“Tutto comincia da voi e il grande ponte
che conduce a tutti gli altri
è il vostro ponte.”
(Leo Buscaglia)
“Mi
piace moltissimo chiedere definizioni ai bambini. Danno risposte
bellissime. Se volete provare una grande gioia, chiedete ad un bambino:
«Che cosa significa questo e quello?» La mia nipotina di cinque anni sta
incominciando adesso a decifrare il mondo come fosse scritto in
rilievo, con il metodo Braille. Tocca tutto, assaggia tutto… è
bellissimo stare a guardarla. Le ho chiesto: «Che cos’è un ponte?»
Lei
ci ha pensato a lungo e poi ha detto: «Un ponte è quando il terreno ti
cade di sotto e tu costruisci qualcosa per tappare il buco.» Non sarebbe
meraviglioso se potessimo entrare nello spirito di gettare ponti verso
il domani, se potessimo dedicarci a «tappare i buchi», a colmare i
vuoti, a costruire i ponti, a superare gli ostacoli? Vivremmo due o tre
giorni magnifici!
Ma
ciò significa che dovete veramente entrare in voi stessi… ognuno di
voi. Il gruppo può riuscirci, ma tutto incomincia con l’individuo. Prima
che possiamo riuscirci come gruppo, dobbiamo cominciare con qualcosa, e
sono convinto che il primo ponte che dovete costruire è il ponte che
porta verso voi stessi. Mi fa soffrire vedere come abbiamo poco rispetto
per noi stessi e poca fede in noi stessi…
Non
ci sono molte scuole che insegnino il rispetto per se stessi. Non ci
sono molti modelli che possono alzarsi e dichiarare: «Mi piaccio
veramente. Mi piace non soltanto ciò che sono, mi piacciono anche la mia
magia e il mio potenziale.» Perché, vedete, voi non siete soltanto in
atto; siete assai più in potenza. In voi c’è molto di più.
Noi
dobbiamo dire ai bambini: «C’è qualcosa di più di chi legge. C’è
qualcosa di più di chi percepisce. Tu sei illimitato.» È necessario che
quanti insegnano questo siano i primi a crederlo. Altrimenti è fasullo, e
non serve a niente.
Sarà
una scoperta meravigliosa, il giorno che vi renderete conto di essere
unici al mondo. Non vi è nulla che sia accidentale. Ognuno di voi è una
combinazione speciale con uno scopo… e non permettete che vi dicano che
non è vero, e che quello scopo è un’illusione. Se è necessario vivete
l’illusione!
Voi
siete quella certa combinazione perché possiate fare ciò che è
essenziale che facciate. Non dovete mai credere di non avere un
contributo da dare. Il mondo è un’incredibile arazzo incompiuto, e
soltanto voi potete riempire quel piccolo spazio che vi spetta. «Oh.
Dio, essere arrivato in punto di morte - dice Thoreau - per scoprire di
non avere mai vissuto.»
Non
avete mai fatto nulla. Non avete mai sentito intensamente. Non avete
mai riso. Non avete mai pianto. Non avete mai conosciuto la
disperazione. Voi negate tutte queste cose, le respingete e vivete in
una Terra-che-non-esiste, che è un’illusione. Ma voi siete il voi
migliore. Siete l’unico voi. Avete qualcosa da donare. Donatelo!
Celebrate
la vostra umanità. Celebrate la vostra pazzia. Celebrate le vostre
insufficienze. Celebrate la vostra solitudine. Ma celebrate voi stessi.
Io non voglio essere altro che ciò che sono, cioè umano. Mi piace
veramente essere umano. Significa essere smemorati; significa sbattere
contro i muri; significa entrare nelle stanze sbagliate; significa
uscire dall’ascensore al piano sbagliato.
Le
porte si aprono, e scopro di essere al sesto piano anziché al terzo, e
dico: «Oh!» E poi penso: «Caro vecchio mio, ci sei ricascato!» È
magnifico essere umani… Tutto comincia da voi e il grande ponte che
conduce a tutti gli altri è il vostro ponte. Questo è l’importante. Se
io progredisco e progredisco, posso darvi di più di me stesso.
Imparo
per potervi insegnare di più. Cerco la saggezza per poter incoraggiare
la vostra verità. Divento più consapevole e sensibile per poter
accettare meglio la vostra sensibilità e la vostra consapevolezza. E mi
sforzo di comprendere la mia umanità per poter comprendere meglio voi,
quando mi rivelate che anche voi siete soltanto umani.
Vivo
in una continua meraviglia per la vita, per poter permettere anche a
voi di celebrare la vostra vita. ciò che faccio per me, lo faccio per
voi. E ciò che fate per voi, lo fate per me, quindi non c’è mai egoismo.
Tutto ciò che avete imparato, l’avete imparato per tutti coloro che
fanno parte del vostro ambiente.
Uscite
da «voi»… entrate nel «noi». È il modo più bello di vedere voi stessi e
di aiutare gli altri a vedere se stessi. È da questo che viene la
forza. Quindi, per prima cosa, gettate un ponte verso voi stessi, ma non
fermatevi lì. Dovete gettare ponti anche verso gli altri…
Il
momento per venire fuori è ora. Il momento per incominciare a costruire
ponti che conducono verso gli altri è ora. Questo è il secondo ponte.
La nostra salvezza sarà lavorare insieme per fini comuni, e non
dividerci in meschini provincialismi e insistere a dire: «Ho ragione
io.» Una delle mie scoperte significative di questi ultimi anni è che
non devo avere sempre ragione. Non è magnifico?
Questo
vi lascia liberi di avere ragione qualche volta anche voi. Possiamo
avere ragione tutti e due. Ci sono due ragioni! E poi ho scoperto che
possono esserci duecento ragioni, e che in realtà non c’è una ragione e
un torto, ma una sterminata zona grigia con ogni sorta di gradazioni. Le
dicotomie sono fenomeni di distanziazione. Scopriamo prima che cosa
abbiamo in comune, ed è da ciò che abbiamo in comune che possiamo
incominciare. Se possiamo metterci in contatto con questa realtà, allora
siamo sulla buona strada…
Non
può cadere una foglia senza influire su ciascuno di noi. Non ci sono
posti dove nasconderci. Tutti noi influiamo l’uno sull’altro. È
un’unica, immane vibrazione che si irradia in ogni direzione. È meglio
che incominciamo a costruire i nostri ponti, altrimenti i crepacci
diventeranno così profondi che non riusciremo mai a scavalcarli.
Nella
Thailandia centrale, presso il confine con la Malaysia, c’è un posto
remoto che si chiama Chayah. Al centro di un grande specchio d’acqua c’è
un’isoletta, e sull’isoletta sorge un monastero buddhista. Non hanno
l’acqua, e devono andare a prenderla con una barca sulla terraferma, e
la versano in un grande barile.
Il
mio insegnante buddhista mi raccontò un apologo bellissimo. Mi disse:
«Tu lavori con impegno tutto il giorno e torni indietro con un grande
desiderio di bere un po’ di quest’acqua preziosa, che sai di non poter
sprecare. Scopri il barile, immergi il mestolo, e nel barile vedi una
formica. Ti infuri. Dici: “Come ti permetti di stare nel mio barile,
sotto il mio albero, nella mia ombra, sulla mia isola… e nella mia
acqua?”
E
schiacci la formica. Questa è mancanza di distacco. Oppure rifletti
prima di schiacciarla e dici: “È una giornata caldissima, e questo è il
posto più fresco dell’isola. Tu non danneggi la mia acqua.” Attingi
l’acqua evitando la formica, e bevi. Questo è distacco.» Poi mi disse:
«C’è anche qualcosa che si chiama “distacco assoluto.”
(Leo Buscaglia)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/02/ponti-non-barriere.html
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