venerdì 15 luglio 2016

Come cadono i prodi: Turchia, Stato islamico e Arabia Saudita

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Ebbene, Aleppo è ora sotto il completo controllo dell’Esercito arabo siriano. La città, cui fu risparmiata tanta sofferenza all’inizio, rimane un bastione filo-governativo. Fu presa di mira dai gruppi terroristici, perché gli aleppini si rifiutavano di dare alcun sostegno alla causa che decima la nazione o l’annega nel miasma del settarismo. 

L’esercito ha liberato 2 miglia quadrate di zona industriale nel quartiere di Layramun, dopo che i turchi l’hanno spogliata di tutta la ricchezza e i mezzi adeguati ad una città attiva. Tutto cambia. 

Perché? I turchi ci ripensano. Erdoghan ha licenziato Hakan Fidan, il suo ex-onnipotente capo della Gestapo turca, il MIT. Il collasso è iniziato subito dopo l’ultima conversazione di Erdoghan con Vladimir Putin durante cui gli è stato detto, dal leader russo, che non avrebbe mai considerato il ripristino di rapporti normali fin quando il malvagio turco non chiude le frontiere ai terroristi. 

Erdoghan, incredibilmente, sembrava d’accordo. Nel frattempo, i partiti d’opposizione turchi prendono contatto con il governo siriano. La curiosa aberrazione turca, l’idea di aiutare l’Arabia Saudita a pianificare la caduta del governo siriano, ha lasciato il posto al pragmatico desiderio di tornare ai giorni del vino e delle rose, quando Ankara voleva essere amica di tutto il vicinato. Ciò che è successo, invece, è ricevere esattamente ciò che si merita: 

1. una guerra al confine meridionale che di fatto ha annullato il commercio, rovinando famiglie e prosciugando le città con centinaia di migliaia di rifugiati che, essenzialmente, si rifiutano di servire nelle milizie terroristiche sostenute dall’ormai disgraziato Hakan Fidan. 
2. una milizia curda rinvigorita volta a crearsi uno Stato indipendente che sconfigge una Turchia che appare sempre più logorata. 
3. le relazioni miserabili con Iran e Russia. 
4. rapporti infelici con l’Europa mentre Erdoghan inizia la lenta discesa nell’inferno da lui stesso creato invertendo decenni di modernizzazione del Paese, e tutto ciò per una specie di Islam che di sicuro congela tutto il mondo islamico in un qualche momento dell’età oscura. 
5. nel ginepraio del terrorismo, dove gli stessi mostri che hanno creato sparano ai loro creatori alla Frankenstein, subito colpendo Istanbul e Ankara come lo furono le città siriane, aggredite dagli avvoltoi disturbati scatenatigli dai plutocrati sauditi generosi amici di Erdoghan e della sua famiglia di criminali.
Ed ora l’Arabia Saudita, uno Stato paria denunciato da centinaia di milioni di persone per l’irresponsabile sostegno ai cannibali nichilisti. Non vi è alcun segreto qui e i fatti sono chiari, non si possono negarne i legami con gli stessi assassini che hanno commesso gli atti più efferati della storia moderna, e tutto ciò per una depravazione religiosa di solito dedita a culti funerei o scimmieschi. I sauditi sono esauriti, finanziariamente e moralmente. E’ solo questione di tempo prima che una rivolta inizi la guerra santa per liberare l’Arabia Saudita dal puzzo del wahhabismo. 

La sua guerra nello Yemen, da cui perfino il “complesso militare-industriale” tradizionalmente guerrafondaio statunitense, ha messo in guardia, li ha prosciugati convincendo gli zucconi di ciò che tutti già sapevano: non c’è esercito, non c’è nessuno che morirà per la Casa dei Saud. Ora lo sanno, ma è troppo tardi belli, troppo tardi. 

Nel frattempo, l’opposizione siriana appare sempre più come le cheerleaders in una partita di softball tra carcerati. Nessuno sembra preoccuparsene. E presto, anche il Qatar smetterà di ospitarla in alberghi a 5 stelle. Se saranno fortunati, avranno una nuova identità per poter morire pietosamente in una cittadina sulla costa occidentale australiana, rinsecchiti dal vento desertico, senza il conforto di qualche lacrima mielosa. L’opposizione è morta, non avendo fatto altro che distruggere il Paese. Si merita null’altro che un cappio o di sprofondare dritto nelle viscere dell’inferno.

Sono molto ottimista sul fatto che la guerra stia per finire. Lo SIIL già pianifica la propria morte; secondo le nostre fonti, ai membri di tale gruppo di squilibrati viene detto che il califfato non sopravviverà a re Salman. Il califfo è morto. Ve l’avevamo detto. E non possono nasconderlo per molto ancora. L’abbiamo riferito ed è vero. Hanno anche ricevuto un assaggio delle armi nucleari e Dio non sembra essere più dalla loro parte.

Ziad FadilSyrian Perspective 13 luglio 2016

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Washington Post: lo SIIL si prepara alla fine del ‘Califfato’
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Anche se lancia ondate di attacchi terroristici in tutto il mondo, lo SIIL prepara discretamente i seguaci all’eventuale crollo del ‘Califfato’, proclamato in pompa magna due anni fa, secondo il Washington Post. Nei messaggi pubblici e nelle ultime azioni in Siria, i capi del gruppo riconoscono le fortune declinanti dell’organizzazione terroristica sul campo di battaglia, mentre si agita per la possibilità che le sue ultime roccaforti possano cadere, aggiunge il giornale statunitense. 
Allo stesso tempo, il gruppo terroristico promette di continuare l’ultima campagna di violenze, anche se i terroristi stessi sono costretti alla clandestinità. Gli esperti antiterrorismo degli USA credono che i massacri di Istanbul e Baghdad fossero la risposta ai rovesci militari in Iraq e Siria. Tali atti terroristici rischiano di proseguire ed anche d’intensificarsi, almeno inizialmente, dicono gli analisti, mentre il gruppo diventava un quasi-Stato con imprese nel territorio e una rete oscura e ampia di cellule su almeno tre continenti“. 
Infatti, mentre la perdita di un santuario fisico costituirebbe un duro colpo per lo Stato islamico, limitando fortemente, per esempio, la capacità di raccogliere fondi, addestrare reclute o pianificare operazioni terroristiche complesse, la natura fortemente decentralizzata del gruppo assicura che rimarrà pericoloso per qualche tempo, secondo funzionari ed esperti di terrorismo statunitensi.  
“I segni della disperazione crescono ogni settimana nel califfato, ridotto di un altro 12 per cento nei primi sei mesi del 2016, secondo un rapporto dell’IHS Inc., società di analisi e consulenza“. 
Ulteriori segnali dell’imminente crollo provengono dalle dichiarazioni dei funzionari del SIIL nelle ultime sei settimane, periodo che ha visto i combattenti del gruppo terroristico ritirarsi da più fronti, da Falluja, nel centro dell’Iraq, al confine siriano-turco, secondo il giornale. Il Washington Post ha osservato che un notevole editoriale del settimanale del SIIL al-Naba del mese scorso, dava una valutazione cupa delle prospettive del califfato, riconoscendo la possibilità che tutti i territori infine vadano persi. 

Solo due anni fa il capo dei ‘jihadisti’ celebrava una nuova gloriosa epoca nella storia del mondo con la costituzione del “califfato islamico”, che allora comprendeva la maggior parte della Siria orientale e una vasta fascia dell’Iraq settentrionale e occidentale, un territorio delle dimensioni della Gran Bretagna.

al-Manar, 13-07-2016

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Gruppo sconosciuto decapita i capi dello SIIL a Mosul
Un gruppo sconosciuto nella città di Mosul ha iniziato a decapitare i capi del gruppo terroristico SIIL mentre le forze militari congiunte irachene si preparano a lanciare l’attacco per riprendere la città. Rafat al-Zardari, giornalista di Niniwa, ha detto che un gruppo segreto chiamato ‘Resistenza armata’ o anche noto con l’acronimo ‘M’, ha rivendicato la decapitazione di capi dello SIIL nella regione di al-Sarjaqanah. 

Il gruppo avrebbe ingannato i capi dello SIIL con l’aiuto di due bambini, portandoli nell’affollato mercato di Sarjaqanah, decapitandoli dopo un attacco a sorpresa. Zardari ha detto che la decapitazione dei due infami terroristi ha provocato il caos a Mosul. Le fonti della sicurezza irachene hanno reso noto che numerosi terroristi dello SIIL hanno abbandonato la città, diretti nei territori siriani a bordo di 160 autoveicoli.
I terroristi dello SIIL, in maggioranza cittadini sauditi, sono fuggiti dalla regione di al-Baj, nell’ovest della provincia di Niniwa, verso la Siria su autoveicoli dotati di mitragliatrici DshK“, 
riferivano i media arabi citando una fonte anonima della sicurezza. La fonte ha ribadito che lo SIIL ha utilizzato 160 veicoli per fuggire in Siria. Lo SIIL ha subito molte sconfitte derivanti all’avanzata dell’Esercito iracheno nelle province Niniwa e Salahudin.

FARS 13 luglio 2016

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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