Gladio) nel colpo di Stato e nella guerra civile in Ucraina. 

Giustificando tali posizioni definendo ‘fascisti’ gli operai e i minatori novorussi che si sono opposti al colpo di Stato neonazista e atlantista in Ucraina. Inutile dire che la stessa setta ‘marxista’ a cui aderisce la ricercatrice, definisce imperialiste Russia e Cina, fascista Vladimir Putin, e condanna il referendum popolare della Crimea, salvando le popolazione dai massacri pianificati da Kiev, quale atto d’aggressione imperialista della Russia, in perfetto allineamento con la volgare propaganda antirussa della NATO. E quindi non è un caso che l’ente di ‘ricerca’ cui lavorava Giulio Regeni (di cui va ricordata la ‘fidanzatina ucraina’ usata come testimone indiretta nel suo caso), il CRASSH appunto, avesse le stesse posizioni russofobe e filonaziste dei trotzkisti dell’SWP sul caso dell’Ucraina, invocando l’intervento della NATO per ‘liberare’ la Crimea e l’Ucraina dall’aggressione della ‘Guerra Ibrida’ di Putin

Esprimendo, sempre non a caso, simpatia per il separatismo dei tartari di Crimea ispirato dai neonazisti ucraini, dai Lupi grigi nazislamisti (attivi anche contro la Siria), e dalla Turchia di Erdogan (Erdogan è anche nemico del Presidente egiziano al-Sisi, che ha cercato di far rovesciare tramite i Fratelli musulmani). Concludendo, su Ucraina, Siria, Iraq ed Egitto quindi convergono le posizioni di Giulio Regeni, del ‘centro studi’ CRASSH per cui lavorava, del trotzkismo social-colonialista europeo (a cui aderivano Regeni e i suoi mentori), della NATO, dell’imperialismo anglosassone, del neottomanismo turco e dell’integralismo islamista, anti-socialista e filo-imperialista. E tutto ciò, evidentemente, non è un caso o una coincidenza.

In Egitto, tale fronte islamo-social-imperialista vuole ricreare i disordini contro il governo di al-Sisi, sempre più orientato verso l’Eurasia e il blocco antiegemonico che va formandosi fuori e contro l’occidente imperialista, di cui le propaggini trotskiste ne rappresentano le antenne nel campo ‘socio-culturale’ mondiale. Ricordo che i trotzkisti hanno sempre avuto nel loro programma d’azione, fin dal 1948, la distruzione dell’URSS e delle potenze ‘burocratiche’, ovvero di tutto ciò che si contrappone all’imperialismo e al colonialismo. Le loro istanze sono l’instaurazione del puro social-colonialismo, la distruzione del processo di emancipazione dei Paesi del terzo mondo creando conflitti sociali artificiali o inventando ‘lotte di classe’ inesistenti. Abbandonati dopo il 2001, questi sicari dell’ultrasinistra di Gladio/NATO si sono ripresentati con la ‘primavera araba’.

La tipica bellezza inglese non sfiorisce mai: Anne Alexander e Maha
La tipica bellezza inglese non sfiorisce mai: Anne Alexander e Maha Abdelrahman

Dal Watergate al Nilo
 
bate-brand-oxford-analytica-logo-designGiulio Regeni, sempre casualmente, ha lavorato dal settembre 2013 al settembre 2014 per l’azienda d’intelligence Oxford Analytica, fondata da un ex-funzionario statunitense, David Young, implicato nel caso Watergate. E sempre casualmente gli ex-colleghi di Regeni presso l’Oxford Analytica sono tra i promotori della petizione che chiede al governo inglese di fare pressione sull’Egitto, 
Giulio era un collega fantastico, socievole, divertente. Ci manca molto. Era estremamente cauto nel condurre il suo lavoro. Certo, c’è sempre la possibilità che abbia attirato l’attenzione di qualche gruppo pericoloso, ma da quanto sappiamo Giulio non si comportava in maniera avventata o negligente”. 
Oxford Analytica, che raccoglie intelligence politico-economica per enti privati e una cinquantina di governi, ha uffici a Oxford, New York, Washington e Parigi, e una rete di 1400 collaboratori. Regeni vi stilava “Daily Brief” confidenziali, degli articoli quotidiani destinati alla clientela. Young era uno dei responsabili del servizio di spionaggio di Richard Nixon. Quando a seguito dello scandalo Watergate i suoi colleghi G. Gordon Liddy e Howard Hunt finirono in prigione, Young emigrò nel Regno Unito dove nel 1975 fondò l’Oxford Analytica, nel cui CdA compaiono John Negroponte, il responsabile degli squadroni della morte della CIA in Iraq nel 2003-2005, e Sir Colin McColl, ex-capo dell’MI6, il servizio segreto inglese.


Cartina ‘geopolitica’ di Oxford Analytica: in grigio i buoni, colorati gli altri.

Alessandro Lattanzio, 16/2/2016


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Le stranezze del caso Regeni, ucciso dall'Arabia per far un dispetto all'Italia

Il caso del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni assassinato al Cairo, il cui corpo è stato ritrovato solo alcuni giorni dopo, non è un puro fatto di cronaca nera.

Altre volte è successo che nostri connazionali siano stati uccisi e magari anche sottoposti a torture in Paesi stranieri, ma si è sempre trattato di atti di pura delinquenza. Questa volta è invece quasi sicuro che dietro quel delitto ci sia qualcosa di più preoccupante: un atto politico.

Che Regeni non si trovasse in Egitto per turismo era notizia ufficiale, così com'è evidente che frequentasse gruppi di sindacalisti in rotta con il potere e malvisti dalle attuali Istituzioni. Ciò che non è chiaro sono i reali rapporti che lo studioso aveva con costoro: si trattava solo di voler conoscere la realtà a puri fini di studio o esisteva un legame di complicità con queste forze di opposizione?

Gli articoli che inviò al Manifesto e pubblicò su di un sito internet erano puro giornalismo o avevano altri scopi? Di sicuro, qualunque siano i retroscena e le ragioni del suo agire, non c'e alcuna giustificazione per quel che gli è successo, ma sapere esattamente ciò che faceva e chi era veramente è molto utile per capire la sua morte e per indirizzarci verso i colpevoli di quell'atto feroce.

Il giornalista Fabio Squillante, direttore dell'Agenzia d'informazione Nova, formula in merito all'accaduto ipotesi molto suggestive che vale la pena di sottoporre a particolare attenzione. Anch'egli non può formulare altro che pure osservazioni sulla stranezza di alcuni eventi, ma crediamo che le nostre forze investigative inviate sul posto dovrebbero fare ricerche anche in questa direzione.

Squillante comincia col far notare che il professore italiano che doveva incontrarlo nella serata, già alle 23.30 del 25 gennaio, chiama direttamente l'Ambasciatore italiano al Cairo (quindi tre ore dopo l'orario fissato per l'incontro e in un`ora inconsueta per parlare direttamente con il capo della nostra diplomazia locale, salvo fatti particolarmente gravi) per informarlo della scomparsa. Quest'ultimo allerta immediatamente i nostri servizi presenti in Egitto. Tale prontezza d'intervento lascia pensare che il soggetto fosse già conosciuto, monitorato e considerato "a rischio".

La conferma viene dal fatto che quasi subito arriva in Egitto il generale Alberto Manenti, direttore della nostra Agenzia d'intelligence AISE. Lo stesso ritorna a Roma solo il 4 febbraio, cioè lo stesso giorno in cui è fatto ritrovare il cadavere di Regeni, ritrovamento effettuato, guarda caso, in prossimità di una caserma della polizia. Quello stesso giorno era in arrivo una delegazione d'imprenditori italiani guidata dal Ministro Guidi in persona.

​Poiché è assodato che il nostro connazionale era stato ucciso già giorni prima, è solo una pura coincidenza che il corpo sia ritrovato esattamente in quel momento?

Squillante si domanda se le sevizie (inutili se, come risulterebbe da alcune testimonianze, i servizi egiziani lo tenevano già sotto controllo e quindi conoscevano sia i suoi contatti sia i suoi spostamenti) così come la coincidenza delle date e il luogo non siano stati orchestrati da qualcuno che volesse dare un "duro colpo alle relazioni tra Italia ed Egitto".

Si ricorda che i rapporti tra i nostri due Paesi sono stati ottimi fino ad ora e che la scoperta da parte dell'Eni di un enorme giacimento di gas nelle acque territoriali egiziane costituisce un ulteriore legame economico molto importante, sia per la nostra società petrolifera sia per le finanze egiziane. Anche il Governo di Al Sisi uscirebbe rafforzato dallo sfruttamento di tale giacimento, foriero di forte miglioramento per la bilancia commerciale egiziana. La stessa cosa non si può dire per gli interessi politici ed economici di qualche altro Paese. Attraverso serrate argomentazioni, il direttore esclude uno per uno: l'Egitto, l`Israele, la Turchia e pure la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Non resterebbe che l'Arabia Saudita:

"Non è nell'interesse di Riad che l'Egitto rafforzi la propria sovranità grazie all'indipendenza energetica. Del resto i Sauditi possono contare su notevoli strumenti d'influenza politica, a partire dai salafiti. Anche nelle Forze Armate egiziane sauditi ed emiratini hanno acquisito un peso mai avuto prima.".
Siamo sempre nel campo delle pure ipotesi ma, se si vuole restare a livello locale ed escludere le intromissioni straniere, l'idea affacciatasi dopo il ritrovamento del cadavere in quelle condizioni coinvolge immediatamente la polizia e/o i servizi segreti egiziani. Questa possibilità non può certo essere abbandonata ma, pensandoci bene, perché il Governo avrebbe dovuto autorizzare un'azione di questo genere con la conseguenza di mettere a rischio dei rapporti ottimali per entrambi i Paesi? O si e' trattato di un atto non premeditato? Ma, se così è, perché le autorità locali si mostrano reticenti a collaborare con i nostri investigatori inviati in loco?

Il direttore di Agenzia Nova avanza due possibilità non necessariamente alternative: il regime non può sconfessare una sua importante struttura interna oppure non può permettersi di "denunciare l'azione esterna di un influente Paese straniero".

A tutt'oggi, comunque, non si può negare che la morte di Giulio Regeni abbia già raffreddato le relazioni tra Roma e Cairo e che i reciproci rapporti economici siano in forse. Affermare con assoluta certezza che questo risultato costituisse il primario obiettivo di chi ha ucciso e torturato è impossibile ma, come disse il cinico Andreotti: a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina.


Mario Sommossa
 

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