“L'insegnamento può essere solo dato dall'Eterno
e ricevuto solo dall'Eterno.
L'Eterno non ha niente da dare all'Eterno,
quindi non c'è discepolo né maestro.
Tu sei già QUELLO,
non sei il corpo, né le emozioni e neppure la mente.
Abbandona queste forme, scopri ciò che rimane
e vedrai che non occorre altro.” Poonjaji
e ricevuto solo dall'Eterno.
L'Eterno non ha niente da dare all'Eterno,
quindi non c'è discepolo né maestro.
Tu sei già QUELLO,
non sei il corpo, né le emozioni e neppure la mente.
Abbandona queste forme, scopri ciò che rimane
e vedrai che non occorre altro.” Poonjaji
Finchè
rimango prigioniero della coscienza individuale, basata sul concetto di
un individuo che deve realizzare qualcosa, il mondo si dividerà sempre
tra “maestri illuminati” e discepoli sulla lunga via dell’illuminazione.
Sia i maestri che i discepoli hanno assoluto bisogno di una via lenta e graduale perchè offre a entrambi un nobile passatempo vitalizio. Maestri e discepoli si fanno compagnia, mantengono in vita importanti e costosi monasteri e ordini religiosi, alimentano il reciproco rapporto di dipendenza e rassicurazione reciproca.
La verità è che la realizzazione diretta e immediata non fa “business spirituale”. Come si può creare una setta, una religione, un ordine monastico ricco, gerarchico e strutturato sul concetto che non c’è nessuno che deve cercare qualcosa e tutto ciò che c’è da realizzare è sempre stato qui?
Meglio dunque sostenere vie lunghe e graduali che richiedono una pratica vitalizia, docile obbedienza ed umiltà dei discepoli, zelante sacrificio. E, soprattutto, evitare che i discepoli inizino a interrogarsi su “chi” sta facendo “cosa”. Non c'è nulla di sbagliato in questo. Semplicemente l'Uno gioca a celare se stesso in mille modi e sarà l'Uno stesso a portare questi organismi corpo-mente al risveglio, se questo è la loro parte nella commedia.
Dunque non servono maestri? La relazione tra maestro e discepolo non può che essere sostanzialmente illusoria e corrotta?
Non sempre. Anche qui non esiste una formula predefinita. L'Uno gioca appunto nei modi più imprevedibili e realizza se stesso negli organismi corpo-mente dal vissuto più disparato. Se la commedia lo prevede l'Uno realizzerà se stesso in un organismo corpo-mente che a sua volta porterà altri organismi corpo-mente a risveglio. Allo stesso modo l'Uno celerà se stesso nell'ignoranza di un falso maestro che incrementerà l'ignoranza dei discepoli. Entrambe queste situazioni tuttavia sono il sapiente gioco dello stesso Regista.
Dunque nessuno in realtà sbaglia. Tutto fa parte di un'enorme commedia cosmica dove ogni cosa ha una sua precisa parte e ruolo. Risveglio e ignoranza fanno parte del gioco dell'Uno che gioca a rimpiattino nel mondo manifesto.
Solo
dal punto di vista egoico il maestro, il guru assume le forme di un
individuo. In realtà è l'Uno che usa un organismo corpo-mente per
diffondere la coscienza di se stesso in altri organismi corpo-mente. Non
c'è nulla di individuale e personale in questo processo. L'Uno gioca a
nascondersi e svelarsi. Per questo il vero guru non può che essere l'Uno
stesso, come forza di risveglio onnipervasiva e impersonale. Tutto può
essere tramite per questa forza.
Animali, piante, esseri inanimati ed
anche, chiaramente, esseri umani.
Solo
gli organismo corpo-mente imprigionati nella coscienza individuale sono
quindi indotti a pensare che solo un individuo possa risvegliarli. Il
saggio vede l'agire dell'Uno in ogni piccolo oggetto, situazione,
espressione, accadimento. Tutto gli è dunque maestro.
Come scrive Hafiz: “Qual'è la porta per Dio? Nel suono del cane che abbaia, nel tintinnare di un martello, in una goccia d'acqua, nello sguardo di tutti quelli che vedo.”
Il
vero maestro è l’intera esistenza che si esprime attraverso una
molteplicità di forme, esperienze, manifestazioni. L'Uno con incredibile
saggezza e creatività genera le più disparate occasioni di risveglio.
Nessuno in realtà sbaglia. Il Grande Regista dispone ogni cosa perchè la
commedia proceda secondo il copione.
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