giovedì 23 marzo 2017

Lettera dalla Kirghisia

 
In Kirghisia la notte è un incanto
e appartiene a tutti.”
(Silvano Agosti)

“Miei carissimi amici,
molti di voi sono sempre più increduli sull’esistenza di questa società che, con il massimo entusiasmo, sia pure in modo frammentario, vado descrivendo nelle mie lettere. Vi prego, in nome della nostra amicizia, di non cadere nell’inganno, definendo la Kirghisia un’utopia. Riflettete solo sul fatto che gran parte di ciò che vi circonda e appartiene alla vostra vita, un tempo neppure tanto lontano veniva considerato un’utopia.

Quando Leonardo da Vinci progettava le sue macchine volanti così simili agli elicotteri di oggi, o si ipotizzavano le prime ferrovie o persino quando si incominciò a parlare della pittura in movimento proiettata su grandi teli bianchi (il cinema); sempre si frenava ogni entusiasmo affermando che era impossibile, che si trattava di Utopie.

Del resto nel 1800 i grandi utopisti francesi teorizzavano, tra lo scherno dei contemporanei, un pranzo caldo al giorno per ogni cittadino. Certamente sareste anche più increduli se vi dicessi che, per incontrare il Primo Ministro qui in Kirghisia, è bastata una semplice telefonata e dopo meno di venti minuti parlavo con lui.

Dunque non è stato difficile farmi ricevere dal Primo Ministro del Governo in carica, anzi, come segno di cortesia verso uno straniero, sono stato invitato a pranzo con lui dal Primo Ministro del Governo per il Miglioramento della Qualità della Vita.

Del resto anche Indira Gandhi fece lo stesso e con analoga spontaneità. Ricordo che durante l’intervista filmata le dissi: «Ho una domanda delicata da farle.» E lei: «Prego.» «Molti dicono che qualcuno ti ucciderà.» Indira, annunciandola risposta con un sorriso indimenticabile ha sussurrato: «Che c’è di delicato nel fatto che mi uccideranno?» Dopo qualche tempo, qualcuno le ha sparato.

Qui in Kirghisia invece, le probabilità che qualcuno spari al Primo Ministro sono nulle. Non solo perché le armi sono state seppellite con riti analoghi alla sepoltura dei defunti, ma perché nessuno ha una qualsiasi ragione per uccidere un proprio simile.

«Invece di continuare a seppellire i morti per arma da fuoco come si fa ogni giorno in altri Paesi, noi abbiamo seppellito le armi. Esistono ormai veri e propri cimiteri dove abbiamo accatastato armi e veicoli da guerra, monumenti di un’epoca che speriamo non torni più.

Qui essere Primo Ministro è una professione volontaria. Ognuno può iscriversi alle liste del volontariato politico. Ogni tre anni si forma un nuovo governo, mentre quelli che hanno gestito il Paese entrano a far parte del nostro secondo governo, che si occupa di migliorare le condizioni di vita e perfezionare l’organizzazione dello stato.»

Sono affascinanti questi cimiteri delle armi, dove strumenti micidiali di morte semisepolti. Sembrano sprofondati nella terra. Abbiamo visitato, su mia richiesta, uno di questi cosiddetti cimiteri delle armi. Si tratta di grandi spazi, nei quali ogni genere di arma è semi sepolto e stupendamente ricoperta di ruggire, come scriveva un antico poeta kighiso:

Vestite di ruggine le armi
e i vostri aratri
di riflessi lucenti.

Sotto vetro vicino ad ogni arma un piccolo cartello informa: “Questo mitragliatore ha ucciso 850 esseri umani.” “Questo carro armato ha abbattuto 2.300 abitazioni civili.” “Questo tipo di bomba era in grado di uccidere 300.000 persone in pochi secondi.”

In alcune nicchie ci sono perfino alcune fotografie dei responsabili con titolo a eterno biasimo: “Costui ha inventato le mine antiuomo, responsabili della morte e della mutilazione di milioni di esseri umani.”

«Ma se una potenza straniera invade il vostro Paese?» Domando con acume tutto occidentale. «Grecia capta, coepit victores. La Grecia catturata, catturò i suoi vincitori. Come? Con la cultura. Qualsiasi popolo venendo a contatto con noi, si convincerebbe di quanto è semplice vivere in uno stato di perenne serenità. Li aspettiamo.» Il Primo Ministro è un ometto sulla cinquantina, vestito sobriamente, con un ciuffo di capelli bianchi che gli schiarisce la fronte.

«Sono il Primo Ministro solo da un anno e anch’io, come tutti in Kirghisia, lavoro tre ore al giorno.» «Com’è possibile che uno Stato funzioni quasi da solo?» «Il nostro principio motore è l’autogestione, a tutti i livelli,. Ogni abitante è in pratica Autore del proprio destino. Tutti hanno familiarità con tutti. Prima i ricchi vivevano isolati nelle loro ville.

Erano prigionieri del loro benessere e, direttamente o indirettamente, determinavano una società non serena, forse per rendere tollerabile il loro isolamento. Anche dopo le nostre riforme, hanno tentato di proseguire nella condizione di ricchi, isolandosi dagli altri, poi anche loro hanno dovuto aprire le porte e gli animi per partecipare al grande gioco della vita.

I loro parchi e i loro giardini si sono aperti a tutti e finalmente le voci dei bambini riempiono quella che un tempo era solo una dorata solitudine.» Mi accompagnava lui stesso dall’altro Primo Ministro e suo collega, il Capo del Governo per il Miglioramento, dal quale siamo invitati a pranzo.

Camminiamo a piedi in queste strade ampie, soleggiate e bonificate, perché libere dal traffico. La gente affacciata alle finestre saluta il Primo Ministro. Si direbbe che tutti lo conoscano, ma che anche lui conosca tutti. Mi vergogno al solo pensiero di chiedergli se non ha paura di andarsene in giro senza guardia del corpo o senza la macchina blindata.

Intervisterò anche il Capo del Governo per il Miglioramento. Chi amministra, raramente la la possibilità di migliorare le strutture operative, mentre un governo che si occupa solo di osservare il funzionamento delle istituzioni, può migliorarle sempre più. Il Primo Ministro del Governo per il Miglioramento è una donna.

Ci riceve mentre sta annaffiando il giardino. Posa con grazia la canna dell’acqua, poi sorridendo: «Volete accomodarvi? Il pranzo è pronto, ho cucinati io stessa.» Ci fa strada fino a una deliziosa piccola veranda, dove sediamo a una tavola accuratamente preparata. Al centro un ampio vassoio con gli antipasti tipici della Kirghisia.

Polpa di granchio su tartine imburrate al mais. Segue un delizioso fritto di pesce con insalate appena colte. Durante il pranzo l’attenzione dei due ministri è concentrata sulle mie domande. «Dunque volete che spieghi la funzione specifica del Governo per il Miglioramento del Paese?

Il Governo per il Miglioramento ha il compito di individuare e proporre soluzioni migliorative in ogni settore della vita pubblica. Proprio oggi ho esaminato un progetto particolare che forse riusciremo a realizzare. Si tratta di una cappa termica che interessa un centinaio di chilometri quadrati, capace di mantenere la temperatura della capitale al livello costante di 25 gradi.

In pratica queste nuove tecnologie consentirebbero di determinare una primavera permanente, permettendo ai nostri cittadini di vivere, se lo desiderano, sempre all’aria aperta, giorno e notte.» «E le stagioni e i cicli naturali del tempo?» Chiedo stupito. «Le stagioni le andremo a vedere ai confini della città. Ma ci vorrà ancora qualche decina di anni, il progetto va prima sottoposto a tutti i cittadini.

Senza l’unanimità da noi nessuna proposta viene attuata. Abbiamo calcolato col Ministro per il Miglioramento delle Finanze, che questo nuovo modo di vivere abbasserebbe il costo pro capite di ogni cittadino, consentendo di diminuire l’orario di lavoro a un’ora al giorno o, a scelta, a un giorno la settimana naturalmente sempre a pieno stipendio.»

Questa mia nuova giornata in Kirghisia termina con una visita all’ospedale, completamente autogestito dai malati. I meno gravi o i convalescenti si occupano di cucinare o di riordinare le stanze. I medici non hanno camici, ma sono vestiti della loro competenza.

Torna alla mente Franco Basaglia che, dopo aver vinto la sua battaglia per mettere fuorilegge i manicomi e dopo aver liberato decine di migliaia di malati dai letti di contenzione e dagli elettroshock, diceva ai giovani medici: «Non indossate il camice, la gente deve riconoscere chi è il medico dal comportamento e non dalla divisa.» Franco Basaglia cittadino onorario di Kirghisia. Amici cari, per ora vi saluto e vi abbraccio.” 


 (Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, Edizioni L’Immagine)


fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/02/lettera-dalla-kirghisia.html

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