lunedì 27 marzo 2017

Il British Medical Journal supporta Donald Trump


Un editore associato del British Medical Journal e membro della Cochrane Collaboration, Peter Doshi della Facoltà di Farmacia dell’Università del Maryland, ha scritto un articolo sulla rivista in supporto allo scetticismo dichiarato da Donald Trump in tema vaccinale.

Nell’articolo Doshi espone la pigrizia dei media ufficiali e la guerra di Donald Trump con i media mostra perché i giornalisti medici devono riconoscere che non tutti la pensano come loro.

Doshi, che è stato a lungo un critico della vaccinazione antinfluenzale, scrive:
In qualche misura, deve essere un divertimento per i giornalisti scrivere sull’amministrazione Trump. Dire la verità ai potenti sembra essere un nuovo, facile gioco. La dichiarazione sulla “più ampia folla da sempre accorsa a testimoniare l’inaugurazione,” [Rif. 1] è stata istantaneamente seguita da un rilancio dell’asserzione [Rif. 2 ; Rif. 3] post-elezione che “milioni” di voti illegali sono costati a Trump il voto popolare.
Come ciliegina sulla torta, la consigliera di Trump, Kellyanne Conway, se ne è uscita con un neologismo per spiegare realtà incongrue: “fatti alternativi”.
I media hanno reagito immediatamente, dicendo che una bugia deve essere chiamata una bugia.
E nel caso i giornalisti avessero bisogno di essere ulteriormente polarizzati, il Presidente e il suo staff non hanno messo alcuna scusa. Fanno uscire le loro foto e dicono che non hanno detto le cose che in realtà hanno detto.
Sembra realistico affermare che la guerra con i media è iniziata.
Ma i giornalisti pensano che sarà il potere della penna a vincere? Pensano che il “controllo dei fatti” e le analisi dettagliate di come le menzogne si diffondano come “infezioni” [Rif. 4] cambierà ciò che la gente pensa di Trump e della sua politica, sia a favore che contro?
“La verità” ci condurrà verso un ampio consenso in mezzo ad uno sfondo di profonde divisioni ideologiche che portano i diversi segmenti della popolazione a leggere differenti canali informativi, senza una sola fonte ritenuta affidabile in termini di pertinenza e imparzialità?
Pensiamo davvero che le cosiddette “bolle di filtraggio” in cui viviamo siano abbastanza permeabili che molti di noi arrivino anche solo a conoscere cosa stanno leggendo, scrivendo e credendo quelli che stanno in una bolla diversa dalla nostra?
Ne dubito. E sebbene mi piaccia credere di sapere come pensano coloro con cui sono in disaccordo, onestamente dubito di poterlo sapere davvero. Decine di milioni di americani hanno votato per Donald Trump, e io ne conosco solo uno. Invece che di persone vere, la mia testa è piena delle caricature che i media mi hanno restituito: “maschi bianchi senza istruzione,” il “branco di miserabili,” i “rozzi della rust belt.”
A meno che, e fino a che i media non affronteranno ciò che hanno afferrato per un attimo all’indomani dell’elezione – ossia che i giornalisti che vanno per la maggiore hanno abbondantemente perso il contatto con le vaste distese dell’America [Rif. 5 ; Rif. 6] – non verrà inteso il vero potere del giornalismo.
Con l’imminente smantellamento della riforma sanitaria di Obama – alcuni sondaggi rivelano che milioni di americani vogliono in realtà che questo accada in un qualche modo – sembra certo che nei prossimi anni i problemi ci saranno anche per i giornalisti medici e le riviste per cui lavorano. Se l’elezione di Donald Trump ha insegnato qualcosa, gli attuali approcci giornalistici non funzioneranno.
Un argomento su cui il nuovo presidente potrebbe mettere alla prova i giornalisti è quello dei vaccini.
Il candidato Trump ha espresso dei dubbi circa la politica vaccinale [Rif. 7] e vi è motivo di pensare che vi sia in programma una “commissione per la sicurezza dei vaccini”. [Rif. 8]
A questo punto Doshi descrive diversi punti interessanti in un delicato equilibrio.
Un buon giornalismo su questo argomento richiederà di abbandonare l’attuale pratica di evitare le interviste, lo sforzo di comprendere, e l’espressione di voci critiche per paura che la manifestazione di qualsiasi critica corrisponda alla presentazione di un “falso equilibrio” che si tradurrà in allarme per la salute.
Ha importanza naturalmente che la stragrande maggioranza dei medici o degli scienziati sia d’accordo su qualcosa. Tuttavia i giornalisti medici dovrebbero essere tra i primi a rendersi conto che se da un lato le prove contano, altrettanto conta la legittima preoccupazione dei pazienti. E se i pazienti hanno preoccupazioni, dubbi o sospetti, ad esempio sulla sicurezza dei vaccini, questo non significa che siano “anti-vaccinisti”.
Le posizioni anti-vacciniste certamente esistono nel mondo, ma un approccio che etichetti chiunque e tutti coloro che sollevano interrogativi sulla legittima cocciutaggine delle attuali politiche vaccinali – me compreso – [Rif. 9] come “anti-vaccinista” fallisce da diversi punti di vista.
In primo luogo, essi falliscono nel rappresentare correttamente la natura della preoccupazione. Molti genitori di bambini con disturbi dello sviluppo e che si interrogano sul ruolo dei vaccini hanno fatto vaccinare i loro bambini. L’anti-vaccinismo è un’ideologia, e le persone che hanno fatto vaccinare i loro bambini sembrano candidati improbabili per questo titolo.
In secondo luogo fanno di tutti i vaccini un fascio come se la decisione su rischi e benefici sia la stessa indipendentemente dalla malattia – poliomielite, pertosse, vaiolo, parotite, difterite, epatite B, influenza, varicella, HPV, encefalite giapponese – o indipendentemente dal tipo di vaccino – vivo attenuato, inattivato a cellula intera, a virus spaccato, ad alto dosaggio, a basso dosaggio, adiuvato, monovalente, polivalente, ecc.
Ciò sembra all’incirca tanto intelligente quanto categorizzare le persone in “pro-farmaco” e “anti-farmaco” a seconda che esse abbiano mai espresso preoccupazione per i potenziali effetti collaterali di un farmaco.
In terzo luogo, etichettare persone preoccupate per la sicurezza dei vaccini come “anti-vacciniste” rischia di radicalizzare le posizioni. L’etichetta (o il suo derivato dispregiativo “anti-vax”) è una forma di attacco.
Essa stigmatizza il solo, semplice atto di far domande su una questione aperta, ossia su ciò che è noto e ciò che è sconosciuto circa la sicurezza dei vaccini.
In quarto luogo, l’etichetta assume troppo in fretta che ci siano “due facce” di ogni domanda, e che le “due parti” siano contrapposte.
Questo modo di pensare “o sei con noi o sei contro di noi” è inadatto alla medicina.
Molti genitori che devono fare una scelta sulla salute dei loro figli in ultima analisi prendono decisioni, ad esempio se vaccinare o non vaccinare, con la persistente incertezza di essere o meno nel giusto.
Quando è data loro la possibilità di scelta, alcuni dicono sì ad alcuni vaccini e no ad altri.
Questi genitori non sono dei fanatici, essi devono prendere una decisione navigando nel grigio, agendo in presenza di un flusso costante di incertezza.
E tra queste incertezze ci sono gli effetti collaterali conosciuti e sconosciuti che ciascun vaccino comporta.
Contrariamente alla convinzione – generalmente implicita – che i vaccini siano privi di rischio (e quindi perché qualcuno dovrebbe mai resistere alle raccomandazioni ufficiali), la realtà è che le informazioni mediche ufficialmente autorizzate e scritte sui vaccini sono – proprio come i farmaci – piene di informazioni su comuni, non comuni e non confermati, ma possibili, danni. [Rif. 10 ; Rif. 11]
Anche se MPR e autismo hanno dominato la scena giornalistica su questo problema, e i giornalisti hanno rappresentato in modo corretto il consenso scientifico che rifiuta qualsiasi collegamento, la maggior parte dei giornalisti non ha sufficientemente riconosciuto il fatto che organismi come l’Istituto di Medicina hanno “trovato prove convincenti di 14 effetti sulla salute, tra cui convulsioni, infiammazione del cervello, e svenimento – che possono essere causati da alcuni vaccini, anche se questi risultati si verificano raramente”. [Rif. 12]
E per 135 altri eventi avversi indagati, il comitato ha concluso che “le prove erano insufficienti per accettare o rifiutare una relazione causale “con i vaccini.
I giornalisti medici hanno l’obbligo di dire la verità. Ma i giornalisti devono anche garantire che i pazienti vengano prima di tutto, il che significa un nuovo approccio al modo di trattare la questione dei vaccini. È tempo di ascoltare – seriamente e rispettosamente – le preoccupazioni dei pazienti, non di demonizzarli.
Doshi vorrebbe quindi depolarizzare il problema, anche se per molte persone arriva decisamente in ritardo. Un problema che si pone è che quando si dispone di una macchina repressiva la reale valutazione del rischio-beneficio è fortemente pregiudicata, e rende molto più facile l’immissione sul mercato di prodotti difettosi. 

Dato il luogo di pubblicazione non sorprende che Doshi respinge molto flebilmente una connessione vaccino MMR-autismo, in quanto appare molto forte il contrasto con il suo successivo riconoscimento che i Disturbi del neurosviluppo [richiamando la neuroinfiammazione] sono implicati all’uso dei vaccini

In un clima altamente emotivo, condito da insulti di ogni genere, e dove regna l’isteria, per una voce razionale potrebbe risultare quasi impossibile essere ascoltata. Tuttavia, è apprezzabile la pubblicazione di questo bando di razionalità e la chiamata ad una discussione più tollerante e maggiormente aperta.

In fondo, non ha più senso nascondere [o ancor peggio censurare] che vi sono prove documentali schiaccianti che evidenziano il caso di corruzione massiva avvenuto presso i CDC di Atlanta in merito alla questione vaccino MMR-autismo. Così come non ha più senso nascondere [o ancor peggio censurare] che vi sono altrettante prove documentali schiaccianti che riportano Autismo e numerosi Disturbi del neurosviluppo tra gli effetti avversi della vaccinazione esavalente.



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