Nel 2003, insieme ad alcuni avvocati statunitensi della National Lawyers Guild,
ebbi la fortuna di recarmi nella Repubblica democratica popolare di
Corea, per vedere in prima persona quella nazione, il suo sistema
socialista e il suo popolo. La relazione congiunta rilasciata al nostro
ritorno s’intitolava “Il Grande Inganno svelato”.
Questo titolo fu
scelto perché scoprimmo che la propaganda del mito negativo occidentale
della Corea del Nord è un grande inganno volto ad accecare i popoli del
mondo sulle realizzazioni del popolo nordcoreano che ha creato con
successo, date le circostanze, un proprio sistema socio-economico
indipendente basato sui principi socialisti e libero del dominio delle
potenze occidentali.
In una delle nostre prime cene a Pyongyang il
nostro ospite, Ri Myong Kuk, avvocato, dichiarò a nome del governo e in
termini appassionati che la deterrenza nucleare della Corea democratica è
necessaria alla luce delle azioni mondiali degli Stati Uniti e delle
minacce subite.
Affermò, e questo mi fu ripetuto in una riunione ad alto
livello con i funzionari governativi della RPDC, in seguito nel
viaggio, che se gli statunitensi firmavano il trattato di pace e non
aggressione con la Corea democratica, avrebbero delegittimato
l’occupazione statunitense portando alla riunificazione.
Di conseguenza,
non ci sarebbe stato bisogno di armi nucleari. Dichiarò sinceramente
che, “E’ importante che gli avvocati si riuniscano per parlare di
come possano regolare le interazioni sociali nella società e nel mondo“, e aggiunse altrettanto sinceramente che, “il cammino verso la pace richiede un cuore aperto“.
Ci sembrava allora ed è evidente ora, in contraddizione assoluta con le
pretese dei media occidentali, che il popolo della Corea democratica
vuole la pace più di ogni altra cosa, in modo da continuare la propria
vita e a lavorare senza la costante minaccia dell’annientamento nucleare
dagli Stati Uniti. Ma l’annientamento in realtà contro chi è volto e di
chi è la colpa? Non loro. Ci mostrarono i documenti statunitensi
catturati nella guerra di Corea, prove convincenti che gli Stati Uniti
pianificarono l’attacco alla Corea democratica nel 1950.
L’attacco fu
condotto utilizzando le forze statunitensi e sudcoreane con l’aiuto di
ufficiali dell’esercito giapponese che invase e occupò la Corea decenni
prima. La difesa e il contro-attacco della Corea democratica furono
definite dagli Stati Uniti “aggressione”, manipolando i media per far sì
che le Nazioni Unite sostenessero l'”operazione di polizia”, eufemismo
usato per sostenere difatti la loro guerra di aggressione alla Corea
democratica. Tre anni di guerra e 3,5 milioni di morti coreani seguirono
e gli Stati Uniti minacciano guerra imminente ed annientamento fin da
allora.
Il voto delle Nazioni Unite a favore dell'”azione di polizia” nel 1950 fu illegale, dato che l’URSS era assente al voto del Consiglio di Sicurezza. Il quorum era necessario al Consiglio di sicurezza secondo il proprio regolamento interno, in modo che tutte le delegazioni siano presenti, senza cui una sessione non può procedere. Gli statunitensi usarono il boicottaggio sovietico del Consiglio di sicurezza come opportunità. Il boicottaggio era a difesa della posizione della Repubblica Popolare Cinese, per concederle il seggio al Consiglio di Sicurezza e non al perdente governo del Kuomintang.
Gli statunitensi si
rifiutarono di fare la cosa giusta, così i russi si rifiutarono di
sedersi al tavolo fin quando non lo potesse il legittimo governo cinese.
Gli statunitensi usarono tale occasione per effettuare una sorta di
colpo di Stato alle Nazioni Unite, occupandone il meccanismo per i
propri interessi ed organizzando con inglesi, francesi e Kuomintang il
sostegno alle loro azioni in Corea, con un voto in assenza dei
sovietici.
Gli alleati fecero come gli statunitensi ordinarono e
votarono la guerra alla Corea, ma il voto non era valido e la “azione di
polizia” non era un’operazione di mantenimento della pace giustificato
dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, in quanto l’art. 51
afferma che tutte le nazioni hanno diritto alla legittima difesa contro
l’attacco armato, ciò che i nordcoreani affrontavano e a cui
rispondevano. Ma gli statunitensi non si curarono mai della legalità,
mentre il loro piano era conquistare e occupare la Corea democratica
come passo verso l’invasione della Manciuria e della Siberia, che la
legalità non doveva ostacolare.
Gli occidentali non hanno idea della distruzione inflitta alla Corea da statunitensi e loro alleati; che Pyongyang fu bombardata a tappeto fu dimenticato, come la carneficina di civili in fuga mitragliati dagli aerei statunitensi. Il New York Times dichiarò che allora 8500000 kg di napalm furono utilizzati in Corea solo nei primi 20 mesi di guerra. Furono sganciate più bombe sulla Corea dagli Stati Uniti che sul Giappone nella Seconda Guerra Mondiale.
Le forze statunitensi braccarono
e uccisero non solo i membri del partito comunista, ma anche le loro
famiglie. A Sinchon vedemmo la prova che i soldati statunitensi spinsero
500 civili in un fosso, li cosparsero di benzina e gli diedero fuoco.
Scendemmo in un rifugio antiaereo con le pareti ancora annerite dalla
carne bruciata di 900 civili, tra cui donne e bambini, che cercarono
riparo nel corso di un attacco statunitense. I soldati statunitensi
furono visti versare benzina giù per le prese d’aria del rifugio e
bruciarli a morte.
Questa è la realtà dell’occupazione statunitense per i
coreani. Questa è la realtà che temono ancora e non vogliono che si
ripeta. Possiamo dargli torto? Ma anche con tale storia, i coreani sono
disposti ad aprire il cuore agli ex-nemici. Il Maggiore Kim Myong Hwan,
allora negoziatore principale a Panmunjom sulla linea DMZ, ci disse che
il suo sogno era essere scrittore, poeta, giornalista, ma disse in toni
cupi che lui e i suoi cinque fratelli “si allinearono” sulla DMZ da
soldati per ciò che successe alla famiglia.
Disse che la loro lotta non
era contro il popolo statunitense, ma contro il loro governo. Era per la
famiglia perduta a Sinchon; suo nonno fu appeso a un palo e torturato,
la nonna colpita da una baionetta nello stomaco e lasciata morire.
Disse: “Vedi, dobbiamo farlo. Dobbiamo difenderci. Non ci opponiamo al
popolo statunitense. Ci opponiamo alla politica di ostilità statunitense
e ai suoi sforzi per controllare il mondo ed infliggere calamità ai
popoli”. Era parere della delegazione che mantenendo l’instabilità in
Asia, gli Stati Uniti possono mantenere una massiccia presenza militare e
tenere a bada la Cina nelle relazioni con le Coree e il Giappone,
facendo leva contro Cina e Russia.
Con la continua pressione in Giappone
per rimuovere le basi statunitensi a Okinawa, le operazioni militari e
le esercitazioni di guerra coreane rimangono un punto centrale degli
sforzi statunitensi per dominare la regione
La questione non è se la Corea democratica possieda le armi nucleari, legalmente autorizzata ad avere, ma se gli Stati Uniti, che hanno armi nucleari nella penisola coreana e che v’installano il sistema di difesa missilistica THAAD, minacciando la sicurezza di Russia e Cina, siano disposti a collaborare con il Nord sul trattato di pace. Trovammo i nordcoreani avidi di pace e non attaccati alle armi nucleari se la pace può essere stabilita.
Ma la posizione statunitense resta arrogante,
aggressiva, minacciosa e pericolosa più che mai.
Nell’epoca della
dottrina del “cambio di regime” e della “guerra preventiva”, e degli
sforzi statunitensi per sviluppare armi nucleari dalla bassa potenza,
nonché dell’abbandono e manipolazione del diritto internazionale, non
sorprende che la Corea democratica giochi la carta nucleare.
Che scelta
devono prendere i coreani se gli Stati Uniti minacciano la guerra
nucleare ogni giorno e i due Paesi che logicamente dovrebbero sostenerli
contro l’aggressione statunitense, Russia e Cina, si uniscono agli
statunitensi nel condannare i coreani per dotarsi dell’unica arma che
può fungere da deterrente contro tali attacchi. La ragione è chiara dato
che russi e cinesi hanno armi nucleari costruite per fungere da
deterrente all’attacco dagli Stati Uniti, come la Corea democratica.
Alcune loro dichiarazioni governative indicano che temono una situazione
fuori controllo e che la difesa della Corea democratica comporti
l’attacco degli Stati Uniti, venendo attaccati anche loro. Si può
capirne l’ansia. Ma si pone la domanda del perché non sostengano il
diritto della Corea democratica all’autodifesa e facciano pressione
sugli statunitensi concludere un trattato di pace e non aggressione, e
ritirare le loro forze nucleari e armate dalla penisola coreana. Ma la
grande tragedia è la chiara incapacità del popolo statunitense di
pensarci da sé, a fronte degli inganni continui, e di chiedere ai propri
capi di esaurire tutte le possibilità di dialogo e di pace prima di
contemplare l’aggressione nella penisola coreana.
Scopo fondamentale della politica della Corea democratica è stipulare un patto di non aggressione e un trattato di pace con gli Stati Uniti. I nordcoreani più volte hanno dichiarato che non vogliono attaccare nessuno o essere in guerra con qualcuno. Ma hanno visto quanto è successo in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e innumerevoli altri Paesi e non hanno alcuna intenzione che ciò gli accada. E’ chiaro che qualsiasi invasione degli Stati Uniti sarebbe contrastata con vigore e che la nazione può sopportare una lunga e dura lotta. In un altro luogo sulla DMZ incontrammo un colonnello con il binocolo a tracolla, dal quale vedemmo attraverso la zona tra nord e sud. Vedemmo un muro di cemento costruito sul lato sud, una violazione degli accordi della tregua.
Il maggiore descrisse tale struttura permanente come “vergogna del popolo coreano, popolo omogeneo“.
Un altoparlante blaterava continuamente propaganda e musica dal lato
sud. Il rumore fastidioso durava 22 ore al giorno, disse.
Improvvisamente, in un altro momento surreale, gli altoparlanti del
bunker iniziarono a urlare l’overture del Guglielmo Tell,
meglio noto negli USA come sigla del Lone Ranger. Il colonnello ci
esortò ad aiutare a far capire ciò che realmente accade nella Corea
democratica, invece di basarsi sulla disinformazione. Ci disse “Sappiamo che come noi amate la pace, gli statunitensi hanno bambini, genitori e famiglie“. Gli dicemmo che saremmo tornati dalla nostra missione con un messaggio di pace e che speravamo di tornare un giorno a “camminare con lui liberamente in queste splendide colline”. Fece una pausa e disse: “Anch’io credo sia possibile“.
Così, mentre il popolo della Corea democratica spera nella pace e nella sicurezza, gli Stati Uniti e il loro regime fantoccio nel sud della penisola, minacciano la guerra per i prossimi tre mesi, con le più grandi esercitazioni mai condotte con portaerei, sottomarini nucleari, bombardieri invisibili, aerei e numerosi soldati, artiglieria e blindati.
La propaganda è salita a livelli pericolosi con i media che
accusano il Nord di aver assassinato un parente del leader della Corea
democratica in Malesia, anche se non vi è alcuna prova e nessun motivo
per ciò. Gli unici a beneficiare dell’omicidio sono gli statunitensi e i
loro media che creano isteriche accuse al Nord, ora sulle armi chimiche
del Nord. Sì, amici, pensano che siamo nati ieri e che non abbiamo
imparato una cosa o due sul carattere dei capi statunitensi e la natura
della loro propaganda.
Non meraviglia che la Corea democratica tema che
un giorno tali “esercitazioni” diventino una guerra vera, che tali
“manovre” siano solo una copertura per l’attacco, e nel frattempo creare
un’atmosfera di terrore presso il popolo coreano? C’è molto che si può
dire della vera natura della Corea democratica, dei suoi popolo, sistema
socio-economico e cultura. Ma non c’è spazio qui. Spero che la gente
possa visitarla, come il nostro gruppo fece, e capire da sé ciò che
abbiamo vissuto.
Invece concluderò con il paragrafo conclusivo della
relazione congiunta stesa al nostro ritorno dalla RPDC, nella speranza
che le persone che lo leggano pensino ed agiscano per supportarne
l’appello alla pace.
“I popoli del mondo devono sapere la storia completa della Corea e del ruolo del nostro governo nel promuovere squilibrio e conflitti. L’azione va assunta da avvocati, gruppi di comunità, attivisti per la pace e tutti i cittadini del pianeta, per evitare che il governo degli Stati Uniti diffonda la propaganda per sostenere l’aggressione alla Corea democratica. Il popolo statunitense è vittima di un grande inganno. C’è troppo in gioco per farsi di nuovo ingannare. Questa delegazione di pace ha appreso nella Corea democratica una significativa verità essenziale nelle relazioni internazionali. E’ con maggiore comunicazione, negoziati seguiti da promesse mantenute e un profondo impegno per la pace, si può salvare il mondo letteralmente da un cupo futuro nucleare. L’esperienza e la verità ci libereranno dalla minaccia della guerra. Il nostro viaggio nella Corea democratica, la presente relazione e il nostro progetto sono piccoli sforzi per renderci liberi“.
Christopher Black New Eastern Outlook 13/03/2017
Christopher Black è un avvocato penalista internazionale di Toronto. Noto per una serie casi di crimini di guerra di alto profilo. di recente ha pubblicato il romanzo “Sotto le nuvole”. Scrive saggi su diritto, politica ed eventi internazionali, in esclusiva per la rivista on-line New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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