C’è stato un terremoto o l’ennesima farsa al Congresso americano domenica scorsa?
Mentre la saga del Patriot Act vs Freedom Act prosegue – e i media italiani ‘lanciano’ titoli ad effetto – vediamo di capirci qualcosa di più.
Houston 1 Giugno 2015 – Ecco la notizia nei titoli della stampa italiana:
Repubblica:
“Nsa, sospese le intercettazioni. Slitta la riforma del Patriot Act”
Rand Paul, senatore repubblicano e
candidato alla Casa Bianca, è riuscito a bloccare il rinnovo della
sezioni del Patriot Act, in particolare la sezione del 215, fino alla
sua scadenza alla mezzanotte di ieri.
Il Giornale:
“Il Senato fa scadere il Patriot Act. È allarme per l’anti-terrorismo”
L’ostruzionismo di Rand Paul,
candidato alla Casa Bianca nel campo repubblicano, ha portato a una
seduta che si è protratta a lungo durante la notte, con la scadenza dei
passaggi del Patriot Act alla mezzanotte del 31 maggio.
Il fatto quotidiano:
“Usa, fine del Patriot Act. Da Senato stop a legge antiterrorismo e intercettazioni”
È una vittoria di Rand Paul, il
repubblicano libertarian candidato alla presidenza nel 2016, che si è
battuto contro i poteri di ingerenza delle agenzie federali nelle vite
dei cittadini. Decadono la clausola che permette la raccolta
indiscriminata di dati delle telefonate e il potere di indagare senza
mandato i “lupi solitari”, presunti terroristi non legati ad alcun
gruppo.
Ebbene, diciamo anzitutto che non di terremoto si è trattato, ma di un segnale di cambiamento sicuramente.
Da ieri, per la prima volta in 14 anni, è possibile effettuare chiamate telefoniche o inviare sms, senza che i ficcanaso del NSA
sappiano chi abbiamo chiamato e quanto a lungo abbiamo parlato.
Infatti, domenica sera, per la prima volta dopo l’9/11, il Congresso ha
votato una limitazione alle intromissioni di polizia e intelligence
nella vita dei cittadini americani e non solo.
Beh, sembrerebbe una notizia fantastica per tutti coloro che hanno a cuore la libertà, no?
Sì e no.
Quanto c’è di vero questa notizia?
Allora, innanzitutto va detto che questa per metà è certamente una buona notizia – il cui merito va tutto a Edward Snowden,
senza il quale nessuno avrebbe mai saputo come da anni gli spioni
federali intercettavano e conservavano illimitatamente ogni
conversazione telefonica, ogni email, ogni dato personale, ogni dato di
navigazione internet di centinaia di milioni di cittadini ignari dentro e
fuori i confini degli Stati Uniti – ma c’è l’altra metà che non è poi
così convincente.
Perché, in effetti, questa decisione –
arrivata all’ultimo momento, dato che si sapeva da tempo che a
mezzanotte sarebbero scadute tre delle misure controverse del Patriot
Act, una delle quali è quella della raccolta “a strascico”, prevista
dalla sezione 215 – è stata come al solito una farsa parlamentare in
quanto il Senato, controllato dai repubblicani, non è semplicemente
stato in grado di raggiungere i voti necessari per rinnovare i poteri di
sorveglianza. Lo stop era dunque inevitabile, anche considerando che
una delle tre misure contestate era stata utilizzata – peraltro in modo
improprio – come giustificazione giuridica da parte del NSA per
raccogliere tabulati telefonici e altri dati personali di milioni di
americani senza mandato né indizi.
Il programma della raccolta dati è stato
ripetutamente giudicato illegale, e non solo da esperti legali ma anche
da una corte d’appello federale il mese scorso. Oltretutto, a parte la
violazione indiscriminata della privacy dei cittadini, questo programma
si era dimostrato privo di qualsivoglia risultato positivo documentato
sulla sicurezza nazionale. La sua fine era pertanto inevitabile, in
particolare da quando la Camera – con una schiacciante maggioranza –
aveva approvato, il 13 maggio scorso, il cosiddetto Freedom Act. Si tratta, come ho già avuto modo di scrivere
di un disegno di legge che consente alle compagnie telefoniche di
mantenere i tabulati telefonici fino a che la NSA ne fa richiesta ma con
autorizzazioni specifiche. Il Freedom Act implica tuttavia il
rinnovo dell’autorizzazione di altri due provvedimenti in scadenza del
Patriot Act, il primo dei quali rende più facile monitorare le persone
che cambiano spesso telefono, mentre l’altro, che non è mai stato
effettivamente utilizzato, consente al governo di spiare persone, senza
che esse siano legate a un qualsivoglia gruppo terroristico.
Non è tutto oro quello che luccica, dunque.
Naturalmente domenica sera si è evitato accuratamente di dar il merito di quanto stava accadendo al vero artefice di tutto ciò, Edward Snowden,
senza parlare del leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell,
impegnato in un estremo tentativo di ripristinare in qualche modo il
Patriot Act al completo.
“Non dovremmo – ha affermato McConnell – disarmarci unilateralmente mentre i nostri nemici diventano sempre più sofisticati e aggressivi, e di certo non dovremmo farlo spinti da una campagna di demagogia e disinformazione lanciata sulla base delle azioni illegali di Edward Snowden”.
Ma, visto che era una mission impossible
per mancanza di consensi in aula, McConnell – republican duro e puro –
si è finalmente arreso all’evidenza, lasciando il campo al senatore Rand
Paul, il quale ha cercato di conciliare due realtà difficilmente
conciliabili: l’opposizione alle violazioni della privacy dei cittadini e
la sua campagna per la presidenza.
Paul, pur avendo affermato, a proposito di chi criticava la sua posizione: “Io penso che alcuni di loro segretamente sperano che ci sia un attacco in modo che possano dare la colpa a me”,
nonostante le belle intenzioni, ha di fatto impedito che il Freedom Act
passasse prima della scadenza della mezzanotte, anche se nella mozione
conclusiva si legge che il voto finale è previsto a metà settimana.
Tra i due, ha vinto la sua campagna presidenziale, evidentemente.
In ogni caso la decadenza delle tre misure incriminate del Patriot Act – anche se temporanea – è una vittoria per i sostenitori delle libertà civili per quanto il Freedom Act sia ben diverso da quello che il nome sembrerebbe affermare, in quanto ammette e sancisce alcuni tra i peggiori abusi di sorveglianza di massa del Patriot Act.
In realtà – come sostiene Jennifer
Granick giurista di Stanford – il pericolo è che una volta passato il
Freedom Act, disegno di legge “piuttosto anemico”, tutti si sbraccino a
darsi pacche sulle spalle per la soddisfazione mentre tutto continua
come al solito, fino al prossimo appuntamento legislativo sulla
sorveglianza, vale a dire a quello relativo alla sezione 702 degli
emendamenti FISA previsto per la fine del 2017, e così si ricomincia
tutto daccapo.
Insomma, l’impressione è quella di una
farsa che faccia di tutto per sembrare vera, in modo che i cittadini –
perduti nel labirinto delle norme e contro-norme – possano godersi il
piacevole tepore del pentolone mentre c’è chi dietro le quinte soffia
sul fuoco.
Prossimo appuntamento a metà settimana.
Staremo a vedere.
Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine, Altrogiornale e Altrainformazione)
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