RISCOPRI E VALORIZZA LA BIODIVERSITA’ UMANA, AMBIENTALE E CULTURALE PER UNA VITA PIU’ GIUSTA APPAGANTE E PIENA
intervista a Beatrice Scappini. Per rispondere ai problemi della storia
moderna, oltre all’intervento di grandi organizzazioni e Governi,
esiste una soluzione alternativa, una dimensione silenziosa, innocua ma
efficace: il Km0, che responsabilizza ognuno di noi, perché ci permette
potere decisionale e sovranità. Ne abbiamo parlato con Beatrice
Scappini, autrice del manuale Vivere a Km0, di prossima pubblicazione
per Il Filo Verde di Arianna.
Come puoi spiegare come e quando nasce il
termine chilometro zero e cosa si intende con esso? Il Km0 nasce grazie
ai food miles cioè le miglia che un prodotto alimentare percorre dal
luogo di origine attraverso le varie fasi di trasformazione e
distribuzione fino all’utilizzatore finale. Food miles è un movimento
nato nel mondo anglosassone e in alcuni stati europei negli anni
Settanta: in quel periodo è nata la necessità di rispondere a un sistema
agricolo e agro-industriale progressivamente più divergente dalla
tradizione, supportato da consumatori interessati alla quantità e alla
varietà, e disinteressati rispetto alla stagionalità, al territorio,
alla qualità e alle proprietà organolettiche dei prodotti (profumo,
sapore, consistenza).
COL TEMPO ALTRI PAESI TRA CUI L’ITALIA HANNO ACCOLTO IL CONCETTO DI FOOD MILES
trasformandolo in Km0, nome più chiaro e più comunicativo e concetto
più ampio e complesso. Quando si parla di Km0, l’immagine che viene alla
mente è quella del mercato settimanale degli agricoltori locali
presente ormai in molte città e che basti acquistare frutta e verdura
locale una volta ogni tanto per far prosperare l’economia della
comunità. Quali sono gli altri aspetti dell’economia a Km0? Come si
declina per quel che riguarda l’abitare, il vestire, il muoversi, il
viaggiare, la salute ecc.?
L’economia è scambio di risorse, prodotti,
servizi e denaro. Se questi scambi tra chi produce o coltiva e chi
trasforma o utilizza avvengono sul territorio locale, le persone del
luogo si arricchiscono e prosperano a livello economico. Inoltre secondo
i principi del Km0 e della sostenibilità, se le risorse ambientali e
sociali vengono valorizzate, oltre a creare ricchezza economica diffusa,
si creano le basi per una prosperità sociale e un rispetto vero
dell’equilibrio ambientale. Non è utopia, anzi può essere più semplice
di quello che sembra, perché la differenza la fanno le azioni e le
scelte delle persone che sono a capo delle imprese, delle istituzioni e
delle associazioni, come anche le persone all’interno di famiglie o
comunità nel momento dell’acquisto e dell’utilizzo di prodotti.
Se la
creazione di valore valorizza – cioè utilizza bene e conserva le risorse
umane, ambientali ed economiche locali – il territorio (comune,
provincia, regione o nazione) tende alla prosperità cioè ad avere una
qualità di vita buona e piena di contenuto, a trecentosessanta gradi.
Nel concreto è realmente possibile secondo il Km0 acquistare,
valorizzare, gustare e investire in attività economiche di ogni genere
come l’abbigliamento, l’arredamento, l’industria tecnologica e
meccanica, i trasporti, la cura, i servizi professionali, l’agricoltura,
tutto proveniente dalla nostra provincia o regione.
Vivere a Km0 significa anche coltivare un particolare tipo di relazioni sociali? Quali?
Vivere a Km0 significa proprio ripartire dalle relazioni che viviamo e abbiamo ogni giorno. Qualsiasi esse siano, per esempio relazioni con le persone, le istituzioni, le risorse, le organizzazioni, il territorio, gli animali e il clima. Viverle secondo la dimensione locale ci permette di godere una vita piena di contenuto sorprendente, multiforme e proattivo che ci responsabilizza. In concreto significa valorizzare chi e cosa ci sta fisicamente attorno, perché proprio lì possiamo dare frutto e trovare frutto per noi e gli altri.
Che ruolo ha il concetto di autoproduzione in questo contesto?
L’autoproduzione è il massimo esempio di come vivere a Km0, perché chi produce e chi utilizza un bene o un servizio sono la stessa persona. Ma il Km0 promuove chiaramente la bellezza delle relazioni umane, perciò piuttosto che tendere a un’autoproduzione individuale, vivere a Km0 significa che una comunità al suo interno sia capace di autoprodurre tutto o quasi quello che le serve, in questo modo oltre ad avere prodotti belli, tipici, unici e rispettosi dell’ambiente, favorisce l’instaurarsi delle relazioni umane dirette.
Puoi dare ai nostri lettori dei consigli pratici per iniziare un percorso di vita dal globale al locale?
Un buon inizio per tutti è cominciare col cibo e le bevande a Km0 perché sono facilmente producibili in ogni luogo. Perciò se iniziamo ad acquistare una spesa alimentare sempre più locale e di conseguenza stagionale, già una prima pietra solida è posta alla base del nostro percorso di km-azzeratori, perché acquistare cibo locale da persone del luogo ci permette di sperimentare il Km0 nel quotidiano. Ciò ci aiuta ad abituarci a scegliere prodotti e servizi, non solo alimentari, provenienti dal territorio. Inoltre la comunità (una famiglia, un quartiere, una città, una provincia, un paese, una contrada) e la politica possono iniziare a pensare a tutto ciò che una comunità necessita per la sua autosufficienza e quindi incentivare la creazione di organizzazioni e imprese per offrire prodotti e servizi mancanti di ogni genere a livello locale. Per ottenere ciò la politica del luogo può coinvolgere le persone e incontrarle fisicamente per trovare soluzioni concrete. Oltre al cibo, una comunità può produrre arredamento, materiale edile, abbigliamento, mezzi di trasporto semplici e complessi, prodotti di largo consumo come detersivi, cancelleria, editoria, artigianato in ogni sua forma, fino ad arrivare all’industria della tecnica e della tecnologia.
In che modo possiamo impegnarci
in prima persona per dare vita a circuiti economici e sociali a Km0
qualora questo processo non sia ancora presente sul nostro territorio?
Per attivare questi circuiti è meglio iniziare in piccolo così da stabilizzare l’iniziativa per poi diffonderla in modo strutturato. Ognuno di noi come singolo cittadino può iniziare in un paese, in una contrada, nel proprio quartiere, in una parrocchia: realtà di giusta grandezza che possiamo gestire. Se manca un servizio nel nostro territorio ognuno di noi si attivi aprendo un’associazione, un’azienda o un’organizzazione di altro genere che risolva quel determinato bisogno. Il concetto da cui partire è quello di sentirsi responsabili della realtà in cui siamo inseriti, creando rete con l’amministrazione, le altre imprese, le persone della nostra comunità.
Secondo le tue ricerche, quali
sono le azioni concrete che devono essere prese da quelle
amministrazioni che vogliano rafforzare la vita comunitaria e le
economie locali?
Le amministrazioni posso organizzare eventi frequenti lungo le strade e le piazze per far uscire le persone dalle proprie case e strutture e per far incontrare i cittadini tra di loro sia per avere momenti di svago insieme, sia per trovare soluzioni partecipate a problemi comunitari. Inoltre, al fine di rafforzare l’economia locale deve essere presente, essa ha bisogno di farsi conoscere dalle imprese, avere relazioni dirette così da coinvolgere più attori della comunità nel far emergere i problemi su cui c’è bisogno di intervento e trovare soluzioni imprenditoriali e sociali per il bene dell’intera comunità. Ovviamente l’amministrazione deve essere disponibile a costruire infrastrutture richieste dalle imprese in accordo con la comunità e offrire sgravi fiscali locali per promuove lo sviluppo della prosperità locale. In sintesi le amministrazioni possono essere le prime ad andare incontro ai cittadini e alle organizzazioni del territorio per svolgere il ruolo di collante tra la biodiversità umana comunitaria.
Come ti sei appassionata a questo tema? Come vivi personalmente?
Per lavoro mi occupo quotidianamente di sostenibilità aziendale e organizzativa, a cui il Km0 è fortemente interconnesso: vivendo la dimensione locale si diventa in automatico più sostenibili, questo vale sia per le persone, sia per le famiglie che per le organizzazioni di ogni genere. Dato che il Km0 è una soluzione sostenibile, ho approfondito il tema sia a livello pratico sia teorico. Nella mia vita personale vivo il Km0 cercando di incontrare in modo vero e aperto il prossimo che mi si presenta, cerco di acquistare qualsiasi cosa necessiti da negozi vicini a dove abito o dove mi trovo fisicamente in cui posso avere un incontro diretto con le persone che vendono, le quali spesso sono anche i proprietari dell’attività, oppure acquisto online da siti italiani o in generale prodotti il più possibile locali, regionali e nazionali. Nel mio lavoro cerco collaborazioni o acquisto servizi da aziende e professionisti il più possibile a Km0. Infine, studio e propongo soluzioni per i miei clienti che abbiano come intermediari persone e organizzazioni il più vicino a loro, così da creare rete locale e ridurre i costi.
Redatto da Pjmanc
http://www.ilfattaccio.org/2015/05/08/vivere-a-km0-si-puo-fare/
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