La
segretaria di Stato Hillary Clinton, nel 2007 chiese all’ex-primo
ministro australiano Kevin Rudd “come imporsi ai propri banchieri?”,
preoccupata per i crescenti potere e presa della Cina sulle finanze USA,
e secondo Wikileaks Rudd disse a Clinton di usare la forza come ultima
risorsa. I cinesi si fidano degli USA? Da superpotenze, sono diffidenti.
Per gli USA è sempre stata questione di affari, non di amicizia o
interesse altrui, ma dei propri. Ciò è comprensibile. Sull’arroganza
statunitense, una volta lessi da qualche parte che tale arroganza era
piovuta dall’eroe greco di qualche tragedia classica. Entriamo in una
nuova epoca, quella della guerra valutaria che metterà alla prova la
forza dell’economia statunitense e del dollaro contro la forza
dell’economia cinese e dello yuan. La corda nel tiro alla fune sarà il
greggio.
L’egemonia economica statunitense è contestata dalla Cina e di
conseguenza è naturale che gli Stati Uniti cerchino di mantenere la loro
posizione geopolitica e finanziaria globale. Tra tali giganti, il
sistema finanziario globale potrebbe essere completamente ridefinito con
una guerra devastante in Medio Oriente. Qualche anno fa lessi il libro “Petrodollar Warfare”
di William Clark, pubblicato nel 2005, quando l’euro era una moneta in
crescita e lo yuan un sogno lontano. Clark scrisse che la logica
dell’intervento (in Iraq) non era solo il controllo dei giacimenti
petroliferi, ma anche dei mezzi con cui il petrolio viene scambiato sui
mercati mondiali. Sadam fu deposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati
arabi (che avevano i dollari come valuta di riserva) perché si rifiutava
di vendere petrolio in dollari USA.
La stessa sorte fu inflitta alla
Libia di Gheddafi. Ora l’Iran è nel mirino degli USA non perché
svilupperebbe la bomba nucleare che la CIA nega, ma perché vende il
petrolio in diverse valute nella sua borsa sull’isola di Kish. La Cina
compra petrolio nei mercati internazionali da Paesi che accettano lo
yuan. Secondo l’US Energy Information Agency (EIA), la Cina nel
2013 è diventata la seconda importatrice di petrolio con 6,2 milioni di
barili/giorno (MMBOPD), leggermente dietro gli Stati Uniti a 6,6
MMBOPD. Sempre per l’EIA, la Cina diverrà il maggiore importatore di
petrolio nel 2014-15.
Non solo, ma la produzione di petrolio della Cina
tramite l’acquisizione di azioni all’estero è aumentata dai pochi 150000
barili al giorno del 2005 ai 2,7 MMBOPD nel 2013. La Cina importa il
52% del petrolio greggio dal Medio Oriente (10% dall’Iran e 20%
dall’Arabia Saudita), mentre al contrario gli Stati Uniti hanno ridotto
le proprie importazioni dall’Arabia Saudita al 16%, mentre le
importazioni dal Canada sono in costante aumento. Nel 2010 la produzione
di petrolio degli Stati Uniti era 9,7 MMBOPD e il consumo del 19,2
MMBOPD. Tale equilibrio è cambiato nel 2014, la produzione di petrolio è
aumentata a 13,4 MMBOPD grazie allo scisto, mentre il consumo è
diminuito a 18,7 MMBOPD grazie all’energia alternativa e all’efficienza
dei carburanti. Le importazioni nette, quindi, sono ulteriormente
diminuite nel 2014 di 1,3 MMBOPD (fonte: EIA)
Da oltre 40 anni il dollaro degli Stati Uniti ha goduto della posizione di rendita di valuta di riserva globale. Nel 1971, il presidente Richard Nixon ordinò la cancellazione della convertibilità diretta del dollaro degli Stati Uniti in oro per via dell’inflazione causata dalla guerra del Vietnam, dal deficit commerciale e dall’aumento del prezzo del petrolio che svalutò il dollaro rispetto al prezzo dell’oro stabilito a Bretton Woods, che legava indirettamente tutte le altre valute (tra cui la sterlina inglese) al gold standard, con cui le banche centrali commerciavano l’oro sulla base del rapporto di 35 dollari USA per oncia. Subito dopo, Nixon negoziò con l’Arabia Saudita affinché i prezzi del petrolio, in futuro, fossero denominati in dollari USA scollegando l’oro del gold standard dallo standard dell’oro nero, in cambio di armi e protezione. Tutti i tredici Paesi OPEC, tra cui l’Iran, adottarono la vendita del petrolio in dollari USA. Ciò permise agli Stati Uniti di esportare gran parte della propria inflazione. Nel gennaio 2015, la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) ha pubblicato un documento intitolato Credito globale in dollari: collegamenti tra politica monetaria e di leva indicando
“che dalla crisi finanziaria globale (del 2008), banche e investitori obbligazionari hanno aumentato la circolazione creditizia in dollari statunitensi, presso mutuatari non bancari al di fuori degli Stati Uniti, da 6000 miliardi di dollari a 9 trilioni (erano 2000 miliardi dollari nel 2001). Tale incremento dovuto al quantitative easing (QE) della Federal Reserve Bank ha implicazioni sulla comprensione della liquidità globale e la trasmissione della politica monetaria“.
Il
rapporto analizza l’entità impressionante e sconvolgente del debito
globale in dollari USA. Nel linguaggio profano il debito è il risultato
diretto della stampa di dollari statunitensi dal 2008. Secondo SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication)
lo yuan cinese è diventato una delle primi cinque valute di pagamento
del mondo, nel novembre 2014, superando il dollaro canadese e il dollaro
australiano. I pagamenti globali in yuan sono aumentati del 20,3 per
cento nel dicembre 2014.
CIPS (China International Payments System)
avvicinerà lo yuan alle altre principali valute mondiali come dollaro
statunitense, yen, sterlina ed euro. E’ possibile che in pochi anni lo
yuan condivida la stessa posizione con il dollaro quale petrovaluta e
che il prezzo del petrolio sarà sia in yuan che in dollari. Ciò causerà
una massiccia migrazione di dollari negli Stati Uniti da Paesi e
investitori stranieri con conseguente iperinflazione. Dopo aver spiegato
l’impatto dello yuan in pochi anni e la dipendenza del debito globale a
causa delle politiche di QE degli Stati Uniti, rivolgiamo la nostra
attenzione al nuovo CIPS che sarà lanciato entro la fine del 2015 in
alternativa a SWIFT, collegando oltre 9000 istituzioni finanziarie in
200 Paesi, agevolando le transazioni valutarie globali. Secondo Reuters
del 9 marzo 2015
“il lancio di CIPS eliminerà uno dei maggiori ostacoli all’internazionalizzazione dello yuan e dovrebbe aumentare notevolmente l’uso globale della valuta cinese, tagliando costi e tempi delle transazioni“.
Secondo Reuter “CIPS diverrà la superstrada dello yuan”.
In questi scenari, i 40 anni di matrimonio di convenienza politica ed economica tra Arabia Saudita e Stati Uniti probabilmente cambieranno. L’Iran potrebbe emergere come superpotenza regionale in Medio Oriente e stretto alleato dei cinesi e russi nella Shanghai Cooperation Organization (SCO). Una nuova OPEC con le testate nucleari, come suggerito dal professor David Wall sul Journal of International Affair di Matthew Brummer, Shanghai Cooperation Organization e Iran: una potente unione. Ciò potrebbe portare alla 3.za guerra mondiale, che la storia potrebbe chiamare “La guerra delle petrovalute”?
Gulam Asgar Mitha (Canada) Oriental Review
Gulam Asgar Mitha
è un ex-ingegnere della sicurezza. Ha collaborato con diverse compagnie
petrolifere e gasifere nordamericane e internazionali ed ha lavorato in
Libia, Qatar, Pakistan, Francia, Yemen ed Emirati Arabi Uniti.
Attualmente vive a Calgary, in Canada, ed ama leggere e seguire le
attuali questioni politiche globali. In esclusiva per Oriental Review.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/03/25/la-guerra-delle-petrovalute/
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