Cattivo
Viene dal latino captīvum = prigioniero. Deriva da căpere = prendere. Giunto a noi attraverso il latino cristiano captīvum diăboli = prigioniero del diavolo. Infatti vivere in cattività significa vivere da prigioniero.
Il
termine in sé è quindi privo dell’accezione morale datagli più tardi e
che ancor oggi viene comunemente accettata. In origine il cattivo era un
individuo prigioniero di una forza superiore, e in epoca cristiana tale
forza veniva denominata “diavolo”. Il concetto di libero arbitrio era
scartato a priori e l’uomo che compiva l’azione “cattiva” era
semplicemente un prigioniero di forze meccaniche.
L’individuo
manifestava e sviluppava il suo libero arbitrio nel tentare di resistere
a tali forze.
Diavolo
Viene dal greco diábolos = colui che divide, colui che getta (bállein) differenza (diá).
Il termine, pur indicando anche la figura diabolica dell’immaginario
tradizionale, indica al contempo un principio, il principio della
separazione e della divisione, che peraltro tale figura ha sempre voluto
rappresentare. Se Dio è l’Uno, il diavolo è il due. Il pentacolo con
una punta verso l’alto o con due punte verso l’alto.
Ecco che l’espressione captīvum diăboli
assume un significato più preciso e completo: è cattivo – ossia, è
prigioniero del diavolo – chi sottostà a una visione separativa
dell’esistenza dove egli si percepisce come contrapposto agli altri e in
continua competizione con essi, e pertanto mette in atto azioni
separative.
Matrix
È un termine latino matrix, -icis
= utero, progenitrice. La matrice è un contenitore di qualsivoglia
genere all’interno del quale possono essere individuati punti per mezzo
di coordinate. La griglia utilizzata per il gioco della battaglia navale
può essere indicata come esempio di matrice bidimensionale. Se le
coordinate della matrice sono tre possiamo trovare un qualsiasi punto
nello spazio e definire corpi tridimensionali. Infatti la nostra realtà
può essere definita di natura olografica e costruita su una matrice
tridimensionale. La domanda “Cosa è matrix?” che arrovella i
protagonisti del noto film equivale alla domanda “Cosa è la realtà
virtuale che ci circonda?”.
Intuire
Viene dal latino intuēri composto da in- = dentro e tuēri
= osservare. Il termine indica un’attività legata all’osservazione
interiore, e non al ragionamento tipico della mente. L’intuizione
infatti non giunge per effetto di deduzione o induzione a partire da un
certo numero di dati, ma come una folgorazione improvvisa, un fatto
quasi accidentale, di cui non siamo noi la causa. Talvolta essa arriva
attraverso i sogni. Intuire significa sprofondare dentro la propria
anima e osservare le idee che ivi dimorano. È un processo intro-verso,
ossia rivolto all’interno di sé.
Inventare
Viene dal latino invenīre
= trovare, scoprire. Inventare significa trovare qualcosa che esiste
già, e non “estrarre qualcosa dal nulla” come comunemente si crede.
L’uomo non può inventare niente, può unicamente trarre dalla profondità
di sé stesso qualcosa che si trovava già in quel luogo. Attraverso
l’intuizione può scoprire qualcosa che già esiste su un piano più
profondo – e più elevato – e che ancora non si è manifestato nella
materia. Le invenzioni vagano nel mondo delle idee – che è sempre dentro
di noi – e aspettano solo di essere scoperte. Il metodo di rinvenimento
delle idee è l’intuizione: attraverso di essa ci si identifica con
l’anima, la quale permette di avere accesso al mondo delle idee.
Crisi
Dal greco krísis = scelta, giudizio. Proviene da krīnō
= io giudico. In origine si indicava col termine “crisi” un momento
della vita di una persona in cui era necessario giudicare la situazione e
compiere una scelta. Solo più tardi ha assunto l’accezione negativa di
“brutto periodo di difficoltà”. Le Krisis facevano naturalmente parte
del processo iniziatico di Risveglio dell’individuo e indicavano le
tappe fondamentali di tale Risveglio. Ogni qualvolta il discepolo
attraversava una Crisi ciò veniva interpretato come un evento positivo
in quanto preludio e causa di un avanzamento di coscienza.
La confusione è quel magnifico stato che precede di poco la successiva chiarezza.
Cosmo
Viene dal greco kósmos
= ordine. Il termine cosmo non si riferisce all’aspetto quantitativo,
materiale, dell’Universo, bensì alla qualità che gli è entrostante:
l’Ordine. Il cosmo è Ordine, noi viviamo dentro l’Ordine e partecipiamo
di esso. La nostra felicità deriva dalla capacità di aderire
quotidianamente all’Ordine cosmico e farci canali della sua
manifestazione. L’Illuminazione è la percezione istantanea di
quest’Ordine, ossia la comprensione della Perfezione di tutto quanto
accade.
Universo
Proviene dal latino vĕrsus, part. pass. di vĕrtere = volgere, e ūnus
= uno. Universo significa dunque “rivolto all’uno”. Come per il termine
“cosmo” anche in questo caso il significato originario non fa
riferimento all’aspetto quantitativo, ma a quello qualitativo:
l’Universo è inteso come un processo di tensione verso l’Uno, non come
un insieme di astri disposti in ordine sparso in un ambiente piuttosto
buio e freddo!
I tanto riveriti studiosi moderni fanno a gara
nell’esprimere l’insieme delle insufficienze intellettuali che li
affliggono quando provano a interpretare l’Universo come un contenitore
di oggetti nato “a caso”. Ciò significa svuotarlo del significato che
gli è proprio e renderlo un guscio vuoto.
L’Universo che abbiamo sotto gli occhi è unicamente un processo di ritorno all’Uno... come testimonia il nome stesso.
Caos
Viene dal latino chăos, che viene dal greco cháos = fenditura. Deriva da cháinō = mi apro, mi spalanco, o anche chào
= sono vuoto. Ha sempre indicato l’origine della materia, ossia
l’“apertura”, il Vuoto da cui l’Universo materiale ha tratto origine.
Nel significato primitivo non è però incluso il concetto di “disordine”,
che evidentemente è stato solo in seguito sostituito – dalle deviate
menti moderne – al concetto di “Vuoto primevo all’origine della
materia”.
Esiodo, nella sua Teogonia racconta che in principio c'era Caos, ovvero una voragine senza fine, sterminata e nera. Un Vuoto, appunto.
Per
Platone il Caos è il luogo primigenio della materia informe e rozza a
cui attinge il Demiurgo per la formazione del mondo ordinato, il Cosmo.
In entrambi gli autori non esiste il concetto di “disordine”.
Nel
Caos c’è assenza di Ordine in quanto c’è assenza di tutto, non in quanto
c’è presenza di disordine.
Solo una mente irrimediabilmente dicotomica
può cadere in questo tranello. Il Caos non è altro che lo Zero
precedente sia l’Uno che la conseguente creazione dell’Universo
materiale.
Psicologia
Viene dal greco psyché = anima, che a sua volta deriva dal verbo psỳchein = respirare, e lógos
= verbo, inteso come suono, vibrazione. La psicologia concerne quindi
il suono dell’anima dell’individuo, il suo respiro. L’anima non può
essere studiata nel senso comune del termine, bensì SENTITA. Un’anima
SENTE un’altra anima, non la studia sul piano mentale, in quanto tale
operazione risulterebbe ridicola come cercare di misurare il peso di un
sacco di farina utilizzando un termometro. Non è che la farina non sia
misurabile di per sé, è che ci stiamo servendo dello strumento
sbagliato. L’empatia permette di conoscere l’anima, non l’analisi
intellettuale.
Se ne deduce che la psicologia odierna (dalla metà del
XIX sec.) sta studiando qualcosa che non ha nulla da spartire con la
psicologia, né riguardo all’oggetto – infatti studia la mente anziché
l’anima – né riguardo al metodo (l’analisi anziché la sintesi empatica).
Degno di nota il fatto che psyché
in greco indichi sia l’anima che la farfalla: un nuovo essere che nasce
dalla trasformazione del bruco. Risulta evidente l’analogia con il
processo di trasformazione spirituale dell’essere umano.
D’altronde i greci... erano i greci.
Empatia
Viene dal greco én = in e páthos
= vibrazione emotiva. Secondo il significato comune il pathos è la
commozione, il patimento, il trasporto. L’empatia sarebbe quindi il
processo per cui si crea una sorta di « comunione vibratoria » con un
altro individuo, che in alcuni casi – quando non è vissuta con il
sufficiente distacco – può portare a provare il suo stesso patimento.
Questa comunione vibratoria può coinvolgere solo i due corpi emotivi,
oppure, a un livello maggiormente profondo, la vibrazione di due o più
anime. Pertanto quando si ascolta una persona con l’anima, il provare
empatia non significa più semplicemente soffrire o rallegrarsi insieme
al corpo emotivo, o “corpo di dolore”, dell’altro, ma entrare in
sintonia sul piano dell’anima, senza coinvolgimento emotivo, ma con più
intensità animica.
Ricordare
Dal latino recordāri, composto dal pref. re- e il sostantivo cŏr, cŏrdis
= cuore. Il termine significa dunque “ripetere, registrare nel cuore”.
Il Cuore era infatti per gli antichi la sede della vera memoria. Ed
essi non si sbagliavano in quanto, mentre la memoria della personalità –
cioè la memoria materiale quantitativa - ha sede nella mente (da cui il
termine rammentare = re- ad- mentare),
la memoria animica – cioè la memoria delle qualità entrostanti gli
eventi – ha sede proprio nel Cuore. In tal senso l’autentico “ricordo”
non è giudicante, ossia non prevede la divisione fra giusto e sbagliato,
che appartiene alla mente e non al Cuore. Nel vero ricordo osserviamo e
sentiamo un evento con il Cuore, senza giudicarlo, ma comprendendo
quale qualità animica ci ha permesso di sviluppare.
Ricordo di sé
Significa
“riportare se stesso al Cuore”. Dobbiamo distinguere fra lo sforzo di
ricordarsi di sé – che è ciò a cui si dedicano tutti coloro che iniziano
a fare esercizi di risveglio – e il vero e proprio ricordo di sé, che è
la meta. Quest ultimo è uno “stato emotivo superiore”, come lo
descriveva Gurdjieff, cioè uno stato che concerne, per l’appunto,
l’attività del Cuore... un’emozione superiore. E ciò viene troppo spesso
dimenticato dalle pseudo-scuole di Quarta Via.
Amore
Sul dizionario viene riportata la derivazione dal latino amāre, derivante a sua volta dal sanscrito ka o kam = desiderare, da dove viene kama = desiderio e kamaloka = mondo del desiderio (loka = luogo) o mondo astrale.
Il greco antico per designare l’amore utilizzava però più termini: philia (amore tra amici), eros (amore passionale), agape (amore incondizionato, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi: è la parola usata nei Vangeli) e storge (amore familiare).
Secondo un’interpretazione non ufficiale il termine può esser fatto derivare da a- morte
= senza morte, immortale (dal latino mors, mortis). Tale spiegazione ha
un senso all’interno di un’ottica esoterica: l’amore incondizionato
infatti fa sì che l’individuo sperimenti un’apertura di coscienza che lo
proietta nell’infinito e, di conseguenza, nella percezione
dell’immortalità.
Esoterismo
Di
norma si crede che tale termine significhi “nascosto”, ma è sufficiente
consultare un dizionario etimologico per scoprire qualcosa di diverso.
La parola viene da esòterikòs che a sua volta viene da esòteros = interiore; comparativo di èsō o iso
= dentro. Esoterico significa semplicemente "interiore" e concerne
dunque tutto ciò che coinvolge l’interiorità dell’essere umano. Per
estensione è passato poi a indicare tutto ciò che – proprio perché
interno – è anche nascosto. Esòterikòs era denominato il discepolo interno della scuola di Pitagora, mentre exôterikòs era colui che non veniva ammesso alla scuola.
Coraggio
Deriva dal latino coraticum (o anche cor habeo), aggettivo derivante da cŏr, cŏrdis = cuore e dal verbo habere = avere. Essere coraggioso significa avere cuore.
La
definizione esoterica di coraggio riguarda la capacità di un individuo
di compiere un atto che vada oltre gli istinti di sopravvivenza, i
condizionamenti e i bisogni della personalità. Agire con coraggio
significa non ascoltare le paure della personalità e seguire la voce
dell’anima, la voce del Cuore. Solo un particolare sentire del Cuore può
spingere una persona a compiere un atto che vada oltre le paure della
personalità.
Sacrificio
È un termine molto simile a coraggio. Viene dal latino sàcer = sacro e fàcere
= fare. Quando sacrifichiamo qualcosa, cioè quando “facciamo il sacro”?
Anche in questo caso quando riusciamo ad andare oltre gli attaccamenti e
le paure della personalità. Il sacrificio mi deve costare qualcosa, mi
deve fare un po’ soffrire, altrimenti non ha valore. A seconda dello
stadio di coscienza di chi offre il sacrificio, questo può essere umano,
animale, vegetale oppure, negli stati di coscienza più elevati, il
sacrificio concerne delle parti psicologiche di noi stessi: sacrifico la
mia gelosia lasciando che il mio fidanzato esca con una sua ex,
sacrifico il mio attaccamento al denaro prestando dei soldi a qualcuno
che non so se potrà ridarmeli, sacrifico il mio attaccamento a un modo
di pensare non impuntandomi per far valere la mia opinione, sacrifico la
mia passione per i dolci, e così via.
Offro a Dio qualcosa a cui
tengo, privandomene. Questo crea un collegamento fra me e il divino. Più
è basso il mio livello di coscienza più diventa necessario che io
faccia scorrere del sangue con il fine di aprire un canale verso i mondi
superiori. In altre parole, la mia eccessiva distanza dal divino mi
costringe a compiere un atto massimamente scioccante e invasivo per il
mio subconscio, quale può essere il sacrificio umano, al fine di essere
“ascoltato” dal divino. Una volta aperto questo canale il sacerdote è in
grado di canalizzare la risposta che proviene dall’alto, la quale in
passato poteva giungere anche in termini di manifestazioni fisiche
dirette della divinità, mentre oggi, essendo mutato il livello di
coscienza, giunge come un’intuizione sul da farsi.
Questo è un video raro su Franco Battiato: Speciale “Patriots” 1981.
Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)
fonte: http://www.salvatorebrizzi.com/2011/12/cosa-diciamo-quando-parliamo.html
http://www.salvatorebrizzi.com/2011/12/cosa-diciamo-quando-parliamo-2.html
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