venerdì 28 aprile 2017

Quando non vuoi lasciar andare...



Sull'arte del rilasciare dico e scrivo da anni, eppure ancora non ho finito di scoprirne le implicazioni e le meraviglie. 

Dopo tanto lavoro, approfondimento e personalizzazione del metodo, mi sono reso conto di quanto sia difficile, a volte, lasciar andare un pensiero o una emozione nonostante lo si sia magari fatto per altri 5 anni molto facilmente su tutto il resto. 

Conosco persone che hanno rilasciato per mesi arrivando a stati importanti di pace ed equilibrio, per poi impuntarsi su una specifica emozione o uno specifico pensiero. 

Ne conosco altre (fra le quali mi colloco) che hanno incontrato periodi di enorme fatica nei quali sembrava che il corpo emotivo non l'avrebbe mai finita con il suo tirar fuori 'sostanze' da rilasciare e che stavano per desistere fino a che, persistendo nel lavoro non è accaduta la magia, quella magia che chiamo spostamento, quel senso di liberazione, di sollievo, di spazio che sopraggiunge dopo un buon rilascio.
 
E ne conosco alcune che si sono fermate che hanno detto no. 

Ne conosco alcune che hanno cominciato ad ammalarsi per quei no detti col pugno chiuso a difendere quel qualcosa di indefinito che è l'ego. 

Perché è sempre l'ego che dice di no. 

E quando a queste persone chiedevo 'perché no?' com'era da prassi secondo il vecchio metodo, le risposte che uscivano erano interessanti, a volte emozionanti, e spesso assurde. 

C'era chi non voleva rilasciare perché non poteva farla passare liscia a colui\colei che l'aveva offeso\a credendo che restare aggrappati a quel dolore era come fargliela pagare. 

C'era chi non voleva rilasciare perché pensava di doverla pagare per qualcosa che aveva fatto. 

C'era chi non poteva rilasciare perché provare il tal dolore o la tal rabbia era giusto a livello familiare, sociale, religioso, storico. 

C'era chi non poteva e non voleva perché aveva ragione lui/lei e quando gli chiedevo 'vuoi avere ragione o vuoi essere felice?' la risposta era quasi sempre che non si può essere felici senza avere ragione prima... piano piano la casistica che include anche me stesso è andata crescendo e alla fine dopo più di otto anni di lavoro sul campo e di risultati, quello che ho capito è esattamente quello che Lester Levenson ha detto e cioè che rilasciare ed essere pace è 'soltanto' una decisione. 

Quello che è stato difficile arrivare a vedere è il perché non vogliamo prendere quella decisione, i motivi per i quali ci sembra giusto mantenere intatta la nostra sfocatura e soffrire continuando a proiettare realtà spiacevoli. 

E riassumendo, il senso di questa resistenza a lasciar andare qualsiasi pensiero ed emozione sta in quel bellimbusto oggi un po' passato di moda che si chiama ego e al cui nome molti spiritualisti moderni storcono il naso... ancora a parlare di ego? 

Eh sì, perché è ciò che erige barriere, resistenze, impedimenti e indecisioni. 

E' lui a decidere di perpetrare rabbia, risentimento odio e violenze, ed è lui che mantiene la coscienza a livello di 'corpo'. 

Mi sono reso conto che difendiamo a spada tratta la nostra identità-corpo-mente senza riuscire a mettere in conto che potremmo essere qualcosa di più vasto, e questo ci fa (gli fa) una immensa paura. 

E dunque nonostante pensassi di essere arrivato a chissà quali vette di pace, dopo un periodo di profonda centratura, ho attraversato una palude 'nera' uno di quei momenti nei quali il lavoro sul profondo fa riaffiorare macchie e intensi dolori vissuti in un tempo nel quale nemmeno sapevo cosa fosse una ricerca interiore. 

Ho visto su di me gli atteggiamenti di tutti coloro che cercavo di aiutare, l'onesta incapacità di rilasciare non perché non puoi ma perché non vuoi proprio. 

L'attaccamento a una o più presunte ferite, a uno o più presunti attacchi ricevuti in passato e di recente, erano i baluardi di una rabbia che avevo solo dimenticato e che il lavoro ha finalmente portato alla luce; e ci ho combattuto, resistendo fino alla fine quando, aprendo un corso in miracoli mi ritrovo davanti un passaggio 'a caso'...
"La rabbia non è mai giustificata. L'attacco non ha alcun fondamento. E' qui che comincia e sarà resa completa la fuga dalla paura. Qui viene dato il mondo reale in cambio dei sogni di terrore"
... e mi sono ricordato nuovamente della prospettiva. Ho aperto gli occhi, e ho deciso di lasciar andare tutto il malloppo. 
 
Di botto. Senza retro-pensieri. 
 
Alla fine ho capito e voluto un sincero bene a tutti quelli che in passato avevo avuto davanti e mi avevano risposto NO, NON POSSO ESSERE PACE. 
 
Vedo chiaramente, ora, che non erano loro a parlare ma una loro memoria. 
 
Adesso mi è chiaro che a non voler rilasciare è quel complesso di memorie chiamato sfocatura che pensa, desidera e sente attraverso di noi e che cerca realmente di preservare se stessa mantenendo l'identificazione a livello del corpo-mente. 
 
E mi è sempre più chiaro che essere pace è sempre, solo ed unicamente una decisione. 
 
 
Andrea Panatta
 
 

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