In politica estera, l’Unione Europea in quanto tale (e
la stessa regola vale per la Nato) può prendere decisioni solo
all’unanimità e un singolo veto potrebbe rendere impossibile ogni
posizione ufficiale dell’Unione. E’ pur vero, e si è visto in numerose
occasioni, che i Paesi più forti hanno tanti strumenti di pressione per
convincere i piccoli a non creare problemi. Tuttavia, e anche questo si è
riscontrato in più circostanze, la forma va salvata e, a volte anche
alla presenza di evidenti bluff, i dissensi pre-annunciati hanno
ottenuto lo scopo prefisso.
Oltre alla Grecia, che si
trova sotto la lente d’ingrandimento per le preoccupazioni derivanti dal
suo possibile default, c’è un altro piccolo Paese europeo che sta
giocando tutte le carte per trarre qualche beneficio che lo aiuti a
uscire dai problemi economici e sociali che lo toccano. Si tratta
dell’Ungheria e di quel suo Primo Ministro, Viktor Orban, definito dalla
stampa occidentale come autocrate e illiberale.
In realtà, le sue
scelte, giuste o sbagliate che siano, hanno sempre mirato
all’ottenimento di una più forte governabilità e alla difesa del potere
d’acquisto e dell’occupazione lavorativa per il suo popolo. D’altra
parte, è esattamente quello che ogni cittadino di qualunque Paese
domanda ai propri politici. Perché allora tutta la stampa occidentale si
accanisce contro di lui e lo obbliga a difendersi dalle accuse? Il
motivo vero è che Orban cerca di galleggiare tra le richieste
euro-americane di rompere con la Russia e la necessità, molto forte per
l’Ungheria di mantenere ottimi rapporti con il suo vicino dell’est.
Per
Budapest è ben chiaro che il Paese, senza sbocchi al mare e senza
riserve di materie prime, ha bisogno di ricevere dall’estero gli
strumenti necessari per mantenere e accrescere uno standard di vita da
sempre superiore a quello di alcuni dei Paesi confinanti. L’Ungheria
dipende dall’Europa per gli aiuti finanziari e gli investimenti, dalla
NATO (e cioè dagli USA) per la propria difesa e dalla Russia per
l’energia. Nonostante i numerosi piani europei per il coordinamento dei
rifornimenti energetici, i locali bisogni per il riscaldamento e per il
funzionamento dell’industria si basano per almeno il 64% su gas e
petrolio importati. Più precisamente, l’80% del petrolio e l’81% del gas
che vengono dall’estero arrivano proprio dalla Russia e la loro
interruzione metterebbe a grave rischio tutta l’economia magiara.
La
necessità di mantenere aperte tutte le porte obbliga il Governo a dare
un colpo al cerchio (l’Occidente) e uno alla botte (la Russia). Da qui
l’adesione alle sanzioni ma, contemporaneamente, l’annuncio che, da
settembre a gennaio, l’Ungheria avrebbe rifiutato di consentire il
flow-back del gas verso l’Ucraina. Come annunciato, a gennaio il
passaggio sui propri gasdotti è ripreso, per interrompersi subito da
febbraio, forse in attesa che, a marzo, Mosca e Kiev ridiscutano i loro
accordi nel merito delle forniture dirette. Non basta: dopo aver
incontrato la Cancelliera Merkel, è in calendario anche un incontro con
Putin preceduto, però, da un colloquio gia’ avvenuto tra il Ministro
della Difesa Csaba con l’ambasciatore americano. In questa
“conversazione" sembrerebbe si siano discusse due ipotesi e cioè
l’acquisto di nuovi elicotteri americani e la possibilità che l’Ungheria
possa ospitare un’unità Nato di “risposta rapida”.
Budapest
è stata molto pesantemente colpita, più di quanto lo siano stati Serbia
e Bulgaria, dall’annullamento del progetto South Stream. Se tale
gasdotto fosse stato realizzato, l’Ungheria, oltre ai diritti di
passaggio, avrebbe ottenuto la costruzione di un enorme centro di
stoccaggio che l’avrebbe trasformata in un importante hub per tutta
l’Europa. Cancellato quel progetto e improbabile il surrogato Turkish
Stream, Orban è obbligato a cercare nuovi ritorni da Putin e, in cambio,
potrebbe mettere sul tavolo sia il proprio generico diritto di veto,
sia l’ospitalità’ delle forze Nato. Naturalmente, le stesse cose
l’Ungheria potrebbe giocarsele a Bruxelles.
Anche tenuto
conto delle manifestazioni di piazza sempre più numerose contro il suo
Governo (sospettate, tra l’altro, di non essere tutta farina del solo
sacco magiaro) il Primo Ministro sta cercando di evitare l’isolamento
internazionale, mantenere la sua autorità interna e portare a casa il
massimo di benefici possibili.
Non è detto che tali
atteggiamenti possano necessariamente piacere ma dimostrano che, sulla
scena del mondo, nessun attore, neanche quello che potrebbe sembrare una
semplice comparsa, va sottovalutato o negletto.
fonte: http://italian.ruvr.ru/2015_02_16/Orban-il-presidente-leale-che-non-piace-a-Europa-e-USA-7300/
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