La Legge dell’Attrazione è un concetto basilare per i motivatori. Il presupposto è che i pensieri determinano gli esiti. Se riesci a visualizzare un futuro migliore, e immaginare i passi che hai bisogno di intraprendere per raggiungerlo, salterà magicamente fuori un potenziale futuro.

In realtà, il cambiamento richiede più del pensiero positivo. C’è un ciclo di feedback tra il pensare e l’agire. Se pensiamo in modo differente, dobbiamo anche agire in modo differente, e solo agendo in modo differente possiamo sperare di ottenere qualcosa di nuovo. A loro volta, nuovi risultati conducono a nuove esperienze, che possono farci pensare in maniera ancor più differente, farci rivedere i nostri piani, farci provare ad agire in un modo ancor più differente e così via.

Uno dei problemi che affrontiamo dedicandoci a problemi enormi e travolgentemente complessi come, giusto per snocciolarne alcuni, i cambiamenti climatici, le ineguaglianze economiche e sociali e le disfunzioni politiche, è che è difficile per noi persino concepire un modo migliore di fare le cose. 

Non sapere cosa fare è già una cosa abbastanza grave; non sapere cosa pensare è ancora peggio!

Quando non si presenta alcuna risposta facile, un principio che può essere applicato è che dobbiamo cominciare con quello che è semplice e direttamente davanti a noi. Piccole azioni e sforzi reali servono uno scopo più grande di tante chiacchiere e nessuna azione. Dai piccoli inizi possono svilupparsi cose più grandi.

E ciò che è direttamente di fronte a tutti noi è il modo in cui trattiamo gli altri.

Una conseguenza non intenzionale del nostro modo di vita attuale è che ha deformato e pervertito le nostre interazioni interpersonali. Al fine di essere in grado di permetterci di abitare in modo semplice il pianeta e soddisfare i nostri bisogni di base, ci viene richiesto di riprodurre tutti i tipi di ruoli artificiosi. In particolare, siamo costretti ad andare d’accordo l’uno con l’altro in base alle leggi arbitrarie che ci vengono imposte.

Come impiegati ci si aspetta che noi mentiamo prontamente ai clienti per proteggere i profitti dei nostri datori di lavoro. Come venditori ci si aspetta che noi vendiamo cose che sappiamo benissimo che nessuno vorrebbe comprare. Poi c’è un’intera categoria di persone che lavora per far applicare queste leggi, e vengono specificamente pagate per ignorare tutte le considerazioni umane e distribuire punizioni senza alcuna tolleranza per terribili circostanze personali. Le vaste gerarchie sociali e finanziarie premiano il comportamento psicopatico (che viene visto come un sintomo di professionalità) punendo al contempo l’altruismo e la compassione (che vengono visti come un segno di debolezza o corruzione).

I lavoratori arbitrariamente messi insieme dai capricci dei manager spesso trascorrono più tempo l’uno con l’altro che con le proprie famiglie, intrappolati in un mondo di rachitici rapporti superficiali che erodono progressivamente la loro umanità. I genitori spesso non hanno scelta se non quella di pagare estranei che allevino i loro figli per loro. Questi estranei lavorano per un salario più che per amore per i bambini, e quando il loro contratto si conclude, così succede al legame tra il bambino e l’accuditore, minando la fede del bambino nell’umanità. Quando i genitori riescono a vedere i loro figli, sono spesso stanchi e distratti, il che condiziona i bambini a trattarli non meglio di come trattano gli estranei che si prendono cura di loro il resto del tempo.

Crescendo con un costante deficit di sensibilità, sincerità, sicurezza e calore, questi bambini, una volta diventati adulti si aspetteranno che le loro relazioni siano sia manipolatorie che offensive, o regolate da un contratto. La loro umanità si ridurrà ad un insieme di spinte egoistiche e materialiste. Le loro psichi deformi saranno in bilico sulla lama di un coltello tra una morbosa paura dell’esclusione, che li spingerà verso l’imitazione e il conformismo, ed un’innaturale, ipertrofica spinta competitiva che distruggerà il loro istinto alla cooperazione spontanea.

Quando si fa un passo indietro rispetto a tutto ciò e ci si dà un’occhiata, l’impressione è quella di un disordine mentale grande quanto l’intera società.

Ma questa è una sindrome che sappiamo come trattare, all’inizio individualmente, poi come gruppi. Come si può fare ciò è spiegato nel seguente estratto finale dal libro 150 Strong: A Pathway to a Different Future.

La Regola dei 150
E ora arriviamo al motivo del titolo di questo libro. Riguarda il Numero di Dunbar: 150, la taglia massima approssimativa di un gruppo all’interno del quale le persone riescono a mantenere il contesto nelle loro relazioni. La riformulazione del contesto è il fondamento necessario per permettere la creazione di una nuova forza riconciliante, che è al centro di quello che è necessario per il vero cambiamento. È una questione di equilibrio: i tentativi di riconnettere le persone l’una con l’altra e con l’ambiente, e ricontestualizzare il loro processo decisionale, falliranno ogni volta che questo limite viene superato.

Nell’applicazione del Numero di Dunbar, possiamo dire che c’è una Regola dei 150 che dovrebbe essere applicata come principio organizzativo del modo in cui strutturiamo i nostri sistemi di interazione umana. Dobbiamo cercare di orientarci verso quello che è naturale nella nostra formazione evolutiva: siamo una specie sociale, lavoriamo bene in piccole comunità, e la nostra forza è nella cooperazione.

Contraria all’enfasi sulla collettività che deriva naturalmente dalla Regola dei 150, la nostra attuale cultura orientata verso il profitto promuove il successo dell’individuo, creando una dinamica dove l’incentivo per le persone è diventare dei silo, isolati nella competizione e definiti dalla loro ricchezza economica individuale. Questo crea una vibrazione di auto-protezione e insicurezza, che incoraggia l’isolazionismo e l’egoismo, e culmina nel culto dell’individuo che vediamo celebrato nella nostra cultura moderna. Questa situazione nel mondo moderno è degenerata.

Ma non c’è bisogno di lamentarsi di questa situazione; possiamo cambiarla. Impiantato nel nostro DNA c’è l’impulso per qualcosa di migliore, basato intorno al benessere e all’appagamento del collettivo. C’è una naturale tendenza umana a voler aiutare gli altri, a creare un ambiente educativo per le nostre famiglie e la sicurezza per le nostre comunità. Inoltre, nella maggior parte di noi c’è un impulso ad aspirare alla virtù, sebbene spesso sia sepolto molto in profondità e non è che un pallido baluginio.

La Gerarchia dei Bisogni di Maslow ci fornisce una teoria della motivazione umana. Definisce cinque ampie categorie di bisogni, di solito mostrate come una piramide con i bisogni più elementari sul fondo, questi sono i bisogni di soddisfare le nostre richieste fisiche di aria, cibo, acqua, riparo e sonno, mentre i bisogni più complessi di auto-realizzazione, quelli relativi alla moralità, alla creatività e all’accettazione, sono posti in cima.


In ordine di importanza, questi bisogni umani sono classificati come segue:
1. Bisogni fisiologici: respiro, alimentazione, acqua, sesso, sonno, omeostasi, escrezione.
2. Bisogni di sicurezza: sicurezza fisica, delle risorse, morale, familiare, di salute, di proprietà.
3. Amore e appartenenza: amicizia, affetto familiare, intimità sessuale.
4. Stima: autostima, fiducia, realizzazione, rispetto reciproco.
5. Auto-realizzazione: moralità, creatività, spontaneità, problem solving, assenza di pregiudizi, accettazione.
La mente umana è complessa, con molti processi paralleli che avvengono contemporaneamente al suo interno, e così la soddisfazione di un livello di bisogno non è necessariamente un prerequisito per il completamento di un altro. Ma si può dire vagamente che se vengono soddisfatti i bisogni di base, allora c’è un maggior potenziale per dedicare energia e sforzi alla soddisfazione degli altri.

Il significato di questa teoria in relazione alla Regola dei 150 è che appartenere ad una comunità stabile e di supporto fornisce un contesto per il raggiungimento di scopi più alti. Un contesto del genere è necessario perché noi intraprendiamo serie riforme del nostro approccio nei confronti dell’ambiente e dell’uno verso l’altro.

Una delle debolezze fondamentali del sistema del profitto è che sovverte intrinsecamente gli sforzi per fornire sicurezza incondizionata. Questa debolezza si manifesta in differenti gradi; ogni impiego in un’impresa privata all’interno di un’economia di mercato può fornire una certa sicurezza. Ma, per usare gli Stati Uniti come esempio, il fatto che decine di milioni di persone vengano curate (e si curino da sole) per l’ansia e che sentano il bisogno di proteggersi con livelli apocalittici di armi ci dice che queste persone hanno un problema con l’insicurezza. Nonostante tutto il progresso materiale prodotto dal capitalismo, le osservazioni sui trend culturali che lo hanno accompagnato suggeriscono che non c’è stato un avanzamento simile nella pace o nella realizzazione interiore.

Quando persone appartenenti ad un gruppo vengono unite più che da semplici sentimenti superficiali, c’è una gamma di meccanismi che aiutano i loro bisogni umani. Non c’è bisogno di dire che la sicurezza deve arrivare fondamentalmente dall’interno, e che cose come l’autostima non possono essere generate solo da circostanze esterne. Ma se capiamo l’importanza del fornire un contesto stabile nel quale le persone possano trovare il loro posto nella vita, c’è una maggior possibilità di esiti positivi. I genitori che cercano di creare un ambiente educativo per i loro bambini, per esempio, hanno molte più probabilità di riuscire quando hanno un reddito stabile e delle radici all’interno di una comunità. I contratti a zero ore, dove un datore di lavoro non ha bisogno di garantire agli impiegati un qualsiasi minimo di ore lavorative o di salari, non sono coerenti con ciò!

La Regola dei 150 significa anche che i gruppi devono essere mantenuti abbastanza piccoli da rimanere efficaci e funzionali. Quando le persone si conoscono l’un l’altra e interagiscono regolarmente, c’è un costante flusso di sottili feedback, oltre alle parole, che aiuta a costruire il tessuto di una cultura condivisa. Si riesce a capire quando qualcuno è in armonia con la vibrazione del gruppo o meno. Un pensiero verbalizzato risuona, sia risalendo che cadendo piatto, oppure torna indietro amplificato attraverso il linguaggio del corpo e commenti sottilmente introdotti. I margini delle tendenze radicali di ogni individuo vengono contenuti. Attraverso l’esperienza condivisa nel tempo, e la conoscenza e la comprensione degli altri membri del gruppo, viene creato un vero centro di gravità attraverso il quale il gruppo riconcilia le sue azioni.

Quando i gruppi operano su questo livello, il bisogno di un aperto processo democratico, con attività come le campagne elettorali e il voto, è quasi assente. Le discussioni giorno per giorno, le decisioni basate sul consenso fatte in incontri spontanei o pianificati, e la comprensione generale del fatto che tutti stiano andando nella stessa direzioni, sono di gran lunga superiori nella creazione di unità e slancio in avanti. Come è stato spesso detto riguardo al processo del voto, questo non è altro che “due lupi e un agnello che decidono chi verrà mangiato a pranzo”.

Il processo delle decisioni prese sulla base del consenso è in genere quello che accade in un’azienda ben condotta di media grandezza, se ha impiegati partecipativi e una cultura di compagnia positiva.

Non tutti devono andare ed essere d’accordo, ma dato che il lavorare lì implica un certo livello di performance, o un certo modo di fare le cose, gli affari in genere progrediranno nella giusta direzione.

Ovviamente, questo richiede una buona gestione ed un ambiente aziendale stabile.

Prendere questo microcosmo di comprovata efficacia e applicarlo in un contesto più grande non è facile. Molte delle istituzioni della vita moderna richiedono equilibrio. Il governo, anche se è responsabile della maggior parte di quello che non va nel nostro modello attuale, è necessario per facilitare cose come la costruzione e la messa in opera di impianti per la depurazione delle acque, ospedali, scuole, strade e sistemi di trasporto pubblico. Questi richiedono input complessi e su grande scala e non possono essere eseguiti da piccoli gruppi isolati. Equilibrio e specializzazione sono necessari.

La sfida è quindi quella di affrontare la piaga della grande scala, in termini di tutta la perdita di contesto e sfumatura che porta, ma per mantenere la capacità di organizzarsi e operare collettivamente per rispondere a bisogni e problemi più grandi.

Questo è un ordine tassativo!

Quello che possiamo dire come punto di partenza, comunque, è che nessuno degli attuali metodi operativi supportano la Regola dei 150. Il trend va verso la centralizzazione, la spersonalizzazione dei processi della vita, e il controllo tramite leggi. L’accordo di Partenariato Trans-Pacifico per esempio, che è stato negoziato all’epoca di questo scritto, cerca di elevare i diritti delle corporazioni al di sopra del livello della legge nazionale. Agli affari transnazionali è stato dato uno status quasi intoccabile che impedirà la loro regolamentazione all’interno di un contesto locale, che potrebbe essere altrimenti usata per fornire un qualche sistema che possa assicurare che le loro attività siano appropriate. Questo può solo produrre ulteriore distruzione del tessuto sociale della società e la concomitante profanazione dell’ambiente.

Se stiamo per imbarcarci in un viaggio verso qualcosa che può essere considerato più democratico, nel vero senso della parola, dove non c’è un sistema “noi” e “loro” di comandanti e comandati, dove c’è una reale speranza di esiti migliori, dobbiamo chiederci in tutte le situazioni: “Come si adatta questo in rispetto della Regola dei 150?”.

Questa domanda deve diventare primaria, così come devono essere prese decisioni dalle persone che mantengono le relazioni le une con le altre e che sono attive nel loro contesto locale. È il meccanismo per mezzo del quale potremmo stabilire una nuova forza riconciliante che soppianti il sistema del profitto – una crepa attraverso la quale potrebbe entrare la luce, per prendere a prestito una frase di Leonard Cohen.

Le decisioni prese solo su base finanziaria, da parte di organizzazioni strutturate intorno alla gestione della finanza, devono essere rese subordinate a qualcosa che sia migliore, più resiliente e che emerga da sola.

L’applicazione di questo principio è duplice:
1. A livello personale possiamo chiedere a noi stessi: chi sono le mie 150 persone?
2. A livello organizzativo possiamo ristrutturare i nostri sistemi di interazione in modo che siano basati intorno a gruppi di 150 persone.
Come individui, possiamo tendere la mano a quelli che formano parte della nostra rete di appartenenza, cercando si rafforzare i legami all’interno di essa. E, come cittadini, possiamo cercare di riformare le nostre istituzioni pubbliche, rendendole più piccole e più personali. Il nostro regno interiore ha bisogno di espandersi, mentre il nostro regno esteriore deve contrarsi, fino a quando i due non si possano incontrare.
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Articolo di Dmitry Orlov pubblicato da ClubOrlov il 14 Giugno 2016
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.it e ClubOrlov

http://sakeritalia.it/filosofia/la-legge-dellattrazione/