Psicologi, psicanalisti e psichiatri sono, ahinoi,
tra le categorie professionali che più hanno aiutato le dittature a
consolidarsi, basti pensare al loro fondamentale contributo nel regime
sovietico a classificare come pazzi o alienati sociali tutti i
dissidenti e avversari del partito e dello Stato, soprattutto
intellettuali, riempiendo così i manicomi. E anche a ragione del loro
concomitante affermarsi, come hanno riconosciuto filosofi e
intellettuali di estrazioni le più diverse, psicanalisi e sociologia
sono entrambe dedite alla misurazione quantitativa dell’uomo: della sua
interiorità e del suo contesto sociale. Ma misurare ti induce anche a
manipolare: da cui gli “ingegneri sociali” sempre in URSS o i
“persuasori occulti” in USA denunciati da Vance Packard.
Le dittature assumono col tempo aspetti
diversi, diventano sempre più sofisticate al tempo di Internet, e ormai
non sono soltanto quelle che instaurano un regime di tipo esplicitamente
poliziesco. Ad esempio, anche il “politicamente corretto” nelle sue
molteplici e ossessive versioni si presenta come dittatura delle parole e
dell’agire quando vuole imporre a suon di pseudo regole calate
dall’alto il Pensiero Unico, denunciando e condannando coloro i quali
non si conformano ad esso.
Ne sono responsabili non solo i politici in
quanto tali, dunque, ma anche coloro i quali hanno un’influenza
sull’opinione pubblica in un società come l’attuale, dominata dalla
informazione e dalla persuasione: gli intellettuali, dunque, i
giornalisti e, ancora una volta, gli… psicologi.
Questa considerazione, che qualcuno
considererà esagerata, è legittimamente provocata da due recentissimi
episodi che hanno visto protagoniste due associazioni italiane di
psicologi. Il collegio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha
aperto un provvedimento disciplinare nei confronti del dottor Giancarlo
Ricci
“per aver posto in essere, peraltro un contesti pubblico in cui rappresentava la professione, un comportamento contrario al decoro, alla dignità e al corretto esercizio della stessa; per aver operato discriminazioni tra soggetti in base al loro orientamento sessuale; per aver utilizzati metodi, o comunque, aver collaborato a iniziative lesive della dignità e del rispetto delle persone omosessuali; per non aver mantenuto un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale con riguardo ai settori in cui opera e non aver riconosciuti i liniti della propria competenza”.
L’Ordine lombardo si è mosso su denuncia
di una associazione LGBT (lesbiche, omosessuali, bisessuali,
transessuali & C.) spalleggiata da cinque colleghi del dottor Ricci.
Quale la sua intollerabile colpa? Di aver pronunciato durante una
trasmissione televisiva del 21 gennaio 2016, dove era stato invitato in
qualità appunto di psicologo, alcune opinioni considerate dalle
associazione in questione, e quel che è peggio dell’Ordine
professionale, come sconvenienti e offensive, diciamo anche
“scientificamente” errate, una delle quali è la seguente:
“La funzione di padre e di madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita”, e poi: “L’ideologia gender (…) secondo cui l’omosessualità viene equiparata ad una sessualità naturale, all’eterosessualità (…) in termini psichici non è affatto così”.
Chi è dunque questo psicologo
sprovveduto, non aggiornato professionalmente, che non conosce le ultime
frontiere scientifiche della psicologia, che fa sfigurare una intera
categoria? Il dottor Ricci è un lacaniano, un freudiano e un autore che
ha al suo attivo numerosissimi libri editi da Mondadori, Jaca Book, San
Paolo e Marsilio, non l’ultimo arrivato, eppure deve difendersi da
accuse che riguardano la propria opinione di specialista fondata su anni
di studi ed esperienze dirette.
Il suo Ordine lo accusa proprio di
questo: di non adeguarsi supinamente a quelle che dovrebbero essere le
teorie “psicologicamente corrette” che si vogliono imporre senza alcuna
discussione seria e libera e che tutti dovrebbero supinamente accettare
pena il deferimento all’ordine professionale da cui potrebbero essere
addirittura radiati…
Pensate: radiati perché non si ritiene valida la
teoria del gender e si sostiene che per un bambino è meglio avere un padre ed una madre invece che due padri o due madri… Teoria del gender
oggi tutt’altro che ben definita e unitaria, e che al contrario
comprende correnti diverse e in netto contrasto fra loro, moderate e
radicali.
Incredibile
ma vero: tesi e teorie che restano appunto tali e quindi su cui si può
discutere e che invece vengono ritenute “scientifiche” e indiscutibili
come se si trattasse di scienze positive esatte, e che invece sono
imposte dalle pressioni delle lobby dei LGBT che, grazie anche
al conformismo generale, sono diventati da poveri perseguitati ed
emarginati, come amano presentarsi, intransigenti persecutori e spietati
emarginatori di chi non la pensa obbligatoriamente come loro. E questo
solo fatto di avere una idea diversa viene considerata una “colpa”, una
“offesa”, una “discriminazione”, una “lesione della dignità” (basti
pensare alle scomposte e assurde reazioni al “Family Day” che è stato un
prodromo di quanto sta accadendo adesso). La “teoria del gender” diventa dunque una specie di legge dello Stato e il non esserne d’accordo comporta sanzioni.
È nelle dittature che una teoria diventa
una legge per tutti, come nella Germania di Hitler divennero leggi per
tutti le teorie di Rosenberg. Stiamo imboccando una pessima china, e
nessuno se ne vuole accorgere.
Non diversa da quella imboccata dal
CIPA, il Centro Italiano di Psicologia Analitica, che ha protestato
pubblicamente con una “lettera aperta” che ha ricevuto molte adesioni,
per un caso diverso, addirittura peggiore del precedente. Essendosi resi
conto che al Festival di Taormina dopo una loro conferenza sul mito
avrebbe dovuto parlare Marcello Veneziani presentando il suo ultimo
libro appunto sul mito oggi, se ne è sentita indignata e offesa
affermando che mai e poi mai avrebbe dovuto intervenire un
“intellettuale di estrema destra” (sic!) che in passato si è occupato, tra le sue mille cose, anche di… Julius Evola, cioè del diavolo in persona, ormai!
Il caso è peggiore del precedente in
quanto ci troviamo di fronte ad una censura preventiva: tu devi tacere
soltanto perché sei definito un “intellettuale di estrema destra” (se
fossi stato un “intellettuale di estrema sinistra” non avresti avuto
problemi, vedi ad esempio Toni Negri) ed hai avuto interessi
“politicamente scorretti”, perché non puoi avere curiosità o interessi o
compiuto studi su un pensatore che alcuni mettono al bando, così
facendo un atto profondamente illiberale e antidemocratico che per
fortuna alcuni (come Umberto Galimberi e Renato Cattaneo) hanno
stigmatizzato ma che però, il che la dice lunga sula condizione morale
della nostra stampa, è stato del tutto ignorato dai “grandi giornali”
che viceversa avrebbero fatto fuoco e fiamme se il censurato fosse stato
de sinistra…
Ai bei tomi del CIPA si sarebbero dovute
ricordare un paio di cose: è proprio Jung, loro nume tutelare, e che
anni fa venne definito ”il profeta ariano” razzista, pagano, antisemita e
anticristiano, che nel suo Psicologia e alchimia del 1944 cita positivamente il libro di Evola La Tradizione ermetica
del 1931, unico autore italiano preso in considerazione. Che facciamo
signori del CIPA, scriviamo una “lettera aperta” prendendo le distanze
da Jung per essersi contaminato con Evola? Forse è veramente il caso di
essere seri.
Questa Inquisizione Psicanalitica è
inquietante e allarmante. Se gli studiosi dell’animo e del profondo si
schierano contro la libertà di pensiero e di parola è un gravissimo
segno dei tempi in cui viviamo.
Se gli psicologi/psichiatri/psicanalisti
si presentano come custodi di una pseudo ortodossia e si schierano
contro le opinioni che oggi – e solo oggi – vanno controcorrente si
dovrebbe aver paura dei successivi sviluppi di cui questi due episodi
sono i primi sintomi. Proprio come gli omosessuali che da perseguitati
si sono trasformati in inquisitori di chi non la pensa come loro, lo
stesso vale per essi: quando la psicanalisi nacque era considerata
sovversiva, vista con sospetto, accusata di essere scorretta, criticata
per la sua immoralità, ostacolata, mentre ora che impazza ed è
onnipresente è lei a mettere al bando chi non si conforma e la pensa
diversamente sulle nuove frontiere psicologiche, nemmeno fosse una
scienza esatta.
Romanzi distopici su un futuro in cui è
vietato pensare in modo differente da quanto impone un regime ce ne sono
a bizzeffe, a cominciare da 1984 di Orwell e ancor prima da Noi
di Zamjatin, e la realtà dell’URSS stalinista ricordato inizialmente ne
è l’applicazione pratica e storica. Non è molto difficile immaginare
tribunali che, affiancati da solerti strizzacervelli chiamati come
esperti della Corte che giudica, condannino coloro i quali sono
trascinati a processo da semplici privati, o dalle lobby LGBT, e
condannino il poveraccio caduto in trappola magari su denuncia anonima,
come un disgraziato malato di mente, un pericoloso asociale, oltre che
non aggiornato sulle nuove dottrine della sessualità o della politica.
All’orizzonte pare attenderci la Psicopolizia che mantiene l’ordine
pubblico e mentale.… E magari anche condanne preventive di chi ha solo
la tendenza a questo tipo di delitti, come avviene in certi romanzi e
racconti di Philip K. Dick…
Che di tutto questo non si rendano
pienamente conto uomini di cultura e importanti giornalisti che dedicano
le loro rubriche quotidiane alle più inenarrabili e inutili
scempiaggini, tutti sacerdoti della libertà di pensiero, è un evidente
sintomo della deriva che sta prendendo la società occidentale in genere e
quella italiana in particolare.
PS. Dopo questo articolo aspetto di essere deferito da qualcuno all’Ordine dei Giornalisti.
Gianfranco de Turris
Giornalista, vicedirettore della cultura per il
giornale radio RAI, saggista ed esperto di letteratura fantastica,
curatore di libri, collane editoriali, riviste, case editrici. E' stato
per molti anni presidente, e successivamente segretario, della
Fondazione Julius Evola.
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