Il
Buddha Shakyamuni passeggiava un giorno nei Cieli, lungo le rive del
Lago del Fiore di Loto. Negli abissi del lago, il Buddha vedeva gli
inferi. E scorse un uomo chiamato Kantaka, morto da alcuni giorni, che
si dibatteva e soffriva tra i tormenti infernali. Shakyamuni era animato
da una compassione profonda, amava soccorrere le anime dannate che
avessero compiuto anche una sola buona azione nella loro esistenza.
Kantaka
era stato un ladro e aveva condotto una vita dissoluta. In una
circostanza, tuttavia, aveva agito generosamente. Un giorno aveva visto
sulla sua strada un grosso ragno e, nonostante la voglia di
schiacciarlo, l’aveva lasciato in vita, proseguendo il cammino.
Shakyamuni lesse, in quell’azione generosa, uno spirito buono e fu preso
dal desiderio di aiutarlo.
Fece
dunque discendere, nelle profondità del lago, un lungo filo di ragno,
che penetrò negli inferi, fino a raggiungere Kantaka. Quando Kantaka
vide quel filo, come una robusta corda d’argento, si disse che
certamente sarebbe stato difficilissimo salire lungo di esso, ma che
doveva tentare, tanto era ardente il suo desiderio di uscire
dall’abisso.
Prese
dunque a salire; sempre più in alto… sempre più in alto… aiutandosi con
le mani e con i piedi, e facendo immani sforzi per non scivolare.
L’ascesa era lunga. Giunto a metà del cammino, il ladro guardò verso il
basso, verso gli inferi ormai lontanissimi. In alto scorgeva la luce, e
non aveva altro desiderio che raggiungerla.
Salì
ancora e poi, volgendosi verso il basso con un ultimo sguardo, il ladro
vide una gran folla che si arrampicava lungo la corda, sin dagli infimi
abissi dell’inferno. Kantaka fu allora colto dal panico: la corda
poteva a malapena reggere il suo peso, e dunque avrebbe certamente
ceduto e tutti, lui compreso, sarebbero precipitati nuovamente negli
abissi!
(Taïsen Deshimaru)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2017/01/il-filo-di-ragno.html
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