Gli operatori sanitari hanno un ruolo da
protagonisti nel garantire l’efficacia delle strategie vaccinali, ma i
tassi di vaccinazione in questo gruppo di professionisti non raggiunge
in genere gli obiettivi fissati dalle autorità sanitarie.
È questo il dato principale emerso dal convegno Medice cura te ipsum,
svoltosi a Pisa alla fine di marzo, due giorni dedicati alle coperture
vaccinali osservate proprio dal punto di vista degli operatori sanitari
che ogni giorno hanno a che fare per via diretta o indiretta con i
pazienti e con il rischio di contrarre malattie contro le quali i
vaccini esistono [e fanno spesso cilecca].
Sotto l’occhio dei consulenti Simpios [Società italiana di multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie]
si sono susseguiti interventi che hanno toccato i diversi aspetti di
uno scenario davvero molto complesso, cercando di analizzare le ragioni
alla base della scarsa copertura vaccinale negli operatori sanitari.
Qual è la situazione italiana?
Una fotografia dettagliata dello scenario
è arrivata dai risultati preliminari presentati nel corso del meeting
toscano di un questionario conoscitivo online promosso da Simpios [a questo indirizzo fino al 15 aprile https://it.surveymonkey.com/r/Vaccinaz_2017] e al quale hanno preso parte 2.250 operatori sanitari.
I dati raccolti al 22 marzo 2017 alle ore
12 si riferiscono al personale soprattutto femminile [72,8%],
rappresentato da infermieri [42,4%], altri operatori sanitari [29,1%] e
medici [28,5%].
La maggior parte dei partecipanti [64,1%]
aveva un’anzianità di servizio superiore a 15 anni, mentre solo il
14,3% operava in ambiente sanitario da meno di 5 anni.
I dati sulle coperture vaccinali
tra i professionisti che hanno preso parte al sondaggio indicano senza
ombra di dubbio che gli operatori sanitari non si fanno intimidire dal
mercato delle vaccinazioni.
Il dato più eclatante riguarda la campagna vaccinale contro l’influenza:
nel 2016 vi ha aderito in generale circa un operatore sanitario su 3
[31,4%], con percentuali di adesione più alte tra i medici [50%] e
decisamente scarse tra infermieri e altri operatori sanitari [24%
ciascuno].
Per morbillo ed epatite
la situazione è praticamente identica, anche se, per entrambe le
patologie, circa un operatore sanitario su dieci si dichiara
suscettibile o non a conoscenza della propria suscettibilità.
Di fronte ai dati presentati nel convegno pisano viene anche da chiedersi quali siano le motivazioni che tengono lontani gli operatori sanitari dai vaccini.
Una riposta, seppur parziale, arriva sempre dal sondaggio Simpios,
promotrice dell’evento, che dimostra come il 44% degli operatori
sanitari ritenga che il proprio rischio di contrarre una malattia
prevenibile con il vaccino sia basso.
Oltre alla bassa percezione del rischio
per sé e per il paziente, sono molte le motivazioni che spingono un
operatore sanitario a non vaccinarsi:
- dalla scarsa informazione e consapevolezza
- alla diffidenza verso le case farmaceutiche
- passando per i dubbi sull’efficacia
- fino alla paura di possibili reazioni avverse
- le influenze di web e di movimenti critici vaccinali
La realtà dei fatti è quindi che ben un operatore sanitario su tre [31%]
non crede che i benefici associati ai vaccini siano certi, e il 44% dei
partecipanti al sondaggio ritiene che le informazioni sui programmi
vaccinali non siano sufficienti.
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