Nell’ultima campagna presidenziale, il
candidato repubblicano Donald Trump fece varie affermazioni suggerendo
un cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti, promettendo, tra
l’altro, non più tentativi di cambio di regime, una lotta efficace
contro l’organizzazione terroristica SIIL e migliori relazioni con la
Russia. Belle parole ma, come si dice, “non ascoltare quello che dico, guarda ciò che faccio“.
Quello che fanno è sostanzialmente invariato almeno dalla fine della
seconda guerra mondiale.
L’obiettivo geopolitico centrale è mantenere lo
status degli Stati Uniti di unica superpotenza mondiale. Non lo sono
almeno nell’ultimo decennio, ma ciò non ha impedito agli USA di agire in
modo tale da far credere che sia ancora così. Le sfide a tale status
unipolare non sono tollerate. Paesi cadono in disgrazia o meno in base
alla loro conformità alle pretese statunitensi. Ciò è assai chiaramente
dimostrato nel caso dell’Iran.
L’esperienza dell’Iran con il concetto di
democrazia occidentale si ebbe con il governo quasi-secolare di
Mohammad Mossadegh. Nel 1952 Mossadegh nazionalizzò la compagnia
petrolifera anglo-statunitense (la BP) in modo che i benefici della sua
notevole ricchezza fossero raccolti dal popolo iraniano. Ciò fu
intollerabile per statunitensi ed inglesi, quest’ultimi controllavano il
petrolio iraniano dal 1913.
Un colpo di Stato organizzato da MI6 e CIA
rovesciò il governo Mossadeq restaurando il regime brutale della
dinastia Pahlavi. La democrazia non fu più presa in considerazione, un
punto da ricordare sempre quando si sente la propaganda occidentale su
USA e Regno Unito dalla missione di portare la democrazia nel mondo. Nei
seguenti 25 anni, l’Iran ebbe un buon rapporto con gli Stati Uniti,
conclusosi bruscamente con la rivoluzione islamica del 1979.
Da allora
l’Iran è oggetto di sanzioni che ne paralizzano importanti settori
economici. Fu oggetto di attentati, soprattutto dei Mujahidin e-Khalq
(MeK), organizzazione terroristica non considerata tale dagli Stati
Uniti. Nel 1980, quando sanzioni e altre misure non piegarono l’Iran
agli USA, fu attaccato dall’Iraq e la conseguente guerra di otto anni
costò un milione di vite. Gli iracheni furono armati e sostenuti dagli
Stati Uniti. Misura dell’incostanza e dell’opportunismo del sostegno
statunitense fu che due anni dopo la fine della guerra, l’Iraq venne
attaccato dagli Stati Uniti, essendo stato attirato nella disavventura
del Quwayt.
Altre continuità appaiono nelle dichiarazioni pubbliche dei funzionari della nuova amministrazione Trump. Il segretario della Difesa James Mattis, il temporaneo consigliere della sicurezza nazionale Michael Flynn e Trump hanno tutti ripetuto la solita accusa statunitense che l’Iran sia “il maggiore sponsor del terrorismo” nel mondo. Mettendo da parte l’ironia di tali dichiarazioni da funzionari dello Stato che ha attaccato più Paesi e ucciso più persone negli ultimi 70 anni di tutte le altre nazioni del mondo messe insieme, è un’accusa che, come ha sottolineato Gareth Porter, fu mossa contro l’Iran dall’amministrazione Clinton.
Nel 1995 Clinton impose un ulteriore vasta serie di sanzioni
all’Iran. Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione nel gennaio 2002, il
presidente George Bush nominò l’Iran nell’ambito dell'”asse del male”
(insieme a Iraq e Corea democratica). Certe cose non cambiano mai. Anche
in questo caso, citando Porter, l’accusa contro l’Iran non aveva basi
se non il continuo principio della politica estera statunitense.
Nel
2007 l’allora vicepresidente Richard Cheney voleva attaccare l’Iran e ne
fu dissuaso solo dal segretario alla Difesa Gates e dal Joint Chiefs of
Staff, non per principio, ma per i rischi che avrebbe posto alla
presenza militare degli Stati Uniti nella regione. Nell’ultima campagna
presidenziale, la candidata democratica Hillary Clinton minacciò di
attaccare l’Iran, se eletta, un’azione che avrebbe sicuramente scatenato
una grande guerra. La sua belligeranza promise più stretti rapporti
degli USA con Israele e Arabia Saudita, di quanto abbia fatto qualsiasi
denuncia legittima verso la Repubblica islamica.
A gennaio Trump usò la scusa dei test di missilistici iraniani per
imporre ulteriori sanzioni all’Iran. L’ha fatto con la palese falsa
affermazione che i test violassero il Piano congiunto d’azione globale
(JCPOA) stipulato il 14 luglio 2015. Tale piano fu negoziato su
iniziativa della Russia per scongiurare ciò che sembrava un probabile
attacco all’Iran per il presunto programma di armi nucleari. La
risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza approvò all’unanimità il
JCPOA. Trump denunciò l'”accordo” come “stupido” e minacciò d’ignorarlo.
E’ improbabile che Trump abbia mai letto la risoluzione di 108 pagine,
tanto meno capito le disposizioni dettagliate che non vietano i test
missilistici dell’Iran. Anche se l’avesse fatto non avrebbe avuto
importanza, perché un’altra continuità della politica estera
statunitense è ignorare semplicemente il diritto internazionale quando
si capisce che non è nell’interesse della sicurezza nazionale.
Nonostante sanzioni e altri ostacoli, l’Iran ha comunque migliorato
significativamente vari indicatori sociali dalla rivoluzione del 1979.
L’aspettativa di vita è aumentata da 55 anni a 71 anni; i tassi di
mortalità infantile sono diminuiti del 70%; il congedo di maternità
retribuito supera gli standard dell’OIL; e il 60% degli studenti
universitari sono donne libere di studiare qualsiasi materia. Su tutti i
principali indicatori sociali, la condizione delle donne supera
notevolmente quella di tutti gli altri Paesi della regione. Si può
prevedere che questa tendenza continui con grande dispiacere dei
peggiori nemici regionali dell’Iran, Israele e Arabia Saudita. Anche se
Trump ha imposto unilateralmente ulteriori sanzioni all’Iran, è
improbabile abbiano lo stesso impatto dei precedenti tentativi di minare
la Repubblica islamica, per un motivo molto significativo.
L’Iran ha
ora due potentissimi amici, Russia e Cina, che per vari motivi vedono
l’Iran componente essenziale del progetto infrastrutturale più grande
del mondo, la Fascia e Via cinese (OBOR).
Entrambe le nazioni sono anche
acutamente consapevoli dei pericoli dell’estremismo islamico ai
confini. L’Iran, contrariamente alla propaganda occidentale, è visto in
contrappeso alla natura sunnita delle violenze che sconvolgono il Medio
Oriente. Uno sguardo alla mappa mostra la posizione strategica
dell’Iran. Fulcro logico dei grandi progetti di sviluppo eurasiatico,
componente centrale dell’OBOR. Uno dei collegamenti ferroviari ad alta
velocità dalla Cina all’Europa transiterà per l’Iran. Un’ulteriore linea
ferroviaria ad alta velocità collegherà l’Iran al corridoio economico
Cina-Pakistan che termina a Gwadar, sul Golfo Persico.
Un altro sviluppo
è il Corridoio dei Trasporti Internazionale Nord-Sud (INSTC) di 5600
chilometri, da Mumbai in India via Iran e Azerbaijan fino alla Russia.
Prove furono condotte nel 2014. INSTC a sua volta si collega alla
componente marittima dell’OBOR e all’accordo di Ashgabat firmato da
India, Iran, Kazakhstan, Oman, Turkestan e Uzbekistan nel 2015.
L’obiettivo dell’accordo è facilitare gli scambi commerciali tra Asia
centrale e Stati del Golfo Persico. OBOR si sviluppa intorno a numerose
strutture commerciali e finanziare, uno dei più importanti è la Shanghai
Cooperation Organisation (SCO), la cui composizione si estende dalla
Cina all’Asia centrale fino alla Russia.
L’Iran è un membro associato
della SCO e la sua piena adesione è fortemente sostenuta dalla Russia.
La Russia è anche l’elemento chiave dell’Unione economica eurasiatica
(EEU). L’Armenia, altro aderente dell’UEE ha recentemente dichiarato
sostegno all’accordo di libero scambio tra Iran e UEE. Il 21 febbraio
2017, il primo vicepremier russo Igor Shuvalov visitava l’Iran per
discutere di un simile accordo di libero scambio. Alcuno di questi
sviluppi è gradito a Washington che monta una contro-strategia,
l’obiettivo principale è rompere la sempre più forte relazione tra
Russia e Cina, usando l’Iran come una pedina nella manovra geopolitica.
I resoconti sugli obiettivi geopolitici degli Stati Uniti sono soprattutto voci dall’amministrazione Trump (molto contraddittorie) sulla normalizzazione delle relazioni con la Russia. Non c’è nulla di sottile o altruistico in tali mosse. Le osservazioni di Trump riflettono probabilmente il consiglio di Henry Kissinger che vede il riavvicinamento degli USA con la Russia come cuneo contro la Cina. Dalla Russia ci si aspetterebbe che sacrifichi i rapporti con l’Iran in cambio di concessioni ai confini europei, in particolare in Ucraina.
Il
Presidente russo Putin è troppo astuto per cedere a tali lusinghe. Anche
se i media occidentali in gran parte l’ignorarono al momento, Putin
spiegò la sua idea di un mondo molto diverso nel discorso alla
conferenza sulla sicurezza di Monaco del febbraio 2007. Putin indicò la
natura “perniciosa” del mondo unipolare. Tale sistema in ultima analisi,
si distrugge dall’interno.
Putin disse che il “modello unipolare non solo è inaccettabile, ma è anche impossibile nel mondo di oggi“. Il modello “è viziato perché alla base non ci sono, né possono esserci i fondamenti morali della civiltà moderna.
Oggi”, disse, “assistiamo all’iperuso incontrollato della forza, della
forza militare, nelle relazioni internazionali, forza che spinge il
mondo nell’abisso dei conflitti permanenti. Assistiamo”, continuò, “a
un maggiore disprezzo dei principi fondamentali del diritto
internazionale… Uno Stato, in primo luogo gli Stati Uniti, hanno
oltrepassato i propri confini nazionali in ogni modo. Ciò è visibile
nelle politiche economiche, culturali ed educative che impone alle altre
nazioni. Bene, a chi piace?”
Le osservazioni premonitrici di Putin
furono ignorate dagli occidentali. Se l’avessero ascoltato, le
osservazioni del Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov alla stessa
conferenza, dieci anni dopo, nel febbraio 2017, non li avrebbero
scioccati. Lavrov chiede un “ordine post-occidentale”, come il governo
russo percepisce il futuro.
Il discorso di Lavrov ha confermato che la
Russia non è interessata a tornare sulla via filo-occidentale perseguita
da Boris Eltsin nei disastrosi anni ’90. Dice all’occidente, in
effetti, che se pensa di poter usare la Russia per “contenere” la Cina o
imporre un cuneo tra questi due grandi poli del nuovo mondo
multipolare, allora non ha fatto attenzione. Lo stesso vale per le
speranze occidentali di utilizzare le concessioni alla Russia (nella
misura in cui ci si può fidare) per imporre un cuneo tra Russia e Iran.
Lungi dall’indulgere su ciò che Putin ha descritto come “personali
pazzie” sulla Russia che attacca la NATO o altri, la Russia ha priorità
più importanti, come aiutare e tutelare gli interessi sovrani degli
amici, come l’intervento su richiesta del governo siriano.
Un’altra
manifestazione di questo nuovo orientamento è lo sviluppo di commercio,
comunicazioni e legami nella difesa con l’Iran. Ciò ha incluso l’invio
del sistema anti-missile S-300 all’Iran e l’eventuale potenziamento
dell’Aeronautica iraniana con caccia Sukhoj Su-35. Un possibile ritorno
delle forze russe sulla base aerea di Hamdan in Iran, viene anche
discusso. Ancora più importante, come già osservato, la Russia aderisce
con la Cina alla vincente strategia del Presidente Xi per lo sviluppo
pacifico dell’Eurasia, che trasformerebbe la struttura geopolitica
mondiale. Ironia della sorte, il geografo inglese Sir Halford Mackinder
per primo espresse questa grande visione, nel 1904, ma sono i cinesi, in
collaborazione con i partner della SCO e delle strutture finanziarie
alleate, che avverano la visione di Mackinder.
Sarebbe ingenuo pensare che gli statunitensi accettino pacificamente la loro detronizzazione da unica potenza egemone del mondo. Senza dubbio s’impegneranno in ciò che Andrew Korybko descrive “guerre ibridi”, e ci si può aspettare che l’Iran ne sia l’obiettivo primario precisamente per le ragioni che ne fanno componente chiave dell’OBOR e relativi sviluppi. La SCO ha già una contro-strategia con la sua struttura regionale antiterrorismo, una forza di reazione rapida progettata per contrastare le minacce poste dalle strategie della guerra ibrida degli USA come terrorismo, rivoluzioni colorate e guerra economica per il cambio di regime.
L’eliminazione progressiva del dollaro come mezzo
principale del commercio internazionale, già a buon punto con BRICS, SCO
e OBOR, fornirà ulteriori meccanismi di difesa, integrando le strategie
militari attuare. Il mondo va creandosi intorno al triangolo
Cina-Iran-Russia, offrendo una prospettiva molto diversa dalla guerra
perpetua imposta dall’ordine mondiale anglo-statunitense. Il futuro del
mondo dipende da questo successo.
James O’Neill New Eastern Outlook 28/02/2017
James O’Neill, legale australiano, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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