domenica 22 marzo 2015

Il pensiero divide? (Jiddu Krishnamurti)


Dobbiamo, inoltre, scoprire qual è la funzione, il significato, la sostanza, qual è la struttura del pensiero, perché potrebbe essere il pensiero a dividere; e trovare una risposta per mezzo del pensiero, attraverso la ragione, significa, ovviamente, separare ogni problema e cercare di dare una risposta a ognuno di essi. Perché siamo sempre inclini a risolvere le nostre problematiche separatamente, come se queste non fossero correlate?

Ci sono persone che sognano rivoluzioni fisiche che possano cambiare l’ordine sociale e generarne uno nuovo, e nel fare ciò dimenticano completamente l’intera natura psicologica dell’uomo. È per questo che bisogna porsi questa domanda: perché? E dopo averla posta, che tipo di risposta ci daremo? Sarà una risposta del pensiero, o sarà generata dalla comprensione della totalità di questa immensa, vasta struttura che è la vita umana?

Voglio scoprire perché esiste questa divisione. Abbiamo già affrontato tutto questo con le modalità degli osservatori intenti a esaminare qualcosa; dimentichiamoci di tutto, mettiamo tutto da parte e affrontiamo la questione in modo diverso. È il pensiero a generare questa divisione? E se scopriamo che è così, e il pensiero cerca di trovare una risposta a un particolare problema, questo continua a rimanere un problema separato da altri problemi.

Stiamo camminando assieme? Per favore non dite di essere d’accordo, non si tratta di essere o di non essere d’accordo, piuttosto si tratta di scoprire da voi stessi la verità o la falsità di questo punto, non di accettarlo: non accettate, in nessuna circostanza, ciò che chi parla vi sta comunicando; mai. Quando parliamo assieme di questi argomenti, non c’è autorità, né voi, né chi parla possiede alcuna autorità. Siamo entrambi intenti nello scoprire, nell’osservare, nel guardare attentamente, nell’imparare e, quindi, non si tratta d’essere d’accordo o di non esserlo.

Bisogna scoprire se il pensiero, per la sua stessa natura e struttura, non divida la vita in tanti problemi. E se cerchiamo di dare una risposta per mezzo del pensiero stesso, sarà sempre una risposta isolata, e perciò destinata a generare ulteriore confusione, ulteriore sofferenza. Quindi, come prima cosa, bisogna scoprire da noi stessi, in modo libero, senza alcun giudizio o conclusione, se il pensiero opera in questo modo. Perché molti di noi cercano di trovare risposte intellettualmente, o emotivamente, o “intuitivamente”.

Quando usiamo la parola intuizione, dobbiamo essere particolarmente cauti, perché questa parola è estremamente fuorviante. Si possono avere intuizioni dettate dalle proprie speranze, paure, amarezze, desideri e da aspettative, quindi è meglio che quella parola non venga usata affatto. Tornando a noi, dicevamo che si cerca di dare risposte intellettualmente o emotivamente, come se l’intelletto fosse separato dalle emozioni e come se queste fossero, a loro volta, disgiunte dalle reazioni fisiche, e così via. E siccome tutta l’educazione che abbiamo ricevuto e la cultura in cui viviamo sono centrate su questo approccio intellettuale alla vita, tutte le nostre costruzioni filosofiche nascono da concetti dell’intelletto, ed è tutta spazzatura. La nostra intera struttura sociale è basata su questa divisione, così come il nostro sistema morale.

Quindi, se il pensiero divide, come fa a compiere questa divisione? Non intrattenetevi con questa affermazione, cercate di scoprirlo da voi stessi. È molto più coinvolgente, e vedrete che cosa straordinaria scoprirete da soli. Sarete una luce per voi stessi, diverrete degli esseri umani integri, che non vanno alla ricerca di qualcuno che dica loro cosa devono fare, cosa e come devono pensare.

Allora, il pensiero divide? E che cosa è il pensiero? Il pensiero può essere particolarmente ragionevole, può ragionare in modo consecutivo, e deve farlo in modo logico, obiettivo, in modo sano, perché deve funzionare perfettamente, come un computer con il suo ticchettare privo di resistenze o di conflitti. La ragione è necessaria, la sanità è parte di quella capacità raziocinante; allora, che cos’è questo pensare, cos’è il pensiero?

Può il pensiero essere mai nuovo, fresco? Perché ogni problema è nuovo, ogni problema dell’uomo, non quelli meccanici, scientifici, è un problema nuovo. La vita è sempre nuova, ed ecco che il pensiero cerca di comprenderla, di alterarla, di tradurla, di farci qualcosa. Allora, per questo motivo, dobbiamo scoprire da noi stessi che cos’è il pensiero e perché divide. Se noi potessimo sentire in modo profondo, amarci l’un l’altro, non in modo verbale ma nella realtà, cosa che può accadere solo quando scompaiono i condizionamenti, quando non sussiste più un centro, un “me” e un “te”, allora tutte le divisioni terminerebbero.

Ma il pensiero, che è l’attività dell’intelletto, del cervello, non può amare, certamente. Può ragionare in modo logico, oggettivo ed efficiente; per andare sulla luna, il pensiero deve aver operato in modo straordinario: se poi ne valesse veramente la pena, questa è un’altra faccenda. Perciò il pensiero deve essere compreso. Ci siamo chiesti se il pensiero può vedere qualcosa di nuovo, o se possa esistere un pensiero nuovo: il pensiero è sempre vecchio? Se è così, allora quando esso affronta un problema della vita, che. è sempre nuova, non può avvertirne la novità, proprio perché cerca subito di tradurre la cosa che ha osservato nel linguaggio dei propri condizionamenti.

Allora, il pensiero è necessario, deve funzionare in modo logico, sano, salutare, in modo oggettivo, non emotivamente, né in modo personale, eppure, proprio quel pensiero divide tra “me” e non “me” e cerca di risolvere il problema della violenza come se questa non fosse correlata a tutti gli altri problemi dell’esistenza. Il pensiero è il passato. Il pensiero è sempre il passato, se non avessimo un registratore come il cervello, che ha accumulato ogni sorta di informazioni, di esperienze, personali e collettive, noi non saremmo capaci né di pensare, né di darci risposte. Vediamo tutto questo? Non verbalmente, ma nella sua attualità? Quindi, come il passato che incontra il nuovo, il nuovo deve tradurre usando modalità del passato, e questo determina divisione.

State chiedendo perché il pensiero divide, perché il pensiero interpreta. Se il pensiero è il risultato del passato, e il pensiero è proprio il risultato di ieri, con tutte le informazioni, tutta la conoscenza, l’esperienza, la memoria e via dicendo, esso opera sul problema e lo separa dagli altri, come se ne fosse diviso davvero. Giusto? È così? O non siete. sicuri di questa cosa? Cercherò di sciogliere l’insicurezza a tale proposito, non perché voglia impormi, che sarebbe stupido, o per mostrarvi che il mio ragionamento è migliore del vostro, che sarebbe ugualmente stupido, ma perché stiamo cercando assieme la verità su questo punto, “cosa è” nella realtà. Ora, lasciate tutto da parte, per il momento, e osservate il vostro modo di pensare. Il pensiero è la risposta del passato. Se voi non aveste un passato, non avreste alcun pensiero, vi trovereste in uno stato di amnesia. Il passato è pensiero, e perciò il passato, inevitabilmente, divide la vita in presente e futuro. Fino a quando ci sarà un passato come pensiero, quel passato stesso dividerà la vita in passato, presente e futuro.

Seguitemi in ciò che sto per dirvi. Avanzerò lentamente, passo dopo passo, non cercate di precedermi. Ho un problema con la violenza, voglio comprenderla interamente, totalmente, così che la mente possa essere completamente libera dalla violenza, e per far ciò l’unica opportunità è quella di comprendere l’intera struttura del pensiero. È il pensiero che genera violenza (la “mia” casa, la “mia” proprietà, “mia” moglie, “mio” marito, la “mia” nazione, il “mio” Dio, il “mio” credo), e tutto questo è assolutamente privo di senso. Chi è che compie questo, che crea questo eterno “me” opposto a tutto il resto? Chi è responsabile, chi è la causa di tutto ciò?

L’educazione, la società, il sistema, la chiesa, sono tutti responsabili, in quanto io sono parte di tutto questo. E il pensiero, che è materia, che è il risultato della memoria, è parte della struttura stessa e delle cellule del cervello. La memoria è il passato, che è del tempo. E così, quando il cervello opera, psicologicamente o al livello sociale, economico, religioso, deve, invariabilmente, operare in termini di tempo, poiché il passato è in accordo con i suoi condizionamenti.

Il pensiero è essenziale, deve funzionare nel modo più logico possibile, in maniera completamente oggettiva, impersonale; ciò nonostante, vedo come il pensiero divide, psicologicamente, così come nel tempo. Il pensiero deve, inevitabilmente, dividere; guardatevi attorno e osservate cosa è accaduto. Il pensiero dice: “Il nazionalismo è cosa marcia, ha generato ogni sorta di guerra e di inganno, incoraggiamo la fratellanza, uniamoci l’un l’altro”. Così il pensiero fa nascere la Lega delle Nazioni, o l’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma il pensiero continua a operare in modo divisivo e a mantenere la separazione: tu, che sei italiano, difenderai la tua sovranità, e via dicendo. Parlare della fratellanza e, allo stesso tempo, mantenere le divisioni, e ovviamente un’ipocrisia; e questa è una delle funzioni del pensiero, fare il doppio gioco con se stesso.

Il pensiero non può essere la via d’uscita, che non significa dire: uccidete la mente. Allora che cosa è che vede il sorgere di ogni problema come un problema totale? Se uno ha un problema sessuale, è un problema totale, relazionato alla cultura, al carattere, agli altri aspetti della vita, e non separato da tutto ciò. Ora, qual è la mente che vede ogni problema nella sua interezza e non come un frammento?

Le chiese, le varie religioni hanno detto: “Cercate Dio e ogni cosa sarà risolta”. Come se Dio, secondo le loro credenze, fosse separato dalla vita. Perciò si è costantemente manifestata questa divisione, e io che osservo questa realtà, dico a me stesso: “Non voglio leggere libri, ma voglio osservare la vita, perché in questa osservazione imparerò molto più che da qualsiasi libro, sia interiormente sia esteriormente, se saprò come osservare”. A questo punto, che cos’è che fa sì che si osservi la vita nella sua interezza? Stiamo procedendo assieme? Che cos’è? Conoscere la portata, l’efficienza, la vastità del pensiero e, allo stesso tempo, osservare, sapere che il pensiero, inevitabilmente, divide in “me” e “non me’, e che il cervello è il risultato del tempo, e quindi del passato, e che quando tutta questa struttura del pensiero è all’opera non può, nel modo più assoluto, osservare il tutto. Dunque, che cos’è che vede la vita come un’interezza, senza dividerla in frammenti? Avete compreso la mia domanda?

Domanda: Rimane ancora un’altra domanda.

Krishnamurti: Abbiamo compreso, ma rimane una domanda, resta ancora una domanda. Chi è che sta formulando questa domanda? Il pensiero? Inevitabilmente. È possibile che diciate d’aver compreso, e che, allo stesso tempo, vi rimanga ancora una domanda da formulare? Quando avete compreso cosa fa il pensiero, in modo completo, a ogni livello, alto e basso, quando vedete ciò che il pensiero compie e dite: “Ho compreso tutto questo molto bene”; quando poi dite che resta un’altra domanda, chi è che pone quella domanda? C’è solo una domanda, e cioè che questo cervello, l’intero sistema nervoso, la mente che permea tutto ciò dice: “Ho compreso la natura del pensiero”. Il passo successivo è: può questa mente guardare alla vita, con tutta la sua vastità, complessità, con il suo dolore apparentemente infinito, può la mente vedere la vita come una totalità? Questa è l’unica domanda possibile. E non è il pensiero che la sta ponendo: la mente formula questa domanda, perché ha osservato l’intera struttura del pensiero e conosce il valore relativo del pensiero, e quindi è capace di dire: “Può la mente osservare con un occhio che non è mai offuscato dal passato?”.

Ora, entrando nella questione, può la mente, il cervello (che è il risultato del tempo, dell’esperienza, di infinite forme di condizionamento, di conoscenza accumulata, di tutto ciò che è stato raccolto nel tempo come passato), può quella mente, quel cervello, essere completamente fermo e calmo per osservare gli eventuali problemi della vita? È una domanda molto seria, non un intrattenimento cerebrale. Bisogna dedicarle tutta la propria energia, le proprie capacità, vitalità, passione, la propria vita per trovare una risposta, e non starsene semplicemente lì seduti e fare delle domande a me.

Dovete veramente impegnarvi a fondo, con tutta la vostra vita, per poter scoprire una risposta, perché quello è l’unico modo, l’unica possibilità per uscire da questa brutalità, violenza, dolore, degrado, da tutto ciò che è corrotto. Può la mente, il cervello, esso stesso corrotto dal tempo, può divenire tranquillo così da vedere la vita come una totalità e, di conseguenza, senza problemi? Quando vedete qualcosa nella sua interezza, come può esserci un problema? I problemi sorgono solamente quando vedete la vita in modo frammentato. Osservate la bellezza di questa realtà.

Quando percepite la vita nella sua totalità, allora non sorgono problemi di alcuna natura. È solo quando una mente, un cuore, un cervello sono divisi in frammenti, che nascono i problemi. Il centro di questi frammenti è il “me”, e il “me” viene a esistere attraverso il pensiero, che non ha una realtà di per sé. Il “me”, la “mia” casa, i “miei” mobili, la “mia” amarezza, il “mio” disappunto, il “mio” desiderio di diventare qualcuno, tutto questo è il prodotto del pensiero. Il “mio” appetito sessuale, la “mia” acredine, la “mia” ansia, la “mia” colpa; il “me”, prodotto del pensiero, divide. E può la mente osservare senza il “me”? Non essendo capace di fare questo, quello stesso “me” dice: “Mi dedicherò a Gesù, a Buddha, a questo, a quello”; comprendete? “Diventerò comunista, e i problemi di tutto il mondo mi riguarderanno”. Il “me” che si identifica con ciò che crede essere più grande, più degno, è ancora l’espressione del “me”.

Jiddu Krishnamurti 

23 Luglio 1970 - Saanen (Da Sulla mente e il pensiero)


fonte: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/krishnamurti/pensierodivide.htm 
 

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