lunedì 23 marzo 2015

Nigredo, Albedo, Rubedo


Nigredo – L’Opera al Nero

L’alchimista completo è un uomo che ha trasmutato la sua natura inferiore fino a farsi a immagine e somiglianza di Dio. Ciò non significa che il suo attuale Io è divenuto così grande da somigliare a Dio, bensì esattamente il contrario: il suo Io personale – con tutti i suoi desideri terreni – è morto lasciando spazio a una Volontà superiore che adesso opera attraverso di lui.

L’Io che desidera diventare un alchimista non potrà mai diventarlo. L’Io che desidera diventare immortale non potrà mai diventarlo. Se anche ciò potesse succedere sarebbe una tragedia, poiché l’Io è schiavo di pensieri e desideri egoistici e separativi che lo indurrebbero a usare i nuovi poteri acquisiti per fini personali, alimentando in tal modo un karma sempre più infelice per il suo futuro. Ma ciò non può succedere, o almeno, non può succedere a livello assoluto; ma a livello relativo chi intraprende un lavoro alchemico spesso si illude ancora per un lungo periodo di poter evolvere esotericamente al fine di ottenere sempre di più per sé in termini di conoscenza e poteri occulti.

L’Io non può divenire immortale perché appartiene alla personalità dell’individuo, alla sua parte terrena e mortale; dunque l’Io non può per definizione approdare all’immortalità assoluta, la quale è una caratteristica divina, cioè una prerogativa dell’anima. Tutto ciò che può fare l’Io di un uomo che vuole evolvere sulla strada dell’alchimia è morire, disintegrarsi, annullare la propria volontà personale in quella dell’Assoluto lasciando che Lui agisca per suo mezzo.


La misura della bravura con cui un alchimista è in grado di operare con la materia, dentro di sé e fuori di sé, è data dal suo progressivo annullarsi nello stato di coscienza divino. Più si abbandona al Superiore più Quello è libero di agire attraverso di lui e quindi di operare trasmutazioni sempre più elevate.

Allora le finalità di tali trasmutazioni non saranno più di carattere personale, miranti cioè a soddisfare gli appetiti dell’Io, bensì dettate unicamente dal desiderio di aiutare l’evoluzione dell’umanità e del cosmo intero.

Questo importante assunto va tenuto bene a mente dall’allievo alchimista lungo tutto il corso del suo apprendimento. Egli non deve mai scordare, pena la mancata riuscita di tutti i suoi obiettivi, che l’individuo che oggi desidera divenire immortale non è e non può essere lo stesso individuo che domani lo diverrà. Tale uomo dovrà progressivamente morire e lasciare il posto a un Uomo Nuovo.

Un mortale non può divenire immortale. Un’entità che sente di essere nata in dato istante nel passato, necessariamente dovrà morire in un altro istante nel futuro. L’unica soluzione è dimenticare sé stessi per identificarsi interamente con un’entità che non è mai nata e non morirà mai: l’anima.

Il processo della morte dell’Io – cioè di tutti i desideri personali dell’allievo alchimista – è detto nigredo, l’Opera al Nero, la « putrefazione ».

Questa è l’impresa più difficile alla quale l’uomo possa mai sperare di giungere. È l’impresa dell’Eroe.

L’alchimista si impegna a lavorare sistematicamente tutti i giorni per uccidere ciò che lui stesso è. La prima fase del lavoro alchemico è infatti la più ardua, lunga e delicata. Una volta portata a compimento questa in maniera perfetta, le fasi successive saranno rapide e semplici.

Il mago/alchimista deve possedere tali qualità:
· Volontà ferma.
· Costanza.
· Coraggio.
· Desiderio di amare tutte le cose e tutti gli uomini.
· Spirito di sacrificio per il bene degli altri.
Tutta la prima lunga fase del lavoro – conosciuta come dissociazione dei misti in termini alchemici – è illustrata nella sezione Lavoro Alchemico, che costituisce il corpo centrale del sito e, più in generale, dell’insegnamento ermetico.

L’Opera al Nero consiste in massima parte nell’attenta e costante osservazione di sé condotta dall’alchimista giorno dopo giorno. Un’osservazione distaccata, che non è macchiata da alcun giudizio, né di compiacimento né di rifiuto nei confronti degli aspetti del proprio carattere che inevitabilmente vengono alla luce. Egli si sforza di restare al di sopra delle divisioni fra bene e male, giusto e sbagliato in tutte le questioni che gli si presentano, interiori o esteriori che siano.

Il ricordo di sé è il mezzo attraverso il quale l’osservazione può potenziarsi e divenire una tecnica rapida ed efficace.

Parallelamente al ricordo di sé deve inziare il lavoro sull’immaginazione negativa e sulle emozioni negative, come descritto nella succitata sezione del sito.

L’osservazione neutrale che l’alchimista applica a tutte le manifestazioni di giudizio, desiderio, fastidio, depressione o contentezza… che fanno parte della sua personalità, fa sì che queste perdano progressivamente potere su di lui, divengano oggetti da lui slegati, fino a morire. E insieme ai desideri e alle repulsioni perisce anche il piccolo Io che da essi era tenuto in vita.

La pseudo-chiaroveggenza

Nel corso del processo di «dissociazione dei misti» si manifestano spesso le più svariate reazioni. A causa del progressivo allontanarsi del centro di consapevolezza dell’individuo dall’identificazione con la sua macchina biologica, molti aspetti di questa, prima tenuti a bada da una forte presenza dell’Io, vengono ora disordinatamente alla luce e possono pertanto prodursi visioni: proiezioni simboliche del contenuto della psiche e delle forze che si muovono nel corpo, e quindi sempre facenti parte della natura inferiore.

Non creda dunque l’aspirante di aver ottenuto solo per questo la chiaroveggenza. Tale qualità sopraggiungerà con l’Opera al Bianco, e implica un vedere a partire da un nuovo organo di percezione: il Cuore.

Tutte le visioni astrali antecedenti questa fase riguardano unicamente incursioni disordinate in un mondo nel quale l’allievo per il momento può solo manifestare le stesse capacità di percezione e discriminazione di un infante appena giunto sulla Terra.

Se egli non si è ancora liberato dai legami mentali, emotivi e fisici della sua natura inferiore non potrà che vedere proiezioni astrali di tale natura, siano esse piacevoli o spiacevoli, e mai una verità oggettiva appartenente al piano dell’anima.

Che posso dirti di più, figlio? Soltanto questo: una visione semplice si è prodotta in me… Sono uscito da me stesso ed ho rivestito un corpo che non muore. Ora, non sono più lo stesso, ho avuto nascita intellettuale… Non sono più colorato, tangibile, misurabile. Non vedo più i corpi nelle tre dimensioni.
Tutto ciò mi è estraneo… e non è con gli occhi fisici che ora mi si può vedere.
dal Corpus Hermeticum

Albedo – L’Opera al Bianco

Concentrare i propri sforzi sull’osservazione di sé, sui pensieri e sulle emozioni porta alla nascita dell’osservatore, una nuova entità che guarda con distacco le attività della macchina biologica umana e acquisisce nel tempo una capacità sempre maggiore di controllarla.

A questo punto si va incontro a un pericolo dal quale è indispensabile mettere in guardia il neofita.

L’osservatore – la parte dell’individuo che vuole liberarsi e che si è manifestata fin dai primi passi sul sentiero – diviene sempre più potente e sempre più capace di sottomettere la personalità al suo volere. A un dato momento questo osservatore diviene il maggiordomo, secondo la terminologia esoterica, cioè un’entità in grado di impartire ordini all’interno della casa e di farsi obbedire dal resto della servitù: emozioni e pensieri.

È a questo punto che l’alchimista può cadere nel tranello e pensare di aver realizzato il suo traguardo. Ma il potere di dominare su pensieri, passioni ed emozioni non rappresenta ancora il conseguimento finale.
Egli staziona adesso in una sorta di Terra di mezzo, un punto neutro, che di norma causa una insopportabile sensazione di incertezza. È morto l’uomo ordinario che lui era, ma non è ancora nato l’« Uomo Nuovo ». Il controllo che egli ha acquisito non è ancora frutto dell’identificazione con l’entità spirituale – l’anima – bensì conseguenza della creazione di un centro di gravità permanente, capace di mettere ordine in casa, ma ancora facente parte della servitù, la natura inferiore, la personalità. Il padrone di casa tarda ad arrivare.

È in questa “terra di nessuno” che l’aspirante Mago viene sottoposto alla tentazione. Gli si presentano due vie: il Sentiero della Mano Destra e quello della Mano Sinistra. Nel primo si pone la propria volontà al servizio dell’Uno, nel secondo si ha l’ardire di rifiutare ogni genere di obbedienza e si prosegue nel lavoro alchemico per fini egoistici.

Egli potrà superare la situazione di stallo rivolgendosi alle forze diaboliche (evocazione), subito pronte ad accogliere il neofita nelle loro schiere, oppure a quelle spirituali (invocazione), anch’esse pronte ad assisterlo, ma più difficili da raggiungere, in quanto il contatto con loro richiede determinazione a servire e a sacrificarsi per il bene dell’umanità. L’Ego con i suoi desideri di POTERE, DENARO e SESSO deve essere « sacrificato » (=fatto sacro).

Si noti che finché un uomo non ha dominato le sue passioni e l’incessante lavorìo mentale della sua natura inferiore, è solo un burattino e non riveste alcuna utilità né per i diavoli, né per gli angeli!
Le tentazioni giungono solo quando l’uomo ha già creato in sé un centro di gravità permanente, e si è quindi portato piuttosto innanzi nel suo processo evolutivo.

La formulazione del pensiero “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42) è il segno che la via della Mano destra è stata preferita. Allora il padrone di casa prende il posto del maggiordomo.

L’individuo si identifica con l’anima e l’Uomo Nuovo può nascere. L’Opera al Bianco si è compiuta.

In realtà l’osservatore, il maggiordomo e il padrone di casa sono il risultato del progressivo spostamento del centro di consapevolezza dell’individuo dal cervello al Cuore. Il che equivale al passaggio dal corpo fisico al « corpo di gloria », o dalla personalità all’anima.

L’Opera al Nero e l’Opera al Bianco si muovono parallelamente. Durante il procedere della prima avanza anche la seconda. In queste fasi del lavoro alchemico ci si distacca sempre di più dalla personalità, ma al contempo si costruisce già il « corpo di gloria », il « vaso dell’anima ». Ci si allontana dalla caotica e irrefrenabile attività del cervello, ma solo per traslarsi ogni giorno di più in un nuovo organo di senso: il Cuore. La conclusione si ha nell’identificazione completa dell’Io con l’anima, il che implica l’apertura del Cuore all’amore e la capacità dell’individuo di agire coscientemente nel suo corpo fluidico, o astrale.

L’apertura del Cuore altro non è che la ricezione del donum dei, cioè la fabbricazione in sé del Lapis Philosophorum. La tanto agognata Pietra Filosofale è in verità l’attitudine a provocare in sé stessi l’amore – attraverso un cosciente utilizzo del centro del Cuore – e a indirizzarlo nelle opere magiche quali la guarigione o la trasmutazione.

Nessuna vera opera magica è fattibile se non a partire da uno stato di innamoramento.

Le opere, per quanto straordinarie, compiute sfruttando poteri psichici – innati o acquistati con l’esercizio – anziché il « donum dei », fanno parte della Magia Nera e producono un effetto limitato nel tempo, oltre che provocare un karma negativo per l’operante.

È infatti possibile agire coscientemente nel corpo astrale, o sviluppare la chiaroveggenza, così come altri poteri, anche senza aver compiuto un reale processo alchemico, ma semplicemente dedicandosi a particolari tecniche, dette « acque corrosive ». Tuttavia i poteri così ottenuti appartengono ancora all’Io, alla personalità, la “macchina biologica” e non ancora all’anima.

È importante che le frasi “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44), “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42) e “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera” (Gv 4,34) impregnino la coscienza dell’aspirante già dall’inizio del suo percorso. Queste affermazioni incarnano infatti l’essenza dell’Ars Regia, dall’Opera al Nero fino all’Opera al Rosso, che sarà affrontata più innanzi e che costituisce il compimento ultimo dell’Opus Magnum. L’intera Scienza dei Maghi si fonda su tali pilastri.

Più in particolare “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44) riassume occultamente l’Opera al Nero, l’Opera al Bianco e l’Opera al Giallo. Le altre due frasi riassumono l’Opera al Rosso: la cristificazione della materia.

Polarizzare quotidianamente la propria esistenza su queste frasi apre un canale alle energie dei piani superiori, che in tal modo possono scendere a coadiuvare gli sforzi dell’allievo, e consente alle entità angeliche di proteggerlo da “presenze sottili” indesiderabili. Il vantaggio di invocare e lasciarsi attraversare dalle forze che agiscono dall’alto risiede nel fatto che esse non combattono sullo stesso piano dell’avversario, come invece è costretto a fare il neofita, che deve lavorare sulla sua personalità con una parte di questa stessa personalità.

L’alchimista che volesse ottusamente concentrarsi solo sull’Opera al Nero – cioè sulla dominazione della natura inferiore – senza badare all’aspetto amore, che si esprime nell’apertura del Cuore e nella volontà di servizio per l’umanità, avrebbe possibilità molto minori di riuscire nella sua impresa, poiché agirebbe senza l’aiuto delle energie provenienti dai piani superiori. Inoltre si ritroverebbe a un dato momento nella « Terra di mezzo » senza alcuna connessione con i mondi spirituali più elevati e le entità angeliche che li abitano. A quel punto, a causa della ristrettezza del suo Cuore, la sua scelta ricadrebbe quasi inevitabilmente sul Sentiero della Mano Sinistra.

Per chi invece combatte contro i draghi protetto dallo scudo di Cristo, nigredo e albedo giungono a compimento in rapida successione.

I risultati sono:
– L’apertura del Cuore e di conseguenza la capacità di spostare a piacere il proprio centro di consapevolezza dall’apparato psicofisico all’anima, quindi l’ingresso in uno stato di coscienza di amore incondizionato verso gli eventi e le persone.
– La produzione dell’Argento, cioè la realizzazione definitiva del corpo mercuriale, o corpo di luce, o « corpo di gloria » – il tempio dell’anima; evento grazie al quale diviene possibile, in seguito al dovuto addestramento, viaggiare nel mondo astrale con il nuovo corpo come veicolo.
– L’immortalità. Alla morte del corpo fisico il Mago è ora certo che resterà in vita, poiché il suo centro di consapevolezza si trova già ora nel corpo causale. Tuttavia questa non è ancora l’immortalità assoluta, in quanto quando l’alchimista si identificherà con l’Uno stesso, anche il corpo dell’anima verrà abbandonato e il corpo dell’Uomo Nuovo sarà l’intera Creazione.

Agli dèi bisogna farsi simili, non già agli uomini da bene: non l’esser esenti dal peccato, ma l’essere un dio è il fine. - Plotino -


Rubedo – L’Opera al Rosso

L’alchimista a conclusione dell’albedo è capace di coscienza extracerebrale, è in grado cioè di percepire la realtà al di fuori del vincolo fisico del cervello. La sua coscienza – il suo senso di sé – si è spostata dalla testa al Cuore, in una regione situata al centro del petto. Non si intende il Cuore in senso fisico, ma « sub specie interioritatis », nel senso interiore, in quanto trattasi di organo che si colloca sul piano dell’anima.

Il Mago ora pensa e vuole come un Uomo Nuovo, la cui volontà non è più la semplice espressione dei desideri e dei fastidi della macchina biologica, ma il risultato della completa identificazione col volere dell’anima. I suoi pensieri non sono più l’effetto collaterale della necessità di assicurare la sopravvivenza alla personalità mortale, ma intuizioni artistiche provenienti dal “mondo delle idee”. Egli è anima e non più persona.

Per progredire nella capacità di viaggiare nei mondi spirituali e quindi divenire in grado di portare a compimento determinati servizi all’umanità muovendosi su tali piani, è indispensabile che egli assuma come guida un Mago più esperto che lo illumini sui segreti e sui pericoli di tali mondi e sulle tecniche da mettere in atto per acquisire maggiore efficacia d’azione. Il neofita è infatti nei suoi nuovi corpi come un neonato ai suoi primi giorni di vita: indifeso, solo vagamente cosciente, all’oscuro dei pericoli così come delle fantastiche possibilità a sua disposizione.

La fase successiva del progresso prevede l’ignificazione della luce astrale o rubedo.

Come l’allievo avrà già avuto modo di notare attraverso la pratica, in realtà le varie fasi del processo alchemico non sono rigorosamente successive e confinate entro limiti esattamente definiti. Ad esempio si è detto in precedenza che nigredo e albedo (solve et coagula) procedono parallelamente: alcune sostanze già disciolte iniziano a coagulare mentre altre stanno ancora disciogliendosi.

Ora si osservi che la fase di rubedo – spiritualizzazione della materia per discesa del Fuoco – inizia già al termine dell’Opera al Nero – creazione di un « testimone » e dissociazione dei composti psichici della personalità – e contribuisce in maniera essenziale alla fissazione del « corpo di gloria ». Spesso, sebbene in forma più blanda, inizia ancor prima, in pratica ogni volta che l’individuo è in grado di porsi in uno stato particolarmente ricettivo rispetto alle influenze superiori: “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42).

Nell’Opera al Rosso il Mago acquieta il suo corpo fisico di modo che i cinque sensi restino inattivi – come nello stato di meditazione – quindi ritira temporaneamente la sua coscienza nei veicoli sottili aprendo così i propri occhi su quei piani… e finalmente può portare a termine la Grande Opera, l’alchimizzazione della Terra, la trasmutazione del Piombo (il corpo fisico) in Oro (Spirito) dopo essere già passato per l’Argento (anima). Solo agendo come anima e non più come personalità egli ha il potere di spiritualizzare il corpo a mezzo dell’elemento Fuoco – lo Spirito Santo che egli fa discendere su di lui. Tale opera di « cristificazione » della materia si realizza solo se lo Spirito discende nel corpo attraverso l’autoconsapevolezza data dallo sviluppo dell’anima, cioè l’identificazione dell’uomo con il suo Sé.

Il Fuoco Celeste interviene fin dall’inizio dell’Opera al Bianco, ma in questa fase esso viene ulteriormente intensificato e fatto discendere « nel fondo del vaso » o « nel buio della miniera » a risvegliare il « cadavere », la macchina biologica addormentata.

Rendere immortale la carne – la resurrezione nella carne e della carne – è il raggiungimento finale; la discesa dello Spirito Santo e l’ascesa della materia.

Risulta chiaro come tale redenzione della materia la si possa effettuare solo prendendo le mosse da un principio superiore. Solo ora che il Mago ha la sua coscienza ben ferma nei mondi spirituali e non più nel cervello fisico, può agire liberamente – da padrone di casa – sulla sua carne e infonderla di Spirito.

Come avrebbe potuto, prima, trasmutare il « cadavere » restando al contempo identificato con il suo Io mutevole, che è la coscienza di tale cadavere?

Ora tutto è compiuto, egli è “assunto nei Cieli con tutto il corpo“.

L’assunzione nei Cieli con tutto il corpo indica pure che l’Universo stesso – l’intera manifestazione – è divenuto il corpo del mago. La sua coscienza non è più duale e separativa, non esiste più la divisione soggetto/oggetto: egli è l’Uno che si rende manifesto attraverso un Universo. L’Ego e il mondo non sono più due entità separate. L’Uomo Nuovo realizza che l’Ego non è mai stato presente, se non come illusorio senso di separazione dal resto del Creato: i suoi piccoli desideri sono scomparsi, non c’è più nulla da fare o da ottenere; persino il supremo desiderio di conseguire l’illuminazione ha perso consistenza. L’individuo si è auto-immolato, si è « sacrificato » (=fatto sacro). Ora c’è solo Quello.


Salvatore Brizzi
(occupazione: domatore di fiumi)

Fonte del testo:
OFFICINA ALKEMICA – l’Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)

fonte: http://risvegliati.altervista.org 

1 commento:

  1. Nigredo è l’Opera al Nero degli alchimisti, la prima fase del processo alchemico. In realtà l’alchimia non era solo la proto-chimica, ma anche e soprattutto una ricerca spirituale. Così la Nigredo è il processo in cui ci si dirige verso il ritrovamento dell’autoconoscenza.

    Nigredo è una forte esperienza,
    adatta a chi è sulla via ...
    dell'autoconoscenza ...

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