mercoledì 15 giugno 2016

La neo lingua adottata dalla dottrina neoliberista


La dottrina economica introdotta negli ultimi anni dal neoliberismo ha utilizzato una nuova terminologia linguistica che tende a prevalere nei mass media ed a emarginare qualsiasi lessico non conforme. La forza della burocrazia sta proprio nel lessico creato al fine di uniformare tutte le culture politiche ed economiche in uno stessa forma stereotipata che sostituisce la forma e la ricchezza delle diversità intellettuali preesistenti con l’effetto di annullare la creatività del linguaggio.

Il nuovo lessico neoliberista ha adottato le stesse tecniche messe in atto in precedenza dai regimi totalitari che si sforzavano di regolare tutti i comportamenti dei cittadini al fine di raggiungere l’obiettivo di una rieducazione delle masse.

Questo linguaggio che si può considerare di fatto la “neolingua” mondialista risulta infarcito di termini anglosassoni e di retorica d’accatto che tende a mascherare in modo perverso la realtà delle cose. Una tecnica molto simile a quella del linguaggio utilizzato negli Stati del “socialismo reale” ove si abbondava nei concetti di “fraternità dei popoli”, di “salvaguardia della pace”, di “democrazia popolare”, concetti che nascondevano realtà del tutto opposte.

Con la caduta del Muro di Berlino e con lo sgretolamento dell’URSS abbiamo assitito ad un cambiamento accelerato, sia in Occidente che nei paesi dell’ Europa dell’est, dei sistemi di comunicazione e di propaganda che sono passati sotto il controllo delle centrali informative del poderoso apparato mediatico dominato dalle grandi concentrazioni anglosassoni con ramificazioni in tutto il mondo e  che hanno esportato il loro sistema di comunicazione anche nei paesi dell’ex Patto di Varsavia.

Non risulta anomalo il fatto che le principali tecniche di cambiamento del linguaggio siano state sostanzialmente le stesse dei regimi totalitari. Sono tecniche che furono ben descritte da certi autori che avevano studiato il sistema di manipolazione dell’opinione pubblica già adottato nel regime staliniano. Queste giocano sulla ripetizione snervante di parole chiave e di frasi stereotipate, sulla riforma del contenuto dei sistemi di educazione fondata sulla enunciazione di assiomi indiscutibili fino al punto di diventare evidenze che nessuno si sogna di mettere in discussione, sul moltiplicarsi di seminari e colloqui sulle stesse problematiche orientate ideologicamente e fondate sugli stessi paradigmi semplificati.

In questo modo l’aggettivo “sostenibile” viene automaticamente associato alla parola “sviluppo“, il termine “trasparenza” viene inteso come un concetto magico che deve valorizzare il concetto di assoluta libertà dei mercati poichè si presuppone che sia la libertà a renderli trasparenti, e così di seguito. Quando ci si riferisce quindi al “mercato” diventa quindi normale associare l’attributo di “trasparente” in modo automatico, quasi pavloviano. Lo stesso procedimento si adotta per termini entrati nella terminologia comune quali “libertà economica”, “competitività”, “apertura al mercato”, ecc..

Gli specialisti americani della comunicazione hanno sviluppato una tecnica di comunicazione denominata “storytelling”, che consiste nel diffondere attraverso i media storie edificanti a mo’ di propaganda che permettono in particolare di illustrare gli effetti benefici dell’attuazione dei grandi principi del neo liberismo. Questa tecnica viene illustrata dal nell’opera del sociologo francese Christian Salmon, essendo questa molto diffusa tra i dirigenti politici, fra i supermanager delle multinazionali e fra i responsabili dei grandi organismi sovranazionali.

Tecnica abitualmente utilizzata nella copiosa letteratura delle agenzie dell’ONU e dei suoi organismi paralleli, in particolrare sottoforma di riquadri, (boxes) inseriti nel testo di una pubblicazione. Ad esempio si narra la storia di un povero contadino di un paese del 3° o 4° mondo che, grazie al fatto di aver seguito un consiglio della Banca Mondiale, o per aver ricevuto una attrezzatura finanziata dal microcredito, è riuscito ad alleviare la sua povertà.

Oggi risulta frequente che tutti i rapporti annuali dei Programmi Sviluppo delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale, dell’UNICEF, dell’FMI, ed altre istituzioni, contengono numerosi riquadri che raccontano queste “storie esemplari”. Queste storie sono molto simili a quelle che si raccontavano nell’URSS sugli effetti miracolosi delle ricette del socialismo applicate nella vita economica di qualche comunità o individuo.

Attraverso queste tecniche si è arrivati ad utilizzare un vocabolario del tutto nuovo che ha impregnato la neolingua liberista, cancellando il vecchio vocabolario con molti termini caduti in disuso.

Sono entrati in questo vocabolario termini anglosassoni come “governance”, o come “accountability” (rendicontabilità) o locuzioni per definire normative di tipo neoliberista com “Jobs Act “, Spending Review”, Fiscal compact”, ecc.. Si tratta di termini stranieri che non hanno apportato niente di nuovo rispetto ai concetti del vecchio vocabolario ma che piuttosto hanno il più delle volte mascherato concetti relativi all’ideologia del mercato caratterizzati da elusione di responsabilità, di limitazione o taglio di diritti, di spese sociali e di compatibilità con il mercato.

La nozione di “governance” ad esempio cancella ogni rigore nella responsabilità dei decisori: non si fa più riferimento ad un rigore di individui che svolgono funzioni perecise ma di specifiche mancanze attribuibili ad un “sistema” o ad una delle sue parti. Qualunque responsabilità è diluita in questo concetto inafferrabile la cui funzione è quella di liberare il singolo dirigente da ogni responsabilità.

Allo stesso modo la diffusione oltre ogni limite del termine “trasparenza” che proviene direttamente dall’ideologia del mercato, che deve essere necessariamente trasparente per funzionare con efficienza. Essa viene richiesta ovunque: nella condotta dell’azione di governo come nella elaborazione delle condizioni finanziarie delle socetà quotate in Borsa, nei prospetti delle Banche, ecc..

Questa forma di politichese è stata adottata con entusiasmo da tutti gli attori della catena consumistica: qualsiasi prodotto viene pubblicizato in quanto favorisce la “protezione dell’ambiente” (environment friendly), qualsiasi decisione come ” frutto di un processo trasparente”, qualsiasi atto di gestione amministrativa si iscrive in un quadro di “rendicontabilità” (accountability), qualunque politica economica mira a stabilire principi di “crescita sostenibile”, ecc. ecc..

Il massimo della nuova neolingua si raggiunge nei documenti pubblicati dagli Organismi internazionali come le Agenzie dell’ONU quando si parla di “lotta contro la povertà”, lotta alle “ingiustizie sociali”, adozione di un nuovo modello di sviluppo, tutela dei “diritti umani” ed altre facezie.

In questi scritti la “povertà” viene inserita nel ruolo di soggetto grammaticale ed “oggetto di preoccupazione”, in un crescendo retorico che dimostra il vuoto e il non senso di queste allocuzioni che non a caso nascondono la pretestuosità della maggior parte delle finalità dei documenti dell’ONU, destinati a riempire gli archivi e le scrivanie di funzionari ben pagati che sulla povertà e sulla fame nel mondo hanno costruito le loro carriere ed il loro business.

Questa sintetica analisi critica vuole mostrare un esempio di cosa sia il linguaggio mondializzato dello sviluppo e della lotta contro la povertà da cui vengono eliminate le responsabilità individuali e collettive, la menzione dei responsabili delle crisi umanitarie, le enumerazione delle cause concrete.

Tutto rientra nei sistemi astratti di cui bisogna rafforzare la “governance” e la trasperenza in modo che la globalizzazione, che si presume benefica in modo assiomatico, produca vantaggi ancora maggiori e prospetti felicità all’umanità, sopprimendo la malattia, la fame e la povertà.

Questo il sistema per eludere i problemi reali e ignorare la realtà ingombrante, rivolgendosi ad un pubblico universale, quindi senza interlocutori concreti, rimanendo nell’astratto. Esattamente quello che fanno i grandi media internazionali e i discorsi degli esponenti politici ed accademici.

Una struttura di potere che si è impadronita di una neolingua mondialista e la utilizza come strumento di manipolazione delle opinioni pubbliche.


Luciano Lago


fonte:  http://www.controinformazione.info/la-neo-lingua-adottata-dalla-dottrina-neoliberista/

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