Non tutta la saggezza sta in una sola scuola, recitava un (mi pare)
proverbio hawaiano. Non è più tempo di polarizzarsi in una sola versione
dei fatti, una sola teoria della realtà. Viviamo vite di integrazione
nelle quali interagiscono mille frammenti apparentemente casuali di
esperienza ai quali stiamo cercando di dare un senso, chiamando questa
ricerca con i nomi più diversi - ricerca interiore, spiritualità,
metafisica, alchimia - e raccontando storie che determinano il carattere
e il modus operandi della nostra personale ricerca.
Ma ciascun percorso
è solo un frammento del puzzle molto più vasto in cui ci troviamo e,
francamente, ogni frammento risulta davvero angusto rispetto alla
vastità del lavoro che la coscienza deve fare e sta, in realtà, facendo.
Possiamo adottare un principio, sperimentarlo per vederne effetti e
concatenazioni, ma dovremo essere pronti a sacrificarlo qualora la
realtà non sembri più rispecchiarlo.
Poichè c'è la concreta possibilità
che molte delle cosiddette 'leggi' spirituali, molto di ciò in cui
crediamo e che crediamo di vedere, siamo in effetti noi a crearlo,
aderendovi con la convinzione. Può darsi, e sottolineo, può darsi,
che siamo noi a fare tutto, leggi e controleggi, premi e punizioni,
bene e male e così via... ma quel 'noi' che fa tutto questo rimane
tutt'ora un mistero per molti ricercatori.
La mia sensazione, come
scrissi qualche giorno fa, è che si debba ripartire da zero per scoprire
questo io, che si debba ricominciare a farsi domande e a cercare nella
realtà le risposte invece di sostituirle con la dottrina di qualcun
altro. E ho avuto la chiara esperienza del fatto che le risposte
arrivano nel momento in cui la mente inizia a calmarsi e a smettere di
ripetersi cose lette o sentite.
L'integrazione di diversi milioni di pezzetti di esperienze, conoscenze e
pratiche, accade in quel silenzio mentale, in quello stare. Stare
significa osservare senza essere trascinato da ciò che osservo, e mentre
osservo non aggiungo e non tolgo nulla, non mi racconto storie e non
credo a nessuna storia raccontata da altri (per quanto autorevoli).
Mi
piace pensare che il segreto di tutto sia, come scriveva Taddhesus
Golas, la ferma determinazione a voler essere cosciente di tutto ciò che
passa attraverso il mio sistema senza modificare nulla. Ma è più facile
a dirsi che a farsi. Ci sono pensieri che ci rifiutiamo di ascoltare ed
emozioni che non vogliamo attraversare.
Questa resistenza può essere
così forte e spaventosa da renderci inconsci, provocare sintomi,
addormentarci. Ci sono credenze che abbiamo difficoltà a disintegrare
perchè il guru, l'insegnante o il papà di turno ce le hanno
preconfezionate e installate dentro e ci sentiamo di tradirli se le
lasciamo andare per sperimentare una realtà più vasta.
Ma tant'è. Siamo
noi i primi ad essere stati traditi da chi ci ha assicurato che la
realtà stava così.
Non facciamo che aderire e imitare, ma potremmo
invece integrare e aumentare la nostra capacità di sperimentare realtà.
Ciò significherà magari buttare un migliaio di vecchi libri e
registrazioni di seminari e imparare finalmente a fare silenzio dentro
di noi.
Ciò significherà forse diventare creativi anche nel campo della
ricerca spirituale (che ahimè soffre di una enorme carenza di
creatività) e avere il coraggio di tracciare nuove strade, percorrere
sentieri che non sono 'ufficiali', non sono scritti su nessun testo
sacro, ma ci condurranno lentamente a ciò che stiamo cercando.
Ciò
significherà rinunciare ai nostri miti ed eroi della spiritualità e
ricominciare dall'unica cosa realmente importante, la nostra esperienza
di vita.
Andrea Panatta
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