Resta alta la tensione a Debaltsevo, lo strategico hub
ferroviario ancora conteso tra Kiev e i filorussi. Per di più c’è stato
un bombardamento a Lugansk e una serie di violazioni sporadiche.
Matteo
Tacconi, coordinatore del progetto Rassegna Est ha dato alla “Voce
della Russia” la sua valutazione sul futuro dei negoziati di Minsk:
“ L’esito dei negoziati è ancora molto incerto e questo fondamentalmente in una certa misura era stato previsto. Perché in Ucraina abbiamo una situazione molto tesa e un quadro destabilizzato che non può migliorare di colpo dall’oggi al domani. Quindi, ci sono ancora gli scontri e i soliti giochi tattici e le solite accuse reciproche tra Kiev e i filorussi di Donetsk e Lugansk. Vediamo quando questa situazione andrà avanti ”.
Gli
accordi di Minsk possono, a Suo avviso, davvero contribuire alla
risoluzione della situazione nel sudest dell'Ucraina o almeno congelare
questo conflitto?
“Indubbiamente c’è bisogno di un accordo. Il problema è come portarlo avanti. Paradossalmente la cosa più facile per il processo di Minsk è di raggiungere il cessate il fuoco. Poi verrebbe la parte più difficile - è quella di negoziare le riformi costituzionali che prevedono una concessione di una larga autonomia alle regioni ribelli. Questo deve passare per un processo parlamentario alla Rada di Kiev. L’altro giorno ho sentito un diplomatico che lui mi diceva che se tutto va bene, questo processo prenderà un anno di tempo e potrebbe finire alla fine del 2015. Però è molto difficile immaginare che tutto vada bene – ci sono sensibilità’, gli interessi diversi dei confliggenti per cui tutto potrebbe essere allungato. In questo caso la situazione in Ucraina rischia di rimanere destabilizzata. E non solo Ucraina, ma la situazione internazionale, perché la questione Ucraina ormai fuoriesce dal perimetro della stessa Ucraina”.
Come
giudica il ruolo dell’OSCE? A suo avviso, questa organizzazione
internazionale, che è considerata imparziale da molti esperti, riuscirà a
mantenere la tregua e controllare il ritiro delle armi pesanti?
“L’OSCE non ha un compito di merito. Cioè non può decidere e deve limitarsi all’osservazione. Gli osservatori di OSCE si chiamano in questo modo perché’ loro dovrebbero osservare che i punti stabiliti a Minsk vengono rispettati. I primi punti sono quelli della tregua e del ritiro delle armi pesanti”.
Alla
vigilia del vertice di Minsk il Ministro degli Esteri italiano Paolo
Gentiloni ha proposto di utilizzare per le regioni orientali il modello
del Sud Tirolo. Secondo lei, questo modello potrebbe funzionare bene per
l’Est dell’Ucraina e accontentare tutte le parti ?
“Potenzialmente sì. Però è anche vero che ogni volta che sia un conflitto del genere, ad esempio di quello tra Serbia e Kosovo, il modello del Sud Tirol viene tirato in ballo, come se avesse una valenza universale. Ovviamente quel modello è stato pensato per una situazione italiana dopo la Seconda guerra mondiale - rapporto tra l’Alto Adige e la minoranza austriaca. Non so se possa andare bene, ma di certo quello che è evidente che nel futuro questi regioni dovranno avere un’ampia autonomia. Come ben sappiamo, i ribelli di Donetsk e Lugansk e anche Mosca vorrebbero un’Ucraina che pende verso l’ordinamento federale. Mentre Kiev – Poroshenko e Yatsenyuk – vorrebbe al massimo un’autonomia. Quindi, come dicevo prima, ci sarà un negoziato molto duro e probabilmente anche molto lungo, più del dovuto”.
Che cosa accadrà’ dopo la tregua di Minsk? Quali sono gli scenari?
“ L’urgenza assoluta, se la tregua funziona, è che sia l’Ucraina, sia queste regioni, sia la stessa Russia e anche l’Ue possono riconcentrarsi sul discorso economico. Perché tutti questi soggetti hanno sofferto dalla guerra in Ucraina, dalle sanzioni e delle contro-sanzioni. Sicuramente, lo stimolo che la tregua potrebbe dare è proprio questo – concentrarsi un attimo sull’economia per evitare che ci siano delle conseguenze: catastrofiche per l’Ucraina che si trova sull’orlo del default del collasso finanziario, per quanto riguarda la Russia – molto serie e per l’Ue – tutt’altro che trascurabili. Quindi, porre un freno se non un fine a questo conflitto vantaggerebbe sia Kiev, che i ribelli filorussi e la Russia”.
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