La visita del presidente russo in Egitto
indica che entrambi i Paesi desiderano ristabilire i legami dell’era
Nasser. La partnership tra i due ha la possibilità di trasformare
qualitativamente la regione, con la ‘Jugoslavia araba’ che promuove gli
interessi russi a scapito delle due potenze principali della regione,
Stati Uniti ed Arabia Saudita. Su grande scala, ciò significa che
l’Egitto è divenuto il terzo trampolino di lancio della proiezione della
politica estera russa in Medio Oriente, con tutti gli effetti
collaterali multipolari risultanti sulla regione già dominata
dall’unipolarismo.
Le preoccupazione di Washington
Al-Sisi gioca un ruolo molto strategico nel bilanciare le relazioni tra Washington e Mosca, con l’obiettivo che legami più stretti con quest’ultima comportino un accordo migliore con la prima. Il mondo è senza dubbio in preda ad una ‘nuova guerra fredda’, solo che ora invece di essere tra capitalismo e comunismo, è tra unipolarità e multipolarità. Gli Stati Uniti erano abituati a controllare Cairo con Mubaraq, ma dopo aver tradito il vecchio alleato per guidare un’inevitabile transizione della leadership, finirono sul lato sbagliato della storia quando il loro uomo dei Fratelli musulmani fu rovesciato da al-Sisi.
Al-Sisi gioca un ruolo molto strategico nel bilanciare le relazioni tra Washington e Mosca, con l’obiettivo che legami più stretti con quest’ultima comportino un accordo migliore con la prima. Il mondo è senza dubbio in preda ad una ‘nuova guerra fredda’, solo che ora invece di essere tra capitalismo e comunismo, è tra unipolarità e multipolarità. Gli Stati Uniti erano abituati a controllare Cairo con Mubaraq, ma dopo aver tradito il vecchio alleato per guidare un’inevitabile transizione della leadership, finirono sul lato sbagliato della storia quando il loro uomo dei Fratelli musulmani fu rovesciato da al-Sisi.
Comprensibilmente, l’attuale presidente non si fa illusioni
sulla natura infida degli Stati Uniti, ma sa anche che non è saggio (né
possibile) rompere completamente i legami con il Paese, soprattutto
quando è patrocinato dagli Stati del Golfo filo-USA. In queste
condizioni e nel dispiegarsi della ‘nuova guerra fredda’, al-Sisi cerca
un rapporto più pragmatico ed equilibrato con tutti i principali attori
regionali e globali, sperando che questa politica possa portare maggiori
dividendi al suo Paese.
Ciò rende l’Egitto uno dei tanti Paesi cardine
attualmente impegnati in politiche multipolari, affiancandosi a Vietnam,
India e Turchia, per esempio. Detto questo, non importa quanto le
politiche di al-Sisi siano giuste ed equilibrate, gli Stati Uniti
saranno sempre preoccupati da un Egitto che ‘si allontana’ dalla loro
orbita, come qualsiasi movimento verso il mondo multipolare sia una
sconfitta relativa per quello unipolare. Lo scopo di tale articolata
politica egiziana è accrescere l’importanza del Paese negli affari
regionali e riportarlo alla precedente leadership, in gran parte
abbandonata subito dopo la morte di Nasser con l”alleanza’ da sottomesso
con Stati Uniti e Israele. Un forte Egitto al sicuro dal dominio
statunitense, che non può essere completamente controllato da
Washington, a sua volta diventa una ‘mina vagante’ regionale che
potrebbe ostacolare la ‘gestione’ regionale degli USA.
L’aquila egiziana
che allarga le ali multipolari si rende conto che la piena dipendenza
da un mecenate la pone in una posizione di estrema vulnerabilità, da ciò
la delicata ricalibrazione politica del Paese verso regni del Golfo e
Russia e una presa di distanza dagli Stati Uniti. Sul vettore
eurasiatico, Mosca ha interesse nel vedere un forte e multipolare Egitto
ristabilire ordine e stabilità al Medio Oriente, agendo da cuscinetto
contro i piani unipolari (direttamente o meno), spiegando la confluenza
attuale degli interessi strategici dei due Stati. Verso il Golfo,
l’Egitto è nella posizione unica di avvicinare Arabia Saudita e Russia,
aiutandole a risolvere le crisi in Siria e del petrolio che hanno messo
in ginocchio le relazioni bilaterali, e in caso di successo, sarebbe
l’ennesima sconfitta strategica della politica statunitense in Medio
Oriente.
La risoluzione delle controversie della Russia con i sauditi
Mentre si è finora parlato di strategia e teoria, è il momento di esaminare di come al-Sisi possa agire da vero intermediario nel Medio Oriente. Arabia Saudita e Russia hanno posizioni assolutamente divergenti sulla crisi siriana e la guerra dei prezzi del petrolio, e l’unico Paese in grado di contribuire a colmare il divario è l’Egitto, corteggiato da entrambi nell’ultimo anno e mezzo. Diamo uno sguardo in dettaglio:
Mentre si è finora parlato di strategia e teoria, è il momento di esaminare di come al-Sisi possa agire da vero intermediario nel Medio Oriente. Arabia Saudita e Russia hanno posizioni assolutamente divergenti sulla crisi siriana e la guerra dei prezzi del petrolio, e l’unico Paese in grado di contribuire a colmare il divario è l’Egitto, corteggiato da entrambi nell’ultimo anno e mezzo. Diamo uno sguardo in dettaglio:
La guerra in Siria
Russia sostiene il governo popolare e democratico del Presidente Bashar Assad, mentre l’Arabia saudita sostiene rabbiosamente un cambio di regime a tutti i costi (compreso uno terroristico). L’Egitto, pur essendo il destinatario di miliardi di dollari dal Golfo, in realtà si oppone alla “politica saudita, soprattutto perché al-Sisi si oppone al terrorismo (come anche al Qatar che sponsorizza i Fratelli musulmani, per non parlare del SIIL). Le sue opinioni indipendenti non costituiscono una minaccia per i sauditi, dato che non supporta alcuna azione militare contro i loro interessi (come ad esempio l’invio di armi all’Esercito arabo siriano), ecco perché non l’hanno rinnegato e tagliato i cordoni della borsa.
Russia sostiene il governo popolare e democratico del Presidente Bashar Assad, mentre l’Arabia saudita sostiene rabbiosamente un cambio di regime a tutti i costi (compreso uno terroristico). L’Egitto, pur essendo il destinatario di miliardi di dollari dal Golfo, in realtà si oppone alla “politica saudita, soprattutto perché al-Sisi si oppone al terrorismo (come anche al Qatar che sponsorizza i Fratelli musulmani, per non parlare del SIIL). Le sue opinioni indipendenti non costituiscono una minaccia per i sauditi, dato che non supporta alcuna azione militare contro i loro interessi (come ad esempio l’invio di armi all’Esercito arabo siriano), ecco perché non l’hanno rinnegato e tagliato i cordoni della borsa.
Non solo, ma l’Egitto riemerge come
Stato chiave negli affari regionali, e non è probabile che i sauditi
compromettano le loro relazioni semplicemente per la posizione di
al-Sisi sulla Siria, con o senza invio di armi al governo. Anche se
avessero voluto, l’unica vera leva che potrebbero usare è sostenere i
gruppi terroristici in Egitto, ma al-Sisi li sta spazzando via da quando
è salito al potere, mitigando l’impatto globale di tale opzione
destabilizzante.
Naturalmente, i sauditi e i loro fantocci del Golfo
potrebbero smettere di finanziare il Paese, ma poi al-Sisi si
avvicinerebbe ancor più a Russia e Paesi BRICS (proprio come la Grecia
ha minacciato di fare se l’UE l’escludesse), nel tentativo di sostituire
gli investimenti perduti, che rappresenterebbero una grave perdita
strategica per Riyadh, permettendo a Cairo di praticare una politica
indipendente verso la Siria. In tale posizione, i sauditi sono costretti
ad acconsentire alle recenti mosse di al-Sisi nel consolidare
l”opposizione’ siriana. Mentre in superficie tale mossa sembra sostenere
la strategia saudita, in realtà, qualcosa di molto diverso prende
forma, effettivamente sabotandola e spianando la via alla pace in Siria.
Russia ed Egitto sono infatti impegnati in una diplomazia complementare
riunendo le fazioni dell”opposizione’ siriana con l’intenzione di
diminuirne il controllo occidentale e del Golfo e di facilitare
soluzioni ragionevoli con Damasco.
Mosca assembla un’opposizione
non-terrorista (NTAGO) nel suo Dialogo Inter-siriano, mentre Cairo
raccoglie tutti gli altri. Putin e al-Sisi hanno affermato la loro
opposizione comune al terrorismo e la volontà di risolvere pacificamente
la crisi siriana, quindi è chiaro che entrambi i Paesi coordinano le
loro politiche su tali temi scottanti. Detto questo, l’Egitto può quindi
agire da ponte tra i delegati dell’Arabia Saudita (se non direttamente
cooptandoli il più possibile) e il governo legittimo di Damasco, mentre
la Russia lo fa con la NTAGO.
Potrebbero forse anche andare oltre, se
entrambe le fazioni dell’opposizione si consolidassero tramite la
diplomazia di Mosca e Cairo, trovando il modo d’unificarsi in un’entità
che sarebbe più flessibile (e ragionevole) verso il raggiungimento della
soluzione pacifica alla crisi del Paese. Più sarà maggiore iò successo
dell’Egitto nel diluire il controllo saudita sui suoi ascari, filtrando
gli elementi radicali e moderando i restanti rappresentanti, più è
probabile che tale scenario si avveri, anche se è certamente assai
difficile raggiungerlo e ancora ci vorrà molto tempo. Tuttavia, se
al-Sisi otterrà ciò, farà risaltare il ruolo del suo Paese in Medio
Oriente, affermandone l’indipendenza multipolare dall’Arabia Saudita, e
continuando a interagire con tutti i principali attori regionali, sulla
base di un maggior rispetto.
La guerra petrolifera
A differenza della guerra in Siria, dove l’Egitto ha alcune carte diplomatiche da giocare, sulla guerra del petrolio, Cairo non ha vantaggi. Invece, la sua posizione nella risoluzione della guerra in Siria (a danno dell’Arabia Saudita) è sufficiente per attrarre l’attenzione di Riyadh, che a sua volta può decidersi a parlare con la Russia a porte chiuse. Perciò, l’Arabia Saudita deve avere una motivazione, che attualmente manca. Ancora una volta, qui è laddove il nuovo atteggiamento siriano dell’Egitto può entrare, dato che s’ingrana perfettamente con ciò che la Russia fa (all’opposto dell’approccio dell’Arabia Saudita) e potrebbe quindi essere ragione sufficiente per ravvicinare le due parti. Se i diplomatici russi e sauditi iniziassero a discutere sulle loro controversie sui metodi scelti per la risoluzione del conflitto in Siria, i russi prenderanno l’iniziativa anche sulla questione del petrolio.
A differenza della guerra in Siria, dove l’Egitto ha alcune carte diplomatiche da giocare, sulla guerra del petrolio, Cairo non ha vantaggi. Invece, la sua posizione nella risoluzione della guerra in Siria (a danno dell’Arabia Saudita) è sufficiente per attrarre l’attenzione di Riyadh, che a sua volta può decidersi a parlare con la Russia a porte chiuse. Perciò, l’Arabia Saudita deve avere una motivazione, che attualmente manca. Ancora una volta, qui è laddove il nuovo atteggiamento siriano dell’Egitto può entrare, dato che s’ingrana perfettamente con ciò che la Russia fa (all’opposto dell’approccio dell’Arabia Saudita) e potrebbe quindi essere ragione sufficiente per ravvicinare le due parti. Se i diplomatici russi e sauditi iniziassero a discutere sulle loro controversie sui metodi scelti per la risoluzione del conflitto in Siria, i russi prenderanno l’iniziativa anche sulla questione del petrolio.
Sebbene sia improbabile che l’Arabia Saudita
modifichi il corso del confronto energetico intrapreso, sarebbe sempre
meglio avere modo di dialogare (per quanto vago e forse prematuro)
piuttosto che non averne del tutto l’opportunità, esattamente il vuoto
che l’Egitto potrebbe riempire in tale situazione. Va detto che la
questione siriana è solo un mezzo per avvicinare Russia e Arabia Saudita
discutendo della guerra petrolifera, senza dedurre in alcun modo che la
Russia possa mai sacrificare la Siria per i prezzi dell’energia (come
il New York Times ha falsamente asserito).
Non solo la Russia ha
categoricamente negato che ciò possa mai accadere, ma sarebbe del tutto
controproducente per l’azione multipolare della Russia in Medio Oriente
negli ultimi dieci anni, per non parlare del tradimento del suo solo
alleato. Non importa che la corrotta dirigenza politica saudita (che non
ha limiti morali, etici, o di principio) possa ancora pensare che tale
accordo sia possibile, decidendo di parlare direttamente alla Russia
usando l’Egitto per trasmettere i suoi desideri. Questo è esattamente lo
scenario che la Russia vuole, cioè che la sua posizione sulla Siria
(indefettibile e solida) sia l”esca’ per raggiungere i sauditi usando
l’Egitto come mezzo. Non importa che tali colloqui probabilmente non
comportino alcun progresso, invece, i punti chiave sono che la Russia
stabilisce un dialogo indiretto con i sauditi, usando l’Egitto.
L’importanza di Cairo per Riyadh sarà pertanto ancora più elevata, con i
(falliti) colloqui segreti russo-sauditi utili più ai propri interessi
che a quelli degli altri due attori.
Ma in un’altra direzione, tutto ha
un senso, dato che la ‘ricompensa’ dell’Egitto che collabora con la
Russia sulla Siria (nonostante la comunanza di interessi) sarebbe la
Russia che trova un modo per rendere l’Egitto indipendente dall’Arabia
Saudita, e allo stesso tempo, anche più importante. Sarebbe una
situazione vantaggiosa per le relazioni russo-egiziane, approfondendone
la partnership strategica emergente. Si ricordi, proiezione di potenza e
influenza in questo caso funziona solo in una direzione, quella della
Russia contro l’Arabia Saudita verso l’Egitto, in quanto non è affatto
prevedibile che l’Arabia Saudita possa utilizzare l’Egitto per fare
pressioni sulla Russia. Tale realtà sottolinea la natura complementare
dei legami russo-egiziani nel perseguire l’ordine multipolare in Medio
Oriente.
Il trampolino per invertire la ‘primavera araba’
Le relazioni in espansione tra Russia ed Egitto, ne faranno il terzo trampolino d’influenza regionale di Mosca, insieme a Siria e Iran; tutti attori intenti a invertire il caos provocato dalle rivoluzioni colorate della ‘primavera araba’. Mentre il ruolo di Siria e Iran nel determinare questa visione regionale condivisa è stata postulata in un precedente articolo, questa parte sarà specificamente dedicata alla tessera dell’Egitto nel grande puzzle. Russia ed Egitto hanno firmato numerosi accordi bilaterali durante la visita di Putin, tra cui, soprattutto, l’accordo di libero scambio con l’Unione Eurasiatica e i piani della Russia per la costruzione di una centrale nucleare. Il carattere strategico di questi accordi è d’importanza fondamentale, in quanto simboleggiano rapporti assai profondi e forte attività diplomatica prima del vertice che ha contribuito a portare tali grandi accordi a buon fine.
Le relazioni in espansione tra Russia ed Egitto, ne faranno il terzo trampolino d’influenza regionale di Mosca, insieme a Siria e Iran; tutti attori intenti a invertire il caos provocato dalle rivoluzioni colorate della ‘primavera araba’. Mentre il ruolo di Siria e Iran nel determinare questa visione regionale condivisa è stata postulata in un precedente articolo, questa parte sarà specificamente dedicata alla tessera dell’Egitto nel grande puzzle. Russia ed Egitto hanno firmato numerosi accordi bilaterali durante la visita di Putin, tra cui, soprattutto, l’accordo di libero scambio con l’Unione Eurasiatica e i piani della Russia per la costruzione di una centrale nucleare. Il carattere strategico di questi accordi è d’importanza fondamentale, in quanto simboleggiano rapporti assai profondi e forte attività diplomatica prima del vertice che ha contribuito a portare tali grandi accordi a buon fine.
Pertanto, si possono considerare i legami
russo-egiziani avanzare costantemente, lontano da occhi indiscreti,
domandandosi quali siano attualmente i veri rapporti politici. Si può
ipotizzare che questi probabilmente riguardino la Siria (come detto), e
forse anche la nuova guerra al terrorismo di al-Sisi contro il SIIL in
Libia, essendo improbabile che gli attacchi siano una reazione emotiva
del momento. La cosa più probabile è che l’Egitto contemplava tali mosse
da qualche tempo (già sospettato di aver effettuato attacchi coperti
l’anno scorso), e che al-Sisi abbia notificato a Putin le sue mosse
durante la visita di quest’ultimo.
Dopo tutto, capire che ci siano
relazioni russo-egiziane più profonde di quanto le parti rendono
pubblico, ed esaminando le loro dichiarazioni congiunte antiterrorismo, è
logico concludere che tale interazione ci sia. Se è così, allora
dimostrerebbe il livello profondo di fiducia che le parti hanno
rispettivamente, favorendone la cooperazione in Siria. Inoltre, Putin
sostiene le campagne antiterrorismo coordinate con lo Stato ospitante e
con il governo ufficiale libico, che aveva chiesto sostegno
internazionale in passato. La guerra legale di al-Sisi al SIIL è in
netto contrasto con quella illegale che Stati Uniti e soci conducono in
Siria contro la volontà e senza il coordinamento di Damasco. La Russia
sostiene pertanto un Egitto abbastanza sicuro da far valere i propri
interessi sulla sicurezza al di fuori dei confini (e in modo legale),
facendone un attore multipolare più forte e capace di una leadership
regionale, adempiendo agli interessi strategici anche del partner nel
ristabilire l’ordine nel caotico Medio Oriente post-primavera araba.
Conclusioni
I legami russo-egiziani sono sul punto di tornare ai livelli dell’era Nasser, stretti e coordinati anche se la differenza principale è che Cairo cerca di emulare questo modello contemporaneamente con altri attori del mondo multipolare. Anche così, ciò simboleggia un terremoto geopolitico in Medio Oriente, dato che la nazione araba più popolosa ed ex-leader regionale ancora una volta avanza tracciando un corso indipendente dagli interessi gli Stati Uniti. Vi sono ancora molti altri passi complicati e contorti da effettuare prima di raggiungere questo ambizioso obiettivo, ma è indiscutibile che l’Egitto del Presidente al-Sisi sia intento a ripristinare orgoglio perduto e ruolo regionale del Paese, e che la Russia ne aiuta attivamente la rinascita geopolitica. Ciò presenta enormi opportunità per la Russia nell’inaugurare la transizione al multipolarismo globale, e l’Egitto è il partner giusto per realizzare questa visione in Medio Oriente.
I legami russo-egiziani sono sul punto di tornare ai livelli dell’era Nasser, stretti e coordinati anche se la differenza principale è che Cairo cerca di emulare questo modello contemporaneamente con altri attori del mondo multipolare. Anche così, ciò simboleggia un terremoto geopolitico in Medio Oriente, dato che la nazione araba più popolosa ed ex-leader regionale ancora una volta avanza tracciando un corso indipendente dagli interessi gli Stati Uniti. Vi sono ancora molti altri passi complicati e contorti da effettuare prima di raggiungere questo ambizioso obiettivo, ma è indiscutibile che l’Egitto del Presidente al-Sisi sia intento a ripristinare orgoglio perduto e ruolo regionale del Paese, e che la Russia ne aiuta attivamente la rinascita geopolitica. Ciò presenta enormi opportunità per la Russia nell’inaugurare la transizione al multipolarismo globale, e l’Egitto è il partner giusto per realizzare questa visione in Medio Oriente.
Andrew Korybko (USA) Oriental Review
Andrew Korybko è analista politico e giornalista di Sputnik, attualmente vive e studia a Mosca, in esclusiva per Oriental Review.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/02/23/putin-e-lintermediario-del-medio-oriente/
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