L’occidente continua a minacciare i partner della Russia nel gasdotto South Stream.
Seguendo il governo bulgaro, la Serbia ha annunciato che i lavori
saranno sospesi. Entrambi i Paesi hanno citato la posizione della
Commissione europea. Ma il commissario UE dell’energia Gunther Oettinger
si rifiuta di discutere la costruzione di South Stream nell’ambito di
una consultazione con la Russia, principale azionista del progetto…
Mentre il primo ministro bulgaro Plamen Oresharskij spiega che la
sospensione dei lavori sul South Stream con la richiesta della Commissione europea e la necessità di “ulteriori consultazioni con Bruxelles”,
la vicepremier e ministra dell’Energia serbo Zorana Mihajlovic ha
tentato di incolpare la rivale storica del suo Paese nei Balcani, Sofia.
Tuttavia, non ha evitato speculazioni politiche.
“Fin quando i negoziati tra Bulgaria e Bruxelles e tra UE e Russia termineranno, resteremo inattivi. O finché la Russia non cambia posizione. In ogni caso i lavori nel nostro Paese saranno ritardati”.
Ma la ministra serba non ha menzionato che “la posizione della Russia” sul South Stream
risale ai primi mesi del 2008 nell’ambito degli accordi
intergovernativi russo-serbi nella cooperazione energetica. Gli obblighi
delle parti sul South Stream furono l’argomento principale di tali
documenti, successivamente ratificati dal Parlamento della Serbia e
confermati dai successivi governi nazionali. Inoltre l’accordo
intergovernativo sulla cooperazione energetica, un accordo in cui Gazprom Neft acquista una partecipazione di controllo del monopolio petrolifero della Serbia Naftna Industrija Srbije
(NIS) per 400 milioni di euro e discute di 500 milioni di euro
d’investimento. Non sorprende che il primo ministro serbo Aleksandar
Vucic abbia dovuto correggere la sua ministra; ha dichiarato che il
governo serbo non ha deciso la sospensione del progetto South Stream. L’accordo russo-bulgaro per la partecipazione della Bulgaria al South Stream
e la creazione di una società mista a tal fine, è stato ratificato dal
parlamento bulgaro nel luglio 2008.
E nel maggio 2009 a Mosca le aziende
del gas di Russia, Italia, Bulgaria, Serbia e Grecia firmarono un
documento sulla costruzione del gasdotto South Stream.
Nell’agosto 2009 tale documento fu integrato da un protocollo firmato
dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan sul transito del gasdotto South Stream nelle acque territoriali turche. Non molto tempo dopo, la società francese Electricité de France entrò nel progetto. Tale serie di eventi testimonia l’infondatezza di una presunta incompatibilità tra il progetto South Stream
e gli interessi nazionali di Bulgaria e Serbia, o pratiche legali
internazionali comparse solo ora. E anche la Commissione europea sapeva
delle disposizioni degli accordi del 2008. Dobbiamo cercare altrove i
motivi degli inaspettati discorsi antirussi di Sofia e riecheggiati a
Belgrado.
Il fatto che il primo ministro Plamen Oresharskij abbia fatto tale dichiarazione sul South Stream, dopo un incontro con tre rappresentanti degli Stati Uniti guidati dal senatore John McCain, non è sfuggito all’attenzione del pubblico bulgaro. McCain non s’è nemmeno preso la briga di nascondere le richieste degli statunitensi a Sofia e altri partner della Russia: “Sappiamo che ci sono alcuni problemi riguardanti il gasdotto South Stream… ovviamente vogliamo ridurre al massimo il coinvolgimento russo”. Secondo le informazioni disponibili, Washington ha deciso di infliggere un nuovo duro colpo a South Stream, alla cui costruzione partecipano imprese tedesche e francesi, dopo aver ricevuto notizie allarmanti da Baku. Una fonte della società azera SOCAR ha indicato che la società francese Total e quella tedesca E.ON potrebbero vendere le loro azioni del progetto per la costruzione della Pipeline Trans-Adriatica (TAP):
“Il complesso tedesco E.ON ha già annunciato l’intenzione di vendere la sua partecipazione al TAP. La francese Total ha anche annunciato l’intenzione di vendere la sua quota del progetto”.
Considerando che TAP era destinata a sostituire il fallito Nabucco,
che Unione europea e Stati Uniti sostenevano attivamente, ha reso
comprensibile il panico a Washington e Bruxelles. C’è una cosa che
innervosisce gli statunitensi, ed collegata al cambio della situazione
del mercato mondiale dell’energia. Il rapporto recentemente pubblicato
dall’International Energy Agency, World Energy Investment Outlook 2014,
prevede un crollo della “rivoluzione dello shale” negli Stati Uniti e
soprattutto l’aumento della dipendenza degli Stati Uniti dalle
importazioni di gas quando la capacità di esportazione di Arabia Saudita
e Iran sarà diminuita. In tale situazione, Washington ha deciso che sia
necessario ed urgente prendere il controllo delle principali rotte
commerciali energetiche che collegano Russia ed Europa. E Washington
vede nel ricatto della Russia, di cui Bruxelles, Sofia e Belgrado sono
strumenti, il mezzo adatto per servire i propri interessi.
Pjotr Iskenderov Strategic Culture Foundatio
La ripubblicazione è gradita in riferimento al giornale on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/06/14/perche-gli-usa-temono-il-south-stream/
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