“Metti radici nella terra
così potrai ergerti alto nel cielo;
metti radici nel mondo visibile
così da poter raggiungere l'invisibile.”
(Osho)
“Una
delle cose fondamentali, che non solo tu, ma tutti devono ricordare è
questa: qualsiasi cosa tu incontri nel tuo viaggio interiore, tu non sei
quella cosa. Tu sei colui che ne è testimone: può essere il nulla, può
essere la beatitudine, può essere il silenzio. Ma una cosa va ricordata:
per quanto bello e ammaliante possa essere ciò che incontri, tu non sei
quell'esperienza.
Tu
sei colui che sperimenta, e se prosegui senza fermarti mai, il culmine
del tuo viaggio sarà il punto in cui non ci sarà esperienza alcuna: né
il silenzio, né la beatitudine, né il nulla. Non esiste nulla in quanto
oggetto di fronte a te, solo la tua soggettività. Lo specchio è vuoto.
Non riflette più nulla. Sei tu.
Perfino
i più grandi viaggiatori del mondo interiore sono rimasti intrappolati
in esperienze meravigliose, e si sono identificati con esse pensando:
"Ho trovato me stesso". Si sono fermati prima di arrivare allo stadio
finale, là dove ogni esperienza scompare. L'illuminazione non è
un'esperienza. È uno stato dell'essere in cui tu sei lasciato
assolutamente solo, senza nulla da conoscere.
Nessun
oggetto, per quanto bello, è presente. Solo in quel momento la tua
consapevolezza, non più impedita da alcun oggetto, opera una svolta e
torna alla fonte. Diventa un'auto-realizzazione. Diventa illuminazione.
Devo
ricordarvi qualcosa sulla parola "oggetto". Ogni oggetto presuppone un
ostacolo. Il significato della parola stessa è: ciò che ostruisce, che
si para davanti. Quindi, l'oggetto può essere altro da te, nel mondo
materiale; oppure dentro di te, nel tuo mondo psicologico. Vi possono
essere oggetti nel cuore, nei sentimenti, nelle emozioni, nelle
sensazioni, negli stati d'animo. E gli oggetti possono esistere per sino
nella sfera spirituale.
E
sono così estatici da renderti inconcepibile la possibilità che esista
qualcos'altro. Molti mistici si sono arrestati di fronte all'estasi. È
una dimensione splendida, offre un panorama magnifico, ma non si è
arrivati a casa. Quando arrivi al punto in cui ogni esperienza è
assente, in cui non esiste più oggetto alcuno, allora la consapevolezza,
libera da ostacoli, si muove in un cerchio - nell'esistenza tutto si
muove in circolo, se non ha impedimenti - essa proviene dalla stessa
fonte del tuo essere, e si muove.
Non
trovando ostacolo alcuno - nessuna esperienza, nessun oggetto - torna
indietro. E il soggetto in quanto tale diventa l'oggetto. È ciò che
Krishnamurti ha continuato a dire per tutta la vita: quando
l'osservatore diventa la cosa osservata, sappi che sei arrivato. Prima
di allora, esistono mille cose lungo il sentiero. Il corpo ti dà le sue
esperienze, divenute note come le esperienze dei centri della kundalini;
i sette centri diventano i sette fiori di loto.
Ognuno
è più grande dell'altro ed è più elevato del precedente, e quella
fragranza inebria. La mente ti fornisce uno spazio immenso, sconfinato,
infinito. Ma ricorda la massima fondamentale: ancora la casa non è
giunta. Goditi il viaggio e tutti i panorami che esso ti porta a
conoscere: gli alberi, le montagne, i fiori, i fiumi, il sole e la luna e
le stelle, ma non fermarti da nessuna parte, se non quando la tua
stessa soggettività è divenuta l'oggetto di se stessa.
Quando
l'osservatore è la cosa osservata, quando colui che conosce è la cosa
conosciuta, quando colui che vede è la cosa vista, è giunto a casa.
Questa casa è il tempio reale che noi abbiamo cercato per vite intere,
ma da cui siamo sempre vissuti lontani, accontentandoci di esperienze
meravigliose.
Un
ricercatore coraggioso deve abbandonare tutte quelle esperienze
meravigliose dietro di sé e continuare a camminare. Quando tutte le
esperienze vengono esaurite e resta solo il proprio sé nella sua
solitudine... non si ha estasi più grande. Nulla è più beato, nessuna
verità è più vera. Allora entri in ciò che chiamo essenza divina,
diventi una divinità...
Tu
dormi, ed è ora di svegliarsi. Tutte queste esperienze riguardano una
mente addormentata. Una mente risvegliata non ha esperienza alcuna.
L'osservatore e la cosa osservata sono due aspetti dell'essere
testimone. Quando essi scompaiono l'uno nell'altro, quando si fondono
l'uno nell'altro, quando diventano una cosa sola, per la prima volta il
testimone affiora nella sua totalità.
Ma
in molti nasce un interrogativo, in quanto essi pensano che il
testimone sia colui che osserva. Nelle loro menti, l'osservatore e il
testimone sono sinonimi. È un falso: l'osservatore non è il testimone,
ma solo una parte. E quando la parte si considera il tutto, nasce
l'errore.
L'osservatore
indica la parte soggettiva, e la cosa osservata quella oggettiva:
osservatore è ciò che è esterno alla cosa osservata, e questa indica ciò
che è all'interno. L'esterno e l'interno non possono essere separati:
sono uniti, possono solo esistere in quanto unità. Quando questa unità, o
meglio questa unione, viene sperimentata, sorge il testimone.
Non
si può coltivare il testimone. In questo caso non si farà che coltivare
l'osservatore, e questi non è il testimone. Che fare, dunque? Ci si
deve fondere, ci si deve dissolvere. Mentre guardi una rosa, dimentica
completamente che esiste un oggetto visto e un soggetto che guarda.
Lascia che la bellezza del momento, la benedizione del momento,
travolgano entrambe le cose, così la rosa e tu non siete più separati;
diventate i un solo ritmo, un canto, un'unica estasi.
Quando
ami, quando esperimenti la musica, quando osservi un tramonto, lascia
che questo si ripeta. Più si ripete, meglio è, poiché non si tratta di
un'arte ma di un trucco. Devi solo capirlo, e quando lo hai capito lo
puoi mettere in atto ovunque, in qualsiasi momento. Quando sorge il
testimone, non esiste nessuno che fa il testimone e non esiste una cosa
di cui si ha testimonianza.
È
uno specchio limpido, che non rispecchia nulla. Perfino dire che si
tratta di uno specchio, non è giusto; sarebbe meglio dire che si tratta
di un rispecchiare. È meglio dire che si tratta di un processo dinamico
di fusione e dissolvenza; non è un fenomeno statico, è un flusso. La
rosa ti raggiunge e tu entri in lei: è una condivisione dell'essere.
Non
pensare che il testimone sia colui che osserva: non lo è.
L'osservazione può essere praticata, l'essere testimone accade.
L'osservazione è una sorta di concentrazione, e l'osservare ti mantiene
separato. L'osservatore darà risalto al suo ego, lo rafforzerà. Più
diventi un osservatore, più ti senti simile a un'isola, separato,
distaccato, distante.
Nel
corso dei secoli, i monaci di tutto il mondo hanno praticato
l'esercizio dell'osservazione. Possono anche averlo chiamato il
testimone, ma non lo è. Il testimone è qualcosa di totalmente diverso,
di qualitativamente diverso. Si può praticare l'osservazione, la si può
coltivare; la si può migliorare con l'esercizio. Gli scienziati
osservano, i mistici sono testimoni.
La
scienza si basa sull'osservazione: è un'osservazione estremamente
penetrante, affilata, acuta, nulla deve sfuggirle. Tuttavia, lo
scienziato non arriva a conoscere Dio. Sebbene la sua osservazione sia
estremamente abile, rimane inconsapevole di Dio.
Non
lo incontra mai; al contrario, arriva a negarne l'esistenza, poiché più
osserva - e la scienza si fonda interamente sull'osservazione - più
diventa separata dall'esistenza stessa. Ogni collegamento si spezza e
sorgono mura; lo scienziato resta prigioniero del proprio ego. Il
mistico testimonia. Ma ricorda: si tratta di un evento, è una
conseguenza.
(Osho, La meditazione prima e ultima libertà, Ed. Mediterranee)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/03/fusione-e-dissolvenza.html
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