Il voto alle europee premia con un consenso da anni 50 un partito e
un leader che fruiscono di un sistema di potere e sostegno senza
precedenti nella storia repubblicana. Con il Pd di Renzi stanno sia
Obama che Merkel e soprattutto Goldman Sachs e Bilderberg. Le agenzie di
rating lo premiano e la finanza
internazionale lo elogia. Da noi poi il sostegno dell’establishment è
totale. In nessun momento della storia repubblicana, neppure nel breve
periodo della unità nazionale alla fine degli anni 70, c’è stato un tal
sostegno comune al governo da parte di banche, Confindustria, Cgil Cisl e
Uil, Conferenza Episcopale, terzo settore, enti locali, mondo dello
sport e dello spettacolo, giornali, televisioni, tutto. Renzi a sua
volta è riuscito a mescolare la vecchia capacità comunicativa di
Berlusconi, l’affidabilità finanziaria di Monti, la rivolta contro le
caste di Grillo, e a fare di tutto questo un messaggio di speranza privo
di agganci concreti, che ha fatto presa su un paese democraticamente
stremato.
Qui non c’è davvero nulla che sembri una vittoria della sinistra,
fondata sulla partecipazione e sulla crescita di lotte e movimenti. Il
consenso a Renzi si fonda
sulla fine delle illusioni e sulla rassegnazione. La forza di Renzi sta
nell’inerzia e nella passività diffusa tra le persone massacrate dalla crisi,
che si aggravano con l’assenza di azione sociale e sindacale, mentre
tutte le élites investono su di lui. Per fare che? Per costruire con il
consenso una gestione neoliberale della crisi in Europa.
Potremmo davvero esportare il Gattopardo in tutto il continente. Quando
Van Rompuy afferma che finora la Ue ha difeso gli affaristi e ora si
deve occupare delle persone parla come Renzi. E naturalmente agisce come
lui, visto che continua a portare avanti i negoziati con Usa e Canada per quello sconvolgente via libera alle multinazionali che è il Ttip, e vuole rafforzare il fiscal compact con l’Erf.
La Grecia è stata una cavia in tutti i sensi, non solo per la
sperimentazione delle più brutali politiche di austerità, ma anche per
la comprensione dei limiti del puro esercizio brutale del potere di
banche e finanza.
Per questo la signora Merkel è una fan ricambiata di Matteo Renzi.
Perché bisogna cambiare dosi e modalità di somministrazione di una
medicina che però deve restare sempre la stessa. Gli 80 euro nella busta
paga sono questo. Come ha detto Tsipras, sono una misura concordata con
Merkel per rendere più accettabile la continuazione della politica di
austerità. Che non a caso viene contemporaneamente ribadita nei suoi tre
cardini: la flessibilità del lavoro, cioè la riduzione dei salari e dei
diritti, le privatizzazioni, la riduzione della spesa pubblica sociale nel nome del pareggio di bilancio, che siamo il solo paese euro ad aver inserito nella Costituzione.
La Commissione Europea ci chiede nuovo rigore mentre i disoccupati
veri sono 6 milioni e quelli ufficiali più della metà. Ma non c’è alcun
reale cambiamento nella politica economica, anzi. Renzi non ha mai posto
in discussione il vincolo europeo, anzi ha sempre più spesso affermato
che i problemi sono da noi e che si cambia l’Europa
cambiando l’Italia con le riforme, liberiste. Il vecchio slogan di
Monti che dobbiamo fare i compiti a casa diventa l’obiettivo di essere i
primi della classe. Siamo la seconda cavia d’Europa dopo la Grecia. Lì si è usato solo il bastone, qui si prova con Renzi. Il futuro della nostra democrazia
dipenderà da se e come si costruirà una opposizione a tutto questo dal
lato della sinistra. Occorre operare perché il disegno di Renzi e di chi
lo sostiene fallisca, altrimenti perderemo altri venti anni scoprendo
ora Blair e Clinton, quando ovunque la loro politica è oggi sotto accusa
per essere stata una delle cause di fondo della crisi mondiale.
(Giorgio Cremaschi, estratti dell’intervento “28 giugno, in piazza contro Renzi e l’Europa del Fiscal Compact”, pubblicato da “Micromega” il 4 giugno 2014).
fonte: http://www.libreidee.org/2014/06/dopo-la-grecia-litalia-cavia-europea-rassegnata-a-renzi/
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