C’è dunque un fenomeno liquido che si potrebbe definire “putinismo”?
C’è. E c’è anche un rischio: che il putinismo si coniughi con estremismo. E rappresenti la zattera di salvataggio, o meglio la barca confortevole sulla quale salgano persone ancora ferme all’esperienza ideologica del Novecento. Il bello è poi quando sulla barca del “putinismo” le varie “tribù” ideologiche cominciano a litigare tra loro.
A mio avviso il “putinismo” – che è un fenomeno interessante e valido – deve coniugarsi con moderazione, realismo politico, pragmatismo.
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin è sempre più un punto di riferimento in Europa e anche in Italia.
Putin è il leader della principale nazione europea ed anche colui che in questi anni sta facendo argine a una politica di pre-potenza messa in atto da più di un governo occidentale.
Per l’Italia è anche – sia detto in termini pragmatici – un “buon socio in affari”: la Russia è un grande mercato per le merci italiane, un terreno fecondo per le nostre imprese e a sua volta è un esportatore di energia. Tanto è che le sanzioni e le successive risposte russe hanno aggravato ulteriormente la condizione dell’economia italiana.
Tuttavia non si tratta solo di affari e di economia, si tratta anche di valori: oggi la Russia rappresenta un polo alternativo a una deriva dei costumi e a una crisi dei valori fondamentali che oggi investe tutto l’Occidente.
Chi opera nel campo della comunicazione spicciola su internet (che è la nuova frontiera da non sottovalutare: un partito politico è nato in Italia su internet e ha raggiunto alla sua prima prova nazionale risultati a due cifre) si rende conto che quando si digita il nome Putin gli indici di gradimento – o anche le contestazioni – schizzano alle stelle. Molto amato, anche odiato, il presidente della Federazione Russa è l’uomo di questi anni. Gli stessi leader della politica occidentale, i vari Obama, Clinton, Merkel, si ritagliano un ruolo di comprimari o di competitori più o meno incisivi.
C’è dunque un fenomeno liquido che si potrebbe definire “putinismo”?
C’è. E c’è anche un rischio: che il putinismo si coniughi con estremismo. E rappresenti la zattera di salvataggio, o meglio la barca confortevole sulla quale salgano persone ancora ferme all’esperienza ideologica del Novecento. Il bello è poi quando sulla barca del “putinismo” le varie “tribù” ideologiche cominciano a litigare tra loro.
A mio avviso il “putinismo” – che è un fenomeno interessante e valido – deve coniugarsi con moderazione, realismo politico, pragmatismo.
Il dialogo Italia-Russia non deve interessare piccole minoranze ideologizzate, ma coinvolgere tutto il sistema-paese:
- Gli imprenditori che tra mille difficoltà perpetuano oggi il loro fecondo rapporto di integrazione con la Russia.
- I parlamentari devi vari schieramenti che dovrebbero cominciare a ragionare in maniera più autonoma rimuovendo quell’ostacolo terribile chiamato “sanzioni” che – diciamo la verità – è stato imposto dall’estero, per impedire che l’interscambio economico tra Europa Occidentale e Russia andasse troppo avanti.
- Gli uomini di cultura che sempre più oggi sono chiamati a ragionare in senso “continentale”, in nome di una cultura comune – che unisce Kant e Dostoevskij – e di una memoria storica sempre più condivisa, sia pur nella legittimità dei diversi punti di vista.
- Gli uomini di religione per portare avanti il fecondo dialogo ecumenico tra confessioni cristiane, nella consapevolezza del fatto che i cristiani siano uniti “alla base” per una serie di comuni valori in maniera più forte di quanto non siano stati divisi storicamente “ai vertici”.
- Gli uomini di scienza per unire gli sforzi nella ricerca scientifica e nel progresso tecnologico.
Chi scrive non è un eurasiatista. Legge con grande interesse, imparandovi sempre cose nuove, i libri di Alexandr Dugin, ma non è un eurasiatista; ritiene cioè che l’aspetto più importante della nazione russa – che pure si estende a cavallo degli Urali proiettata verso l’Asia – sia appunto la sua appartenenza alla civiltà europea che affonda le sue radici nel Partenone e nel Campidoglio. Per questo preferisce la definizione di “euro-russo”, sostenendo la tesi che l’Europa Occidentale deve necessariamente integrarsi con la Russia, deve diventare Eu-Russia.
Quali valori devono caratterizzare questo grande spazio di sviluppo comune?
Innanzitutto libertà e democrazia.
La libertà di espressione oggi sostanzialmente manca: i telegiornali italiani hanno raccontato la crisi ucraina a senso unico: molto tacendo e molto mentendo. Manca tra i tanti canali del digitale terrestre un canale informativo che esprima un punto di vista diverso da quello occidentale. E allora la libertà reale ne soffre.
La democrazia significa sovranità del popolo: a nostro avviso, ci sono costituzioni che meglio di altre garantiscono questa sovranità. Pensiamo alla costituzione gaullista francese e alla costituzione russa. Tuttavia importanti sono anche i passi che il governo russo ha compiuto contro le lobby che con flussi di finanziamenti creano gruppi che cercano di interferire nella formazione dell’opinione pubblica. Certo gli americani protestano quando si compiono queste azioni, quando si va a scrutare nei conti correnti dei gruppi “spontanei”. E protesta anche il signor Soros, lui sì autentico democratico…Ma è una strada che oggi va percorsa con sempre più energia, dopo che una nazione, l’Ucraina, è stata sovvertita e trasformata in un magma ribollente di odio, di disordine e di povertà crescente grazie a un budget complessivo di investimenti di cinque miliardi di dollari…
Un altro valore fondamentale è il lavoro, l’opera costruttiva e pacifica contrapposta alle grandi speculazioni (ultima quella sul dollaro) e alle pulsioni belliciste, che scatenano guerre o colpi di Stato per conservare i vecchi monopoli sul petrolio e le altre fonti energetiche.
Un discorso importante riguarda la dimensione sociale. Dopo il crollo dell’URSS vi è stata la grande ondata ideologica che ha esaltato l’individualismo in economia e le privatizzazioni. A volte grandi interessi si sono camuffati dietro queste brillanti parole d’ordine. È giusto riconoscere il valore della proprietà privata e della libera iniziativa: la sfida è proprio quella di valorizzare questi elementi in un contesto di solidarietà sociale.
Ma un quarto di secolo dopo la caduta del muro di Berlino ci sia permesso di dire che alcuni elementi di “socialismo” dovrebbero essere rivalutati: la scuola deve avere un forte impianto pubblico e sociale, il controllo sulle fonti energetiche deve essere esercitato dallo Stato per conto del popolo, l’esercito deve essere di popolo, perché quando viene meno la leva popolare si affaccia lo spettro delle bande mercenarie. La sanità deve essere pubblica e per tutti. Scuola, sanità, fonti energetiche, esercito: sono le frontiere di un “socialismo” del XXI secolo che deve essere conciliato con la libertà dei singoli.
Questi sono argomenti importanti che devono essere affrontati con calma, con equilibrio, senza esagerazioni ideologiche. Ognuno è chiamato a dire la sua ed è anche probabile che si creino nuovi schieramenti trasversali.
Il 2000 ha rappresentato un punto di svolta e un nuovo inizio. E ricordiamo che l’evento più importante del 2000 è stato appunto l’inizio della presidenza Putin nella principale nazione del continente europeo.
Alfonso Piscitelli
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