martedì 31 marzo 2015

Non è più “Arabia Felix”, anche l’ Iran irrompe nello scontro sullo Yemen

© AP Photo/ SPA

Nel film “The Truman show” il protagonista, chiuso nella sua fittizia realtà, pensa alle isole Figi come al luogo dove vorrebbe trovarsi. Molti di noi immaginano queste isole tropicali, sperdute nell’oceano come un paradiso terrestre in cui rifugiarsi.

Eppure, anche nei paradisi succedono cose inspiegabili di cui stupirsi: alle Figi in meno di cinquant'anni ci sono stati almeno tre colpi di stato, di cui l'ultimo nel 2006.

Lo stesso stupore ci colpisce se pensiamo a quanto sta succedendo in Yemen, regione nota nella storia come "Arabia Felix" perché verdeggiante, fertile e ricca in tutti i sensi. Oggi è invece poverissima e le sue tribù, una volta suddite della famosa Regina di Saba, sono perennemente in lotto l'una contro l'altra.

La sua decadenza cominciò proprio a causa di una guerra interna tra seguaci di due diverse religioni, i cristiani e gli ebrei. Fu da allora che la cura del territorio fu abbandonata e la terra un tempo generosa divenne semidesertica e arida.

Anche ai nostri giorni sta ancora colpendo il Paese quella che appare come una nuova guerra religiosa, questa volta tutta interna al mondo islamico. In realtà, come sempre, la rivendicazione religiosa è una semplice copertura, un alibi, per uno scontro che nasce da più lontano e con ben altre motivazioni: la lotta per l'egemonia nell'area tra Iran e Arabia Saudita.


Gli iraniani spalleggiano gli Zaidisti (sciiti seguaci di Al Houthi) mentre i sauditi, dopo l'estromissione dell'ex Presidente — dittatore Salih, hanno preso le parti del nuovo Presidente Hadi. La ribellione degli Al Houthi e la loro avanzata dal nord verso il sud, la cacciata del governo ufficiale, la conquista della capitale Sanaa, della cittadina di Zeit e (in parte) del porto di Aden han convinto Riad che occorresse porre un freno a quella che sembrava il dilagare iraniano nella penisola. Da qui i bombardamenti aerei delle aviazioni saudita, egiziana, di vari Paesi del Golfo con la collaborazione del Pakistan e l'aiuto logistico dei turchi.

Il fronte sunnita sembra dunque essersi ricompattato contro il pericolo sciita se non fosse per il non irrilevante dettaglio che con gli Zaidisti combattono anche i sostenitori dell'estromesso presidente Salih, notoriamente sunnita, e che i sunniti militanti locali di Al Qaida non è escluso che, pur restando nemici dichiarati dell'Iran, possano fare fronte comune con gli sciiti di Al Houthi contro i sunniti sauditi.

Come si vede, in tutto il Medio Oriente la realtà è più complessa e contorta di quanto la nostra mente cartesiana sia abituata a giudicare.

Detto ciò, giudicando non sufficiente l'azione aerea, Arabia Saudita e alleati hanno minacciato anche un'invasione terrestre attraverso la frontiera (i sauditi) e dal mare (gli egiziani), mentre la marina militare pakistana si è dichiarata pronta a bloccare i porti.

Anche se nulla va escluso, l'invio di truppe di terra è, oggettivamente, molto improbabile proprio perché la situazione sul terreno è talmente complessa da non offrire alcuna garanzia su chi, localmente, sarebbe un duraturo alleato e chi, invece, potrebbe compattarsi per reagire alla presenza di stranieri. Gli stessi bombardamenti gia' in corso, con la loro conseguenza di distruzioni e vittime tra i civili, implicano, infatti, una sicura cattiva accoglienza per eserciti che dovessero arrivare via terra subito dopo.

Nel frattempo, l'Iran ha minacciato "gravi conseguenze" se l'azione saudita dovesse continuare e qualcuno teme uno scontro militare diretto fra truppe saudite e iraniane proprio in territorio yemenita. Tuttavia, anche questa ipotesi ci sembra poco realistica mentre non si può escludere che Teheran, piuttosto, accentui le sue azioni indirette di disturbo in Bahrain e nelle aree sciite dell'Arabia Saudita.

Ciò che, al momento, sembra piuttosto più probabile è che i bombardamenti aerei, contrariamente a quanto annunciato, si concentrino su pochi giorni: quelli ritenuti sufficienti per obbligare gli Al Houthi al tavolo delle trattative e costringerli ad accettare la Presidenza di Hadi e del suo legittimo (c'erano state elezioni riconosciute regolari dall'ONU) Governo. Se così sarà, l'ipotesi di truppe terrestri si rivelerebbe essere stata una semplice minaccia a scopo intimidatorio.

Se, al contrario, un'invasione dovesse veramente aver luogo, si aprirebbero allora nuove aree di forte instabilità in Medio Oriente perché all'incerto e confuso intreccio di rapporti tra tutti i protagonisti, locali e non, si aggiungerebbe l'aggravante data da un territorio montagnoso e particolarmente inaccessibile che favorirebbe una lotta guerrigliera dall'esito incerto e di lunga durata.



Mario Sommossa

Nessun commento:

Posta un commento