"La meditazione di una mente
che sia totalmente in silenzio
è la benedizione che l'uomo sempre cerca."
(Jiddu Krishnamurti)
«Le
montagne mi hanno resa silenziosa - ella disse - Sono andata
nell’Engadina e la sua bellezza mi ha resa muta; sono rimasta senza
parola dinanzi a tanta meraviglia. È stata un’esperienza terribile.
Vorrei poter conservare quel silenzio, quel vibrante silenzio vivo,
commovente. Quando parlate del silenzio, suppongo che intendiate la
straordinaria esperienza che io ho vissuto. Vorrei davvero sapere se
alludete alla stessa varietà di silenzio che io ho conosciuto. L’effetto
di questo silenzio durò per un periodo di tempo considerevole, ed ora
vi ritorno, voglio ritrovarlo e vivervi.»
Voi
siete resa muta dall’Engadina, un’altra persona da una bella forma
umana, un’altra da un maestro, da un libro, o dal liquore. Attraverso lo
stimolo esterno, si è ridotti a una sensazione che chiamiamo silenzio e
che è estremamente piacevole. L’effetto della grandiosità e della
bellezza è di allontanare i problemi e i conflitti quotidiani, cosa che
rappresenta una liberazione.
Attraverso
lo stimolo esterno, la mente è resa temporaneamente quieta; è forse una
nuova esperienza, una nuova delizia e la mente vi ritorna come ricordo,
quando ha cessato di sperimentarla. Rimanere sulle montagne non è
probabilmente possibile, perché si deve ritornare per motivi di lavoro;
ma è possibile cercare quello stato di quiete attraverso qualche altra
forma di stimolo, attraverso il liquore, una persona, o un’idea, che è
ciò che la maggioranza di noi suole fare.
Queste
varie forme di stimolo sono i mezzi attraverso i quali la mente è resa
tranquilla; così i mezzi divengono importanti, significanti, e noi
finiamo per attaccarci ad essi. Poiché i mezzi ci danno il piacere del
silenzio, acquistano un valore dominante nella nostra vita; essi sono i
nostri interessi costituiti, i nostri investimenti, una necessità
psicologica che difendiamo e per la quale, se necessario, ci annientiamo
a vicenda.
I
mezzi prendono il posto dell’esperienza, che è ora soltanto un ricordo.
Gli stimoli possono variare, ognuno avendo un significato secondo il
condizionamento d’una persona. Ma c’è similarità in tutti gli stimoli:
il desiderio di sfuggire a ciò che è, al nostro tran-tran quotidiano, a
un rapporto che non è più vivo, a un sapere che diviene sempre stantio.
Voi scegliete un genere di evasione, io un altro, e la propria
particolare qualità si ritiene sempre che valga di più della vostra.
Ma
ogni evasione, sia sotto specie di un ideale, sia sotto quella del
cinema per esempio, o della chiesa, è dannosa, in quanto porta alla
illusione e al male. Le evasioni psicologiche sono più dannose di quelle
ovvie, perché più sottili e complesse e pertanto più difficili a
scoprirsi. Il silenzio generato mediante lo stimolo, il silenzio che si
crea grazie alla disciplina, i controlli, le resistenze, positive o
negative, è un risultato, un effetto, e quindi non creativo; è una cosa
morta.
C’è
un silenzio che non è una reazione, un risultato; un silenzio che non è
il prodotto di uno stimolo, d’una sensazione; un silenzio che non è
messo insieme, non è una conclusione. Viene in essere quando il processo
del pensiero sia compreso. Il pensiero è la risposta della memoria, di
determinate conclusioni, consce o inconsce; questa memoria detta
l’azione secondo il piacere e il dolore. Così le idee controllano
l’azione, onde v’è conflitto fra azione e idea.
Questo
conflitto è sempre in noi e a misura che esso si intensifica, nasce
l’impulso di liberarcene; ma fino a quando questo conflitto non sia
stato capito e risolto, ogni tentativo dì liberarcene non sarà che
evasione. Finché un’azione si avvicini a un’idea, il conflitto è
inevitabile. Solo quando l’azione è libera dell’idea cessa il conflitto.
[...]
L’idea
è il prodotto della memoria, la verbalizzazione della memoria; l’idea è
una reazione inadeguata alla sfida, alla vita. La risposta adeguata
alla vita è l’azione, non l’ideazione. Noi rispondiamo con l’ideazione
allo scopo di salvaguardarci contro l’azione. Le idee limitano l’azione.
C’è sicurezza nel campo delle idee, ma non nell’azione; così che
l’azione è stata subordinata all’idea. L’idea è il modello
auto-protettivo dell’azione.
Nella
crisi intensa c’è azione diretta, affrancata dall’idea. È contro questa
azione spontanea che la mente ha disciplinato se stessa; e come accade
presso la maggioranza di noi, la mente è dominante, l’idea agisce come
freno e perciò c’è attrito tra azione e ideazione [...]Il reale è la
vostra vita nel presente: questa strada affollata, le vostre attività, i
vostri rapporti diretti con la gente. Se tutte queste cose fossero
gradevoli, l’Engadina si dissolverebbe. Ma poiché il reale è confuso e
doloroso, voi vi volgete a un’esperienza finita, morta.
Potete
ricordare quell’esperienza, ma essa è consumata; le date vita soltanto
attraverso la memoria. È come voler infondere la vita in una cosa morta.
Poiché il presente è tedioso, superficiale, noi ci volgiamo al passato o
pensiamo a un futuro che è una proiezione dell’io. Questa evasione dal
presente porta inevitabilmente all’illusione. Vedere il presente come è
in realtà, senza condanna o giustificazione, è comprendere ciò che è, e
allora c’è l’azione che determina una trasformazione in ciò che è."
(Jiddu Krishnamurti)
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