lunedì 20 marzo 2017

Steve Bannon aspetta l'apocalisse. Ed anche i suoi nemici.


Domanda: quando esploderà la mostruosa bolla finanziaria, se cominciano le rivolte e i saccheggi dei supermercati e distributori di benzina, e gente armata piena di rabbia ti cerca – come fai tu, povero milionario di Wall Street, ad uscire da Manhattan?

Perché se sei milionario, magari hai pensato a comprarti un rifugio ben arredato negli Appalachi o in Nuova Zelanda; ma comunque abiti a Manhattan, o al massimo a Long Island. Le quali sono due isole. Il che in caso di apocalisse, rende difficile filarsela: i traghetti sarebbero presi d’assalto, i ponti sarebbero intasati di auto di deplorevoli di bassa casta, raggiungere o chiamare elitaxi mica semplice (i piloti penseranno anzitutto a salvare le proprie famiglie)…

Il problema è serio. Così serio che apposite ditte hanno calcolato il tempo necessario per evacuare i principali centri degli Stati Uniti in caso di gravissime emergenze (rivoluzioni, terremoti, alluvioni, bombardamenti atomici): per Long Island per esempio, dove abitano milioni di newyorkesi, ci vorrebbero da 20 a 29 ore. Ore in cui attraversare ingorghi di traffico e folle inferocite, affamate, saccheggiatori armati.

Tempi di evacuazione in caso di disastro. O rivolta. 
Ma la soluzione c’è: il motoscafo di salvataggio. Per un abbonamento di 90mila dollari annui, l’azienda Plan B Marine ti garantisce che quando l’apocalisse scoppia, un motoscafo ti aspetterà alla banchina, col pieno e tutta l’attrezzatura, e potrai farci salire chi vuoi. Lo piloterai tu stesso, è meglio non dover dipendere da piloti in quei frangenti. “Uno scafo è il mezzo più rapido per uscire da Manhattan”, spiega il cofondatore dell’azienda, Chris Dowhie.

Un’altra ditta, la Survival Retreat Consulting, offre un servizio completo: consulenza personalizzata in base alle tue specifiche esigenze, se ti occorre una “strategic relocation”, un trasloco strategico. Ti trova rifugi arredati e con ricca dispensa in foreste, ville fortificate in località amene ma irraggiungibili, o ti procura la cittadinanza della Nuova Zelanda (gli americani che la chiedono sono aumentati del 70% dopo l’elezione di Trump), e ti istruisce come raggiungerle, strade alternative che evitano le autostrade e ponti (immediatamente intasati), ti fornisce le guardie armate di scorta – alla peggio, nel caso non riesca a scappare, trasforma una delle stanze del tuo attico a Manhattan in una camera sicura  corazzata. https://www.shtfproperty.com/#intro

In Usa, frange di marginali che si preparano all’apocalisse e si riempiono i sotterranei di proiettili e carne in scatola, sono sempre esistite: si chiamano “preppers”. Il fatto che adesso la mania abbia contagiato i milionari, la dice lunga sulla loro coscienza della società che hanno potentemente contribuito a creare. Paura, senza di colpa, la consapevolezza che la bolla scoppierà, la povertà estrema si rivolterà; i “deplorables” disoccupati e operai che hanno votato Trump sono, per quelli di Goldman Sachs, un segnale d’avvertimento: la fine del “nostro” mondo è vicina.
Scandalo: un “intellettuale” alla Casa Bianca
Molti di loro probabilmente non sanno che la loro sensazione di apocalisse imminente è condivisa dall’uomo che, nel gruppo che Trump s’è portato alla Casa  Bianca, certamente detestano di più: Steve Bannon, il capo strategico di Donald, per i media la sua anima nera, il suo ideologo: di destra, fascista, razzista, suprematista bianco e via insultando.

I motivi degli improperi derivano dalla difficoltà, da parte degli avversari, di far entrare negli schemi un personaggio singolare, una figura insolita in America: l’intellettuale poltico, come in Europa Charles Maurras o Marcello Veneziani. Ancor più raro, è un intellettuale di destra. Rarissimo poi, un intellettuale di destra che ha successo in politica. Ed energico. Abbastanza per giustificare l’odio più nero.

Di famiglia cattolica operaia, che ha sempre votato democratico, Bannon è uomo di molti mestieri; tutti però “alti”, come è logico per un figlio di un operaio che ha conquistato cum laude un Master ad Harvard, università costosissima che s’è pagato a  forza di borse di studio, dopo un paio di altre laureee (una di sicurezza nazionale alla Georgetown University).

Ufficiale di Marina nel 1970-80 su un cacciatorpediniere; poi è entrato in Goldman Sachs, ha fatto i soldi; ne è uscito sbattendo la porta nel 2008, quando ha constatato che il lavoro che faceva aveva rovinato suo padre: quel Marty Bannon che – per garantirsi una vecchiaia tranquilla e lasciare  qualcosa ai cinque figli – aveva accumulato per mezzo secolo azioni della azienda di cui è stato fedele dipendente appunto per cinquant’anni, la telefonica At&T. Il collasso di Lehman travolse anche quella azioni, e babbo perse 100 mila dollari. “Mio padre è uno di quegli uomini che rispettano le regole, rappresenta l’ossatura di questa nazione”.

Un film di Bannon
Chiusa la carriera di speculatore, Bannon s’è dato anima e corpo all’altra attività, che lo occupava in parte fin dagli anni ’90: quella di  produttore e regista cinematografico. I suoi sono tutti film intensamente politici, come si capisce dai titoli:
In the Face of Evil: Reagan’s War in Word and Deed, regia di Steve Bannon (2004), 
Border War: The Battle Over Illegal Immigration, (2006)  
Battle for America, con la sua  regia (2010)
 e la sua opera più ambiziosa,
Generation Zero (2010), 
un documentario narrativo sulla crisi dei subprime del 2008 nel contesto delle generazioni che l’hanno provocata e di quelle che la devono soffrire.

Infine nel 2012, il salto nell’ultimo (penultimo) mestiere: giornalista d’assalto. Dopo la misteriosa prematura morte di Andrew Breitbart nel 2012 (aveva alluso alla pedofilia di John Podesta), Steve  Bannon prende il comando di “Breitbart News”, il sito d’informazioni e commenti, e ne fa l’organo del movimento Alt-Right, la galassia di tutte le destre americane “non rappresentate” politicamente, che va dal Tea Party al KKK.

Ed è come leader di questa galassia che Bannon comincia a diffondere la sua visione. Inizia i suoi discorsi agli attivisti raccontando l’evento che lo ha visto spettatore da Goldman Sachs: “il 18 settembre 2008, ore 11, il ministro al Tesoro Hank Paulson [ex Goldman Sachs] e il governatore della Federal Reserve Bernanke andarono a dire al presidente USA che loro nelle precedenti 24 ore avevano iniettato 500 miliardi di dollari di liquidità nel sistema finanziario, ma avevano bisogno di altri mille miliardi di dollari il giorno stesso. Dissero: se non ci dà immediatamente il permesso, il sistema finanziario americano implode nelle prossime 72 ore, il sistema finanziario mondiale in tre settimane, e entro un mese seguiranno rivolte sociali e il caos politico”. Così noi americani abbiano sul gobbo “200 mila miliardi di debiti, ma attivi netti, tutto compreso, di 50-60 mila miliardi”.

Le donne del Tea Party (sono in maggioranza donne) capiscono benissimo queste cifre esoteriche,   assicura Bannon. “Sono quelle che sanno come sono aumentati i prezzi degli alimentari, quelle i cui ragazzi hanno un debito studentesco di 50 mila euro (per pagarsi l’università) e vivono ancora a casa,  senza alcuna prospettiva di lavoro. “Questa è la Generazione Zero, come da titolo del mio film: i giovani fra i 20 e i 30. Li abbiamo azzerati”. Per far durare un sistema insostenibile, una bolla che scoppierà e ci trascinerà tutti nella catastrofe.


Ora si deve sapere che dieci anni prima, nel 2000, Donald Trump enunciava le stesse preoccupazioni in un libretto in cui mostra di accarezzare per la prima volta l’idea di candidarsi: “Voglio dire la mia: io non vedo solo un’incredibile prosperità, ma anche la possibilità di uno sconvolgimento economico e sociale … Guardo al futuro e vedo formarsi nubi di tempesta. Big Trouble. Spero di sbagliare, ma secondo me abbiamo di fronte un crack come non ne abbiamo mai visto prima”.

E’ una linea pessimista che Trump ha mantenuto durante tutta la sua campagna, rifiutando il colore rosa pre-elettorale: “Siamo in una enorme bolla”; “Basta alzare i  tassi anche un minimo e tutto crolla”.

Naturalmente ci si chiede come mai, se Trump pensa che l’economia è già in bolla e stra-indebitata, prometta a Wall Street di togliere anche le minime regole, tagli alle tasse  delle imprese, grandi spese pubbliche a debito… Ed è lecito domandarsi se Steve Bannon, il suo consigliere strategico, sia d’accordo.
La storia è ciclica
“Entrambi sono intelligenti. Trump capisce di affari, Bannon di finanza. Conoscono certo i venti contrari contro cui  navigheranno”, fra cui “la probabilità  che la Federal Reserve aumenti i tassi finché qualcosa  si rompe”. E  allora perché continuano?

La risposta, secondo Alastair Crooke, biografo simpatizzante, va cercata nel film Generation Zero

Dove Bannon collega esplicitamente la sua ideologia ad un saggio del 1997 scritto da due storici, Neil Howe e William Strauss: “The Fourth Turning: An American Prophecy”, ossia “La Quarta Svolta, una profezia americana”.

I due storici rigettano la concezione lineare della storia, ottimista e progressista; essi adottano il criterio di storia ciclica “proprio delle civiltà tradizionali” (citano esplicitamente il grande orientalista Mircea Eliade) e scorgono nella storia americana cicli ricorrenti, “un numero limitato di climi sociali che si ripetono in un ordine fisso”.

I cicli sarebbero quattro.

Comincia con “la Prima Svolta”, la fase di alta intensità (High) e di rinascita dopo una grande crisi: qui le istituzioni sono forti, e l’individualismo debole; la società ha fiducia ed unità nei suoi scopi collettivi.

Seguirebbe la “Seconda Svolta”, un “Risveglio”, in cui le istituzioni vengono criticate o attaccate in nome di principi presunti più alti e valori ritenuti più autentici. La società si stanca della disciplina sociale, proprio mentre raggiunge il vertice del progresso pubblico; e  la gente vuole riprendere possesso della propria (presunta) autenticità.

La Terza Svolta è definita “Disfacimento”: l’opposto della prima. Le istituzioni sono disprezzate e deboli, l’individualismo trionfa e fiorisce, l’egoismo e l’edonismo hanno la meglio sui doveri comuni e i sacrifici che essi richiedono.

Ed ecco la Quarta Svolta: la fase di “Crisi”. Quando, di fronte a una minaccia urgente e inevitabile  che mette in gioco la sopravvivenza stessa della nazione, le istituzioni vengono ricostruite da zero, in uno sforzo prometeico di risolutezza civile.

In Usa, è accaduto che i leader abbiano “creato” questa minaccia apposta (Roosevelt e Pearl Harbor, 11 Settembre…) per accendere questa unità civica, che ricarica l’identità nazionale.

Steve Bannon accusa della crisi e truffa finanziaria del 2008 la “generazione Woodstock”, i “figli dell’abbondanza” che si radunarono nella gran festa del rock, della droga e della libertà sessuale,  distrussero la morale puritana delle istituzioni  in nome del “diritto al piacere” e del “Io” narcisista  degradarono le istituzioni. Sono costoro, figli di papà, diventati adulti, anzi anziani, che sono riapparsi come i pescecani di Wall Street, i crudeli senza scrupoli che rubano i soldi ai lavoratori ridendo; privi di ogni rispetto per le persone ma anche per ogni tradizione, hanno creato la società dell’edonismo di massa, dove le istituzioni servono all’egoismo privato: aborto legale e deregulation assoluta per la speculazione, abolizione della Glass-Steagall, sono due epifenomeni dello stessa egemonia. L’impunità per gli speculatori.

Se l’età di Woodstock, degli hippies e dei Figli dei fiori fu una seconda fase (“Risveglio”) quella che viviamo è la Terza svolta, “Disfacimento”: massima debolezza delle istituzioni, incapacità per viltà  dei politici di prendere decisioni difficili, politici al servizio degli interessi bancari invece che dei cittadini, potenti incentrati sull’ethos del bambino viziato, e quindi dominatori  del “capitalismo da casinò”: “l’Uomo di Davos”, secondo Bannon.

Il colossale salvataggio delle banche internazionali fatto pagare ai contribuenti, l’irresponsabilità e l’impunità dei colpevoli del crack del 2008, il necessario repulisti sventato temporaneamente con l’inondazione di liquidità a tasso zero, che ha permesso altre bolle, le banche cui è stato permesso, per 1'euro che hanno in deposito, di prestarne 40 – e che quindi hanno indebitato tutti a livelli insostenibili sono i segni che il “Disfacimento” ha raggiunto il livello patologico, che per Bannon è una  “bancarotta culturale”, “fallimento del senso di responsabilità, del coraggio di affrontare le scelte moralmente dure”.

Un obbrobrio indegno per Bannon, che dal suo lungo servizio in Marina – dicono tutti coloro che lo conoscono bene – ha tratto la forma mentis della responsabilità, e un alto senso del dovere. “Ha rispetto del dovere. La parola che usa molto è “Dharma””, che la letto nel Bhagavad Gita: il dovere che ciascuno deve adempiere, il re facendo il re, il monaco il monaco, senza preoccuparsi dei  risultati. Il successo o l’insuccesso non devono far deflettere dalla fedeltà al proprio dharma. A Goldman Sachs, detestava i colleghi che deridevano “gli allocchi” che “si sono fatti fottere”, gli onesti rovinati.

Ora, Bannon vede che viviamo l’inizio della Quarta Svolta: il momento in cui tutte le scelte “facili” che i politici, i banchieri, la società tutta ha fatto in passato, si “ritorcono contro di noi”.

Il Sistema si rivolgerà contro “di noi”  (per “noi” intende la gente del Tea Party, lavoratori, quelli che Hillary ha deriso chiamandoli I Deplorevoli, o Hollande “I senza denti”) perché vuole durare a nostro danno. Sarà “un periodo brutale, il più cattivo e brutto della storia”; e secondo lui durerà dieci-vent’anni.

Alla fine del film Generation Zero, la voce narrante dice: “La storia è stagionale, e ora arriva l’inverno”. Come affrontarlo e vincere? “Col carattere”. E cominciando col rendersi conto che la crisi che viviamo è una “tragedia” – una tragedia nel senso greco del termine: quella per cui Edipo uccide suo padre e va a letto con sua madre per esempio – e non “un incidente d’auto”; una circostanza sfortunata: “Il significato greco della tragedia – dice Bannon – è che quel terribile che accade deve accadere, a causa della natura dei  partecipanti. Perché tutti quelli coinvolti lo fanno accadere. E non possono che lasciarlo accadere, perché tale è la loro natura”.

La truffa dei subprime che ci ha dato 10 anni di depressione mondiale ha dovuto avvenire, perché i Figli dei Fiori della generazione Woodstock sono quelli che sono: adepti del  principio del piacere, narcisisti, spregianti delle regole morali dei padri e di nonni.

Edipo non è innocente come credeva di essere.

Nel film, Bannon fa dire al narratore:
Stop! Smetti di fare quel che fai. Smetti di spendere come prima. Smetti di impegnarti a spese che non puoi permetterti. Smetti di ipotecare il debito futuro dei tuoi figli. Smetti di manipolare il sistema bancario. E’ il momento del pensiero duro, del “no” ai salvataggi della finanza; di cambiare la cultura, di ricostruire la vita istituzionale”
   
Ufficiale nel 1978, ha partecipato al tentativo (fallito) di liberare i 52 ostaggi nell’ambasciata Usa a Teheran.

E per ricostruire la vita istituzionale, Bannon guarda a quegli strati della popolazione che hanno mantenuto una cultura del dovere e una formazione professionale alla responsabilità. L’ufficiale di Marina che è in lui, nelle riunioni degli attivisti Alt-Right, saluta per primi “veterani” (i reduci) e gli ufficiali in servizio, elogiandone il carattere.

Guarda anche ai lavoratori, gli “americani dimenticati” della classe media, agli operai devastati dalle localizzazioni, la gente che ha votato Trump, per la quale Trump parla, e in cui Bannon crede si siano mantenute le virtù che ha visto in  suo padre: il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, lo stringere i denti e andare avanti, l’onestà fondamentale.

Trump sa che non ha alcun bisogno di “fabbricare” la crisi finanziaria, come Roosevelt fabbricò Pearl Harbor per consolidare lo spirito civico e patriottismo. Lui, come Bannon, sanno che la crisi avverrà: la tragedia nel senso greco è iscritta nella natura di “questa generazione”. Sarà spazzata via, questa generazione, gli invecchiati  Figli dei Fiori che sono diventati gli squali di Wall Street saranno inceneriti dall’Apocalisse, le masse “illuminate” e consumiste non sopravviveranno a quel sistema “trasgressivo”, edonista e individualista che hanno creato ed oggi si accartoccia in oppressione mortuaria, in cui volontariamente si estinguono – perché fateci caso, tutte le nuove leggi progressiste sono funerarie: sterili nozze fra sodomiti, suiicidio assistito, eutanasia.

Bannon scommette che i “dimenticati”, i lavoratori disoccupati, le famiglie che hanno perso la casa ipotecata ed ora vivono nelle tende, la classe media fedele ai principii familiari, i soldati che hanno sofferto la guerra, i loro ufficiali, sappiano ricostruire le istituzioni da zero: la Quarta Svolta, l’Intensa.

Ora, lettori (vi conosco) non correte a giudicare, come siete tentati di fare con “la pancia”. La vostra petulanza “di pancia”, con cui fastidiosamente interloquite su cose serie di cui non avete alcuna esperienza, vi rivela come parte della fatua generazione che non sopravviverà all’Inverno.

Noi, qui, abbiamo cercato solo di capire, di intravvedere un senso nella politica che Bannon e Trump stanno cercando di attuare. Se sia bene o male, peggio: se vi piaccia o non vi piaccia, non ha alcuna importanza. Non c’è fretta di giudicare, del resto, una crisi di civiltà che è già in corso “e coinvolge tutti i campi, uno sconvolgimento insieme metastorico e escatologico” (Philippe  Grasset). Ci rallegriamo intellettualmente che alla Casa Bianca  abiti, fosse solo per poco, un intellettuale che –  pur nella forma o deformità americana, – si può definire un tradizionalista, addirittura un guénoniano (per dirla con Grasset), conscio del tempo ciclico degli eventi, consapevole  di ciò che deve finire: e che la crisi va portata fino al suo estremo catastrofico, perché si possa sperare in una rinascita escatologica.

http://www.dedefensa.org/article/bannon-un-guenonien-a-washington-dc


Post Scriptum.
Questo articolo è largamente ispirato da quello di Alastair Crooke. Che è lui stesso un personaggio singolarmente analogo a Bannon: ex agente britannico MI6, poi consigliere dell’alto rappresentante della UE (il noto Javier Solana) negli anni 2000, ha poi abbandonato carriera e sicurezze per l’indipendenza. Ha creato  un suo think tank,  http://www.conflictsforum.org/
“senza sostegni istituzionalizzati, caratterizzato dalla rottura col pensiero dominante o del Sistema  e la sua doxa”. Un intellettuale anche lui. Guénoniano, ritengo.
https://consortiumnews.com/2017/03/09/steve-bannons-apocalyptic-unravelling/?print=print


Maurizio Blondet

fonte:  http://www.maurizioblondet.it/steve-bannon-aspetta-lapocalisse-ed-anche-suoi-nemici/

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