L’ammissione
a denti stretti che l’Arabia Saudita ha perso nella rivalità regionale
con l’Iran è evidente nell’articolo del caporedattore fondatore del
quotidiano Asharq al-Awsat. L’arroganza secondo cui il denaro può
comprare qualsiasi cosa o chiunque a Washington, il trionfalismo che
l’incantesimo dello Stato islamico castighi gli iraniani, l’eccessiva
fiducia che lo scisma fra sunniti e sciiti trascenda la politica
regionale, tutte queste ipotesi saudite sono andato terribilmente male.
Il 2014 si distingue come l’anno in cui i sauditi sono allo sbando.
Mentre il 2014 si è concluso, è chiaro che gli iraniani hanno messo nel
sacco i sauditi in Iraq e Siria. Proprio come gli iraniani hanno volto a
loro vantaggio l’invasione statunitense dell’Iraq e il rafforzamento
sciita conseguitone dieci anni fa, hanno prontamente sequestrato lo
spettro dello SI (che perseguita l’occidente) proiettandosi come fattore
di sicurezza e stabilità regionale. Basti dire che l’influenza iraniana
in Iraq è aumentata nel 2014.
Teheran oggi influenza non solo gli
sciiti ma anche i sunniti iracheni e curdi (qui).
Il robusto intervento militare di Teheran in Iraq ha degradato lo SI
oltre ogni aspettativa. In sintesi, l’Iran è emerso a difensore
dell’Iraq come testimonia la visita del ministro della Difesa iracheno a
Teheran la scorsa settimana. Il fatto è che lo SI è una forza assai
ridimensionata oggi e la sua capacità di occupare territori, e anche di
mantenerli, è in serio dubbio grazie all’efficacia dell’intervento
militare iraniano in Iraq. Dall’altra parte, lo spettro del SI ha
portato l’occidente a rendersi conto che il regime siriano, sostenuto da
Teheran, è un baluardo contro il terrorismo islamico che minaccia
l’Europa.
Le aspettative saudite che da un lato Teheran s’impantanasse in Iraq e, dall’altro che l’intervento degli Stati Uniti contro lo SI avrebbe logicamente riaperto l’agenda del ‘cambio di regime’ in Siria costringendo l’amministrazione Obama a sostenere il progetto saudita, sono stati smentiti. Ma il singolo maggiore errore di calcolo saudita riguarda la ragion d’essere dell’impegno degli Stati Uniti con l’Iran. I sauditi credevano che il presidente Barack Obama sarebbe stato costretto a fare marcia indietro di fronte l’enorme assalto dei loro lobbisti negli Stati Uniti, in tandem con la formidabile lobby israeliana, negli ultimi mesi. Invece,
Obama si è mosso, ma in forza
della convinzione che la cooperazione dell’Iran avrà un effetto
moltiplicatore sulle strategie statunitensi nel moderare il Medio
Oriente e ripristinare il prestigio e l’influenza statunitensi nella
regione, mentre gli consentirà di concentrarsi maggiormente sul pieno
recupero dell’economia statunitense e avere maggiore attenzione per le
strategie globali degli Stati Uniti. Obama ha candidamente parlato di
tutto ciò in una recente intervista a NPR News. Ha insultato i suoi
critici interni,
“Ci sono momenti in cui a Washington, gli esperti… credono basti muovere i pezzi degli scacchi intorno al tavolo. E ogni volta che abbiamo tale arroganza, ne usciamo scottati“.
Ha rifiutato l’idea di “dedicare un altro trilione di dollari” per inviare truppe a combattere lo SI in Iraq. “Dobbiamo
spendere un trilione di dollari per ricostruire le nostre scuole, le
nostre strade, la nostra scienza e la ricerca, qui negli Stati Uniti“,
ha detto Obama. Con Obama i sauditi hanno sbagliato tutto. Sono ancora
impantanti nella precedente diplomazia delle cannoniere e
dell”intervento umanitario’ degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Significativamente, Obama nell’intervista ha anche ammesso che l’Iran
diverrà una “potenza regionale di grande successo” se coglie la “possibilità di accordarsi con il mondo” e ha concluso che l’accordo nucleare è “possibile”. Ha detto:
“Perché, se (gli iraniani), hanno incredibile talento e l’Iran risorse e capacità, potrebbe divenire una potenza regionale di grande successo anche attenendosi alle norme internazionali, e sarebbe un bene per tutti“.
Ancora una volta Obama fa un passo straordinario nel riconoscere che l’Iran ha “problemi legittimi nella difesa” dopo “aver subito la terribile guerra con l’Iraq” negli anni ’80.
Alla domanda se gli Stati Uniti ripristineranno le relazioni con l’Iran, ha risposto, “Mai dire mai“.
Iran Daily, l’influente giornale che riflette il pensiero della leadership di Teheran ha risposto con un editoriale intitolato “suggerimenti necessari ad Obama per uno studio più approfondito“. L’editoriale apprezza il riconoscimento di Obama che la stabilità in Medio Oriente richiede la cooperazione dell’Iran. Ritiene che un riavvicinamento con gli Stati Uniti “non solo stimolerà l’attività degli investitori statunitensi, ma attirerà anche gli investitori europei” rilanciando l’economia iraniana, e questo a sua volta “darà importanza alle relazioni diplomatiche bilaterali (con noi)”.
L’editoriale conclude
che “relazioni amichevoli” con Teheran permetteranno a Washington di “far avanzare le politiche volte ad allentare le tensioni in Medio Oriente” e aiuteranno gli Stati Uniti “a mitigare le sfide nella regione“.
I sauditi sono disposti a capirlo? I sauditi sono più o meno isolati
oggi.
Né l’Egitto del Presidente Abdalfatah al-Sisi (che si oppone
all’ascesa dell’islamismo in Siria o in qualsiasi parte della regione),
né la Turchia (che sostiene il ‘cambio di regime’ in Siria, ma
attraverso il prisma della primavera araba difendendo i Fratelli
musulmani, naturalmente un anatema per i regimi arabi del Golfo)
sostengono il piano saudita in Siria.
L’occidente teme l’instabilità in
Siria. Mentre i negoziati di pace in Siria su iniziativa russa si
avvicinano, i sauditi sono costretti a vedere la loro politica regionale
finire in un vicolo cieco. Un buon punto di partenza per i sauditi
sarebbe finirla con le ultime spacconate usando il petrolio come arma
per piegare l’Iran.
MK Bhadrakumar, Indian Punchline
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/01/03/liran-trionfa-sul-progetto-saudita-in-siria-iraq/


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