lunedì 12 gennaio 2015

Rapporto ISAF: Ma di quale Afghanistan parla la NATO?

Rapporto ISAF: Ma di quale Afghanistan parla la NATO?

Gli esperti della NATO hanno filnalmente presentato al Consiglio di sicurezza dell’ONU la tanto attesa relazione sui risultati della missione della Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza (ISAF), durata 13 anni. Ricordiamo che in Afghanistan la coalizione ha operato sotto la bandiera dell’alleanza occidentale, pertanto la relazione esalta tutto quello che la NATO considera come un suo successo.
 
Tuttavia il Rappresentante permanente della Russia all’ONU, Vitaly Churkin, intervenuto nel corso della discussione del documento, ha dichiarato che la relazione non riflette la situazione reale e passa sotto silenzio i problemi più importanti dell’Afghanistan.

Nella relazione è detto in particolare che “la Forza ISAF ha eseguito con onore il suo mandato, compreso attraverso il sostegno globale, da parte della Forza, delle istituzioni afgane responsabili della sicurezza, e ora l’Afganistan ha una solida base per costruire un futuro sicuro”. Secondo gli autori del documento, la forza internazionale ha provveduto alla formazione e all’addestramento dell’esercito nazionale e della polizia, al sostegno logistico degli stessi al fine di rafforzamento del loro potenziale, e ha aiutato a stabilire il controllo della società afgana sulle forze di sicurezza, a sviluppare la loro capacità di operare sulla base del primato della legge e dei diritti umani, assistendole anche nella lotta al traffico di droga.

Patetico è stato anche il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che giorni fa ha incontrato a Bruxelles rappresentanti del comando dei contingenti nazionali dell’ISAF. Ha detto in particolare che le forze della “più grande coalizione della storia a sostegno della pace e della stabilità” è riuscita ad annullare un “paradiso” del terrorismo internazionale, rendendo più forte l’Afghanistan e più sicura la vita dei propri popoli. Per essere oggettivi diremo che il documento presentato dalla NATO riconosce la necessità di ulteriori sforzi per creare forze “sostenibili e pienamente autonome” di sicurezza nazionale, meglio equipaggiate e amministrate.

Al tempo stesso, però, la relazione è stata fortemente criticata dall’Ambasciatore della Russia all’ONU. Vitaly Churkin ha detto in particolare che nel documento manca un’analisi della situazione nel campo della sicurezza che era alla base del mandato. La relazione, ha osservato il diplomatico, può creare l’impressione che il mandato sia stato eseguito in pieno e che siano stati risolti i problemi più importanti. Tuttavia il numero di civili, militari dell’esercito e agenti di polizia morti in Afghanistan dall’inizio di quest’anno per mano dei ribelli ha superato del 20% quello dell’anno precedente.

Un’altra lacuna riguarda la produzione e il traffico di droga. Questo problema finora non è stato risolto. Secondo i dati citati da Vitaly Churkin, la superficie complessiva dei terreni seminati ad oppio nella zona dell’Hindukush è aumentata del 7%. La resa delle coltivazioni è cresciuta in media del 9% con punte del 27% nelle regioni meridionali del paese.

Tuttavia oggi, dopo 13 anni della missione internazionale, la questione che più interessa gli esperti sono le perdite umane. La relazione della NATO parla di 2729 morti e quasi 32000 feriti. Il documento però non tiene conto delle vittime subite nel corso dell’operazione aglo-americana “Enduring Freedom” che in settembre 2001 diede inizio all’invazione dell’Afghanistan. Considerando queste perdite, il bilancio complessivo delle vittime sarebbe di circa 3500 persone. Se però sul campo di battaglia le vittime sono inevitabili, non è così per i civili. Eppure i civili uccisi in questi anni sono, secondo varie fonti, da 20 a 40 000.

Gli USA, che nel 2001 avevano indetto una guerra al terrorismo internaionale, hanno perso in Afghanistan 2210 militari. A detta del ricercatore tedesco Hans-Georg Ehrhart dell’Istituto di studi sui problemi della pace e della sicurezza di Amburgo, intervenuto sul portale del Centro federale di formazione politica (BPB), “oggi possiamo constatare che il modello dello Stato afgano sostenuto dalla forza mililtare è fallito”. Il direttore del Centro russo di previsione militare Anatoly Tsyganok ha attirato l’attenzione sulla doppiezza della politica degli USA nei confronti dell’Afghanistan.
In una certa misura gli USA hanno lottato sì contro i talebani, ma poi si sono messi a corteggiare i capi dei ribelli e i baroni della droga. La spiegazione è semplice: volevano ritirarsi dall’Afghanistan. Propio per questo motivo il rapporto presentato dalla NATO è un rapporto arcano. Ha ben poco a che vedere con la situazione reale.
Uno dei lettori dello svizzero “Neue Zürcher Zeitung“ ha scritto sul forum del quotidiano: “Mentre l’Occidente cercava di fare del bene al paese che non voleva sentirne parlare, la situazione nel mondo è cambiata a 180 gradi. Non è più il caso di parlare di esportazione della democrazia”.

Abbiamo ben poco da aggiungere


Oleg Severghin   


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