lunedì 19 giugno 2017

Il silenzio è la strada


Tutti parlano, tutti scrivono, tutti commentano. Siamo nell'era del rumore, dell'information overload, e l'aria è satura di pensieri, di parole, di emozioni. Stiamo gradualmente perdendo la capacità di fare silenzio, fuori e dentro di noi.

La mente si è unita volentieri a questo frastuono, ha voluto partecipare alla festa e quindi anch'essa è diventata iperattiva, sparando pensieri, giudizi, commenti su tutto ciò che accade, proprio come si fa sui social. La mente e i social network sono molto molto simili a livello di funzionamento.

Sullo schermo passa qualcosa, qualsiasi cosa, una frase, un video, una canzone, e l'attenzione si aggancia a questo qualcosa iniziando a seguire una narrazione della quale diviene totalmente schiava, nella quale si perde. Si reagisce a più o meno tutto quello che passa sullo schermo del pc, così come a quasi tutto quello che passa sullo schermo mentale.

Il nostro silenzio è perduto. L'arte di essere fermi è perduta. Ogni impulso a 'condividere' corrode sempre di più quel debole confine fra desiderio di condivisione e bisogno di approvazione, attenzione.

Tutti gridiamo in qualche modo 'guardatemi!'. Perché il silenzio spaventa e la solitudine che sembra derivarne annichilisce. C'è in quell'apparente mancanza di stimoli esterni qualcosa che atterrisce. Ma nel silenzio sta l'unica strada per poter ascoltare la voce del proprio Sé.

Certo, puoi ben credere che non ci sia nessun Sé da ascoltare e cavartela con un "la realtà è questa qua ed è per tutti così" ed io non avrei nulla da obiettare.

Quello che non potresti mai negare è che non sei capace di stare un minuto senza quel frastuono nella tua testa. Quello che non potresti mai negare è che non sei capace di non pensare.

E tempo fa, notando con Tolle che era proprio così, notando come tutta la mia esistenza si fosse sempre svolta con questa grande, caotica colonna sonora di sottofondo, mi sono domandato: chissà come sarebbe una vita senza pensieri... chissà se è davvero possibile smettere di pensare... e iniziò la mia impresa, con tantissimi tentativi e tantissime tecniche, ma ahimè ho dovuto (come suggerisce saggiamente Sri Aurobindo) trovare un mio personale modo di farlo, di acquietare prima e spegnere poi gradualmente il meccanismo automatico del pensare compulsivo, padre del parlare compulsivo, dell'esprimere opinioni compulsivo, e del dover condividere ogni singolo contenuto di coscienza sui social, così come nella vita.

Trovando il silenzio ho trovato molti regali. Ho trovato vecchie ferite d'infanzia che mi spingevano a parlare, a difendere le mie opinioni, a cercare di essere meglio degli altri, e che guidavano le mie azioni più stupide. Ho trovato milioni di altre voci che parlavano attraverso di me (genealogia, società, credenze spirituali e religiose).

E mettendole tutte a tacere, una per una, con cura, arrivando a un silenzio sempre più profondo e a una quasi totale assenza di rumore ho intrasentito qualcos'altro, una voce differente, debole sul nascere eppure come se ci fosse sempre stata.

Questa era sempre calma, sempre lenta. Non aveva mai fretta di dire. Non aveva mai bisogno di condividere, di esprimere o difendere una qualche posizione sulla realtà. Questa voce non mi parlava di alcuna ferita, di alcun passato doloroso. Questa voce, che io oggi chiamo voce interiore, è stata ed è la mia guida, il mio maestro e il mio terapeuta.

Arriva un momento in cui piuttosto che sentire i consigli degli altri su cosa è giusto e sbagliato fare, è necessario e imprescindibile contattare questa voce, che può udirsi esclusivamente nel silenzio più profondo. I 'buoni consigli', la 'saggezza popolare', il 'senso comune', le 'tradizioni', le 'critiche costruttive' saranno sempre lì come mille altri suoni disturbanti a distogliere l'attenzione da quell'unica, serena, sottile voce che saprà sempre cosa fare e come farlo.

Non hai più bisogno dei consigli degli altri quando impari a fare silenzio. Non hai più bisogno di parlare di te quando impari a fare silenzio. E intendo proprio silenzio integrale, nelle parole, ma anche nelle azioni, anche e soprattutto nel cercare continuamente di dire agli altri 'guardatemi', anche e soprattutto nel voler sempre stare in mezzo alla folla affinché qualcuno prima o poi ti noti. Se il silenzio non è integrale, se non c'è silenzio nelle azioni oltre che nei pensieri, non lo hai ancora trasportato nella vita reale e hai ancora bisogno del rumore per sentirti vivo.

Devi proprio perdere completamente interesse a far parte del rumore collettivo, di quella grande fanfara che si sta svolgendo là fuori per tenere tutti quanti allegri, distratti e ubriachi, e devi renderti conto che quella grande fanfara è soltanto una gigantesca trappola che ti allontana dal tuo vero Sé e da ciò che è meglio per te.

A quel punto il silenzio ti si farà manifesto. A quel punto la strada da percorrere ti sembrerà chiara e luminosa come mai lo è stata prima nella tua vita. Sarà una strada che dovrai percorrere da solo e sarà l'unica strada davvero percorribile per te.


Andrea Panatta



fonte: http://maghierranti.blogspot.it/2016/12/il-silenzio-e-la-strada.html

Nessun commento:

Posta un commento