La comunità medica si vanta di prendere
importanti decisioni solo se supportate dall’evidenza scientifica.
Tuttavia quando con il tempo le nuove evidenze contraddicono le vecchie,
la medicina fa molta fatica ad accettarle. Questo vale per le
raccomandazioni all’impiego della mammografia. Tutti i nuovi dati ora a
disposizione mostrano che in ultima analisi la mammografia crea più
danno che benefici.
Se fosse stato un farmaco la FDA americana non
l’avrebbe mai approvato. Lo scorso anno, dopo un’attenta revisione degli
studi scientifici, la Swiss Medical Board ha addirittura proposto
l’abolizione degli screening mammografici.
Recentemente, anche la USPSTF (US
Preventive Services Task Force) ha emanato nuove raccomandazioni
sull’uso della mammografia per la prevenzione dei tumori. Eccole:
- nessuna mammografia di routine per le donne sotto i 50 anni e sopra i 74.
- per le donne tra i 50 e i 74 anni, una mammografia ogni due anni.
Tuttavia non esiste nessuno studio sugli
effetti benefici delle mammografie eseguite ogni due anni, quindi la
decisione è del tutto arbitraria, mentre esistono parecchi studi che non
supportano affatto la pratica della mammografia annuale.
Una ricerca basata sull’analisi dei dati
disponibili dal 1960 al 2014 mostra che su 10.000 donne cinquantenni
sottoposte a mammografia annuale per 10 anni solo in 5 casi si previene
la morte da tumore alla mammella. In compenso, oltre 6.100
donne ricevono una diagnosi di falsa-positività che porta ad inutili
biopsie e ulteriori radiografie. Questo valore di >60% falso-positivo
è un indicatore che fa della mammografia un test diagnostico molto poco
accurato e che si porta dietro una scia non indifferente di sofferenza
psicologica.
E cosa dire di tutte le biopsie che
vengono eseguite? Anche in questo campo, un recente studio ha
evidenziato un alto livello di imprecisione: per quanto riguarda la
diagnosi di cancro, gli anatomopatologi sono d’accordo solo nel 75% dei
casi. Ai danni dovuti alla pratica routinaria della mammografie, si
aggiunge quindi anche un eccesso di diagnosi di tumori, che si verifica
nel 20-30% dei casi.
Tuttavia, queste donne, con diagnosi dubbia,
vengono sottoposte ad intervento chirurgico e ricevono la radioterapia
o/e la chemioterapia, senza che questo incida minimamente sulla
prognosi. Questi soggetti poi si convincono che la loro vita sia stata
davvero salvata dallo screening preventivo, nonostante l’evidenza dica
il contrario. Uno studio condotto dall’Università di Harvard ha
dimostrato che il costo di questi falsi-positivi è pari a 4 miliardi di
dollari. (Il giro di “affari” delle mammografie negli USA è pari a 10
miliardi di dollari!)
E’ ora di rivedere il nostro modo di
fare lo screening per la prevenzione del tumore al seno. I dati
dimostrano che in questo momento, con il tipo di screening che facciamo,
non siamo in grado di valutare il rischio del singolo individuo. Invece
di usare il vecchio metodo dell’anamnesi personale e famigliare e le
più recenti tecniche non invasive di tipo genetico, oggi trattiamo tutti
allo stesso modo, utilizzando un sistema non accurato.
Con decine di milioni di donne a basso
rischio che vengono ogni anno sottoposte allo screening antitumorale,
qualsiasi test è soggetto ad un alto tasso di falsi-positivi e questo
vale per la TAC, la RNM, la mammografia e l’ecografia.
Eric J Topol MD
Bibliografia
- Eric J. Topol, MD Topol: Time to End Routine Mammography Medscape, commentary May 06, 2015.
Liberamente tradotto da: Topol: Time to End Routine Mammography
da Francesco Perugini Billi©copyrighy
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