venerdì 13 febbraio 2015

La Quarta Via

 
La Quarta via è una strada speciale, non c’è rinunzia esteriore alle cose, in quanto tutto il lavoro è interiore. Un uomo deve iniziare il lavoro nelle stesse condizioni in cui si trova allorché si imbatte in essa, perché queste condizioni sono per lui le migliori.

Il primo principio è che l’uomo non deve credere a nulla; egli deve apprendere; perciò la fede non entra nella Quarta Via. Uno non deve credere a ciò che sente o a ciò che gli viene consigliato, deve trovare da solo le prove per ogni cosa.

Gli individui credono o non credono allorché sono troppo pigri per pensare. Voi dovete scegliere, dovete essere convinti. 
 
Questo sistema è basato sulla comprensione, ma ognuno comprende qualcosa a suo modo. La comprensione deve essere più vasta.
 
La convinzione che allo scopo di comprendere qualcosa sia necessario definirla è completamente sbagliata, perché la maggior parte delle cose non può essere definita e le poche che possono esserlo, lo possono solo relativamente, con l’aiuto di altre cose.
 
Conoscenza senza comprensione sarà inutile, saranno semplicemente altre parole. 
 
Ascoltate qualcosa che ha un giusto posto nel sistema, e se potete metterla dove le spetta, non potete dimenticarla ed essa rimarrà là; ma se voi semplicemente ricordate ciò che è stato detto senza metterlo al suo giusto posto, esso è completamente inutile. 
 
Comprendere è una funzione combinata di tutti i centri (intellettuale, emotivo, istintivo e motorio). Separatamente, ciascun centro può solo sapere; allorché essi mettono assieme tutto il loro sapere, ciò dà conoscenza. 
 
Se potete osservare una cosa dal punto di vista di un centro, di un altro centro e di un terzo centro, allora comprendete realmente.

La Quarta Via a volte è chiamata la strada del “furbacchione”. Questi è a conoscenza delle tre strade tradizionali:
  • La via del Fachiro (lunga, difficile e insicura. Si lavora sul corpo fisico per vincere il dolore fisico)
  • La via del Monaco (più breve, sicura e precisa. Richiede fede)
  • La via dello Yogi (la via della conoscenza e della consapevolezza)
ma sa anche di più.
 
Esistono situazioni talmente difficili che uno non può andare dritto; è necessario essere “furbi”.

Possiamo capire se abbiamo preso la strada giusta per noi dai risultati. Indubbiamente nella maggior parte dei casi, essi vi appariranno da principio come acquisizioni intellettuali, in quanto acquisite nuove idee, nuove conoscenze. Ma le cose sono combinate in modo che acquisire nuove idee nel sistema è in rapporto con un cambiamento nella comprensione, nell’attenzione, nella volontà … non si possono ottenere nuove idee in una maniera giusta senza un certo cambiamento.

Nelle scuole di Yogi o nella strada religiosa si può andare avanti per molto tempo senza comprendere, facendo solo ciò che viene detto. Quei i risultati sono proporzionali alla comprensione.

L’idea della Quarta Via è che essa elimina dalle tre strade tutto ciò che in esse è inutile, perché oltre a cose necessarie le tre strade hanno altre cose che ci sono rimaste puramente per tradizione, imitazione e così via.

Nella Quarta Via tutti e quattro i centri debbono essere più o meno “vivi”, alla superficie, aperti per ricevere impressioni, altrimenti è necessario un lungo lavoro per aprirli prima di cominciare.

Cosa significa sviluppo? Significa lavorare nei quattro centri, solo che l’ordine dei centri in cui l’uomo lavora è diverso nelle diverse strade. Nella Quarta Via il lavoro viene fatto contemporaneamente nei quattro centri (intellettuale, emotivo, istintivo e motorio). 
 
Psicologia come studio di noi stessi

L’uomo può conoscere quattro stati di coscienza (che possono essere definiti secondo le possibilità che essi offrono di conoscere la verità), ma l’uomo comune vive tra sonno e veglia:
  • SONNO, non possiamo sapere nulla della verità. Anche se percezioni o sentimenti reali giungono a noi, essi si mescolano ai sogni, e in questo stato di sonno, non è possibile distinguere i sogni dalla realtà.
  • STATO DI VEGLIA, possiamo conoscere solo una verità relativa: di qui il termine coscienza relativa.
  • COSCIENZA DI SÉ, possiamo conoscere tutta la verità su noi stessi.
  • COSCIENZA OBIETTIVA o OGGETTIVA, siamo in grado di conoscere la verità su tutto.
Nello stato di veglia abbiamo maggiore opportunità di distinguere la differenza tra le cose: la forma delle cose è scorta dal nostro occhio, la superficie delle cose dal tatto, e, in una determinata misura, possiamo orientarci mediante le percezioni dei nostri strumenti sensori.

Studiando l’uomo nel suo stato presente di sonno, assenza di unità, meccanicità e mancanza di controllo, troviamo varie altre funzioni sbagliate che sono il risultato del suo stato: in particolare, l’identificazione, l’immaginazione, il mentire a se stessi e agli altri costantemente, le emozioni negative, il parlare continuamente, considerare.

L’identificazione ha sempre un elemento emozionale: una sorta di turbamento emotivo, ma qualche volta diventa un’abitudine, sicché uno non nota nemmeno l’emozione.

L’amore è impossibile con l’identificazione, in quanto essa uccide tutte le emozioni tranne le emozioni negative. Anche il distacco è legato all’identificazione.

L’identificazione si verifica quando siete attratti o respinti da qualcosa.

Noi non notiamo la temperatura del nostro corpo tranne quando questa diviene più alta o più bassa del normale. Allo stesso modo possiamo notare l’identificazione allorché è più forte o più debole del solito. Confrontando questi gradi possiamo vedere cosa essa sia.

È un processo, non un momento; siamo in esso tutto il tempo. Spendiamo la nostra energia in maniera sbagliata nell’identificazione e nelle emozioni negative; essi sono rubinetti aperti da cui scorre via l’energia.

La noia è anch’essa identificazione: una delle più grandi. È identificazione con sé, con qualcosa in sé.
Anche l’immaginazione è un problema, abbiamo parecchie cose immaginarie che dobbiamo buttar via prima di poter arrivare alle cose reali. 
 
L’immaginazione però ci può aiutare se controllata costantemente e non lasciando che evada da noi. 
 
Se la controlliamo, possiamo vedere cosa significhi una cosa, cosa essa implichi. 
 
Sicché se la usiamo, ci può aiutare a vedere se veramente vogliamo ciò che diciamo di volere o no, perché molto spesso vogliamo qualcosa di diverso, o non ci rendiamo conto che una cosa ne porta con sé un’altra. Non possiamo volere una cosa da sola, se vogliamo una cosa, ci potrà capitare di avere altre cose con essa. 
 
Soltanto quando sappiamo ciò che vogliamo, sapremo dove stiamo andando e lo sapremo in maniera giusta. 
 
Occorre conoscere il nostro scopo e lo scopo deve essere sempre nel presente e riferirsi al futuro.

Il maggior errore che facciamo riguardo a noi stessi è quello di considerarci come uno; parliamo di noi stessi come “io”, mentre in realtà siamo divisi in centinaia di centinaia di “io” differenti.

Ogni personalità o gruppo di “io” significa qualche speciale inclinazione o speciale tendenza, oppure qualche volta avversione.

Non sa di non aver solo un “io”, ma parecchi “io” differenti, collegati con i nostri sentimenti e desideri, i quali non hanno un “io” che li controlla. Questi “io” cambiano continuamente; uno soffoca l’altro, uno rimpiazza l’altro, e tutta questa lotta forma la nostra vita interiore.

Se trovate qualcosa che vi è decisamente piaciuta durante tutta la vostra vita fin dall’infanzia, vedrete che c’è una certa personalità costruita attorno ad essa.

Le antipatie sono di solito accidentali, perciò non fidatevene, ma esistono cose che vi sono sempre piaciute e ne esistono altre che immaginate soltanto vi piacciano.
Quando cominciamo a dividere noi stessi e a sapere che a ogni momento è solo un “io” o un gruppo di “io” che parla, allora siamo più vicini alla consapevolezza di noi stessi, più vicini ai fatti obiettivi.

Inizialmente occorre rendersi conto che non si può essere consapevoli quando lo si vuole. Il tempo migliore per rendervi conto di ciò è dopo che avete parlato o fatto qualcosa.

L’osservazione di sé è sempre diretta a qualche precisa funzione.

Nei momenti di tranquillità dovete essere capaci di vedere quando siete in errore. L’attenzione è diretta sia su me stesso, sia sulla cosa che vedo. Questa doppia attenzione è la forma di pensiero corrispondente ad un’altra forma di consapevolezza.

Dobbiamo cominciare da dove siamo. Poi, se continuiamo, il ricordare noi stessi diverrà gradualmente più emozionale. 
 
Es. “Io sono qui”, “Io sto penando”, qualsiasi tipo di momento emozionale, di shock emozionale, vi fa percepire “io sono”. 
 
Ricordare se stessi è efficace solo se ci si rende conto che non si ricorda se stessi ma che uno può ricordare se stesso.

Potete fermare i pensieri, ma non dovete rimanere delusi se da principio non potete. Dovete esercitare continuamente sforzi. Perciò non dovete farlo a lungo. Se lo fate per pochi minuti è più che sufficiente, altrimenti persuaderete voi stessi che lo state facendo e invece non fate altro che starvene tranquillamente a pensare e sarete assai soddisfatti di ciò.

Se vi trovate in un momento di forte tensione emotiva, e allora cercate di ricordare voi stessi, essa rimarrà dopo che la tensione è passata e allora sarete capaci di ricordare voi stessi.

Ricordare se stesso è un esperimento, un giorno può avere successo ed un altro giorno insuccesso. Può essere più profondo e meno profondo.

Dovete cominciare con piccoli sforzi, quale, cercare di ricordare voi stessi, o cercare di arrestare i pensieri tre volte al giorno.

Una mente controlla le funzioni intellettuali, un’altra mente completamente diversa controlla funzioni emotive, una terza controlla quelle istintive, e una quarta, anch’essa del tutto diversa, controlla le funzioni motorie. Noi le chiamiamo centri: centro intellettuale, centro emotivo, centro motorio e centro istintivo. Essi sono completamente indipendenti. 
 
Ciascun centro ha la propria memoria, la propria immaginazione e la propria volontà.

La capacità di ricordare se stessi va sviluppata, perché nell’osservazione di noi stessi dobbiamo cercare di studiare le nostre funzioni separatamente l’una dall’altra: la funzione intellettuale separatamente da quelle emozionale, l’istintiva separatamente dalla motoria. In determinati momenti della giornata, dobbiamo cercare di vedere in noi stessi cosa pensiamo, come sentiamo, come ci muoviamo e così via.

Per esempio cercate di scoprire cosa state pensando, perché lo pensate e come lo pensate. 
 
Cercate di osservare le sensazioni fisiche quali calore, freddo, ciò che vedete, ciò che sentite.

La mente motoria ha una funzione importantissima nella nostra vita, sicché l’assenza di questa divisione danneggia gravemente i risultati dell’osservazione ordinaria dell’uomo; perché, dato che questo fatto non è riconosciuto, parecchie cose vengono attribuite a un’origine sbagliata. 
 
Il centro motorio è importantissimo per studiare e osservare, in quanto esso ha altre funzioni oltre al movimento nello spazio, ad esempio l’imitazione. Inoltre il centro motorio controlla anche i sogni, e non solo i sogni notturni ma anche i sogni allo stato di veglia: i sogni ad occhi aperti. Noi riteniamo che l’aspetto intellettuale ed emotivo siano più importanti, ma in realtà la maggior parte della nostra vita è controllata dalla mente istintiva e motoria. Perciò il centro motorio ha parecchie funzioni utili e parecchie inutili. 
 
Centro motorio significa solo la mente, la cui funzione legittima è quella di controllare i movimenti. Motorio e meccanico non sono la stessa cosa. Ogni centro può essere meccanico; ogni funzione può essere più o meno meccanica, più o meno consapevole.

Per lungo tempo dobbiamo lavorare dal centro intellettuale, tuttavia dobbiamo comprendere che non possiamo andar lontani con esso perché ha limiti ben definiti; esso vi porterà fino ad un centro oltre il quale non potete procedere, a meno che possiate usare il centro emozionale. Ma il centro emozionale va prima addestrato. 
 
Dovete apprendere a non esprimere emozioni negative, e solo se lo farete per un periodo sufficientemente lungo, vi potranno essere spiegate altre cose.

Come si fa a distinguere tra emozione e istinto? Le emozioni istintive sono sempre connesse con qualcosa di fisico. Dato che la psicologia moderna non separa le emozioni istintive dalle altre emozioni, ci deve essere per forza qualche difficoltà nel comprendere la differenza.

C’è una cosa qualsiasi che possa controllare organi e cellule che non obbediscono? Sì, il centro istintivo. Dobbiamo cominciare con l’intelletto, perché il nostro centro intellettuale è più sotto il proprio controllo, mentre il centro emotivo è più irresponsabile.

Tutto il lavoro del centro intellettuale consiste nel confrontare.

La divisione nel centro istintivo è elementare: piacere-dolore.

Anche il centro emotivo sembra diviso in emozioni piacevoli e spiacevoli, ma in realtà non è così. Tutte le nostre emozioni violente e deprimenti e, generalmente, gran parte della nostra sofferenza mentale hanno lo stesso carattere; sono innaturali, e il nostro organismo non ha un vero centro per queste emozioni negative; esse funzionano con l’aiuto di un centro artificiale. 
 
Questo centro artificiale – una sorta di escrescenza – è gradualmente creato in noi fin dalla prima infanzia, perché un bambino cresce circondato da persone con emozioni negative e le imita. Le emozioni istintive possono essere negative, ma sono tutte utili. La metà negativa del centro istintivo è un guardiano che ci avverte del pericolo. Nel centro emozionale le emozioni negative sono assai dannose.

Le parti meccaniche non hanno bisogno di attenzione. Le parti emozionali richiedono grande interesse o identificazione, attenzione senza sforzo o intenzione, in quanto l’attenzione è presa e mantenuta dall’attrazione dell’oggetto stesso. E nelle parti intellettuali dovete controllare la vostra attenzione. Quando vi siete abituati a controllare la vostra attenzione, vedrete immediatamente ciò che intendo dire. Per prima cosa il carattere dell’attenzione vi mostrerà in quale centro vi trovate, poi l’osservazione dell’attenzione vi mostrerà la parte del centro. 
 
È importante osservare le parti emozionali e studiare le cose che attraggono e mantengono l’attenzione, perché queste producono immaginazione. 
 
L’attenzione può essere controllata, l’identificazione è meccanica.

Se l’attenzione è fissa su qualcosa, l’immaginazione si arresta.

Bisogna limitarsi a osservare le cose come sono e cercare di classificarle più o meno in funzioni intellettuali, emozionali, istintive e motorie. 
 
Ci sono due forme di lavoro sbagliato dei centri. O essi interferiscono, cioè lavora uno invece dell’altro, o uno prende energia dall’altro. 
 
Nello stato di identificazione, essi preferiscono fare il lavoro sbagliato piuttosto che il proprio lavoro. È divenuta una sorta di cattiva abitudine, e confondendo le funzioni, i centri cominciano a confondere le energie, cercando di ottenere energie più potenti per le quali non sono adatti. 
 
L’essere umano è una macchina complicatissima e va studiato come una macchina. Ci rendiamo conto che allo scopo di controllare qualsiasi tipo di macchina, come ad esempio un’automobile o una locomotiva, dobbiamo cominciare con l’imparare. Non possiamo controllare queste macchine istintivamente; eppure per qualche motivo, pensiamo che l’istinto comune sia sufficiente a controllare la macchina umana, sebbene questa sia tanto più complicata. Questa è una delle prime supposizioni sbagliate: non ci rendiamo conto che dobbiamo apprendere, che il controllo è una questione di conoscenza e di abilità.
Il controllo delle emozioni negative è cosa difficilissima. 
 
Il primo passo sta nel cercare di non esprimere queste emozioni negative; il secondo passo è lo studio delle emozioni negative stesse, facendone elenchi, scoprendo le loro relazioni – in quanto alcune sono semplici e alcune complesse – e cercando di comprendere che sono assolutamente inutili. 
 
Il terzo passo, dopo una certa quantità di studio e di osservazione è possibile arrivare alla conclusione che possiamo liberarci delle emozioni negative, che non sono obbligatorie.
  
Due cose sono sempre presenti nelle emozioni negative: identificazione e immaginazione negativa. 
 
Per essere liberi dalle emozioni negative, dobbiamo essere capaci di impedire che sorgano? No perché non possiamo controllarle. La funzione intellettuale è la più lenta, poi vengono la funzione motoria e istintiva, che hanno una velocità approssimativamente uguale, e che è enormemente più rapida di quella intellettuale. La funzione emotiva dovrebbe essere ancora più veloce, ma generalmente funziona pressappoco alla stessa velocità di quella istintiva. 
 
Quindi le funzioni motorie, istintive ed emozionali sono assi più rapide del pensiero ed è perciò impossibile cogliere le emozioni col pensiero. Quando ci troviamo in uno stato emotivo, esse si succedono così rapidamente da non darci il tempo di pensare. Ma possiamo avere un’idea della differenza di rapidità confrontando le funzioni del pensiero con quelle motorie. Se, effettuando qualche rapido movimento, cercate di osservare voi stessi, vedrete che non potete. Il pensiero non può seguire il movimento. O dovete fare il movimento lentissimamente o non potete osservare. Questo è un fatto certo. Potete però ricordare, e ciò in seguito dà l’illusione di osservare. In realtà non potete osservare movimenti rapidi. 
 
Abbiamo troppi punti di vista sbagliati sulle emozioni negative; le troviamo necessarie, o belle, o nobili; le esaltiamo e così di seguito. Ci dobbiamo liberare di tutto questo. Dobbiamo perciò ripulire la nostra mente per quanto riguarda le emozioni negative. Le emozioni negative sono basate su qualche tipo di debolezza, perché alla base delle emozioni negative c’è generalmente un tipo di indulgenza verso se stessi. È molto importante osservarci nelle piccole cose, quotidiane manifestazioni della funzione motoria e della funzione istintiva (cioè le nostre sensazioni di piacevole e spiacevole, caldo e freddo: sensazioni come queste che passano sempre attraverso di noi).
 
Quando siete in mezzo alle emozioni negative, non potete arrestarle; è già troppo tardi. Non dovete lasciarvi trascinare dalla stizza; non dovete giustificarla. 
 
Possiamo dire: “ho avuto quest’emozione negativa durante tutta la vita. Ne ho ricavato un solo soldo? No. Ho solo pagato, pagato, pagato. Ciò significa che essa è inutile”. 
 
Crediamo che le emozioni negative siano prodotte dalle circostanze, mentre tutte le emozioni negative sono in noi, dentro di noi. Sono prodotte da noi stessi. Nessuna emozione negativa può essere prodotta da cause esteriori se non la vogliamo. Abbiamo emozioni negative perché le permettiamo, le giustifichiamo, le spieghiamo con cause esterne, e in tal modo non lottiamo contro di esse. 
 
Siamo troppo abituati ad esse; e non possiamo dormire senza di esse. 
 
Se distruggiamo l’identificazione, le emozioni negative si faranno più deboli da sole. Ma è anche necessario il cambio dei propri punti di vista. 
 
Dapprima dovete semplicemente studiare e cercare di lottare contro le espressioni delle emozioni negative. Ora, se lottate contro un’emozione, vi può capitare invece di crearne due. Col tempo, indirettamente, si può acquistare il dominio delle emozioni. Ma il primo passo è lo studio. 
 
Quando si prova un’emozioni spiacevole, è necessario non esprimerla, l’idea è di creare resistenza, altrimenti non possiamo osservare. 
 
Lo sfogarsi come sollievo è un’illusione. Ci fa perdere energia. Ora non abbiamo vita emozionale, ma soltanto un’imitazione. 
 
Io non ho mai detto “Sopprimete”. Ho detto: “Non esprimete, trovate ragioni per non esprimere”. 
 
Prima di tutto dovete studiare le vostre emozioni negative e classificarle. Perché vi vengono, cosa le porta … il vostro unico controllo sulle emozioni è per mezzo della mente: ma esso non è immediato. Se pensate in maniera giusta per sei mesi, allora esso influenzerà le emozioni negative. Se cominciate a pensare correttamente oggi, esso non cambierà domani le vostre emozioni negative. 
 
In alcuni casi le emozioni negative di paura, appaiono utili, altrimenti la gente attraverserebbe sempre la strada senza guardare. Voi parlate di paura istintiva. La paura emotiva è diversa, essa è basata sull’immaginazione. 
 
Se esprimete un’emozione negativa siete in suo potere, in quel momento non potete fare nulla. 
 
Quando avrete appreso a non esprimerla, potrete cercare di non identificavi, di creare un atteggiamento giusto, e di ricordare voi stessi. 
 
È necessario pensare giustamente per lungo tempo; poi verranno i risultati: non di colpo. È una faccenda di mesi o anni creare atteggiamenti giusti. 
 
L’identificazione in rapporto alla gente prende una forma speciale che, in questo sistema, è chiamata considerare. Ma considerare può essere di due tipi: quando consideriamo i sentimenti degli altri e quando consideriamo i nostri.
 
È importante osservare il considerare:
  • Il considerare esterno è una forma di ricordare se stesso in relazione alla gente.
  • Il considerare interno significa camminare sulle persone senza notarle (il fare calcoli, sentirsi sempre ingannati, mal pagati, non considerati …)
Considerare interno significa identificazione, il considerare esterno significa lotta con l’identificazione. 
 
Non potete comprendere le persone soltanto nella misura in cui comprendete voi stessi.
 
Col considerare interno desiderate produrre un’impressione e ne producete una diversa.
Ciò che chiamiamo la nostra volontà nel senso comune non è altro che la risultante di desideri.
La volontà può esistere nell’uomo che ha un “io” che controlla, ma finché ha parecchi “io” che non si conoscono tra loro, egli ha esattamente altrettante volontà diverse.
 
Tutte le cose nel mondo, siano esse grandi o piccole, in qualsiasi scala, sono basate su due leggi fondamentali che in questo sistema sono chiamate la Legge del Tre e la Legge del Sette.

Legge del Tre: tre forze entrano in qualsiasi manifestazione, in qualsiasi fenomeno e in qualsiasi evento. Esse sono chiamate positiva, negativa e neutralizzante; o attiva, passiva e neutralizzante; o prima forza, seconda forza, terza forza. 
 
In parecchi casi comprendiamo la necessità di due forze: azione e resistenza. Ma, generalmente, non siamo consci della terza forza. Questa è connessa con lo stato del nostro essere, con lo stato della nostra consapevolezza. In un altro stato, ne saremmo consci in parecchi casi nei quali non la vediamo adesso.

Legge del Sette: nessun processo nel mondo procede senza interruzioni. Supponiamo che le vibrazioni cominciano con 1000 vibrazioni al secondo e aumentino a 2000 vibrazioni al secondo. Questo periodo è chiamato un’ottava, perché questa legge venne applicata alla musica e il periodo venne diviso in sette note e una ripetizione della prima nota. 
 
L’ottava, particolarmente l’ottava maggiore, è in realtà un’immagine o formula di una legge cosmica perché, negli ordinamenti cosmici, entro un’ottava ci sono due momenti in cui le vibrazioni si abbassano da sole. Le vibrazioni non si sviluppano regolarmente. Nell’ottava maggiore ciò è evidenziato dai semitoni mancanti. 
 
Se non ci fosse la Legge del Sette ogni cosa nel mondo andrebbe alla sua conclusione finale, mentre per effetto di questa legge, ogni cosa devia. 
 
Es. se cominciasse a piovere non smetterebbe più, invece smette per effetto della Legge del Sette, perché in ciascun semitono mancante le cose deviano, non vanno avanti in linee rette. 
 
Cntemporaneamente, la Legge del Sette spiega che, se sapete come farlo e in qual momento, potete dare uno shock addizionale a un’ottava e mantenere retta la linea. 
 
Nel nostro lavoro personale dobbiamo apprendere come impedire che queste ottave devino, come mantenere una linea retta, altrimenti non troveremo nulla.
Quanto noi chiamiamo male è sempre meccanico, non può mai essere consapevole; e ciò che chiamiamo bene è sempre consapevole, non può essere meccanico.
La morale è sempre differente, cambia sempre. La coscienza invece non cambia mai.
Il male conscio è impossibile; la meccanicità deve essere inconscia.
Tutte le persone in condizioni ordinarie di vita vivono sotto due tipi di influenze. Prima vengono le influenze create nella vita: influenze A: interesse della vita, lotta per l’esistenza, desideri, eccitamenti, divertimenti, desiderio di ricchezza, di fama … Le influenze A sono meccaniche fin dal principio. 
 
Possono essere interessi legittimi nella vita, se non sparite in esse, sono del tutto innocue. 
 
Bisogna accettare tutto ciò che capita, soltanto non identificarsi. Non è questione di farne a meno, c’è solo il problema di avere qualche interesse nelle influenze B, di non essere interamente sotto il potere delle influenze A. 
 
Poi ci sono altre influenze che provengono dalla vita esterna, che funzionano nelle stesse condizioni sebbene siano diverse, e noi le chiamiamo influenze B (religione, filosofia, letteratura) le quali sono consce all’origine. 
 
Queste due influenze determinano il successivo sviluppo dell’uomo. Se l’uomo accumula influenze B, i risultati di queste si cristallizzano in lui e formano un certo tipo di centro di attrazione che noi chiamiamo: centro magnetico. Il centro magnetico sta nella personalità, perché noi non siamo nati con esso: è creato nella vita. È un gruppo di “io” che, in determinata misura, può controllare altri gruppi di “io”. Alcune di queste personalità sono giuste, ma altre intralceranno sempre il vostro cammino e dovranno essere controllate o eliminate. 
 
Questa massa compatta di ricordi e queste influenze attraggono il centro magnetico in una determinata direzione o gli fanno prendere un’altra direzione. 
 
Quando si è formato il centro magnetico in un uomo sarà più facile per lui attirarsi più influenze B e non essere distratto da influenze A. 
 
Nelle persone ordinarie le influenze A possono prendere una tale quantità del loro che nulla è lasciato alle altre influenze ed esse sono scarsamente influenzate dalle influenze B. Ma, se questo centro magnetico nell’uomo cresce, allora dopo un po’ di tempo egli incontra un altro uomo, o un gruppo di persone, da cui può apprendere qualcosa di diverso, qualcosa che non è incluso nelle influenze B e che noi chiamiamo influenza C. Essa è conscia nell’origine e nell’azione e può essere trasmessa solo mediante istruzioni dirette. 
 
Le influenze B possono venire tramite libri e opere d’arte e qualcosa del genere, ma l’influenza C può venire solo mediante contatto diretto.
  
Il desiderio di distrarsi è connesso col centro magnetico. E il centro magnetico dipende da ciò in cui uno è interessato. 
 
I risultati delle influenze B, il ricordo di esse, si riuniscono separatamente in un compartimento speciale e formano ciò che chiamiamo un centro magnetico.
 
Il centro magnetico è una combinazione di determinati interessi e associazioni emotive che lo indirizza in una direzione precisa. È un certo ciclo di idee e un certo ciclo di emozioni. Questa è l’origine dell’interesse in questo tipo di idee. È il centro magnetico che aiuta l’uomo a comprendere e discriminare. 
 
Dopo un po’ di tempo il centro magnetico (gruppo di “io”) comincia a controllare e a determinare la sua direzione generale nella vita, e il corso dei suoi interessi, o di una parte dei suoi interessi. Centro magnetico significa cercare cose precise ed essere al livello di certe cose.
L’accumulo di conoscenza non aiuta l’uomo a creare un centro magnetico.
 
Quello che era il centro magnetico prima di lavorare su di sé può in seguito divenire maggiordomo interinale, il che significa una personalità che conquista altre personalità e le guida: ma ciò non viene immediatamente.
 
Il maggiordomo interinale è molto superiore al centro magnetico. Il centro magnetico si forma dalle influenze B, mentre il maggiordomo interinale è formato dai propri sforzi. Il centro magnetico è il seme, il germe del maggiordomo interinale.
L’uomo non è ciò che crede di essere. Noi ci attribuiamo parecchie qualità che non possediamo. Noi non siamo consci. Se non siamo consci, non possiamo avere unità, non possiamo avere individualità, non possiamo avere un ego o un “io”. Tutte queste cose sono inventate dall’uomo per conservare l’illusione della consapevolezza. L’uomo può essere conscio, ma attualmente non lo è. 
 
Il nostro pensiero ha acquisito parecchie cattive abitudini e una di queste è di pensare senza scopo. Il nostro pensiero si è fatto automatico, siamo completamente soddisfatti se pensiamo e sviluppiamo eventuali problemi marginali senza avere la minima idea del perché lo stiamo facendo. 
 
Ogni studio, ogni pensiero e indagine deve avere un obiettivo, uno scopo in vista, e questo scopo deve essere quello di raggiungere la consapevolezza. 
 
Essere meccanico significa dipendere dalle circostante esterne. 
 
Per lungo tempo possiamo soltanto studiare. 
 
I ruoli non sono creati; essi sono consci. Sono adattamenti alle circostanze. 
 
Nessuno ama perdere le illusioni. La gente vuole cose positive senza rendersi conto di ciò che è possibile. Vuol sapere immediatamente cosa può ottenere. Ma prima deve perdere parecchie cose. 
 
L’uomo è in prigione. Se si rende conto di essere in prigione, può desiderare di evadere. Ma può temere che, se evade, si potrà trovare in una situazione peggiore della precedente: perciò egli può adattarsi a rimanere in prigione. 
 
Peccato in una definizione generale, è “tutto ciò che è inutile”; ma dobbiamo modificare questa definizione. Peccato è sempre il risultato di debolezza. Tutto ciò che fate contro il vostro stesso lavoro è peccato.
Cercate di fare un po’; i risultati verranno. Se tentate di fare troppo, non fate nulla. Ci vuole tempo, perché tanto a lungo la gente è stata in potere di emozioni negative, di immaginazione negativa, di menzogne, identificazione e cose di questo genere. Ma a poco a poco queste scompariranno. Non potete cambiare tutto di colpo. Dovete sempre pensare al passo successivo; soltanto a un passo. 
 
Dobbiamo comprendere che non vediamo affatto le cose stesse. Vediamo, come nell’allegoria della caverna di Platone, soltanto le immagini riflesse delle cose, sicché ciò che vediamo ha perso tutta la sua realtà. Dobbiamo renderci conto di quanto siamo governati e controllati non dalle cose stesse ma dalle nostre idee delle cose, dalle nostre visioni delle cose, dalle nostre immagini delle cose. 
 
L’uomo non è uno solo, egli è plurale, una moltitudine, consistente di individui che non si conoscono a vicenda e che lottano tra loro. 
 
Una divisione importante è tra essenza e personalità.
  • Essenza è ciò che è innato in voi, è vostra. Rimane la stessa.
  • Personalità è ciò che acquisite, non è vostra. È troppo pesante, troppo forte; essa circonda l’essenza come guscio, sicché niente la può raggiungere direttamente, tutto deve passare attraverso la personalità.
Forte personalità significa forte influenza di ciò che non vi è proprio, di ciò che avete acquisito: parole di altre persone, teorie e punti vista di altri. Queste possono formare un crosta così spessa attorno all’essenza che nulla può penetrarla e raggiungervi, raggiungere ciò che voi siete. 
 
Prima di raggiungere il guscio della personalità, o di romperlo, è necessario preparare altre difese. Se per una qualsiasi ragione questo guscio cade, gli individui si trovano senza alcuna difesa contro parecchie influenze difficilissime che essi non possono controllare. 
 
La personalità è anche un certo tipo di difesa. 
 
Essere è vita, è un processo. Essenza è un oggetto. 
 
Occorre progredire su entrambe le linee: la linea di conoscenza e la linea dell’essere.
 
Fin dai primi giorni di scuola un uomo comincia a studiare la meccanicità, a impedire, emozioni negative, immaginazione, meccanicità, discorsi inutili, il sonno. 
 
Attualmente la nostra personalità è interamente sbagliata. C’è troppa menzogna, troppo inganno di noi stessi, immaginazione, emozioni negative. 
 
L’eredità praticamente non esiste nell’uomo. Le qualità sbagliate possono essere ereditarie, mentre le buone qualità non possono essere ereditate. I tratti fisici possono essere ereditati, ma non caratteristiche quali la consapevolezza di sé. L’essenza non può essere ereditata. 
 
Mutare le caratteristiche dell’essenza è lavoro difficilissimo; richiede conoscenza e sufficiente energia, invece noi siamo deboli e non abbiamo conoscenza. 
 
Supponete che uno abbia un’essenza pigra e che si voglia destare: egli può cambiarla dopo un lungo periodo di studi di sé. E lavorando sulla personalità, già in una certa misura lavoriamo sull’essenza.

La verità esiste senza di noi, ma uno può conoscere la verità solamente nella consapevolezza obiettiva.
 
La prima divisione naturale degli “io” è in base alle funzioni: intellettuale, emozionale, istintiva e motoria. Ma indipendentemente da queste, esistono parecchie altre divisioni che possono essere chiamate personalità differenti.
Personalità = differenti “io”.
Il vero studio di sé inizia con lo studio di queste personalità, perché non possiamo studiare gli “io”: ce ne sono troppi.
Con le personalità invece è più facile, in quanto ogni personalità o gruppo di “io” significa qualche speciale inclinazione o speciale tendenza, oppure qualche volta avversione.
Lo studio delle vostre simpatie particolari potrà aiutarvi. Per esempio, se trovate qualcosa che vi è decisamente piaciuta durante tutta la vostra vita fin dall’infanzia, vedrete che c’è una personalità costruita attorno ad essa. Abbiamo solo un certo numero di simpatie genuine.
Le antipatie sono di solito accidentali, perciò non fidatevene, ma esistono cose che vi sono sempre piaciute e ne esistono altre che voi immaginate solo che vi piacciano.
 
Lo sviluppo di sé comincia col centro magnetico, cioè con un gruppo di “io” o personalità interessate in determinate cose.
Quando un uomo s’imbatte in una scuola, il suo centro magnetico comincia ad accumulare conoscenza ed esperienza pratica e teorica, provenienti dallo studio dell’essere e in questa maniera esso in seguito diviene Maggiordomo Interinale.
 
Oltre a questa personalità ne esistono altre, alcune delle quali si possono sviluppare e altre che non sono assolutamente d’accordo in ciò.
 
Sicché alcune personalità possono partecipare al lavoro, altre sono neutrali, e finché non sono d’intralcio, gli si può consentire di rimanere per qualche tempo, altre debbono essere eliminate.
Allorché il centro magnetico si è trasformato nel Maggiordomo Interinale, voi prendete alcune decisioni, formulate un certo scopo, intraprendete un determinato lavoro. Allora esso può scoprire quale personalità possa lavorare con lui e quale no. Se una personalità è contraria al nostro scopo e può danneggiarlo, non lo vuole, o non lo conosce, allora ovviamente non può lavorare col Maggiordomo Interinale. Perciò esse debbono essere scelte, ma prima bisogna conoscerle. Poi, quando le personalità sono messe in ordine e raggruppate intorno al centro magnetico (o Maggiordomo Interinale) esse possono produrre un effetto sull’essenza proprio con la loro esistenza.
La coscienza prende parte alla formazione del Maggiordomo Interinale, ma non potete dire che essa sia il Maggiordomo Interinale, in quanto la coscienza è molto più grande.
 
Il centro magnetico è il terreno da cui cresce l’”io” permanente. Attraverso varie trasformazioni il centro magnetico molto, molto più tardi, diviene “io” permanente.
 
La falsa personalità è sempre avversa al lavoro per lo sviluppo di sé e rovina il lavoro di tutte le altre personalità. Non può mai essere utile. La falsa personalità è tutta falsa e può persino fingere che le piaccia qualcosa che a “voi” non piace e che non le piaccia qualcosa che a “voi” piace veramente.
Studiando la falsa personalità cominciamo a vedere sempre più meccanicità. Parallelamente alla percezione della nostra meccanicità, studiamo come uscirne mediante la creazione di qualcosa che non sia meccanico. Come possiamo farlo? Dobbiamo pensare a ciò che vogliamo, separare l’importante da non importante. Lavorare su noi stessi, desiderare di conoscere noi stessi e le idee del lavoro, lottare per creare consapevolezza, non sono meccanici: possiamo esserne certi.
Tutti gli “io” illusori scompaiono poco a poco e l’”io” reale gradualmente si fa sempre più forte, principalmente tramite il ricordare se stesso.
 
Nel cercare di ricordare se stessi, è necessario mantenere i nessi con tutte le altre idee del sistema.
 
Se uno lavora seriamente sul ricordare se stesso senza conoscere l’idea della divisione degli “io”, e quindi egli si prende per uno (come un’unità) fin dal principio, allora il ricordare se stesso darà risultati sbagliati e potrebbe persino rendere impossibile lo sviluppo.
Supponiamo che uno cerchi di ricordare se stesso e non desideri fare sforzi contro la falsa personalità. Allora entreranno in gioco tutte le sue caratteristiche dicendo: “A me non piace quella gente”, “io non desidero questo”, “non voglio quello”, e così di seguito. Quello non sarà lavoro, ma esattamente l’opposto.
 
Soltanto una piccola parte di voi desidera ricordare se stesso; altre personalità, altri “io”, non lo vogliono affatto. È necessario scoprirli e smascherarli, per vedere qual è utile per il vostro lavoro, quale indifferente e quali sono talmente addormentati da non potere saper nulla di ciò.
Lo scopo è aver controllo sui propri “io”, o personalità, essere capaci di selezionare uno o l’altro, sistemarli in una determinata maniera.
 
Nella maggior parte dei casi siamo soddisfatti di un’idea filosofica dell’”io”; riteniamo di averlo e non ci rendiamo conto che in realtà passiamo da un “io” all’altro.
Cominciate col rendervi conto che tutto è falsa personalità, poi cercate di scoprire ciò che non lo è. Non potete fare la seconda cosa prima della prima.
Bisogna anche ricordare che la falsa personalità spesso è piuttosto attraente e divertente, specialmente per gli individui che vivono nelle loro false personalità. Perciò, quando cominciate a perdere la vostra falsa personalità, quando cominciate a lottare con essa, non piacerete alla gente. Essa vi dirà che siete diventato noioso.

Come si fa a vedere ciò che non è falsa personalità?
Una cosa che la falsa personalità non può fare è compiere sforzi. Questa è la maniera più facile per saperlo, se siete in dubbio. La falsa personalità cerca sempre di rendere tutto il più facile possibile, sceglie sempre ciò che richiede il minimo sforzo. Dovete invece comprendere che non potete imparare nulla o cambiare nulla senza sforzo.
Quindi, quando trovate un “io” o un gruppo di “io” che sono pronti a compiere sforzi, ciò significa che non appartengono alla falsa personalità.

Come si può eliminare la falsa personalità?
Non potete eliminarla. È esattamente lo stesso che se cercaste di tagliarvi la testa. Però potete renderla meno insistente, meno permanente.

Lo studio della falsa personalità non è analizzare se stessi? 
Credevo che ciò fosse una casa cattiva.
In una certa misura esso è analizzare. Ho affermato che l’analisi era impossibile perché non sapere abbastanza. Analisi significa stabilire cause ed effetti. Perciò da principio ho detto che dovete astenervi dall’analisi e soltanto osservare, osservare, osservare, niente di più, perché il tempo dell’analisi sarebbe venuto quando avreste conosciuto le leggi.
Ora stiamo studiando queste leggi, di conseguenza dovete analizzare sempre di più. Sia difficoltà che possibilità crescono tutto il tempo.
 
Esistono parecchie cose che potete fare con piacere soltanto se non ricordate voi stessi, e naturalmente questi “io” saranno nemicissimi del ricordare se stessi, perché esso non farà altro che rovinargli il piacere, cercate di scoprirli in questa maniera. Gli approcci teorici non saranno d’aiuto.
Come faccio a ricordare la mia percezione che gran parte della sofferenza emotiva sta nella falsa personalità?
Soltanto ricordando voi stessi. Il soffrire è il miglior aiuto possibile per ricordare se stesso, se imparate a usarlo. Da sé non aiuta: uno può soffrire durante tutta la propria vita e ciò non gli darà un granello di risultato, se egli però apprende ad usare la sofferenza, questa gli sarà di aiuto. Nel momento in cui soffrite, cercate di ricordare voi stessi.

La Quarta Via 
 
 
 
Fonte: La Quarta Via, P.D. Ouspensky
http://ilsentierodelmelograno.blogspot.it/2011/12/la-quarta-via-pd-ouspensky.html





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