L'Espresso - All'origine del
super-gasdotto che minaccia di perforare le coste del Salento c’è una storia
nera. Un intreccio di manager in affari con la mafia, valigie di contanti,
oligarchi russi, affaristi italiani legati alla politica, casseforti anonime
con la targa offshore. Gli scheletri nell'armadio del Tap.
Un'inchiesta de
"l'Espresso" svela i retroscena del maxi-progetto partendo dagli
interrogativi alla base delle proteste esplose in Puglia contro lo sradicamento
dei primi 231 olivi: chi ha scelto l’attuale tracciato? Perché è un consorzio
privato svizzero a gestire un'opera dichiarata strategica dalle autorità
europee? E' davvero necessario far passare miliardi di metri cubi di gas tra
spiagge meravigliose e oliveti secolari, anziché in zone già industrializzate?
L'Espresso ha
potuto esaminare documenti riservati della Commissione europea, che svelano il
ruolo cruciale di una società-madre, finora ignota: l’azienda che ha ideato il
Tap. Si chiama Egl Produzione Italia, ma è controllata dal gruppo svizzero
Axpo. Le carte, richieste dall’organizzazione Re:Common, dimostrano che Egl ha
ottenuto, nel 2004 e 2005, due finanziamenti europei a fondo perduto, per oltre
tre milioni, utilizzati proprio per i progetti preliminari e gli studi di
fattibilità del Tap. I ricercatori
avevano chiesto altri atti, ma la Commissione li ha negati «per rispettare
segreti industriali, sicurezza e privacy» delle multinazionali interessate.
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