Si
è detto che l’uomo ricevette in dono la parola per potere dissimulare
il proprio pensiero: se fosse invece vero che la parola abbia l’aiutato a
non pensare?
Parliamo molto spesso per non dire nulla e ascoltiamo spesso concetti che non sono neppure degni di essere espressi, sarebbe meglio tacere.
Molte Scuole del silenzio usavano formare i loro discepoli mettendoli di fronte a se stessi, lasciandoli di fronte ad uno spettacolo muto.
Allorchè ci si accorgeva che da tale insegnamento il discepolo non ricavava nulla, allora voleva dire che egli era in possesso di una mente pigra che non era stimolata a pensare e, quindi, non adatta a perseguire la Conoscenza.
Se invece la mente del
discepolo iniziava a pensare, allora voleva dire che egli possedeva uno
spirito attivo e idoneo a ragionare usando le proprie risorse.
Comunemente si crede che l’alchimia fosse un complesso di procedimenti chimici attuati per ottenere la trasformazione dei metalli vili in oro. L’alchimia fu sia l’arte che fondò la moderna chimica, ma fu anche l’arte della cultura intellettuale e morale dell’uomo.
Nel 20. secolo
il grande psicanalista, Carl Gustav Jung, ha messo in evidenza il
significato del lavoro alchemico come simbolismo della ricerca
spirituale. Secondo Jung, le operazioni alchemiche avrebbero una
corrispondenza nel processo di individuazione, inteso come
consapevolezza della propria individualità e scoperta dell'io interiore.
La trasmutazione dei vili metalli equivarrebbe, quindi, alla
trasformazione di antropoidi vili e rozzi, barbari ed immorali, in
uomini civili, istruiti e moralmente elevati. A questi studi Jung dedicò
gli ultimi 20 anni della sua vita e li spese studiando e collegando
l’alchimia con la cabala, il taoismo, cercando di collegare le varie
dottrine delle antiche scuole sapienziali.
L'alchimia – secondo Jung - non sarebbe altro che la proiezione nel mondo materiale degli archetipi dell'inconscio collettivo, e tali archetipi, cioè le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano, vengono rivestite di immagini simboliche, per cui, per studiare gli archetipi bisogna investigare il simbolo.
Lo studio dei simboli favorisce l’indipendenza del pensiero poiché svincola il pensiero dalle gabbie tradizionali del pensare comune. Nel simbolo si coglie l’assonanza, lo sfondo, il palpito comune, il risonare armonico: nel simbolo risuonano gli stessi livelli di colui che lo osserva.
Per cui con l’aumento del livello di risonanza aumenta il livello di consapevolezza del significato simbolico. Il vero arcano si svela in virtù della meditazione e dal lavoro su se stessi e si inganna colui che cerca di trovare il significato fuori da se stesso.
Nello Zohar (I-246 b) leggiamo un passo di grande bellezza ed intensità, che recita:
“ Vieni e considera. Il pensiero abissale (machshabà) è il principio di tutto. Per il fatto che è pensiero, si trova all’interno, segreto e non palese. Spingendosi oltre il pensiero giunge laddove si trova il respiro (ruach) ; e quando giunge in quel luogo prende il nome di parola interna (binà) e pur non essendo segreta come il pensiero precedente è in qualche misura segreta e non udibile. Il respiro (ruach) si diffonde e produce la voce percepibile formata di fuoco, acqua e respiro (Scin, Mem, Alef) e sono anche Nord, Sud e Oriente. La voce comprende tutte le altre facoltà. La voce guida il discorso, che esprime la parola nella sua articolazione; infatti la voce è emessa dal luogo del respiro (ruach) e viene a guidare la parola, affinché le parole siano pronunciate giustamente.
Se tu puoi, porgerai mente alle sephiroth
che il pensiero abissale, la parola interna, la voce percepibile e il
discorso sono la stessa cosa. Tutto è uno. Il pensiero è il principio di
tutto e non c’è separazione, ma tutto è uno e il legame è uno. Come è
scritto : “Il Signore è uno, e il Suo nome è uno”.
Per la concezione cabalista, le anime
“sono scintille di Luce Infinita scese nel palcoscenico dei mondi per essere interpreti e attori degli eventi cosmici ed umani. Tuttavia, durante il loro processo di discesa e di incarnazione, esse si dimenticano della loro origine e tendono ad identificarsi con gli stati materiali della creazione. Mentre il loro scopo è quello di essere messaggeri della consapevolezza divina all’interno della creazione stessa.”
Sia l’alchimia che la Cabala
possono essere complicate e semplici allo stesso tempo, possono essere
vissute come discipline trascendenti o immanenti, come forme meditative o
emotive, perchè i loro linguaggi sono multiformi. Esse sono accessibili a
tutti coloro che sono in ricerca, senza discriminazioni per fede o
religione. Tutti possono ricevere messaggi diversi, ma esse sono fonti
genuine da cui nessuno riparte senza essersi dissetato.
Mi sembra sempre sorprendente la modernità delle lezioni che tali dottrine ci offrono, i moniti con cui ci addestrano. Mi piace pensare che per i nostri tempi sia utile il monito che spesso la vita ci fa agire come marionette, mentre invece dovremmo vivere come attori consapevoli, come “messaggeri della consapevolezza divina” come vorrebbe la cabala.
Buona erranza.
Sharatan ain al Rami
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