Carl Gustav Jung
Dalla teorizzazione dell’inconscio collettivo, al tentativo di
tipicizzare le personalità psicologiche, dal sistema dottrinale degli
archetipi, al superamento della libido quale unica pulsione psichica,
dal concetto di ombra ai fenomeni parapsicologici, alchemici e occulti.
Jung ha indagato tutti gli aspetti della sfera psichica umana e il suo
raggio d’azione speculativo è talmente vasto che sintetizzarlo e
riassumerlo è impossibile. Il fascino più direttamente constatabile nel
nostro sta nel non essersi fermato alle teorie Freudiane e nell’aver
tentato di superarle in modo definitivo, generando non pochi contrasti.
Come sostenuto da Aldo Carotenuto, lo specifico di Jung è, inoltre,
quello di non avere alcuna tecnica analistica specifica, elemento
caratterizzante quanto per la sua attività psichiatrica quanto per
quella di intellettuale e ricercatore dell’uomo in senso pieno.
Schematizzare il pensiero di Jung, si diceva, è impossibile, quello che appare utile è tentare di rispondere alla domanda su quali e quanti interrogativi profondamente complessi Jung abbia risposto e cosa egli abbia lasciato in dote all’umanità mediante i suoi scritti e le sue riflessioni.
La premessa necessaria è che quanto
lasciatoci da Jung da una parte disvela il genere umano e ci consente di
acquisire consapevolezza su noi stessi, dall’altra ci intimorisce,
perché palesa quanto indimostrabile sia nella sua pienezza la nostra
natura. La vita dell’uomo è un viaggio per l’assoluta autorealizzazione
del proprio inconscio. L’esistenza più densa è quella in cui una
tipologia umana specifica acquisisce cognizione di se stessa e partendo
da essa si apre alle variabilità delle tipologie. Esistono, infatti,
oltre l’ormai entrata nel linguaggio comune, divisione tra personalità
introversa ed estroversa, delle specifiche tipologie umane che ci
accomunano tutti e nel contempo ci distinguono mediante l’unicità della
nostra individualità.
E’ vero, quindi, che ogni essere è
irripetibile ma è altrettanto vero che ogni uomo appartiene ad una
tipicità. Vivere è, in definitiva, procedere ad individuare se stessi,
come esempi di processi compiuti di individuazione potrebbero essere
utilizzate le figure a noi contemporanee di Steve Jobs o di Usain Bolt.
Affrontare Jung significa anche avere nota l’esistenza di una parte
povera e sgradevole contrapposta all’io cosciente, un lato oscuro, la
cosiddetta “ombra”.
Concetto di difficile esposizione ma qui
rappresentabile come quel luogo in cui abita tutto ciò che è rimosso
inconsciamente: “L’ombra è un problema morale che mette alla prova
l’intera personalità dell’Io; nessuno infatti può prendere coscienza
dell’ombra senza una notevole applicazione di risolutezza morale. Ciò
significa riconoscere come realmente presenti gli aspetti oscuri della
personalità: atto che costituisce la base indispensabile di qualsiasi
forma di conoscenza di sé, e incontra perciò di solito una notevole
resistenza” (Jung 1951, trad. it., p. 8). Leggere Jung vuol dire anche
entrare in contatto con la possibilità concreta che all’Io sia
diametralmente opposta un’altra dimensione, tesi tanto profonda quanto
spaventevole.
Da queste poche argomentazioni possono
muoversi alcuni inquietanti interrogativi sul ruolo dell’ombra
collettiva dell’umanità nel novecento, ad esempio, o in ogni periodo
storico omologato comportamentalmente, sullo stato di salute attuale dei
processi di individuazione all’interno di un contesto societario che
non consente lo sviluppo libero della propria personalità sulla base di
progetti a lungo termine ma si incentra unicamente sulle cosiddette
“occasioni” che poco spazio lasciano al naturale conseguimento
dell’autorealizzazione di se stessi.
Ci si può chiedere, ancora, se esistano
delle vere e proprie malattie collettive, pensando alla quasi nevrotica
necessità umana di deturpare l’ambiente in cui si abita allo scopo di
massimizzare i profitti, con il risultato finale, assolutamente
prevedibile, di far ammalare il proprio habitat, una sorta di
demolizione studiata della propria dimora e su come possa influire
l’inconscio collettivo in funzione di questo. E’ interessante chiedersi
quali modificazioni sugli archetipi infantili hanno comportato i media,
la loro diffusione e i loro meccanismi di indottrinamento culturale, mai
banali e sempre scientemente preparati, prendendo in modo
esemplificativo l’immagine della donna televisiva, vista unicamente come
consumatrice e non dotata ,quasi in nessun caso, di alcuna qualità se
non corporale.
La principessa sostituita dalla
soubrette, il principe azzurro dal presentatore televisivo e così via.
Si pensi, inoltre, all’esistenza dei messaggi subliminali nei cartoni
animati, elementi apparentemente posti appositamente per strutturare
particolari tipi di archetipi negli inconsci dei bambini. Sulla base di
quanto lasciatoci da Jung è possibile, dunque, analizzare i fenomeni
storici, esistenziali, collettivi e non, attraverso punti di vista
diversi da quelli utilizzati normalmente, partire da basi ragionative
psichiche, interrogarsi sulle origini psicologiche di quelli che vengono
chiamati avvenimenti, data per assodata l’esistenza di un’anima
collettiva.
Tra lo studio dei simboli, la
parapsicologia, l’alchimia, l’astrologia, i fenomeni Ufo, quelli
occulti, i mandala indiani, la reincarnazione e le religioni, spiccano
negli aspetti più esoterici della speculazione junghiana, le riflessioni
sull’esistenza della sincronicità: la contemporaneità di due eventi
connessi tra loro senza nesso causale: “La mia preoccupazione costante
riguardo la psicologia dei processi incoscienti mi ha obbligato a
cercare, da affiancare alla causalità, un altro principio da spiegare,
in quanto a volte il principio della causalità mi sembrava insufficiente
per spiegare certi fenomeni sorprendenti della psicologia
dell’inconscio.
Trovavo così fenomeni psicologici
paralleli che non potevano essere legati in modo causale gli uni agli
altri; ma, oltre la causalità essi potevano essere legati tra di essi in
modo diverso, attraverso un altro svolgimento degli eventi. Questa
connessione tra gli eventi sembrava, essenzialmente, essere data dalla
loro relativa simultaneità da cui il termine ‘sincronistico’. Sembra
davvero che il tempo, lontano dall’essere un’astrazione, sia un
continuum energetico concreto.
Esso include determinate qualità o
condizioni fondamentali che si manifestano simultaneamente in luoghi
diversi con un parallelismo che non può essere spiegato dal principio
della causalità”. Questa ponderazione apre degli scenari nei quali ci
viene detto sugli individui qualcosa di immensamente grande, ovvero la
possibilità oggettiva che esista uno spazio interiore che non è soggetto
alle leggi di casualità, a quelle del tempo e a quelle dello spazio,
postulato che si lega irrimediabilmente col tema della vita e della
morte, principio e conclusione della soggezione a quelle leggi: “Quel
che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile,
che la nostra immaginazione e la nostra sensibilità non potrebbero
concepire nemmeno approssimativamente…
Prima o poi, i morti diventeranno un
tutt’uno con noi; ma, nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di
quel modo d’essere. Cosa sapremo di questa terra, dopo la morte? La
dissoluzione della nostra forma temporanea nell’eternità non comporta
una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri di un
unico corpo.”
Così come questo tema obbliga a spiegare cosa intendesse Jung per Dio:
“Questo non vuol dire: “so che esiste un Dio determinato (Zeus, Yahweh, Allah, il Dio trinitario ecc.)”, ma piuttosto: “so che sono palesemente confrontato con un fattore in sé sconosciuto e che chiamo Dio in consensu omnium… In quanto so di una collisione con una volontà superiore nel mio proprio sistema psichico, so di Dio, e se volessi tuttavia osare l’ipostatizzazione in sé illegittima della mia idea, direi: so di un Dio al di là del bene e del male che è altrettanto in me quanto in ogni luogo al di fuori di me”.
Si può facilmente comprendere, da queste
poche righe, che Jung rappresenta un patrimonio culturale irripetibile
per l’umanità, per la profondità della sua psicologia, per l’aver
toccato ed essersi interrogato su tutti questi aspetti che qui sono
trattati in maniera necessariamente sommaria, per aver contribuito a
spiegarci meglio come siamo fatti e per essersi riservato il diritto di
dirci che non tutto è rilevabile in maniera certa e trasparente, anzi.
Jung ha interpretato l’umanità, informandoci di quanto grandiosa e
pericolosa al contempo essa potesse essere.
Francesco Boezi
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