venerdì 10 marzo 2017

Il senso delle esperienze “negative”


Perchè sono utili anche le esperienze “negative?” purtroppo…. e bisogna dire purtroppo…

Tutto quel che viviamo è in funzione… o meglio, “diventa” in funzione del completamento delle nostre esperienze infantili incomplete.

Cosa sono le esperienze infantili incomplete?

Sono tutte quelle cose che da bambini non abbiamo capito, tutte quelle situazioni che da bambini non ne abbiamo compreso il senso, semplicemente perchè eravamo bambini e non avevamo ancora tutte le conoscenze e “cognizioni” di oggi, ma molto spesso anche perchè volevamo capire le cose dei grandi.


L’universo dei “piccoli” funziona in un modo completamente diverso da quello degli “adulti”, tant’è vero che nessun adulto comprende davvero quel che si dicono i bambini tra di loro, il senso di quel che i bambini si raccontano tra di loro quando giocano, quando vivono quotidianamente… 

e viceversa, i bambini non capiscono quel che si raccontano gli adulti.

Cose negative…
Cosa sono le cose negative?
Per chi sono negative!!?

Noi siamo sostanzialmente memorie su memorie, siamo un sistema di memorie che si affinano e completano ed elaborano e strutturano continuamente su se stesse… memorie su memorie su memorie su memorie…

Quel che viviamo quotidianamente, per comprenderlo, tutti noi lo vediamo e lo “intendiamo” in base alle nostre cognizioni, cioè in base a quel che già sappiamo, cioè in base alle nostre memorie…

ma spieghiamolo meglio…

Se sei un ingegnere, hai studiato anche matematica… in un certo modo, ma per studiare la matematica universitaria hai avuto bisogno di aver studiato matematica alle scuole superiori, per studiarla alle superiori, hai avuto bisogno delle basi delle scuole medie
per studiarla bene alle scuole medie, hai avuto bisogno di una base studiata alle scuole elementari…

Ma anche per studiarla alle elementari hai attinto a qualcosa di precedente, ad un modo di fare i conti molto più elementare e magari anche infantile e… “scalando scalando” nell’età e nei collegamenti a ritroso, si scoprirà che le prime basi matematiche di un ingegnere stanno nella sua infanzia, forse la prima infanzia.

Così funzioniamo sostanzialmente su tutto, non solo per la matematica dell’ingegnere, una cascata di ricordi a ritroso fino all’infanzia, ricordi che anno dopo anno… esperienza dopo esperienza… studio dopo studio si è evoluta fino a diventare quel che siamo oggi.

Questo vale per tutto, anche per le cose apparentemente più banali della vita quotidiana, ogni cosa è il frutto di una continua rielaborazione di quel che abbiamo capito e memorizzato da bambini fino a quel che siamo oggi.

Lo stesso però vale per le lacune che abbiamo lasciato indietro nell’infanzia.

Ogni cosa che nell’infanzia NON abbiamo capito a sufficienza o in modo soddisfacente, è come un piccolo BAG nel nostro sistema informatico profondo, cioè nel nostro inconscio.

Come era da bambino, così in qualche modo è stato rielaborato sempre con quella mancanza, sempre con quella “fallanza”, sempre con quel particolare che NON abbiamo capito nella nostra infanzia.

Alcuni hanno imparato ad evitare l’argomento (generando sempre comportamenti evasivi e cose simili) altri hanno continuamente cercato di capire portando questa ricerca di comprensione nella vita quotidiana fino all’età adulta (magari diventando gente che è sempre alla ricerca di quel particolare importante che non troverà mai all’esterno di se stesso anche in aree apparentemente lontane dall’argomento in questione) altri ancora hanno imparato a mascherare quella loro mancanza di informazioni (diventando quegli adulti che creano continuamente maschere di se stessi e delle proprie situazioni di vita)…

Ognuno ha reagito a modo suo a quella mancanza di informazioni dell’infanzia generando poi un comportamento che in qualche modo è lo specchio di qualcosa di molto profondo ma non ancora compreso.

Quindi… quando qualcuno di questi ricordi incompleti si ripresenta, è in sostanza quella memoria d’infanzia che si è ripresentata e… problema nel problema, è una “memoria memorizzata” quando eravamo bambini e quindi quando ragionavamo da bambini e quindi… memorizzata in modalità infantile.

Queste memorie, quando diventano pressanti, cioè quando inconsciamente diventa importante capire quelle cose rimaste in sospeso, incominciano a comportarsi proprio come una coscienza a parte, come una coscienza a sé, come una entità pensante “quasi aliena” dentro di noi che ci fa fare qualcosa per “rimettere in scena” quel ricordo d’infanzia.

Le prime volte in realtà, essendo memorie infantili, di solito il problema si presenta in modo giocoso, non sempre ma di solito è così… però poi, se non abbiamo compreso quel che c’era da comprendere con quelle prime manifestazioni, questa coscienza infantile nostra (che lo ricordo, è memoria di noi stessi), essendo proprio infantile IN NOI, prende sempre più coscienza di se e del suo dilemma da risolvere… manifestandosi sempre più frequentemente e come un bambino che non viene capito ad un certo punto comincia a fare i capricci…

A questo punto in noi diventano abbastanza evidenti due coscienze in conflitto, la coscienza mentale (quella parte di noi che riteniamo matura) dell’adulto di oggi e la coscienza infantile che si sta manifestando in modo sottinteso, a volte subdolo (subdolo secondo la visione dell’adulto che siamo oggi), ma sempre più insistente…

Il bambino interiore comincia a fare i capricci, Lui in qualche modo determina il nostro modo di comportarci, cioè guida le nostre scelte quotidiane silenziosamente fino a portarci continuamente e sempre più frequentemente in qualcosa che ci fa rivivere nel quotidiano quel particolare che nell’infanzia NON abbiamo capito.

Questo particolare d’infanzia ovviamente si manifesta prevalentemente nella modalità infantile cioè nell’aspetto emotivo, le cose possono essere di qualunque natura ma l’aspetto che emergerà sempre di più è quello emotivo perchè per il bambino che eravamo, l’aspetto materiale NON aveva (e non ha) molta importanza, per Lui, quel che contava (e conta tutt’ora) era l’emotività e la comprensione, quindi non si curerà della materialità di oggi che sta magari anche devastando (facendoci fare anche errori gravi o banali o proprio in modo diretto e chiaro) pur di manifestarci quell’aspetto emotivo e mnemonico di cui sente l’incompletezza.

Ma chi è l’inconscio?

L’inconscio è noi stessi, è la base di quel che siamo oggi, è le nostre fondamenta cognitive, è quel che siamo in profondità, è l’insieme dei ricordi della nostra infanzia, è l’inizio della nostra comprensione del mondo, è l’ABC dell’adulto (anche dell’ingegnere aerospaziale) che siamo oggi, è qualcosa che NON riusciamo più a comprendere perchè è tutto quel che abbiamo memorizzato nell’infanzia ed è “inconscio”, CIOE’ NON CONSCIO, proprio perchè l’abbiamo memorizzato in una età in cui vivevamo, memorizzavamo, interpretavamo, ragionavamo, emozionavamo in un modo diverso da quel che facciamo oggi da adulti.

Se non capiamo il linguaggio dei bambini, non capiremo nemmeno il nostro inconscio perchè sono le “memorie memorizzate” QUANDO NOI ERAVAMO BAMBINI, è il nostro bambino interiore.

Tutto quel che possiamo fare adesso è, accogliere le cose che ci fanno soffrire con la consapevolezza che sono manifestazioni della nostra parte bambina che sta ancora chiedendo comprensione.

Non possiamo capire con la mente dell’adulto che siamo oggi quel che vuole la nostra parte bambina, dobbiamo imparare a spogliarci da tutte le sovrastrutture mentali di cui ci siamo vestiti fino ad oggi, da tutte le nostre “grandezze”, da tutta la nostra boria, da tutta la nostra presunzione, in un certo senso dobbiamo ritornare bambini, ma questo è sostanzialmente impossibile quindi… cosa fare?

L’unica cosa sensata da fare è “STARE NELLA SCENA” di vita di oggi che ci sta generando la sofferenza che ha richiamato la nostra attenzione, stare nella sofferenza che stiamo vivendo oggi senza più “scappare”, senza più evitarla, senza più nasconderla.

“Stare nella scena” però non significa prendere botte di proposito, non significa andare a cercarcele volutamente perchè anche in questo modo non si ottiene granché, sarebbe la nostra mente che sta creando qualcosa e non il nostro inconscio, quindi la scena nella quale andiamo a ficcarci volutamente e mentalmente non avrebbe i “connotati emotivi” di base che ci servono per comprendere il ricordo d’infanzia che si vorrebbe richiamare.
Stare nella scena significa osservare, significa ridare alla mente il suo giusto ruolo prezioso ed unico che è quello dell’osservatore.

Osservare cosa?

Osservare se stessi durante le manifestazioni quotidiane, durante la vita quotidiana, durante il fluire delle cose quotidiane.


Le cose da vedere e da capire, si manifestano proprio mentre si vive, mentre cadiamo, mentre inciampiamo “casualmente” (e si sa che il caso NON esiste) mentre sbucciamo un’arancia, mentre tagliamo una cipolla, mentre camminiamo per strada, mentre ci vestiamo la mattina, mentre ci laviamo il viso, mentre stiamo parlando con le persone, mentre viviamo la nostra quotidianità di sempre, senza andare a cercare situazioni particolari che come già detto, “esulerebbero” da quel che l’inconscio ci sta chiedendo di capire.

Non dobbiamo mai farlo apposta, dobbiamo solo stare attenti a quel che succede mentre succede, ed osservarlo.

Castaneda parlava dell’arte dell’agguato, cioè dobbiamo imparare a tendere un agguato al nostro inconscio in modo da “vederlo” proprio mentre viviamo, mentre si manifesta nella semplice vita quotidiana.

Stiamo tranquilli che NON si offenderà, anzi, ne sarà finalmente contento, cioè questa nostra coscienza interiore di cui siamo ancora inconsapevoli si rallegrerà della nostra decisione di imparare ad osservarla e a coglierla di sorpresa.

il mio sassolino dell’agguato

Personalmente ho utilizzato un sassolino messo in tasca insieme alle chiavi, mi sono proposto di chiedermi cosa stavo pensando 5 secondi fa, cosa stavo immaginando 5 secondi prima di toccare quel sassolino ogni volta che mettevo le mani in tasca indipendentemente da quel che stavo facendo.

Non si trattava di voler per forza capire cosa stavo pensando per interpretarlo ma proprio di un vero ed autentico allenamento ad osservare la mia mente ed il mio inconscio nella vita parallela che si svolge nella mia testa durante la vita quotidiana e materiale, si tratta solo di capire e prendere coscienza del fatto che in ognuno di noi c’è una autentica altra coscienza che ragiona, che fa discorsi, che pensa al di là di quel che ci serve fare, pensare ed elaborare per il vivere quotidiano, al di là di quel che mi serve pensare per fare quel che sto facendo adesso, in questo momento.

Questo all’inizio potrebbe apparentemente portare ad aumentare i problemi e le manifestazioni inconsce ma NON è così, la realtà è solo che a questo punto ci accorgeremo più frequentemente di tutte le manifestazioni dell’inconscio e noteremo molte cose di cui ancora non eravamo diventati consapevoli… ma che presto avrebbero invaso la nostra vita rendendola molto peggiore di quella che è oggi.

Ma ritornando alla domanda iniziale… perchè le cose negative possono essere utili?

In realtà non sono realmente utili in sè però sono il segnale chiaro che abbiamo qualcosa da capire di noi stessi IN NOI STESSI.

È il segnale chiaro che il nostro inconscio è da molto tempo che ci sta chiedendo di capire qualcosa e noi da troppo tempo non gli stiamo dando ascolto, è il segnale chiaro che adesso il nostro bambino interiore sta cominciando a sbattere i piedi per essere compreso e lo fa insistendo sempre di più in qualcosa che a lungo andare è diventato fastidioso o addirittura doloroso… o peggio…

Ma peggio di così, cosa c’è?

C’è la malattia, ogni malattia è il risultato di una esigenza emotiva inconscia non capita per troppo tempo, una esigenza emotiva che alla fine si è somatizzata nel corpo dapprima in forma di sedimentazione energetica generando disturbi, poi in vera e propria malattia, qualunque essa sia.

Le esperienze negative, fino a quando accadono, se riusciamo a comprenderne il senso profondo, se impariamo a stare nella scena con la consapevolezza che si tratta di una manifestazione del nostro inconscio, è l’opportunità (forse) ultima (prima della somatizzazione in malattia) per capire qualcosa che ci riguarda in profondità, nel nostro inconscio.

Stare nella scena… in che modo dobbiamo quindi stare nella scena?


L’idea che mi son fatto io è la seguente, è solo un esempio e qualunque variante può essere valida ma il senso è questo.

Immaginiamo di aver capito la scena iniziale, cioè di aver capito qual’è il ricordo d’infanzia incompleto che stiamo richiamando con la sofferenza di oggi, non possiamo spiegarla mentalmente alla nostra parte infantile perchè NON capirebbe così come non capirebbe un bambino, per esempio nostro figlio di 3 anni, questa è una memoria che va integrata, va completata nella stessa modalità con la quale è stata memorizzata quindi, non servirà a nulla ragionarci come gli adulti strutturati che siamo oggi, non avverrebbe nessuna guarigione.

La memoria dovremmo completarla nella modalità infantile che avevamo a quell’età del ricordo ma anche questo è “quasi” impossibile… c’è però un’altro modo che rende possibile la guarigione di quel ricordo.

Stare nel ricordo immaginandoci che… noi siamo due persone, un adulto ed un bambino, abbiamo rivisto la scena d’infanzia di cui chiediamo comprensione.

Ci sediamo in riva al mare, abbracciati uno affianco all’altro e stiamo in silenzio.

In questo silenzio arriverà qualcosa che possiamo definirla tranquillamente intuizione che completerà il ragionamento del bambino che eravamo.

In realtà però avviene una vera e propria alchimia emotiva, cioè, nel silenzio, colei che resterà in silenzio realmente è la mente, cioè la parte adulta di noi, il bambino si sentirà accolto, la mente silenziosa senza saperlo travaserà il suo sapere attuale nell’inconscio ma non può farlo con la volontà, potrà farlo solo nel silenzio, CIOE’ POTRA’ SOLO PERMETTERE CHE ACCADA, a volte accadranno anche vere e proprie intuizioni, altre volte potrà capitare di attingere all’inconscio collettivo… ma più frequentemente sarà la nostra mente che inconsapevolmente travaserà quel che a NOI serve sapere e che abbiamo sempre ricercato nella vita quotidiana, quel qualcosa che darà finalmente un senso a tutto quel che abbiamo vissuto fino a quel momento.

Noi NON possiamo spingere certi fenomeni della natura energetica dell’uomo, possiamo solo permettere che accadano e per permetterlo dobbiamo imparare a mettere la mente in silenzio, consapevolmente.


N.b. Questa cosa del permettere che accada mantenendo solo la consapevolezza di quel che stiamo lasciando accadere… è anche una delle basi dell’alchimia evolutiva umana… se ci riusciamo, vedremo accadere anche i miracoli, ma senza la presunzione che siamo noi a realizzarli, al limite con la soddisfazione di essere noi a permettere che accadano perchè… ogni emozione aggiuntiva, preclude la possibilità di “permettere che accada”.


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