giovedì 16 marzo 2017

Eppure… eppure…

Osserva il mondo in un altro modo.
Cambia il tuo modo di guardare le cose.
(Dogpa Rimpoche)

“Leggendo la vita di un grande poeta giapponese, Issa, sappiamo che ha sofferto. Issa deve essere stato un uomo estremamente sensibile: era un grande poeta, è stato uno dei più grandi poeti di haiku. Quando aveva solo trent’anni aveva già perso i suoi cinque figli… cinque figli gli erano morti quando aveva solo trent’anni – praticamente aveva perso un figlio all’anno. Alla fine gli morì la moglie e lui quasi impazzì completamente - era angosciato, sofferente.

Andò da un Maestro zen. Il Maestro zen gli chiese: «Qual è il problema?» Issa disse: «I miei cinque figli sono morti e ora mi è morta la moglie. Perché esiste tanta sofferenza? Non riesco a capirne il motivo. Come si spiega? Non ho fatto nulla di male a nessuno, ho vissuto del tutto innocentemente. Di fatto ho vissuto esternamente distaccato. Non ho molte relazioni con le persone - sono un poeta, ho vissuto nel mio mondo. Non ho fatto nulla di male a nessuno.

Ho vissuto una vita molto povera, ma ero felice. Ora, all’improvviso, i miei cinque figli se ne sono andati, e anche mia moglie se n’è andata. Perché esiste tanta sofferenza, e senza ragione? Deve esserci una spiegazione.» Il Maestro zen gli disse: «La vita è del tutto simile a una goccia di rugiada al mattino. È nella natura delle cose che accada la morte. Non c’è alcuna spiegazione, è la natura della vita.

Non è necessario dare alcuna ragione speciale. La natura della vita è simile a una goccia di rugiada: è appesa per un attimo a un filo d’erba; una leggera brezza e se ne è andata; il sole sorge ed essa evapora. Quella è la natura della vita. Ricordalo!» Issa era un uomo di profonda intelligenza. Lo comprese. Tornò a casa e scrisse un haiku. Nell’haiku dice:

La vita, una goccia di rugiada?
Certo, lo capisco.
La vita è una goccia di rugiada.
Eppure… eppure…

In quel «Eppure… eppure…», dice qualcosa di immensamente umano. «La vita è una goccia di rugiada - lo capisco. Eppure…» La moglie se n’è andata, i bambini se ne sono andati e gli occhi sono colmi di lacrime: «Eppure… eppure…» «Certo, la vita è una goccia di rugiada, ma...» e quel “ma” è grandioso. Solo coloro che hanno sofferto possono comprendere che la vita è una goccia di rugiada, ma anche allora «Eppure… eppure…» rimane.

Anche quando comprendi, la comprensione è difficile. E che dire a coloro che non hanno sofferto? Essi vivono una vita superficiale. La felicità è sempre superficiale. Solo la tristezza ha profondità. La vita è superficiale; in sé non ha nessuna profondità; solo la morte ha profondità. La vita è estremamente comune: mangiare, guadagnare, amare - è del tutto ordinaria.

La sofferenza ha una profondità: ti risveglia, ti sconvolge e ti fa uscire dal tuo sonno. Certo, solo coloro che hanno sofferto comprenderanno ciò che sto dicendo: «Eppure… eppure…» - perfino loro potrebbero non comprendere. Ma le cose stanno così, così è la vita. Se ci si scoraggia per questo e si pensa di non chiamare, di non dire nulla…

Quando Buddha si illuminò, restò in silenzio per sette giorni. Pensò: «Chi mi ascolterà?» Pensò: «Cosa dirò? Chi capirà?» Pensò: «Le cose che mi sono accadute - se qualcuno me ne avesse parlato quando non mi erano successe, neppure io le avrei comprese. Pertanto, chi mi capirà, a chi interesserà?» Per sette giorni rimase seduto, sedette e sedette sotto l’albero del bhodi.

La tradizione dice che i deva nel cielo si preoccuparono profondamente: «Perché se ne sta tranquillo? Solo ogni migliaio di anni qualcuno si illumina. Perché non chiama le genti?» Allora vennero e si inchinarono ai piedi di Buddha e dissero: «Dovresti dire qualcosa. Ti sei realizzato, devi condividere la tua chiamata. La parola deve diffondersi tra la gente. Perché te ne stai tranquillo?

Abbiamo aspettato e aspettato... sette giorni sono sembrati sette secoli. Cosa stai facendo? Non sprecare tempo. Sarai qui solo per un breve lasso di tempo e poi scomparirai per sempre, e in eterno. Prima di scomparire, lancia la tua chiamata.» Buddha disse: «Chi mi ascolterà? Chi comprenderà?» ma quei deva erano molto astuti, ed è un bene che lo fossero. Discussero, lo persuasero. Dissero: «Certo, hai ragione.

È raro, è molto rara la possibilità che qualcuno ascolti, e ancora più rara la possibilità che qualcuno comprenda. Ma esiste la possibilità. Chiamane un migliaio: cento ascolteranno, novanta non capiranno; dieci si metteranno in cammino, nove si perderanno per strada. In un luogo o in un altro penseranno di essersi realizzati, si siederanno sul ciglio e penseranno di essere arrivati a casa. Solo uno arriverà, ma uno è più che sufficiente.» Buddha comprese e iniziò a predicare.” 

(Osho) 


fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/02/eppure-eppure.html

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