A partire dal secondo dopoguerra e, in maniera più convinta, agli inizi del nuovo millennio, la cripto-archeologia è approdata a conclusioni che hanno profondamente influenzato l’approccio dell’Uomo alla religione, ai testi sacri, e modificato le attese riguardo noi stessi, il futuro che ci attende e l’alterità che il cielo gelosamente “cela”.
Tra il creazionismo biblico, ormai percepito come sbiadito superstite di un’Età oscura e superstiziosa, e il darwinismo scientifico (“le specie viventi si evolvono per adattarsi all’ambiente circostante”), si sta imponendo una nuova ipotesi secondo la quale le divinità di cui parlano i testi sacri di tutto il mondo sono, in realtà, alieni che in tempi remoti hanno visitato la Terra, ridefinendo in tal modo il concetto di Dio e il rapporto dell’Uomo con esso. Con tutto ciò che ne consegue.
Se lo slancio di questa teoria offre notevoli spunti di riflessione, è pur vero che ha prodotto esagerazioni spesso sconcertanti, con
l’onnipresente spiegazione extraterrestre che risolve ogni lacuna
storica e che si erge a verità assoluta, in contrapposizione alle
menzogne diffuse per millenni da abili manipolatori al servizio ora
dello Stato, ora della Chiesa. Accade così che l’incubo fantascientifico di datati movie anni Cinquanta come La Guerra dei Mondi e Ultimatum alla Terra
diventino profetiche visioni di una verità celata all’Uomo da complotti
mondiali, e che le basi UFO su Marte e sulla Luna, o i capi di Stato
che si trasformano in rettiloidi, risultino più credibili del fiat lux et lux fuit, di Adamo ed Eva, dell’Eden, del concepimento sine peccato o di una nascita in una grotta.
In un’epoca così pronta ad accogliere nuove idee, desiderosa come mai prima di conoscere le proprie origini e il proprio futuro, il ricercatore si è lasciato sedurre dalla tendenza del pubblico a fagocitare le tesi più improbabili, che non solo minano la credibilità del mondo della ricerca, ma che rischiano di compromettere l’evoluzione umana; si pensi alla follia nazista della razza ariana dominante, un pensiero che oggi appare risibile e delirante,ma che ha condotto ad una guerra mondiale costata sessanta milioni di morti.
In un’epoca così pronta ad accogliere nuove idee, desiderosa come mai prima di conoscere le proprie origini e il proprio futuro, il ricercatore si è lasciato sedurre dalla tendenza del pubblico a fagocitare le tesi più improbabili, che non solo minano la credibilità del mondo della ricerca, ma che rischiano di compromettere l’evoluzione umana; si pensi alla follia nazista della razza ariana dominante, un pensiero che oggi appare risibile e delirante,ma che ha condotto ad una guerra mondiale costata sessanta milioni di morti.
Il nugolo di sospetti cospirativi, la ricerca ossessiva della presenza
aliena e l’impulso insaziabile di depredare la materia religiosa per
scovarvi menzogne, inganni, truffe perpetuati ai danni dell’Umanità
impongono una domanda: il caos che ne deriva ha effetti benefici sul
nostro futuro? Chi si prodiga in questo rapace proselitismo ha realmente
a cuore il progresso e la libertà dell’Uomo?
Un punto di ancoraggio: Giza – Orione.
Quando, nel 1994, il mondo della ricerca fu scosso da Il Mistero di Orione di Robert Bauval e Adrian Gilbert, lo
studio dei monumenti sacri dell’antichità si arricchì di una nuova
chiave interpretativa, secondo la quale la maggior parte di essi
riproduceva alcune costellazioni (o parti di esse) ed era orientata in
base alla loro posizione nel cielo. Attenti studi hanno rilevato che questa consuetudine era diffusa in tutto il mondo, inducendo a ipotizzare l’esistenza di un progetto planetario di traduzione sulla Terra dell’ordine e della armonia dei cieli.
Secondo Bauval, i costruttori delle tre
piramidi della Piana di Giza (Cheope, Chefren, Micerino) riprodussero le
tre stelle della Cintura di Orione (Alnitak, Alnilam, Mintaka) per
stabilire un collegamento tra Cielo e Terra dalla duplice finalità:
fissare, attraverso il linguaggio universale dell’astronomia, l’epoca in
cui sono state edificate; condurre le anime dei defunti nel grembo della costellazione di Orione, visto come luogo del riposo eterno o come passaggio verso un’altra dimensione.
Quale scopo cela la necessità di riportare le
costellazioni sulla Terra? È possibile che il legame tra la Piana di
Giza e Orione fosse solo il primo punto di contatto, l’unico finora
individuato, dal quale dipendono altre correlazioni tra Cielo e Terra
che sono determinanti per la Storia dell’Uomo?
Nel 4540 a.C. il Sole assunse la costellazione del Toro come
nuova dimora zodiacale, inaugurando l’Era del Toro (4540 a.C. - 1865
a.C.), la cui prima metà coincide con il Neolitico Badariano egizio
(4400 a.C. – 3900 a.C.) e con l’Età Predinastica (4000 a.C. – 3100
a.C.); è in questo arco di tempo che,
secondo il mito egizio, Iside diede alla luce suo figlio Horus nelle
paludi del delta del Nilo e che, sempre nel Basso Egitto, si diffuse il
culto della dea Hathor, la Vacca Celeste, effigie della costellazione
del Toro e nutrice del dio Horus. Il nome Hathor significa
letteralmente: luogo in cui nasce Horus, e il nesso tra il Toro e Horus è esplicito anche negli epiteti (Toro Vittorioso, Toro Possente ecc.) con i quali il figlio di Iside era noto.
Il punto di ancoraggio costituito dalla corrispondenza tra la Piana di Giza e la Cintura di Orione, consente la coincidenza della costellazione del Toro con il Basso Egitto e la parte settentrionale della penisola del Sinai.
“Durante l’Antico Regno, il territorio egizio era suddiviso in distretti o nomoi, venti dislocati a nord, ventidue a sud. I nomi dei distretti del Basso Egitto contenevano espliciti riferimenti alla Vacca Celeste o al Toro: il secondo nomos, a ovest del Nilo, si chiamava Zampa Anteriore della Vacca, il sesto nomos era noto come la Montagna del Toro, il decimo era il Toro Nero. Confrontando una cartina astronomica e una mappa dell’Egitto in modo che le piramidi della Piana di Giza coincidano con la Cintura di Orione (…), constatiamo che la costellazione del Toro corrisponde al delta del Nilo e alla parte settentrionale del Sinai.” (1)
Il distretto della Zampa Anteriore della Vacca nel Basso Egitto.
I miti delle antiche civiltà sono
accomunati dalla presenza di personaggi inviati sulla Terra da un Entità
Suprema con il compito di riportare ordine, equità e giustizia, elevare
il grado di civilizzazione e redimere l’Umanità dai suoi errori e
dall’oppressione del Male: Thoth, Osiride, Horus in Egitto, Zoroastro
(Zaratustra in lingua avestana) e Mithra secondo i Persiani, Mosè per
gli Ebrei, Krishna nella religione induista, Viracocha per gli Inca,
Quetzalcóatl presso gli Aztechi o Kukulkàn presso i Maya, Gesù nel
pensiero cristiano. Il Segreto delle Ere rivela che il loro
avvento è sempre coinciso con l’ingresso del Sole in una nuova dimora
zodiacale, come se il passaggio da un’Era alla successiva abbia imposto,
e continui ad imporre, la comparsa di un figlio del Cielo. Qual è
il nesso tra il Sole e la nascita dei messaggeri della Divinità
Suprema? È noto che la tradizione identifica ognuno di essi (Horus,
Krishna, Mithra, Gesù) con il Sole;
“Il termine Sole deriva dal latino sol, che in inglese si traduce sun, versione moderna dall’antico britannico sunne (proto-germanico sunnon, gotico sunno); dalla radice sn deriva il sostantivo son, che vuol dire “figlio”, la cui forma antica era sunu (indoeuropeo sunu, protogermanico sunuz, gotico sunus). In lingua tedesca, figlio si dice sohn, mentre Sole si traduce sonne. L’evidente origine comune delle forme son e sun consente di stabilire un legame tra i sostantivi figlio e Sole.” (2)
Com’è in cielo, così sia in Terra; l’identificazione dei figli della divinità con il Sole conduce ad uno dei temi fondamentali de Il Segreto delle Ere: l’ingresso del Sole/Sun in una nuova dimora celeste determina la nascita di un nuovo Figlio/Son sulla Terra. Il mondo li chiama avatar, messaggeri, eletti, profeti, figli di Dio, prescelti; noi li chiameremo Messia.
La corrispondenza delle costellazioni zodiacali con alcune regioni terrestri è stata concepita per un preciso scopo: indicare, Era dopo Era, il luogo e il tempo dell’Avvento del nuovo Messia. Il
dogma cristiano secondo il quale Gesù sarebbe l’unico e il solo Messia
inviato da Dio non rende giustizia alla grandezza del progetto sin qui
descritto: l’intervento divino non si è
manifestato in un unico luogo e in un solo momento storico, ma si compie
con l’Avvento di un Messia in ogni Era, come è accaduto in passato e
come accadrà in un futuro prossimo.
La “Piramide del Cielo” composta dalle quattro stelle che perimetrano Orione (Betelgeuse, Bellatrix, Rigel, Saiph) e da Sirio; si noti il nome Z.E.D. composto dalle tre stelle della Cintura di Orione, di cui la Piramide di Cheope e l’immagine terrestre perfettamente speculare.Dinanzi alla magnificenza di un disegno tanto complesso quanto lungimirante, non si può non ravvisare un intervento che è stato ideato a beneficio della razza umana ma di chiara matrice non umana: qualunque sia il remoto angolo dell’Universo da cui provengono, coloro che hanno donato la vita all’Uomo non lo hanno mai abbandonato. La loro infinita bontà ha accettato che l’Uomo perseguisse la via del libero arbitrio, pur sapendo che lo avrebbe condotto a macchiarsi di indicibili orrori e a mettere a repentaglio la sua sopravvivenza.
Ne Il Segreto delle Ere, il progetto è rivelato con chiarezza: essi non hanno mai smesso di credere in noi e di tentare di strapparci alla cieca follia del nostro agire, intervenendo nella Storia in modo discreto ma deciso, nella speranza che il messaggio fosse colto e perseguito; un intervento quasi impercettibile, ma che testimonia una vigilanza costante sull’evoluzione dell’Umanità, della quale sono Padri, non Creatori. Ma, allora, chi e perché ci ha fatto dono della vita?
Cacciatori d’oro spaziali?
Tra il 1968 e il 1976, eminenti studiosi di tutto il mondo hanno
contribuito alla elaborazione di una teoria che, da modesta e parziale
interpretazione dei fatti, è stata assunta come unica, incontrastata
certezza in un sistema labirintico di congetture che ormai fatica a
distinguere la realtà oggettiva dalle sue pindariche elaborazioni.
Certi che le prove sin qui addotte da tali studiosi siano insufficienti,
contraddittorie e per nulla esplicative, rigettiamo l’idea che la vita
umana sia il frutto di un improvvisato esperimento genetico condotto da
scienziati alieni, il risultato di un blando procedere per prove ed
errori al fine di ottenere lo schiavo perfetto da impiegare nella
ricerca della quantità d’oro necessaria per riparare l’atmosfera morente
del misterioso pianeta Nibiru. La teoria dell’Anunnaki (in sumerico: “coloro che dal cielo scesero sulla terra”), approdato sul nostro pianeta in cerca di oro, si fonda su alcuni princìpi: non esiste un solo dio, ma una moltitudine di dèi; questi
dèi sono, in realtà, alieni; gli alieni sono capricciosi e avidi di
oro; la Creazione è un atto di manipolazione genetica; la vita umana è
il risultato di un esperimento; l’Umanità è stata creata per esigenze
pratiche e materialistiche.
Niente paradiso, purgatorio e inferno;
niente amore, perdono, assoluzione, salvezza, niente lotta tra luce e
tenebre; nessuno scopo, nessun regno dei Cieli, nessuna fine dei tempi,
nessuna speranza, nessuna ricerca interiore di Dio, nessuna elevazione
spirituale, nessuna anima che fa ritorno in Cielo.
Ipse dixērunt: l’essere umano è una cavia da laboratorio, un
ibrido tra alieno e ominide, né dio né scimmia, non voluto, non amato,
imperfetto, solo e senza scopo, sospeso tra cinquemila anni di illusioni
in cui è vissuto nel passato e un futuro di mesta disillusione.
Ma sarà davvero così?
A partire dal XV secolo, l’Umanesimo aveva coraggiosamente superato
l’oscurantismo alto medioevale con una rinnovata celebrazione
dell’essere umano; questa corrente di
pensiero affermava che l’Uomo possiede capacità illimitate di
conoscenza, progresso e sviluppo in grado di affrancarlo dalla
condizione di colpa e sottomissione cui il regime ecclesiastico lo aveva
costretto nel precedente millennio. La rivalutazione della dignità umana non
implicava un agire al di fuori dei confini della religione e in
contrapposizione con il divino; al contrario, essendo l’Uomo stesso imago dei, la sua operosità e la bontà delle sue azioni potevano riavvicinarlo a Dio, restituendogli lo scettro di creatura perfetta in un mondo perfetto.
Se tali nobili princìpi hanno condotto a straordinari progressi in campo
scientifico, tecnologico, etico, e a grandi produzioni artistiche e
letterarie, quale dignità si conferisce all’Uomo riducendolo ad un prodotto di laboratorio, un OGM, un esperimento genetico compiuto affinché gli dèi avessero i loro schiavi provetti? Quale
progresso vi è per l’Umanità nel sostituire il Dio vendicativo e
inflessibile della Bibbia con una masnada di extraterrestri che crea
senza nobili scopi, colonizza, sfrutta, depreda e poi fugge?
In nessun momento della Storia l’Uomo si era accanito con tanto
disprezzo su quanto ha sempre ritenuto sacro e inviolabile; mai come ora
la ricerca aveva profuso i suoi sforzi nello screditare tanto Dio
quanto l’Umanità, diffondendo una sconfortante e insensata sfiducia
verso se stesso, il futuro, il cielo. Ateismo,
materialismo, cinismo e indifferenza sono metastasi di un male che si
chiama nichilismo e del quale tutto il mondo sta tornando ad essere
vittima.
Denigrare la fede dell’Uomo equivale a
denigrare l’Uomo; delineare un’immagine insulsa e effimera dell’Uomo
equivale a delineare un’immagine altrettanto svilita della divinità;
disprezzando chi ci ha donato la vita, si disprezza il dono stesso della
vita.
Eravamo la delizia del Creato; siamo stati ridotti ad uno scherzo
genetico, un blando svago realizzato in provetta, senza null’altro che
l’istinto animalesco di riprodurci e distruggere, fagocitare e
sopprimere, modificare, creare senza etica, così come avrebbero fatto
quelli che, a loro volta, hanno creato l’Uomo solo per cinico e
utilitaristico diletto.
Non possiamo accettarlo. Non solo perché è offensivo e oltraggioso nei
confronti della scintilla divina che risplende in ogni essere umano,
persino in quelli che la negano con risate beffarde; non lo accettiamo
perché è palesemente falso. È in gioco la dignità, il rispetto, la
sopravvivenza dell’Uomo, e tali
affermazioni non rendono giustizia tanto all’Uomo quanto alla
superiorità evolutiva di chi ha voluto la nostra esistenza per uno scopo
riassumibile in una parola che oggi risuona imbarazzante nei corridoi
della scienza e nel borioso mondo della ricerca: AMORE. La nascita dell’Uomo è un atto d’amore, lo stesso amore che, in natura, lega un padre ad un figlio. E Il Segreto delle Ere ne è la prova.
In quanto ricercatori, siamo interessati a conoscere il nostro passato,
scoprire le nostre origini e comprendere quando e dove il tutto ha avuto
inizio; ma, in quanto uomini, siamo consapevoli che la scoperta del
Segreto delle Ere consente di guardare con rinnovata fiducia al nostro
domani, certi che la presenza di chi ci ha fatto dono della vita non è
mai venuta meno: se ogni Era ha
beneficiato dell’Avvento di un Messia, non vi è alcun dubbio che questo
accadrà anche in un futuro non troppo lontano. Non è un dogma
religioso, non è un atto di fede legato ad un Credo, ma una certezza
storica che impegna ognuno di noi ad una profonda riflessione sullo
stato di salute della nostra coscienza: siamo davvero
pronti per un simile avvenimento? comprendiamo il significato e la
portata di un nuovo Avvento messianico? Saremo in grado di preparare le
future generazioni ad accogliere colui che verrà?
Infondere il dubbio è più semplice che costruire certezze. Il Segreto
delle Ere parla con umiltà e coraggio alla speranza ancora viva nei
cuori di chi ha l’umiltà di voler ascoltare: il nostro compito è far
comprendere chi sono i nostri Padri e di quale natura era, ed è, il
rapporto che intercorre tra loro e noi; la nostra missione è preparare la Strada. Un piccolo contributo per una grande causa.
Piero M. Ragone per Anticorpi.info
(1) Piero M. Ragone, Il Segreto delle Ere, Macro Edizioni, 2013, pp. 87-88.
(2) Piero M. Ragone, Il Segreto delle Ere, Macro Edizioni, 2013, p. 170.
fonte: http://www.anticorpi.info/2014/03/il-segreto-delle-ere-e-il-messia-che.html
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