L’altro giorno, quando
ci siamo incontrati qui, parlavamo della necessità di una rivoluzione totale –
una rivoluzione che fosse insieme interiore ed esteriore. Dicevamo che l’ordine
è essenziale per avere la pace nel mondo; ordine non solo esteriore ma
soprattutto interiore. Tale ordine non è mera routine. L’ordine è una entità
vivente che non può determinarsi mediante la mera intellezione, mediante le
ideologie, con svariate forme di comportamento coercitivo.
Dicevamo anche che il
pensiero, che è stato il vecchio, non può funzionare senza il modello che ha
instaurato nel passato. Il pensiero è sempre il vecchio. Il pensiero non può
assolutamente fare ordine, perché l’ordine, come dicevamo, è una entità vivente.
Ed è il pensiero che ha arrecato disordine nel mondo.
L’abbiamo
approfondito, credo, a sufficienza l’altro giorno. Dicevamo che dobbiamo
considerare non che cosa è l’ordine, ma piuttosto che cosa arreca disordine.
Perché nel momento in cui siamo in grado di capire che cos’è il disordine, di
percepirlo davvero e di vedere, non solo intellettualmente ma effettivamente,
l’intera struttura del disordine, allora, nella comprensione totale di quel
disordine, verrà l’ordine.
Penso sia importante
comprendere questo punto. Poiché la maggior parte di noi ritiene che l’ordine
possa essere determinato con la ripetizione e che, se potete recarvi in ufficio
per i prossimi quarant’anni, essere un ingegnere o uno scienziato che opera
nell’ambito di una routine, state apportando l’ordine. Ma la routine non è
ordine: la routine ha generato il disordine. Abbiamo disordine sia esternamente
sia internamente. Penso non ci siano dubbi al riguardo. C’è un caos generale,
sia all’esterno, sia all’interno. L’uomo brancola nella ricerca di una via
d’uscita da questo caos, chiedendo, domandando, ricercando nuovi capi; e se
riesce a trovare un nuovo leader, politico o religioso, lo seguirà. Vale a dire
che l’uomo è disposto a seguire una routine instauratasi meccanicamente, uno
scopo, un sistema.
Ma quando si osserva
il modo in cui questo disordine si è originato, si vede che dovunque ci sia
stata autorità, specialmente autorità interiore, il disordine è inevitabile. Si
accetta l’autorità interiore di un altro, di un insegnante, di un guru, di un
libro, e via dicendo. Vale a dire che, seguendo un altro – i suoi precetti, i
suoi detti, i suoi comandi e la sua autorità – si spera di determinare l’ordine
entro di sé in modo meccanico. Per avere la pace, l’ordine è necessario.
Ma
l’ordine che noi creiamo nel ricercare o nel seguire un’autorità genera il
disordine. Potete osservare ciò che sta avvenendo nel mondo, in special modo in
questo paese, dove regna ancora l’autorità, dove l’autorità interna, l’esigenza,
l’impulso di seguire qualcuno è fortissimo e fa parte della tradizione, della
cultura. Ecco perché vi sono tanti àsrama, grandi o piccoli, che sono veri e
propri campi di concentramento. Poiché lì vi si dice esattamente cosa fare. C’è
l’autorità dei cosiddetti leader spirituali. E come in tutti i campi di
concentramento, cercano di distruggervi, di modellarvi in un nuovo stampo.
I
comunisti in Russia, i regimi dittatoriali, creano dei campi di concentramento
per mutare l’opinione, il modo di pensare, per forzare la gente. Ed è
esattamente ciò che sta accadendo.
Più c’è caos nel mondo più sorgono i
cosiddetti àsrama, che sono sostanzialmente campi di concentramento per
raggirare le persone, per plasmarle, per costringerle entro certi modelli,
promettendo loro un futuro meraviglioso. E gli stolti lo accettano. Accettano
perché in tal modo hanno una sicurezza psicologica. Il capo, il commissario, il
guru, l’autorità dice loro esattamente cosa fare; ed essi lo faranno di buon
grado, perché è stato loro promesso il paradiso, o checchessia e, nel
frattempo, ne ricavano una sicurezza fisica. Questo tipo di obbedienza
meccanica – qualsiasi obbedienza è meccanica – provoca un grande disordine, come
si deduce dalla storia e dai casi quotidiani della vita.
Così, per la
comprensione del disordine, vanno comprese le cause del disordine. La causa
primaria del disordine è il perseguimento o la ricerca di una realtà che
qualcun altro promette. Dato che la maggior parte di noi si trova nella
confusione, nell’agitazione, preferiamo seguire meccanicamente qualcuno che ci
assicurerà una comoda vita spirituale. E una delle cose più singolari che,
politicamente, ci si opponga alla tirannia, alla dittatura. Più la gente è
liberale, civilizzata, libera e più aborre, detesta la tirannia, politicamente
ed economicamente; tuttavia, interiormente accetterebbe l’autorità, la tirannia
altrui.
Vale a dire, distorciamo le nostre menti, i nostri pensieri e il nostro
modo di vivere, per adattarci a un certo modello stabilito da qualcuno come la
via che conduce alla realtà. Quando lo facciamo, stiamo distruggendo la
chiarezza, perché la chiarezza o la luce deve essere scoperta da sé, non per
mezzo di qualcun altro, non attraverso un libro, non grazie a qualche santo. Per
lo più, i santi sono esseri umani contorti. Poiché essi conducono la cosiddetta
vita semplice, gli altri ne restano fortemente impressionati; ma le loro menti
sono distorte e creano ciò che ritengono sia la realtà.
Ma per comprendere
davvero il disordine, si deve comprendere per intero la struttura dell’autorità,
non solo interiormente, ma anche esteriormente. Non si può negare l’autorità
esterna. È necessaria. È essenziale per ogni società civilizzata. Ma ciò che
stiamo dicendo riguarda l’autorità altrui, inclusa quella di chi parla. Può
esserci ordine solo quando comprendiamo il disordine che ciascuno di noi
apporta, poiché facciamo parte della società; abbiamo creato la struttura della
società, e in quella società siamo intrappolati. Noi, come esseri umani che
hanno ereditato gli istinti animali, dobbiamo trovare, quali esseri umani, luce
e ordine. E non possiamo trovare quella luce e quell’ordine, o quella
comprensione, per mezzo di qualcun altro – non importa di chi si tratti –
perché le esperienze altrui possono essere false. Ogni esperienza va messa in
dubbio, che sia la propria o quella di qualcun altro.
L’esperienza è la
continuazione di un fascio di memorie, che traduce la risposta a una
provocazione sulla base del proprio condizionamento. In altre parole,
l’esperienza è – non è vero? – rispondere a una provocazione, e quell’esperienza
può rispondere solo conformemente al proprio retroterra culturale. Se sei un
hindú, o un musulmano, o un cristiano, sei condizionato dalla tua cultura, dalla
tua religione, e quel retroterra si proietta in ogni forma di esperienza. E più
sei intelligente nell’interpretare quell’esperienza, maggiormente vieni
rispettato, è ovvio, con tutto ciò che ne consegue, tutto il circo.
Dobbiamo, quindi,
mettere in discussione, dobbiamo dubitare, non solo dell’esperienza altrui, ma
anche della nostra propria esperienza. Ricercare ulteriore esperienza
attraverso l’espansione della coscienza, cosa che viene fatta per mezzo di
svariate forme di droghe psichedeliche, si situa ancora nell’ambito della
coscienza ed è, dunque, molto limitato. Così, una persona che sia in cerca di
una qualsiasi forma di esperienza – in special modo la cosiddetta esperienza
religiosa, spirituale – deve non solo metterla in discussione, dubitarne, bensì
accantonarla del tutto. Una mente limpidissima, una mente piena d’attenzione e
di amore, una simile mente perché dovrebbe necessitare ancora di una qualche
esperienza?
Il vero non può essere
sollecitato. Potete praticare tutta la preghiera, tutto il controllo del respiro
che volete, e tutti quegli stratagemmi che gli esseri umani mettono in atto al
fine di scoprire qualche realtà, qualche esperienza, ma la verità non può
essere sollecitata. Può scaturirne ciò che è misurabile, ma non
l’incommensurabile. E un uomo che persegua ciò che non può essere compreso da
una mente condizionata, genera disordine, non solo all’esterno ma anche
all’interno.
L’autorità va, dunque,
messa completamente da parte, e si tratta di una delle cose più difficili a
farsi. A partire dall’infanzia, veniamo guidati dall’autorità – l’autorità
della famiglia, della madre, del padre, l’autorità della scuola,
dell’insegnante, e così via. È necessario che ci sia l’autorità di uno
scienziato, di un tecnologo. Ma la cosiddetta autorità spirituale è una cosa
dannosa ed è una delle maggiori cause di disordine, perché è ciò che ha diviso
il mondo in varie forme di religioni, in varie forme di ideologie.
Quindi, per liberare
la mente da ogni autorità, ci si deve conoscere; deve esserci, cioè, la
conoscenza di sé. Non intendo il sé supremo o l’’Atman, che sono invenzioni
della mente, invenzioni del pensiero, invenzioni scaturite dalla paura. Stiamo
parlando di conoscenza di sé: conoscere se stessi realmente come si è, non come
si dovrebbe essere; vedere che si è stupidi, paurosi, ambiziosi, crudeli,
violenti, avidi; vedere i moventi dietro il proprio pensiero, i moventi dietro
la propria azione – cosa che è il primo stadio del conoscersi.
Se non conoscete
voi stessi, come opera la struttura della vostra mente, come percepite, che
cosa pensate, quali sono i vostri moventi, perché fate certe cose e ne evitate
altre, in che modo perseguite il piacere; a meno che non capiate essenzialmente
tutto questo, siete capaci di ingannarvi, di far del male, non solo a voi
stessi, ma anche agli altri. E senza questa basilare conoscenza di sé, non può
esserci meditazione, della quale parlerò tra poco.
Sapete, i giovani in
ogni parte del mondo stanno rifiutando, si stanno ribellando contro l’ordine
costituito – un ordine che ha reso il mondo brutto, mostruoso, caotico. Ci sono
state guerre e, per un lavoro, ci sono migliaia di persone. La società è stata
costruita dalla generazione passata, con le sue ambizioni, la sua avidità, la
sua violenza, le sue ideologie. La gente, specialmente i giovani, rifiuta tutte
le ideologie – forse non in questo paese, perché non siamo abbastanza
progrediti, abbastanza civilizzati per rifiutare ogni autorità, ogni ideologia.
Ma, nel rifiutare le ideologie, stanno creando il loro proprio modello di
ideologia: capelli lunghi, e tutto il resto.
La mera rivolta,
dunque, non dà una risposta al problema. Ciò che risponde al problema è fare
ordine in se stessi, un ordine vivente, non una routine. La routine è mortale.
Entrate in un ufficio non appena uscite dalla scuola secondaria – se ottenete un
lavoro. Poi, per i successivi quaranta, cinquant’anni vi recate ogni giorno in
ufficio. Sapete che accade a una mente del genere? Avete instaurato una routine,
e la ripetete; e incoraggiate vostro figlio a ripeterla. Qualunque uomo al
mondo deve ribellarsi contro di essa. Ma voi direte: «Ho una responsabilità;
nella situazione in cui mi trovo, non posso abbandonarla, anche se mi piacerebbe
farlo». E così il mondo va avanti, ripetendo la monotonia, il tedio della vita,
la sua totale vacuità. A tutto ciò l’intelligenza si ribella.
Deve esserci, così, un
nuovo ordine, un nuovo modo di vivere, Per realizzare quel nuovo ordine, quel
nuovo modo di vivere, dobbiamo comprendere il disordine. È soltanto per mezzo
della negazione che comprendete il positivo, non con il perseguimento del
positivo. Capite, signori?
Quando rifiutate, accantonate ciò che è negativo;
quando comprendete per intero il disordine sociologico e interiore che gli
esseri umani hanno creato; quando capite che finché ciascun essere umano è
ambizioso, avido, invidioso, competitivo, in cerca di posizione, potere,
autorità, crea il disordine; e quando comprendete la struttura del disordine –
proprio quella comprensione determina la disciplina, una disciplina che non è
repressione, né imitazione. Dalla negazione scaturisce la corretta disciplina,
che è ordine.
Comprendere se stessi,
quindi, è l’inizio della saggezza. La saggezza non si trova nei libri, né
nell’esperienza, né nel seguire qualcun altro, né nel ripetere una quantità di
banalità. La saggezza perviene a una mente che comprende se stessa, che
comprende come è nato il pensiero.
Avete mai esaminato o chiesto: qual è
l’inizio del pensiero, come si origina il pensiero? Si tratta di una cosa
importantissima da capire. Perché se siete in grado di comprendere l’inizio del
pensiero, allora forse potete ritrovare una mente che non è oppressa dal
pensiero in forma di ripetizione di ciò che è stato. Come dicevamo, il pensiero
è sempre vecchio, il pensiero non è mai nuovo. A meno che non scopriate da voi –
non ripetere ciò che qualcuno dice, chiunque esso sia – a meno che non scopriate
da soli l’inizio del pensiero, come un seme che produce una foglia verde, non vi
è possibile trascendere le limitazioni di ieri.
E per scoprire
l’inizio del pensiero deve esserci la comprensione di se stessi, ma non
mediante l’analisi. L’analisi richiede tempo, come togliere gli strati a una
cipolla a poco a poco.
Pensiamo di poter comprendere mediante l’analisi,
mediante l’introspezione, mediante il perseguimento di una particolare idea che
è sorta ed esaminandone la causa – e tutto ciò richiede tempo. Ora, quando
usate il tempo come un mezzo di comprensione, il tempo provoca disordine.
Quindi, il tempo è dolore. Capite? Se vi prendete tempo per sbarazzarvi della
violenza che è in voi, avete stabilito come meta, come ideologia, che dovete
liberarvi di essa e che, per raggiungere tale meta vi occorre del tempo e vi
tocca coprire lo spazio tra la violenza e quello stato in cui non c’è violenza.
Quando avete tempo per sbarazzarvi della violenza, continuate a spargere i semi
della violenza – il che è un fatto evidente. Se dite a voi stessi: «Non sarò
ambizioso quando avrò raggiunto il massimo», nel frattempo, state spargendo i
semi della crudeltà di un uomo ambizioso. La comprensione di se stessi, quindi,
non dipende dal tempo, dev’essere istantanea. L’approfondiremo ancora un po’.
Stiamo dicendo che il
mondo, com’è oggi, è nel caos. Ci sono guerre, attività ripetitive, la faccenda
delle chiese – tutto ciò ha provocato molto danno nel mondo, il cui perpetuarsi
è disordine. Per determinare l’ordine, dobbiamo capire la struttura del
disordine. È una delle principali strutture di tale disordine è l’autorità.
Seguite l’autorità a causa della paura. Dite: «Io non so; tu sai; per favore,
dimmi tu che fare». Non c’è nessuno che ve lo possa dire.
Quando ve ne rendete
conto, e quando vi accorgete di dover scoprire proprio tutto da soli,
interiormente, psicologicamente, allora non c’è leader, non c’è guru, non c’è
filosofo, non c’è santo che vi aiuterà, perché essi operano ancora al livello
del pensiero. Il pensiero è sempre vecchio; il pensiero non è una guida.
Scopriremo, così,
l’origine, l’inizio del pensiero; e questo è importante. Per favore, prestate
ascolto, non meramente alle parole. Sapete che cosa vuol dire ascoltare? Che voi
ascoltate non al fine di apprendere. Non ascoltate per apprendere, ma fatelo con
abnegazione, in modo da vedere da soli il vero o il falso. Ciò significa che non
dovete né accettare né rifiutare. Il che non vuol dire che dobbiate avere una
testa bucata, nella quale si possa versare tutto e nulla venga trattenuto. Al
contrario, poiché state ascoltando, siete estremamente sensibili e, quindi,
assai critici. Ma il vostro giudizio critico non si baserà sulla vostra opinione
in quanto opposta a un’altra opinione, il che è il processo del pensiero.
Per
favore, ascoltate come se ascoltaste quei corvi, senza simpatia o antipatia;
ascoltate soltanto il rumore di quel ragazzo che sta martellando qualcosa, senza
irritarvi, senza perdere l’attenzione. Quando ascolterete in un modo così
completo, scoprirete di non aver nient’altro da fare. Solo l’uomo che sta sulle
rive del fiume specula sulla bellezza della corrente. Quando ha abbandonato la
riva ed è nella corrente, non c’è alcuna speculazione, alcun pensiero; c’è
soltanto movimento.
Per comprendere ciò in
cui ci addentreremo – che è l’origine, il principio del pensiero – ci si deve
comprendere, ossia, si deve apprendere su se stessi. Acquisire conoscenza su di
sé e apprendere su di sé sono due cose diverse. Potete accumulare conoscenza su
di voi osservandovi, esaminandovi. E da quel che avete imparato,
dall’accumulazione, cominciate ad agire; quindi, in quell’azione state
acquisendo ulteriormente. Capite? Quel che avete imparato, quel che avete
accumulato è già nel passato. Ogni accumulazione è nel passato, e dal passato
cominciate a osservare e ad accumulare ancora. Mentre l’apprendimento non è
accumulazione. Apprendimento significa che come vedete, vi mettete ad agire;
quindi, non c’è residuo nel vostro apprendimento, ma apprendimento continuo.
L’apprendimento è un presente-attivo della parola, non il presente-passato.
Apprenderemo, ma non da ciò che è stato accumulato. Nell’imparare una lingua,
dovete accumulare. Dovete conoscere le parole, dovete apprendere i vari verbi, e
così via; e dopo averli imparati, cominciate a usarli. Qui non è affatto così.
Il vedere un pericolo determina un’azione immediata. Quando vedete un pericolo,
un precipizio per esempio, c’è un’azione immediata.
Ciò che faremo,
dunque, è scoprire, comprendere l’inizio, l’origine del pensare. E per farlo,
dovete ascoltare e lasciarvi andare, il che significa che dovete prestare
attenzione. Lattenzione è possibile solo quando state indagando a fondo – vale
a dire, quando siete realmente liberi di indagare e non siete vincolati a ciò
che la gente ha detto, e così via.
Ora, tutta la vita è
energia, è un movimento incessante. E quell’energia nel suo movimento crea un
modello che si basa sull’autodifesa e sulla sicurezza – ossia, sulla
sopravvivenza. L’energia, il movimento, il restare presi in un modello di
sopravvivenza, e la ripetizione di quel modello: questo è il principio del
pensiero. Il pensiero è mente. L’energia è movimento, quel movimento che resta
invischiato nel modello di sopravvivenza, ed è la ripetizione della
sopravvivenza nel senso di piacere, di paura – tale è l’inizio del pensiero.
Il pensiero è la
risposta della memoria accumulata, del cumulo di modelli – vale a dire di ciò
che fate come hindú, musulmani, parsi, cristiani, comunisti, socialisti, e via
dicendo. Il nostro modo di operare si basa su qualche modello, e la ripetizione
di quel modello è la ripetizione del pensiero, un ripetersi che avviene più
volte. Il che è ciò che fate come hindú, come musulmani o come parsi – il
modello instaurato con la ripetizione quale sopravvivenza, nella struttura di
una cultura che è hindú, musulmana o parsi. Questo è quanto sta realmente
accadendo in ognuno. Il pensiero ha sempre instaurato un modello, e se quello
vecchio non è adeguato, ne instaura un altro. Se il capitalismo non funziona,
allora funziona il comunismo, che è un nuovo modello. Oppure, se l’induismo o il
cristianesimo non vanno bene, voi strutturate un nuovo modello.
Quindi, la ripetizione
di quel modello condiziona le stesse cellule cerebrali, che sono materia. Il
pensiero è materia. Lo si può scoprire per conto proprio. Lo dovete scoprire, e
non perché chi parla ve lo sta dicendo – il che non avrebbe il benché minimo
valore. Sarebbe simile al caso di un uomo affamato a cui si dicesse quant’è
meraviglioso il cibo, e che venisse nutrito di teorie. È quanto sta avvenendo in
questo paese; siete nutriti di teorie e ideologie – l’ideologia buddhista,
l’ideologia hindú, quella di ankaràcàrya, e così via. Le vostre menti, quindi,
sono vuote. Vi cibate di parole; ecco il perché del disordine. Ecco perché
tutto ciò va scartato, affinché possiamo ricominciare. Per ricominciare occorre
capire per intero tale struttura del pensiero.
Ora, capite tale struttura del
pensiero solo quando cominciate a comprendere voi stessi in quanto movimento
vivente – non «comprendere per aggiungere», nel qual caso si tratterebbe di una
cosa morta. Siete delle creature viventi nell’ambito della struttura di una
cultura, e quella cultura, quella tradizione, quell’autorità vi ha in pugno. E
nell’ambito di quella struttura di coscienza risiede il disordine. Comprendere
tutto questo processo e andar assai oltre – il che è quanto faremo adesso – è
meditazione.
La meditazione non è
la formula ripetitiva dei mantra, del respirare con regolarità, del sedere in
una qualche postura, praticando la consapevolezza, l’attenzione – tutto ciò è
del tutto meccanico. Stiamo parlando di una cosa viva. E voi avete praticato
queste cose meccaniche per secoli. Quelli che le hanno praticate sono morti, e
le loro visioni sono proiezioni dal loro proprio passato, dal loro proprio
condizionamento. Ma noi stiamo parlando di una meditazione viva, non di una
meditazione meccanica, ripetitiva, disciplinare. Se non sapete che cos’è la
meditazione – come se non sapete cos’è la morte – non c’è nessuna cultura nuova,
non nasce nulla di nuovo.
Sapete, la cultura è
una delle cose più meravigliose, ma non la cultura morta della quale parlate
continuamente – la cultura indiana, la cultura hindú – perché quella è sepolta,
andata, finita. La cultura viva è ciò che sta accadendo realmente adesso.
Vedere la confusione, lo sporco, la terribile miseria, e da ciò crescere e
fiorire – quella è cultura, non retrocedere ai vostri progenitori morti.
Scopriremo insieme e
insieme intraprenderemo un viaggio all’interno di ciò che è la meditazione.
Potete porre questa domanda soltanto quando abbiate realizzato la conoscenza di
voi stessi. Non potete domandare: «Che cos’è la meditazione?» se non vi
conoscete, se non avete una comprensione di voi stessi, se non vi siete presi in
esame il più possibile. Come dicevo, «il prendersi in esame» è istantaneo; la
totalità di voi stessi è rivelata all’istante, non nel tempo. Potete
effettivamente vedere con i vostri occhi un albero, un fiore, un essere umano
accanto a voi.
Non potete vedere la totalità di quell’albero o dell’essere umano
accanto a voi se avete di essi un’immagine. È evidente. E solo quando non c’è
l’immagine che potete vedere completamente.
L’immagine è l’osservatore, è il
centro da cui osservate. Quando c’è un centro da cui voi osservate, c’è uno
spazio tra l’osservatore e l’osservato. Non dovete prestare un’attenzione
esagerata a quanto viene detto; non avete che da osservarlo voi stessi.
Fintanto che c’è un’immagine di vostra moglie, di vostro marito, di un albero,
di qualche cosa, è l’immagine il centro che sta guardando. C’è, così, una
frattura tra l’osservatore e l’osservato. È importante comprenderlo.
L’approfondiremo subito.
Innanzitutto,
liberiamoci delle idee errate sulla concentrazione. Una delle asserzioni
preferite di colui che medita o del maestro che pratica o insegna la meditazione
è che la gente debba imparare la concentrazione – ossia, concentrarsi su un
pensiero, scacciare tutti gli altri e fissare la propria mente soltanto su
quell’unico pensiero. Questa è una cosa veramente stupida. Perché, quando lo
fate, state meramente opponendo resistenza, state ingaggiando una battaglia tra
la pretesa di concentrarvi su una cosa e il vagare della mente a ogni altro
genere di cosa. Mentre dovete prestare attenzione non solo all’unico pensiero ma
anche a dove divaga la mente, totalmente attenti a ogni movimento della mente.
Ciò è possibile solo quando non respingete un qualche movimento, quando non
dite: «La mia mente divaga, la mia mente è distratta». Non c’è niente come la
distrazione. Perché il divagare della mente è indice del suo essere interessata
a qualcos’altro.
Va così compresa
l’intera faccenda del controllo. Ma, sfortunatamente, non possiamo addentrarci
in essa questa sera, dato che non ne abbiamo il tempo. Noi esseri umani siamo
così controllati, siamo delle entità morte. Ciò non vuol dire che dobbiamo
lanciarci a fare ciò che vogliamo – cosa che facciamo in ogni caso, di
nascosto. Ma, con l’amore, giunge una disciplina. Approfondirò ciò molto
rapidamente.
La meditazione non è
il controllo del pensiero. La meditazione, quando il pensiero viene
controllato, genera nella mente soltanto conflitto. Ma quando comprendete la
struttura del pensiero e la sua origine, allora il pensiero non interferirà,
come vi ho appena spiegato.
Vedrete, perciò, che il pensiero ha il suo posto –
ossia, dovete andare in ufficio, dovete recarvi a casa, parlare una lingua: in
tal caso il pensiero deve essere all’opera. Ma quando abbiate compreso l’intera
struttura del pensare, quella stessa comprensione è disciplina, e non è
imitazione, non ha nulla a che fare con la repressione.
Le cellule del
cervello sono state condizionate a sopravvivere all’interno di un dato modello,
come hindu, musulmano, parsi, cristiano, cattolico o comunista. Poiché per
secoli e secoli il cervello è stato condizionato a sopravvivere, ha il modello
della ripetizione; così, il cervello stesso diventa il principale fattore di
un’indagine senza tregua. Ve ne renderete conto da soli quando l’approfondirete.
Il problema, quindi, è
provocare una quiete assoluta nelle cellule cerebrali stesse, il che significa
assenza della ricerca di importanza e di permanenza del sé. Capite? Dobbiamo
sopravvivere a livello fisico e morire a livello psicologico. È solo quando a
livello psicologico avviene la morte dei mille ieri che le cellule cerebrali
sono quiete. E ciò non può realizzarsi con nessuna forma di manipolazione del
pensiero, di ripetizione di mantra – cosa che è immatura.
Ma giunge solo quando
comprendete l’intero movimento del pensiero, ossia voi stessi. Le cellule
cerebrali si fanno, dunque, straordinariamente quiete, prive di qualsiasi
movimento che non sia rispondere alle reazioni esterne.
Essendo, dunque,
quieto il cervello stesso, la totalità della mente è del tutto silenziosa, e
quel silenzio è una cosa viva. Non è il prodotto di nessun guru, di nessun
libro, di nessun àsrama, di nessun leader, di nessuna autorità, di nessuna
droga. Potete assumere una droga, una sostanza chimica, per acquietare la
vostra mente, oppure ipnotizzarvi al fine di essere quieti.
Ma ciò non è la
calma viva di una mente che si è addentrata a fondo in se stessa e che è,
dunque, tremendamente attenta, estremamente sensibile. È solo una mente simile
che può comprendere che cos’è l’amore. L’amore non è desiderio o piacere. Tutto
ciò che abbiamo e che chiamiamo amore è desiderio e piacere. «Amo mia moglie,
amo il mio Dio», e via dicendo – tutto ciò si basa su paura, piacere e
sensazione.
Un uomo che abbia,
quindi, compreso e che si sia addentrato davvero in ciò, farà sì che ci sia
ordine per prima cosa in se stesso. Se c’è ordine dentro gli uomini, c’è ordine
nel mondo. Se ciascuno di voi farà veramente ordine in se stesso, avrete un
ordine vivo, una nuova società, una nuova vita. Ma per farlo dovete distruggere
i vecchi modelli di vita. I vecchi modelli di vita non possono essere spezzati
se non con la comprensione di voi stessi, e da quella comprensione giunge
l’amore.
Sapete, l’uomo ha
parlato all’infinito dell’amore: ama il tuo prossimo, ama Dio, sii benevolo.
Ma
attualmente, voi non siete né benevoli, né generosi. Siete talmente concentrati
su voi stessi che non avete amore. E senza amore c’è solamente dolore. Non è un
semplice aforisma da ripetere, a vostra disposizione. Dovete trovarlo, vi
dovete imbattere in esso. A tal fine dovete lavorare duramente. Dovete lavorare
con la comprensione di voi stessi, senza sosta, con passione. La passione non è
lussuria; un uomo che non sappia che cos’è la passione non conoscerà mai
l’amore. L’amore si origina solo quando c’è abbandono totale del sé. E solo
l’amore può far sorgere l’ordine, una nuova cultura, un nuovo modo di vita.
Jiddu Krishnamurti
Tratto da: Verso la liberazione interiore (Guanda
ed.)
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